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Vocabolario del pensiero greco antico

2 Eros ()

In questo libro sono raccolti i principali termini losoci


utilizzati dal pensiero greco antico.

L'Eros, che signica amore, stato originariamente inteso come la forza vitale che muove il pensiero e la losoa stessa, fungendo da tramite fra la dimensione terrena
e quella sovrasensibile.[6]

Daimon ()

Il Daimon, traducibile con Demone,[1] nella mitologia e nella losoa greca un essere che si pone a met strada fra ci che Divino e ci che umano, con la funzione
di intermediare tra queste due dimensioni.

Il concetto antico di eros (tradotto in latino con Cupido, Amor) spesso associato all'attrazione sessuale ma
anche, inteso come forza che tiene uniti elementi diversi e talora contrastanti senza arrivare ad annullarli,
all'amicizia e, con la nalit di unire in un unico corpo sociale una moltitudine di cittadini, alla politica. Nella cultura greca antica Eros compare nei testi orci e nella Teogonia di Esiodo[7] come un'entit primigenia vivicatrice
dell'universo.[8]

Se ne trovano cenni in Esiodo, dove indica la condizione


umana dopo la morte, e nella tradizione orca, presso la
quale il Daimon l'essenza stessa dell'anima, imprigionata nel corpo per una colpa pregressa. In Eraclito usato
col signicato di destino.
Ma le testimonianze principali sulla nozione di daimon
investono soprattutto la gura di Socrate, il quale avrebbe riferito di un dimon o spirito-guida che lo assisteva spesso in ogni sua decisione. Con questo termine egli
sembra indicare l'autentica natura dell'anima umana, la
sua ritrovata coscienza di s.[2] Si tratta probabilmente di
una sorta di coscienza morale che si rivela come forma
ispirazione e di delirio divino.[3] Kant avrebbe successivamente paragonato questa voce socratica, o principio divino, all'imperativo categorico, cio alla coscienza morale dell'uomo. E' stato anche rilevato come il daimon fosse per Socrate espressione della sua fede nella verit e in
un governo divino del mondo, la stessa fede che lo indusse a riconoscere e rispettare la sacralit delle leggi della
polis, spingendolo ad accettare la condanna a morte.[4]

2.1 Empedocle
Per Empedocle l'aggregazione e la disgregazione delle radici primigenie, fuoco (Ade), aria (Zeus), terra (Era), acqua (Nesti) sono determinate dalle due forze cosmiche
e divine: Amicizia o Eros, e Odio o Eris (Discordia),
secondo un processo ciclico eterno.

In una prima fase, tutti gli elementi e le due forze cosmiche sono riunite in un Tutto omogeneo, nello Sfero,
il regno dove predomina l'Eros. Ad un certo punto, sotto l'azione della Discordia, inizia una progressiva separazione delle radici. L'azione della Discordia non ancora distruttiva, dal momento che le si oppone la forza
dell'Eros, ma realizza un equilibrio variabile che deterSecondo la testimonianza di Platone, in Socrate si tratta mina la nascita e la morte delle cose, e con esse quindi il
di una presenza che si fa avvertire non tanto per indurlo a nostro mondo.
compiere certe azioni, ma solo per distoglierlo:
Quando poi la Discordia prende il sopravvento sull'Eros,
e ne annulla l'inuenza, si giunge al Caos, dove la dis C' dentro di me non so che spirito divino e
soluzione di tutta la materia. Da questo momento il ciclo
demoniaco; quello appunto di cui anche Meleriprende grazie ad un nuovo intervento dell'Eros che rito, scherzandoci sopra, scrisse nell'atto di accuporta il mondo alla condizione intermedia in cui le due
sa. Ed come una voce che io ho dentro sin da
forze cosmiche si trovano in nuovo equilibrio che d nuofanciullo; la quale, ogni volta che mi si fa sentivamente vita al mondo. Inne, quando l'Eros si impone
re, sempre mi dissuade da qualcosa che sto per
ancora totalmente sulla Discordia si ritorna alla condiziocompiere, e non mi fa mai proposte.
ne iniziale dello Sfero. Da qui il ciclo si riavvia verso la
(Apologia di Socrate, 31 d)
disgregazione.[9]
Pi in generale, nella cultura greca i dmoni sono esseri
intermediari tra gli uomini e gli Di, pi potenti degli uo- 2.2 L'Eros in Platone
mini ma in misura minore rispetto agli Di. A dierenza
di questi ultimi che sono sempre buoni, tra i Dmoni ve L'eros, inteso come amicizia, sfugge per secondo Platone sia al principio empedocleo per il quale il simile ama
ne sono anche di cattivi.[5]
1

