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INFERNO

CANTO 1
- È la notte del venerdì santo (7/8 aprile) del 1300,
anno del Giubileo.
- Dante, immerso in un sonno profondo, si smarrisce
in una selva oscura (allegoricamente essa
rappresenta il peccato in cui si smarrisce facilmente
l’anima umana).
- È così intricata che egli non riesce a trovare la via della
salvezza. Si sente perciò invadere da un senso di grande smarrimento.
- Sconvolto dall’angoscia e dalla paura, arriva ai piedi di un colle illuminato dal sole (simbolo della
Grazia). A quella vista, si sente rincuorato e incomincia a salire il pendio.
- All'improvviso, si vede sbarrato il cammino da tre fiere: una lonza, un leone e una lupa
(simboleggiano tre grossi vizi: la lussuria, la superbia e l’avarizia) che lo fanno retrocedere
verso il basso.
- Ma in suo soccorso, appare l’ombra di un uomo: è Virgilio, il poeta latino che gli era caro
(simbolo della ragione umana).
- Dante lo prega di salvarlo e il grande poeta latino, per evitare la lupa famelica, l’avarizia, peccato
che ha corrotto la società intera, lo esorta a seguire un altro percorso. Non basta l’intenzione di
liberarsi dal peccato: per salvarsi, occorre conoscere più a fondo le radici del bene e del male.
- Perciò, in attesa che arrivi il «veltro» a uccidere la lupa, sarà bene che lo segua: gli farà da guida
e gli mostrerà le pene dell’Inferno e le gioiose espiazioni delle anime del Purgatorio destinate a
salire in Paradiso. Se poi vorrà vedere i beati, gli farà da guida un’anima più degna di lui
(Beatrice che simboleggia la Grazia) poiché Dio non vuole che egli, pagano, varchi la porta del
Cielo.
- Rinfrancato da queste parole di Virgilio, Dante dice che è pronto a seguirlo e incomincia così quel
percorso che lo condurrà alla salvezza, alla purificazione intellettuale e morale in un viaggio nel
regno dei morti che rappresenta tutta la società sviata e corrotta.

DITTOLOGIA SINONIMICA
Figura retorica caratterizzata da aggettivi che indicano la stessa cosa (aspra e forte; falsi e
bugiardi).

PRIMA SIMILITUDINE
Dante paragona il pericolo scampato a quello del naufrago, che sfuggito al rischio di morire
affogato, quindi una volta raggiunta la riva, si volta a guardare il mare da cui è riuscito a salvarsi.

PROFEZIA DEL VELTRO


Cane da caccia che combatterà le tre fiere, rimuovendo il peccato dal mondo. Tra le diverse
interpretazioni di questa allegoria c’è il simbolo di guida religiosa e politica, una figura che si ciberà
di sapienza, amore e virtù (le tre persone della Trinità, il Figlio, lo Spirito Santo e il Padre). Altri
commentatori hanno identificato il veltro come un personaggio storico, ma è più probabile che Dante
abbia pensato ad un riformatore religioso come proiezione utopica delle sue speranze di
rigenerazione dell’umanità. Inoltre, il feltro per molti commentatori antichi è una specie di panno
povero. Altri invece, sostengono che l’espressione “tra feltro e feltro” voglia indicare il luogo
geografico della zona Veneta o ad un uomo politico della stessa.

CANTO 2
- Scende il tramonto e Dante intraprende l'arduo viaggio infernale. Prima di iniziare la narrazione,
prega le Muse che gli concedano l'ispirazione necessaria e chiede aiuto al suo stesso ingegno
dichiarando di confidare nella memoria, che registri con fedeltà ogni avvenimento.
- Il poeta è dubbioso e intimorito dall’impresa.
- Enea e san Paolo hanno avuto il privilegio di penetrare nel regno dell’aldilà, il primo perché
scelto da Dio come fondatore di Roma, il secondo per trarne stimolo alla predicazione del verbo
di Cristo.
LE TRE DONNE BENEDETTE: CATENA DI COMANDO
Virgilio rimprovera a Dante la sua viltà e, per spronarlo a mettere da parte ogni indugio, gli rivela di
essere un'anima del Limbo e di essere stato pregato da Beatrice, discesa dal Paradiso di
soccorrerlo e di fargli ritrovare la retta via che lo possa condurre alla salvezza eterna. Beatrice, che
per volere di Dio è in condizione di non dover temere neppure il contatto con l'Inferno, gli ha rivelato
di essere stata sollecitata da Santa Lucia, su invito della Madonna, perché allontani il pericolo della
dannazione eterna di Dante.
Rappresentano le tre forme della Grazia divina: Maria è la Grazia preveniente, dono gratuito di Dio
a tutti gli uomini, indipendentemente dai loro meriti; Santa Lucia è la Grazia illuminante, concessa
da Dio agli uomini per aiutarli a discernere il bene dal male; Beatrice è la Grazia cooperante o
santificante, ovvero quella che, con la cooperazione dell’uomo, lo aiuta ad operare il bene.
- Virgilio, quindi, lo esorta a mettere definitivamente da parte ogni tentennamento e a seguirlo.
- Il poeta, sentendosi rassicurato, esprime a Virgilio la sua ormai irremovibile decisione di
intraprendere il viaggio ultraterreno sotto la sua guida.

