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DANTE I CANTO INFERNO Ci troviamo il 25 marzo del 1300, giovedì santo, primo anno di

giubileo della cristianità. Dante ci vuole mostrare come la sua


vita personale e l’universale si intersecano. Tutto il poema viene
introdotto da questo da questo canto. Dante utilizza il verso
endecasillabo e la metrica delle rime è ABA BCB CDC

Dante (personaggio) inizia a parlare e dice “nel cammin di


Nel mezzo del cammin di nostra vita nostra vita” appunto perché la sua esperienza si moltiplica e
mi ritrovai per una selva oscura, diventa di tutti. Egli si ritrova nella selva oscura, la via del
ché la diritta via era smarrita. 3 peccato ed è buia poiché vi è una contrapposizione con la Luce
della divinità.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura Nella seconda terzina parla il Dante narratore e riflette su come
esta selva selvaggia e aspra e forte raccontare ciò che gli è successo, poiché il solo pensarci gli crea
che nel pensier rinova la paura! 6 paura.
Tant’è amara che poco è più morte; La sua condizione di peccato è talmente tormentata ch ela
ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai, morte è poco più crudele. Ma per arrivare alle cose positive
dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte. 9 che egli ha visto deve prima raccontare le altre.
Dante è assonnato perché il peccatore è rappresentato in un
Io non so ben ridir com’i’ v’intrai, momento di sonnolenza e la coscienza è influenzata dal
tant’era pien di sonno a quel punto peccato.
che la verace via abbandonai. 12

Ma poi ch’i’ fui al piè d’un colle giunto,


là dove terminava quella valle Dante arriva ai piedi di un colle dopo aver attraversato la
che m’avea di paura il cor compunto,15 selva. Le spalle del colle erano illuminate dal Sole, e Dante
utilizza una lunga perifrasi per indicarlo (“pianeta che mena
guardai in alto e vidi le sue spalle dritto altrui per ogne calle”).
vestite già de’ raggi del pianeta
che mena dritto altrui per ogne calle. 18 Secondo la medicina medievale, all’interno del cuore c’era
un luogo dal quale partiva il sangue e secondo Dante quello è
Allor fu la paura un poco queta, il punto dal quale partono i sentimenti.
che nel lago del cor m’era durata
la notte ch’i’ passai con tanta pieta.21

E come quei che con lena affannata, Qui si presenta la prima similitudine del poema e riprende
uscito fuor del pelago a la riva, un’immagine che ricorrerà spesso, ovvero quella del
si volge a l’acqua perigliosa e guata, 24 naufragio come smarrimento.
così l’animo mio ch’ancor fuggiva,
si volse a retro a rimirar lo passo
che non lasciò già mai persona viva. 27
Dante dopo essere uscito dalla selva, si guarda intorno e
Poi ch’èi posato un poco il corpo lasso, comincia la salita del colle. Vuole uscire in maniera semplice
ripresi via per la piaggia diserta, dalla sua condizione di peccato per arrivare verso Dio.
sì che ’l piè fermo era sempre ’l più basso. 30
“ED ECCO” è una tipica espressione utilizzata nel Vangelo,
Ed ecco, quasi al cominciar de l’erta, modello di ispirazione per Dante.
una lonza leggiera e presta molto, A questo punto a sbarragli la strada c’è una lonza, incrocio
che di pel macolato era coverta; 33 tra leopardo e leonessa.
e non mi si partia dinanzi al volto, Questa lonza che gli impedisce di proseguire simboleggia la
anzi ’mpediva tanto il mio cammino, lussuria, che ferma l’uomo e gli impedisce di salire verso
ch’i’ fui per ritornar più volte vòlto. 36 Dio.
Nella sua opera Dante non ci dice mai che è mattina o sera,
Temp’era dal principio del mattino, ma utilizza molti riferimenti astronomici.
e ’l sol montava ’n sù con quelle stelle Il sole sta sorgendo insieme alle stelle che erano con Dio
ch’eran con lui quando l’amor divino 39 quando creò tutto.