3 NOS ()

il simile, sia a quello eracliteo per cui il contrario amico


del contrario. L'eros allora esprime una situazione intermedia, illustrata da Platone nel Simposio, dove per bocca
di Diotima l'eros viene descritto come un dmone sempre inquieto e scontento, e identicato con la losoa intesa letteralmente come amore del sapere. Nella mitologia greca infatti, Eros era il dio dell'amore, immaginato originariamente come simbolo della coesione interna
dell'universo e della forza attrattiva che spinge gli elementi della natura ad unirsi tra loro. Per la sua caratteristica di
essere principio unicante del molteplice, Platone ne fece
un'allegoria della dialettica, ossia di quel percorso mentale che risale i diversi gradi della conoscenza, partendo
dal sensibile no ad arrivare all'Idea.

se stesso o per se stesso cercando di operare per il suo


bene.
La dimensione metasica, esclusa da Aristotele nella trattazione dell'eros come philia, riappare nell'ordinamento
nalistico dell'universo che al suo culmine ha il Primo
motore che come oggetto d'amore, pur immobile nella sua compiutezza di atto puro, attira tutte le cose che
aspirano a soddisfare il desiderio di raggiungere la sua
perfezione.[14]

2.4 L'eros presso i neoplatonici

Soprattutto presso i neoplatonici leros godr di una particolare


fortuna, in considerazione del fatto che la verit
La peculiarit di eros essenzialmente la sua ambidell'essere,
per costoro, non un semplice concetto imguit, ovvero l'impossibilit di approdare a un sapere
personale,
ma
in essa vi partecipa il soggetto: questi
certo e denitivo, e tuttavia l'incapacit di rassegnarsi
animato
da
una
tensione bramosa che anela al Sapere, al
all'ignoranza:
punto che l'amore diventa una forma di conoscenza. Cos
per Plotino l'eros una forza inconscia e involontaria che
Vive tra la sapienza e l'ignoranza, ed ecco
guida il losofo verso la contemplazione estatica.[15]
come avviene: nessun dio si occupa di losoa
Il neoplatonismo cristiano aanc poi al termine losoe nessuno tra di loro ambisce a diventare saa|losoco di eros quello religione|religioso di gape: il
piente perch tutti lo sono gi. Chiunque posprimo indica un amore ascensivo e possessivo, proprio
segga veramente il sapere, infatti, non fa lodell'essere umano verso l'Assoluto e verso l'astrattezza
soa; ma anche chi completamente ignorandell'unit; il secondo indica l'amore discensivo di chi dote non si occupa di losoa, e non desidera
na, proprio di Dio, che muove verso il mondo e l'umanit
aatto la sapienza. Proprio questo sconvein esso dispersa per ricongiungerla a s.
niente nell'essere ignoranti: [...] non si desidera
[10]
qualcosa se non si avverte la sua mancanza.
Nei loso rinascimentali eros e agape si fondono cos in

