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Eneide I, 1 – 33

Le armi e l’uomo
I primi versi dell’Eneide testimoniano una ricercata vicinanza con il modello omerico. Il poeta,
infatti, si collega all’Iliade là dove parla di armi e guerra, mentre il termine uomo e l’allusione al
faticoso viaggio per mare e per terra rimandano all’Odissea.
Tuttavia novità significative. In questa dichiara di voler cantare in prima persona (Canto), mentre
nei poemi omerici era la a parlare: Canta, o dea (Iliade); raccontami, o Musa (Odissea). Inoltre alla
Musa, invocata nell’Eneide soltanto al v. 8, non è più chiesto di ispirare il poeta, ma di aiutarlo a
ricordare le cause delle vicende. Virgilio enuncia inoltre il valore provvidenziale dei fatti narrati: le
guerre e i viaggi tormentati del protagonista sono voluti dal fato perché necessari alla nascita di una
nuova città e di una nuova stirpe. A differenza di Ulisse, Enea non viaggia per motivi personali né
per tornare alla propria patria: egli è mosso dal destino e cerca una terra che conosce; la guerra che
dovrà affrontare non si concluderà con un atto di distruzione di fondazione, poiché il figlio di Enea,
Ascanio Iulo, darà origine ad Alba Longa e dalla sua discendenza sorgerà Roma.
Nel Proemio viene infine tratteggiata una qualità distintivo del protagonista, che è un uomo insigne
per pietà (uomo pio, v. 11), ossia rispettoso di tutti i valori del mos maiorum.
Le cause dell’ira
Le ragioni per cui Giunone perseguita Enea sono quattro. Nella prima si percepisce l’intento del
poeta celebrare la storia di Roma (vv. 12 - 22). Giunone predilige Cartagine e vorrebbe impedire il
compiersi del destino di rovina della città per mano dei discendenti di Enea: è evidente l’allusione
alle guerre puniche. Le altre tre ragioni appartengono invece alla sfera del mito: Giunone odia i
Troiani da quando Paride, figlio di Priamo, assegnò a Venere la palma della più bella tra le dee (vv.
26 - 28); l’esistenza stessa della stirpe indiana le ricorda una delle tante infedeltà di Giove (v. 28);
infine un altro troiano, Ganimede, diede alla dea motivi per sentirsi offesa della sua dignità (v. 28).
Il giudizio di Paride: Paride, figlio di Priamo, era stato scelto come arbitro della contesa tra
Giunone, Minerva e Venere e aveva assegnato a quest’ultima la palma della più bella tra le dee,
ottenendo in cambio l’amore di Elena, moglie di Menelao re di Sparta. Proprio il rapimento della
donna da parte di Paride è causa della guerra di Troia. Giunone ricorda l’offesa alla sua bellezza ed
è ostile a Enea perché questi è figlio di Venere.

Al banchetto di nozze di Peleo e Teti, Zeus invitò tutti gli dei dell'Olimpo ad eccezione di Eris, la
dea della discordia. Eris, infuriata per l'onta subita, meditò una vendetta: si presentò comunque al
convito e lanciò sulla tavola imbandita un pomo d'oro con la scritta “alla più bella...”
(καλλίστῃ...).
Al che, Era (Giunone), Atena (Minerva) ed Afrodite (Venere) - pretendendo ciascuna d'esser la più
bella - iniziarono a litigare al fine d'accaparrarsi il frutto prezioso, non pensando che così facendo
sarebbero cadute in pieno nella subdola trappola tesa da Eris, spietata creatrice di conflitti e di
guerre e, secondo l'epiteto omerico, Signora del dolore.
A questo punto Zeus, per dirimere la lite, invitò Hermes (Mercurio, il messaggero degli dèi) a
scortare le tre contendenti sul monte Ida dal pastore troiano Paride che, uomo giusto e leale,
avrebbe fatto da giudice. (Assegnando tale compito ad un mortale, Zeus, in tal modo, si toglieva
personalmente d'impaccio ed evitava, inoltre, che sull'Olimpo sorgessero rivalità e contrasti).
Scortate da Hermes fin al cospetto di Paride, le tre dee - al fine di ingraziarsi il giovane pastore
troiano - iniziarono a promettergli le più svariate ricompense. Era gli promise il dominio politico
sull'Asia; Atena la saggezza e la conoscenza, oltre alla fama e alla gloria in battaglia; Afrodite,
infine, l'amore di Elena, la donna più bella del mondo.
La scelta di Paride, come sappiamo, cadde su Afrodite, alla quale Hermes consegnò il pomo della
discordia, secondo il volere di Zeus.
Afrodite, in seguito, aiuterà il principe troiano a rapire Elena, moglie di Menelao, re di Sparta. Ciò
sarà la causa scatenante della guerra di Troia, evento a cui saranno dedicati i poemi epici del ciclo
troiano, tra cui l'Iliade e l'Odissea.
La scelta di Paride sul monte Ida avrebbe avuto fondamentali conseguenze sulla storia di Troia e
sulla stessa Grecia. Tale scelta fece sorgere, infatti, nelle due dee escluse, Era ed Atena, un odio
feroce contro Troia e i troiani, il cui esito ultimo sarebbe stato la distruzione della città ad opera
delle armate achee.