mosse di prima quelle cose belle;


sì ch’a bene sperar m’era cagione
di quella fiera a la gaetta pelle 42
Dopo la lonza, sulla via incontra un leone. Il leone
l’ora del tempo e la dolce stagione; rappresenta la superbia, un altro dei peccati che impediscono
ma non sì che paura non mi desse all’uomo di arrivare Dio.
la vista che m’apparve d’un leone. 45 L’atteggiamento del leone mostra tutta la sua superbia poiché
cammina a testa alta.
Questi parea che contra me venisse La rima “venisse” e “tremesse” è una rima tipicamente
con la test’alta e con rabbiosa fame, siciliana.
sì che parea che l’aere ne tremesse. 48
A questo punto arriva l’ultima delle tre fiere, una lupa che
Ed una lupa, che di tutte brame rappresenta l’avarizia. Nel suo essere magra sembrava piena
sembiava carca ne la sua magrezza, del suo desiderio di denaro e beni terreni.
e molte genti fé già viver grame,51
L’avarizia è un peccato che ha fatto soffrire molte persone.
questa mi porse tanto di gravezza Ed è con la lupa che Dante perde la speranza di arrivare sul
con la paura ch’uscia di sua vista, colle.
ch’io perdei la speranza de l’altezza. 54

E qual è quei che volentieri acquista, Dante utilizza una similitudine per esprimere il suo stato
e giugne ’l tempo che perder lo face, d’animo, infatti egli si sente come colui che accumula
che ’n tutti i suoi pensier piange e s’attrista, 57 ricchezze per tutta la vita e quando arriva il momento che gli
fa perdere tutto piange e si addolora.
tal mi fece la bestia sanza pace, I peccati stanno di nuovo trascinando i peccatori nella selva.
che venendomi ’ncontro a poco a poco
mi ripigneva là dove ’l sol tace. 60

Mentre ch’i’ rovinava in basso loco, Dante sta tornando verso la selva, quando intravede una
dinanzi agli occhi mi si fu offerto figura nella penombra, appena visibile nella poca luce
chi per lungo silenzio parea fioco. 63 dell’alba.

Quando vidi costui nel gran diserto, Intimorito, supplica lo sconosciuto di avere pietà di lui e gli
«Miserere di me,» gridai a lui, chiede se sia un uomo in carne ed ossa oppure l’anima di un
«qual che tu sii, od ombra od omo certo!» 66 defunto.

Rispuosemi: «Non omo, omo già fui, L’altro risponde di non essere più un uomo in vita, ma di
e li parenti miei furon lombardi, avere avuto i genitori lombardi e di essere originario di
mantoani per patria ambedui. 69 Mantova. Si presenta come Virgilio. Questo si trova nel
limbo poiché per un motivo o per un altro non sono stati
Nacqui sub Iulio, ancor che fosse tardi, battezzati.
e vissi a Roma sotto ’l buono Augusto
al tempo de li dei falsi e bugiardi. 72 Il poeta latino vissuto al tempo di Cesare e Augusto, ovvero
durante il paganesimo, e che ha cantato le gesta di Enea nel
Poeta fui, e cantai di quel giusto poema a lui dedicato.
figliuol d’Anchise che venne di Troia
poi che il superbo Ilïón fu combusto. 75

Ma tu perché ritorni a tanta noia? Virgilio rimprovera Dante perché sta scivolando verso il male
perché non sali il dilettoso monte della selva, mentre dovrebbe scalare il colle che è principio
ch’è principio e cagion di tutta gioia?» 78 di felicità
«Or se’ tu quel Virgilio e quella fonte Dante ha capito con chi sta parlando e gli risponde con
che spandi di parlar sì largo fiume?», ammirazione “vergognosa fronte”.
rispuos’io lui con vergognosa fronte. 81

«O de li altri poeti onore e lume, Il poeta dice a Virgilio che lui è il più grande poeta mai
vagliami ’l lungo studio e ’l grande amore vissuto e dichiarando che è il suo maestro e modello di stile
che m’ha fatto cercar lo tuo volume. 84 poetico.