un unico concetto. Il tema dell'eros acquista una centralit particolare soprattutto nella losoa di Marsilio Ficino:
Secondo Platone infatti Eros era glio di Pros (Ab- l'amore viene da lui inteso come il dilatarsi stesso di Dio
bondanza) e Pena (Povert): la losoa intesa come nell'universo, la causa per cui Dio si riversa nel mondo
eros dunque essenzialmente amore ascensivo, che e produce negli uomini il desiderio di ritornare a Lui. Si
aspira alla verit assoluta e disinteressata (ecco la sua tratta di un processo circolare che si riette nell'uomo, il
abbondanza);[11] ma al contempo costretta a vagare nel- quale a sua volta chiamato ad essere copula mundi, imle tenebre dell'ignoranza (la sua povert).[12] Concetti gi magine dell'Uno dal quale proviene tutta la realt e (copresenti nel socratico sapere di non sapere, come pure me gi in Nicola Cusano) che tiene legati in s gli estremi
[16]
in altri miti di Platone, ad esempio quello della caverna opposti dell'universo.
dove gli uomini sono condannati a vedere solamente le In Giordano Bruno, altro losofo rinascimentale, leros
ombre del vero.[13]
diventa quindi eroico furore, esaltazione dei sensi e delIl dualismo e la contrapposizione tra verit e ignoranza la memoria, elevazione della ragione percorribile soera cos vissuta da Platone, ma anche gi dal suo maestro lo col coraggio e l'eroismo che la ricerca della verit
[17]
Socrate, come una profonda lacerazione, fonte di conti- comporta.
nua irrequietezza e insoddisfazione. Questo dualismo sar, a ben vedere, il tema ricorrente di tutta la losoa
3 Nos ()
occidentale, di cui eros in un certo senso il simbolo.

2.3

Aristotele

Intelletto cosmico l'espressione che sul piano losoco rende il concetto anassagoreo di Nous (Ns),[18]
traducibile con Pensiero,[19] Intelletto,[20] o Mente.[21]

Aristotele nel De anima e nelle due Etiche (Etica Nicomachea, Etica Eudemia) tratta il tema dell'eros nella sua
accezione di amore sessuale e di amicizia (, philia) 3.1 Il termine nos in Omero
intesa in un senso ampio come il legame interpersonale
che realizza la teleia philia, la perfetta amicizia: quel rap- Il termine la contrazione dell'analogo ionico
porto, cio, nel quale uno ama l'altro per quello che in (nos), che si riscontra per la prima volta in Omero, do-

3
ve indica l'organo sede della rappresentazione delle idee caoticamente mescolati, li spinge in determinate regioni
chiare[22] , quindi la comprensione[23] , posseduta in mi- dello spazio dove si aggregano e si ordinano secondo un
sura maggiore dagli di[24] ; quindi l'intendimento che le piano prestabilito.
provoca[25] .
[Anassagora] per primo pose l'Intelligenza al
Richard Broxton Onians rileva come Esso ha sede nel
[26]
di sopra della materia. L'inizio del suo scritpetto, e come risulta da almeno due passi , sembra ve[27]
to - che composto in stile piacevole- il senisse identicato con il cuore. , anche se Posidone
guente Tutte le cose erano insieme; poi venne
apostrofa Apollo come colui che ha un cuore privo di [28]
l'Intelligenza, le distinse e le pose in ordine.
" ; inoltre in Odissea appare piuttosto esprimere un
[29]
(Diogene Laerzio, Vite e dottrine dei pi celebri obiettivo o un risultato di un'azione della coscienza , il
che dimostrebbe che in origine il non indicava una
parte del corpo[30] .

loso, II, 6. Edizione a cura di Giovanni Reale.


Milano, Bompiani, 2006, p. 151)

