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Stesicoro

Stesicoro predilige uno stile narrativo ampio e solenne con numerosi discorsi diretti per bocca dei
personaggi. È caratteristica anche la trattazione del mito, narrato con un’ampiezza di racconto
sconosciuta alla restante lirica greca.
Tra quelli trattati da Stesicoro vi è anche il mito di Elena, in due differenti versioni. Nella prima si può
notare la ripresa dell’interpretazione omerica, secondo cui Elena era colpevole di adulterio. Secondo
la leggenda, dopo aver scritto questa versione, Stesicoro perse la vista, per mano di Elena stessa o
dei suoi fratelli, Castore e Polluce. Fu così che scrisse una seconda versione del medesimo mito in
due palinodie1, con l’intento di smentire la versione precedente: nella prima, l’autore racconta che
Elena partì da Sparta con Paride, ma che lei si fermò in Egitto, dove venne ritrovata dal marito
Menelao, mentre Paride giunse a Troia con un εἴδωλον, cioè un fantasma. Questo fantasma sarebbe
stato plasmato da Era per vendicarsi del giudizio di Paride al banchetto nuziale di Peleo e Teti2: la
fatale guerra tra Greci e Troiani, dunque, era scoppiata a causa di un’illusione. A questa palinodia si
ispirò Euripide nella composizione dell’Elena.
Nella seconda, invece, l’intento dell’autore è quello di riabilitare completamente la giovane
raccontando che Elena in realtà non era mai salita sulla nave di Paride, versione a cui si ispirò Platone
nel Fedro.
Il motivo della riabilitazione del personaggio di Elena fu un tentativo di Stesicoro per riottenere il
consenso del pubblico, insoddisfatto della prima versione.

Il papiro di Lille (pag. 506)


In questo papiro, attribuibile a Stesicoro, facendo riferimento al mito di Edipo3, l’autore riprende il
discorso di Giocasta, nel tentativo di risolvere il dissidio tra i due figli Eteocle e Polinice in lite per il
potere della città di Tebe.
Il testo può essere diviso in tre sezione:
1. Vv. 1-18: in questi versi Giocasta, venendo a sapere dall’indovino Teresia che la lotta tra i suoi
due figli li avrebbe portati alla morte, espone quale sia il problema.
2. Vv. 19-32: viene esposta la soluzione proposta da Giocasta.
3. Vv. 33-35: viene mostrata la reazione del destinatario.

1
Palinodia, dal greco πάλιν οδή, cioè “canto rovesciato”

2
Secondo il mito tradizionale, a questo banchetto i due dei non invitarono Eris, la dea della discordia, che, subita tale
offesa, lanciò sul banchetto una mela d’oro destinata “alla più bella”. Colui che avrebbe dovuto scegliere quale fosse la
dea con tale attributo sarebbe dovuto essere Zeus, perché dio più bello tra tutti, ma egli decise di affidare questo compito
a Paride, il mortale più bello. Nel tentativo di convincerlo, le tre dee della contesa gli fornirono differenti offerte: Era, il
potere e la ricchezza, Atena, la saggezza, e Afrodite che, promettendo al giovane l’amore della donna più bella, fu scelta
da Paride.
3
Il mito di Edipo narra che il padre di Edipo, Laio, dopo aver ricevuto un oracolo che annunciava che sarebbe stato
ucciso dal proprio figlio, lo aveva fatto allontanare ancora bambino. Anni dopo, i due si incontrarono casualmente per
strada, ma ovviamente nessuno dei due riconobbe l’altro: in questa occasione i due ebbero un litigio acceso che
terminò con l’uccisione di Laio per mano del figlio Edipo. Successivamente, costui si recò a Tebe e si sposò con
Giocasta, ignaro che la donna fosse in realtà sua madre, ed ebbe con lei due figli: Eteocle e Polinice. Quando emerse la
verità, Edipo venne allontanato da Tebe.
Dopo aver fatto riferimento ad Apollo, dio della profezia e protettore della città e del tempio di Delfi,
dove si trovava l’oracolo della Pizia, e dio dell’arco e delle frecce (Apollo che lungi saetta), viene
esposta la conclusione proposta da Giocasta, cioè utilizzare il sorteggio4: un figlio avrebbe ottenuto il
potere e l’altro le ricchezze.
Il destinatario avrebbe dovuto accettare la soluzione, ma in realtà l’accordo venne meno e i fratelli si
uccisero a vicenda: si tratta quindi di un mito molto sanguinoso riguardo Tebe, in cui il sangue versato
è quello di consanguinei.
I temi principali di questo estratto sono due: il fato imperscrutabile e il νεῖκος, cioè la contesa.

4
Secondo la tradizione invece, i fratelli erano soliti alternarsi il regno di anno in anno, ma Eteocle, terminato il suo
mandato annuale, non volle lasciare l’incarico.

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