Tu se’ lo mio maestro e ’l mio autore, Dante in questo modo ci informa su chi sono i suoi modelli.
tu se’ solo colui da cu’ io tolsi
lo bello stilo che m’ha fatto onore. 87

Vedi la bestia per cu’ io mi volsi; Si giustifica indicando la lupa come la bestia selvaggia che
aiutami da lei, famoso saggio, gli sbarra la strada, pregando Virgilio di aiutarlo a superarla,
ch’ella mi fa tremar le vene e i polsi». 90 perché egli è troppo spaventato. (“mi fa tremar le vene e i
polsi”= figura retorica = endiade.)
«A te convien tenere altro viaggio,»
rispuose, poi che lagrimar mi vide, Virgilio riprende la parola spiegando a Dante che, se vuole
«se vuo’ campar d’esto loco selvaggio;93 salvarsi la vita, dovrà intraprendere un altro viaggio.

ché questa bestia, per la qual tu gride,


non lascia altrui passar per la sua via,
ma tanto lo ’mpedisce che l’uccide; 96 Infatti la lupa è un’animale particolarmente pericoloso e
malefico, incapace di soddisfare la propria fame, che uccide
e ha natura sì malvagia e ria, chiunque incontri.
che mai non empie la bramosa voglia,
e dopo ’l pasto ha più fame che pria. 99

Molti son li animali a cui s’ammoglia,


e più saranno ancora, infin che ’l veltro Virgilio spiega che sono molti gli animali con cui l’avidità si
verrà, che la farà morir con doglia.102 accoppia e profetizza poi la venuta di un “veltro” un cane da
caccia che ucciderà la lupa con molto dolore e la ricaccerà
Questi non ciberà terra né peltro, nell’Inferno da dove è uscita.
ma sapïenza, amore e virtute,
e sua nazion sarà tra feltro e feltro.105 Costui non sarà interessato alle ricchezze materiali ma ai beni
spirituali, e la sua patria non sarà nessuna città in particolare.
Di quella umile Italia fia salute
per cui morì la vergine Cammilla, Egli sarà la salvezza dell’Italia, per la quale già altri
Eurìalo e Turno e Niso di ferute.108 personaggi hanno dato la vita, come i troiani
Eurialo e Niso, la regina dei Volsci Camilla, il re dei Rutuli
Questi la caccerà per ogne villa, Turno, tutti cantati dallo stesso Virgilio nell’Eneide.
fin che l’avrà rimessa ne lo ’nferno,
là onde invidia prima dipartilla. 111

Ond’io per lo tuo me’ penso e discerno Virgilio spiega a Dante come egli dovrà comportarsi. Virgilio
che tu mi segui, ed io sarò tua guida, conclude dicendo a Dante che dovrà seguirlo in un viaggio
e trarrotti di qui per loco etterno, 114 che lo condurrà nei tre regni dell’Oltretomba.

ove udirai le disperate strida, Il luogo “etterno” ovvero l’inferno e sentirà le grida disperate
vedrai li antichi spiriti dolenti, dei dannati che vorrebbero morire un’altra volta.
ch’a la seconda morte ciascun grida; 117

e vederai color che son contenti Poi lo guiderà nel Purgatorio, dove vedrà i penitenti che sono
nel foco, perché speran di venire contenti di espiare le loro colpe per essere ammessi in
quando che sia a le beate genti. 120 Paradiso.
A questo punto Virgilio dice che lo accompagnerà
A le quai poi se tu vorrai salire, nell’inferno e nel purgatorio, ma poi verrà accompagnato da
anima fia a ciò di me più degna: un’anima più degna di lui.
con lei ti lascerò nel mio partire; 123

ché quello imperador che lassù regna, E Virgilio non potrà fargli da guida poiché egli non ha creduto
perch’i’ fu’ ribellante a la sua legge, nel Cristianesimo, quindi Dio non può ammetterlo nel regno
non vuol che ’n sua città per me si vegna. 126 dei Cieli.

In tutte parti impera e quivi regge; Virgilio descrive Dio come un imperatore su un trono e nelle
quivi è la sua città e l’alto seggio; sue parole vi è un po’ di rimpianto “oh felice colui cu’ivi
oh felice colui cu’ ivi elegge!» 129 elegge!”.

E io a lui: «Poeta, io ti richeggio


per quello Dio che tu non conoscesti,
a ciò ch’io fugga questo male e peggio, 132 Dante risponde a Virgilio pregandolo di fargli da guida in
questo viaggio, poiché è ansioso di vedere la porta di San
che tu mi meni là dov’or dicesti, Pietro e le pene dei dannati.
sì ch’io veggia la porta di san Pietro
e color che tu fai cotanto mesti».
Virgilio inizia a muoversi e Dante lo segue.
Allor si mosse, e io li tenni dietro. 136

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