Il esprime, quindi, nei poemi omerici, sia un moviQuel movimento che Parmenide aveva negato alla ramento specico, un proposito, sia un'entit in certo modo
dice, viene dunque spiegato da Anassagora a partire da
stabile, ci che mette in movimento, la coscienza funzioun'intelligenza. Cos riferisce Platone:
[31]
nale allo scopo . Il possiede anche il signicato
di intelligenza o intelletto ma a dierenza di queste
Ma, un giorno, io udii un tale leggere un libro,
non evidentemente materiale e quindi non pu essere feche aermava essere di Anassagora, il quale
[32]
rito dalle armi . Non nemmeno semplice intelletto
diceva che l'Intelligenza che ordina e che cau[33]
in quanto risulta dinamico ed emotivo .
sa tutte le cose.
(Platone, Fedone 97 b; traduzione di Giovan Il vede, il sente: tutto il resto
ni Reale, in Platone Tutti gli scritti, Milano,
sordo e cieco.
Bompiani,2008, p.105)
(Epicarmo, fr. 249 Kaibel)
Si tratta di un'Intelligenza divina [40] che non si mescola
3.2 Le prime attestazioni in ambito loso- alla materia: mentre nel mondo esistono anche semi del
nous, questo non contiene semi del mondo, perch in lui
co
non c mescolanza.[41] Esso li dirige dal di fuori, creando dal caos originale (, apern)[42] un cosmo nel
Nell'ambito della storia della losoa, il termine
quale si dispiega lordine della natura. Esso prelude in un
lo si pu ritrovare in alcuni accenni di Talete[34] , di
certo senso al demiurgo di Platone e al motore immobile
Pitagora[35] , e di Eraclito[36] , ma soprattutto Parmenide
di Aristotele.
a utilizzare il verbo (l'atto del pensare) in contrapposizione agli erranti sensi. Anche i termini Il nous di Anassagora non sembra tuttavia avere alcun ca(termine arcaico utilizzato da Parmenide: il pensiero, rattere di intenzionalit, essendo un puro intelletto che
cfr. fr.16) e n (ci che pensato) indicano che pensando si autogoverna e cos involontariamente gosolo l'attivit noetica realizza la vera conoscenza,[37] che verna anche il mondo.[43] Stando ai frammenti che Anasconsiste nel capire che l'Essere e non pu non essere, sagora ci ha lasciato [44] , se ne deduce che esso che puro, perch non mescolato con gli altri semi, esterno
mentre il divenire attestato dai sensi mera apparenza.
alla materia, eterno, autonomo,[45] ordinatore del mondo,
intervendendo a separare le cose che prima erano mesco3.3 Il nos in Anassagora: Intelligenza late [46] . Con lui, il pensiero del divino si ana, ma non
riesce a sganciarsi dai suoi presupposti naturalistici[47] :
divina che organizza il mondo
per la mancanza di un ne, di una volont ordinatrice,
Con Anassagora il termine emerge in tutto il suo Anassagora ricever l'accusa da parte di Socrate, Platone
signicato metasico[38] . Nella sua riessione, Anas- ed Aristotele di non aver portato alle ultime conseguenze
sagora si muove sulle orme di Parmenide, dal qua- la sua teoria.
le eredita la convinzione della permanenza dellEssere
(losoa)|Essere,[39] ma non ne condivide lillusoriet del
divenire. E' vero che nulla nasce e nulla muore, ma tut- 4 Note
to si trasforma. Nascita e morte sono termini convenzionali con i quali indichiamo laggregazione e la disgre- [1] O pi propriamente come essere divino (, gazione delle parti di essere, dal lui chiamate semi o
: maschile, a volte femminile, potenza divina, da
omeomerie.
cui dio, destino, cfr. Omero, ion.-att.).
Aggregazione e disgregazione non avvengono per caso e
disordinatamente, ma per lazione del Nous che, imprimendo il movimento ai semi originariamente immobili e

[2] Cfr. Paolo De Bernardi, Socrate, il demone e il risveglio, in


Sapienza, vol. 45, editrice Domenicana Italiana, Napoli
1992, pagg. 425-43.

[3] Monique Canto-Sperber, Socrate, ne Il sapere greco.