Rubens, Il giudizio di Paride

Rubens, Il giudizio di Paride (London, National Gallery)


Enrique Simonet Lombardo, Il giudizio di Paride (Malaga)
Luca Giordano, Il giudizio di Paride, Musei Civici di Vicenza

Sandro Botticelli, Il giudizio di Paride, Venezia


Dietro al vecchio con la barba Hermes conduce le tre dee al giudizio. Era, con il mantello sulla testa,
Atena con lancia e lunga veste decorata, Afrodite con chitone (tunica di stoffa leggera) ed ampio himation
(vestito/mantella di lana, in genere bianco, tipico dell’abbigliamento greco .
Paride, a destra, con il volto rivolto verso la processione delle divinità. Dietro di lui un cane,
tre tori e un uccello sulla groppa dell'ultimo toro.

Anfora da Vulci, Pittore di Paride, Antikensammlung di Monaco


L’invisa stirpe: la stirpe troiana e odiosa alla dea Giunone perché Dardano, il capostipite, era nato
dall’unione clandestina tra Giove, marito di Giunone, ed Elettra, una delle Pleiadi.
Ganimede: figlio del re troiano Troo, era stato amato da Giove per la sua bellezza e portato in cielo
da un’aquila perché fungesse da coppiere degli dèi. In questa funzione sostituì Ebe, figlia prediletta
di Giunone.

Esercizi

Travaglio
Etimologia. Dal verbo “travagliare “, che attraverso il francese travailler deriva dal latino tripallare,
ossia tormentare con il tripallum, strumento di tortura composto da tre pali.
Che cosa significa in italiano il verbo francese travailler?

Principali significati del termine travaglio: 1) lavoro duro; 2) tormento, sofferenza; 3) insieme di
dolori che precedono il parto.
Trova almeno un sinonimo per ciascun significato.
Principali contrari del termine travaglio: 1) riposo; 2) consolazione.
Individua nell’elenco che segue altre parole che possono essere considerate contrari di travaglio:
pena, sollievo, concretezza, serenità, conforto, oppressione, indugio, solitudine, tranquillità.

Trova l’aggettivo derivato da travagliare che ha il valore di “tormentato, sfinito dalle sofferenze”.

Inventa una frase che contenga il sostantivo “travaglio” e inseriscila in un dialogo tra un giocatore
di calcio e il suo allenatore.

La condizione di Enea come eroe sottoposto a “travagli” è messa in luce da Virgilio sin dal primo
canto. Ti propongo alcune produzioni diverse rispetto a quella proposta dal tuo libro di testo:
vv. 2-3: molto per forza di dei travagliato in terra / e in mare;
vv. 9-11: la regina degli costrinse un uomo […] ad imbattersi / in tanti travagli;
vv. 30-31: travagliati per tutta la distesa delle acque, i Troiani, relitti / dei Danai e del feroce
Achille.
Fai la parafrasi dei versi che seguono sostituendo il termine “travagliato”e “travagli” con
espressioni diverse in ogni frase.

In altri testi
“Mi travagliò quand’ero molto giovane, un amore fortissimo ma il solo, e fu puro; e più a lungo ne
sarei stato travagliato se la morte, crudele ma provvidenziale, non avesse spento definitivamente
quella fiamma quando ormai era languente” (F. Petrarca, Epistola posteritati, trad. it. P. G. Ricci,
in F. Petrarca, Prose, Ricciardi, Milano-Napoli 1955).

“[…] E andando del sole che abbaglia / sentire con triste meraviglia / com’è tutta la vita e il suo
travaglio / in questo seguitare una muraglia / che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia” (E. Montale,
Meriggiare pallido e assorto)

Il verbo “travagliare” e il sostantivo “travaglio” mantengono il valore di “tormentare e “sofferenza”


anche nei testi sopra riportati? Argomenta la tua risposta argomenta la tua risposta.

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