Dizionario critico, vol. II, Torino, Einaudi, 2007, p. 296.
[4] Emanuele Severino, La losoa dai greci al nostro tempo,
I, BUR, Milano 2004, p. 116.
[5] Cfr. Senocrate-Ermodoro, Frammenti, a cura di M. Isnardi Parente, Napoli, Bibliopolis, 1982, ISBN 88-7088052-4, frr. 222-230.
[6] Cfr. G. Reale, Eros demone mediatore, Milano, Rizzoli,
1997.
[7] Al contrario da Esiodo sappiamo che il primo a nascere
fu il Caos; poi Gea/dal largo petto a sostenere il tutto sempre salda/ed Eros... Parmenide dal canto suo si esprime
cos a proposito della sua origine: Eros la prima divinit
che la Dea [Dike] invent (in Platone, Simposio, Firenze,
Giunti Editore, 2004, p. 29).
[8] Aristotele, Met. I, 4, 984b 25 e sgg.
[9] Frammento 27, Diels.
[10] Platone, Simposio, XXIII.
[11] Pros signica propriamente ingegno, espediente, e
quindi capacit di procurarsi arricchimento e abbondanza (cfr. Bianca Spadolini, Educazione e societ. I processi storico-sociali in Occidente, Roma, Armando Editore,
2004, p. 56 e Italo Gallo, Riessioni e divagazioni sulla
grecit, Edizioni dell'Ateneo, 2004, p. 54).
[12] Poich Eros glio di Poros e di Pena, si trova nella
tale condizione: innanzitutto sempre povero, e tutt'altro
che bello e delicato come dicono i pi; al contrario rude,
sempre a piedi nudi, vagabondo, [...] perch ha la natura
della madre ed legato al bisogno. D'altro canto, come suo
padre, cerca sempre ci che bello e buono, virile, audace, risoluto, gran cacciatore [...]; amico della sapienza
ed ricco di trucchi, e cos si dedica alla losoa nell'arco
di tutta la sua vita (ibidem).
[13] Platone, La Repubblica, libro VII.
[14] Aristotele, Met. XII 7 1072b 3.
[15] Precorrendo la consapevolezza, leros per Plotino
l'occhio del desiderio che permette all'amante di vedere l'oggetto desiderato, correndo egli stesso per primo dinanzi e riempiendosi di questa visione ancor prima di aver
dato all'amante la facolt di vedere col suo organo (Plotino, Enneadi, III 5, trad. di G. Faggin, Rusconi, Milano
1992).
[16] Cfr. Ioan P. Couliano, Eros and the Magic in the
Reinassance, University of Chicago Press, 1987.
[17] La radice del termine eroico in Bruno propriamente
eros, cfr. I nomi dell'amore: Bruno e Nietzsche. Eroico
furore e volont di potenza, pag. 2, Biblioteca Tiraboschi.
[18] Cfr. Enrica Brambilla, Fausto Lanzoni, Ilaria Caretta,
Monica Winters, Filosoa, pag. 46, Alpha Test, 2001.
[19] Fulvio Palmieri, Il pensiero sostenibile. Per
un'epistemologia del divenire, pag. 32, Meltemi,
2003.

NOTE

[20] Cfr. traduzione in Andr Pichot, La nascita della scienza: Mesopotamia, Egitto, Grecia antica, pag. 505, Dedalo,
1991.
[21] Emilio Morselli, Dizionario losoco, pag. 68, Signorelli,
1961.
[22] In Omero lo spirito [...] sede di rappresentazioni
chiare Bruno Snell citato da Linda Napolitano, Op.cit. p.
7956 che pi avanti lo indica come organo che le suscita
e intendimento.
[23] Iliade IX, 104.
[24] Iliade XVI, 688-690 e XVII 176-178.
[25] Odissea V, 23
[26] Odissea III, 60-64; IX, 553 sg., 646. Rendiamo qui come
Odissea e non come Iliade, cos erroneamente riportato
invece in nota n. 5, p. 106 dell'edizione italiana dell'opera
di Richard Broxton Onians.
[27] Richard Broxton Onians, Le origini del pensiero europeo,
Milano, Adelphi, 2006, p. 106.
[28] Iliade, XXI, 441.
[29] : questo
non l'hai progettato tu stessa?", Odissea V, 23
[30] Richard Broxton Onians, Op.cit., p. 106.
[31] Richard Broxton Onians, op.cit., p.107.
[32] Richard Broxton Onians, op.cit., p.107.
[33] Richard Broxton Onians, op.cit., p. 107.
[34] Almeno per quanto attiene ci che riferisce Diogene
Laerzio (I,35):
(IT)
[Di tutti gli esseri...] il pi veloce l'intelletto (),
perch corre ovunque.
(GRC)
[...] ; . .
(Diogene Laerzio, I, 35; D-K 11, A, 1)
[35] Almeno secondo quanto aerma Aezio (losofo)|Aezio
(I, 3, 8; D-K 58 B 15), Pitagora avrebbe sostenuto che
la nostra anima () sarebbe composta dalla tetrade (): intelletto (), conoscenza (),
opinione (), percezione ().
[36] Cfr. D-K 22 B 2: secondo Eraclito, ci che dovrebbe essere comune () a tutti unito a intelletto ({polytonic|}} . Cos ci sono coloro che parlano
con (fr. 114) e l'erudizione non segno di (fr.
40).
[37] cfr. Linda Napolitano, Enciclopedia losoca vol.8,
Milano, Bompiani, 2006, p.7956.
[38] Vocabolario greco della losoa, a cura di Ivan Gobry,
Milano, Bruno Mondadori, 2004, p.146. Questo fatto era
noto a Cicerone, che nel De natura deorum (I, 11, 26)
cos si esprime:
(IT)

Poi Anassagora,, che fu continuatore di Anassimene,


per primo sostenne che l'ordinata struttura dell'universo
progettata e realizzata dalla potenza e dalla razionalit di
una mente innita.
(LA)
Inde Anaxagoras, qui accepit ab Anaximene disciplinam, primus omnium rerum discriptionem et modum
mentis innitae vi ac ratione dissignari et conci voluit.
(Cicerone, La natura divina I, 11, 26. Traduzione di
Cesare Marco Calcante, Milano, Rizzoli, 2007, p.64)
[39] G. Reale, Il pensiero antico, pag. 48.
[40] Tale Intelligenza viene indicata da Giovanni Reale come divina in Storia della losoa greca e romana, vol.1
Milano, Bompiani, 2004, p.232; ma anche Giovanni Reale, Il pensiero antico, Milano, Vita e Pensiero, 2001, p.49,
anche se nei frammenti del losofo che possediamo tale
qualica divina non viene mai assegnata al (Cfr.
Werner Jaeger, La teologia dei primi pensatori greci, Firenze, La Nuova Italia, 1982, p.249), ma Werner Jaeger
nota in merito:
Recentemente si fatto notare che le aermazioni di Anassagora sul nus ricordano per
la forma linguistica lo stile dell'inno e imitano
volutamente questo modello. [...] in nessuno
dei frammenti che possediamo detto esplicitamente che egli abbia attribuito allo spirito qualit divine. Ci nonostante questo deve
essere stato il suo insegnamento, e lo conferma la forma dell'inno con la quale egli riveste
gli attributi del nus. Un'altra conferma data
anche dal contenuto di queste sue aermazioni. Gli attributi: illimitato, sovrano, nonmisto e autonomo giusticano pienamente il
tono elevato in cui il losofo parla di questo
principio supremo.
(Werner Jaeger, La teologia dei primi pensatori greci, Firenze, La Nuova Italia, 1982,
p.249)
[41] Cfr. frammento 7, da I presocratici, cit. in Andr Pichot, La nascita della scienza: Mesopotamia, Egitto, Grecia
antica, pag. 506, Dedalo, 1991.
[42] Vocabolario greco della losoa, a cura di Ivan Gobry,
Milano, Bruno Mondadori, 2004, p.146.
[43] B. Mondin, ,Storia della metasica, pag. 94, vol I, ESD,
Bologna, 1998.
[44] Giovanni Reale, I Presocratici. Sui semi, aggregazione e
disgregazione pag. 1071 e sgg. per l'azione del nous pp.
1013, 1035-1039, 1059
[45] Anassimandro D-K 59 B 12 e D-K 59 B 14.
[46] Anassimandro D-K 59 B 13
[47] C. Carbonara, I presocratici, 1962, cit. in B. Mondin, op.
cit.

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