CANTO 3
- Virgilio e Dante si trovano di fronte alla porta dell'inferno, che nella parte superiore porta incisa la
famosa scritta conclusa con la sentenza "Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate".
- Entrano nel mondo infernale, che è buio e si sentono subito pianti, lamenti e grida dei dannati.
- Quell'anticamera dell'inferno accoglie gli ignavi, coloro che vissero senza prendere mai una
posizione, né buona né cattiva, inutili a sé stessi ed alla società.
- La pena degli ignavi: sono continuamente punzecchiati da mosconi e vespe e sono costretti ad
inseguire una insegna bianca
- Tra le anime Dante riesce a vedere quella di Celestino V, colui che per vigliaccheria aveva
ceduto alla carica papale lasciando il posto a Bonifacio VIII, che il poeta ritiene responsabile del
male di Firenze e del suo esilio. Questo papa voleva che la chiesa avesse anche il potere
temporale.
- Proseguendo nel loro cammino i due poeti giungono sulla riva del fiume Acheronte dove
un'immensa schiera di anime è pronta per essere traghettata sull'altra sponda da Caronte.
- Il nocchiero svolge il suo compito senza parlare: ordina alle anime di salire sulla barca facendo
loro dei cenni, e, se qualcuna mostra di voler indugiare, la percuote col remo. Caronte, accortosi
che Dante è ancora in vita, lo ammonisce a tornarsene sui suoi passi, ma Virgilio lo costringe al
silenzio rivelandogli che il viaggio del suo discepolo si compie per volere del cielo.

PRIMO SVENIMENTO DI DANTE


Improvvisamente la terra trema, e, mentre un lampo di luce rossa squarcia le tenebre, Dante perde i
sensi.

CANTO 4
- Dante si ritrova al di là del fiume Acheronte, laddove vi è il Limbo (il luogo in cui anche Virgilio
giace): qui vi sono le anime di coloro che, virtuosi, sono nati prima di Cristo o erano pagani. Essi
non hanno commesso alcun peccato, tuttavia non sono destinati alla salvezza e rimarranno per
sempre col desiderio di vedere Dio.
- Fra queste anime Dante cita Adamo, Abele, Giacobbe, Mosè, Noè, Abramo, Isacco.
- Successivamente, gli si presentano Omero, Ovidio, Orazio e Lucano: gli autori dei poemi
“Iliade” e “Odissea”, le “Metamorfosi”, le “Satire” e il “Bellum civile”.
- Il gruppo di sapienti si intrattiene a parlare con Virgilio, e dopodiché anche con Dante.
- Poi si avvicinano al castello luminoso dove risiedono gli “spiriti magni”: entrano e Dante riconosce
 Ettore, Enea, Cesare
 Lavinia, Camilla, Pentasilea
 Aristotele, Platone, Socrate, Democrito, Anassagora, Diogene, Talete, Eraclito,
Empedocle, Zenone
 Galeno, Cicerone, Seneca
 Ippocrate, Tolomeo, Averroè
- Infine, Dante e Virgilio si congedano dai quattro poeti e continuano il cammino nel secondo
cerchio.

CANTO 5
- Dante giunge nel 2° cerchio all'ingresso del quale è posto Minosse, giudice infernale, che, dopo
aver ascoltato dai dannati la confessione delle loro colpe, attribuisce a ciascuno il luogo di pena
meritato attorcigliando la sua coda attorno al corpo tante volte quanti sono i cerchi che i dannati
dovranno scendere per ricevere la loro punizione.
- Accortosi della presenza di Dante, Minosse tenta di intimidirlo, ma, a difesa del poeta, interviene
con forza Virgilio, tacitando il rabbioso demone con la recisa affermazione che il viaggio
ultraterreno di Dante avviene per esplicita volontà di Dio.
- Le anime di questo cerchio, i lussuriosi, sono condannate a essere incessantemente travolte da
una vorticosa bufera di vento, perché in vita si sono abbandonati alle passioni dei sensi,
sottomettendo la ragione alla ricerca del piacere.

FRANCESCA E PAOLO
Colpito dall'immagine di due anime che procedono insieme, Dante chiede e ottiene dalla sua guida
di poter parlare con loro. Le anime escono dalla schiera dei dannati e gli si avvicinano rapide e
leggere come colombe che volano verso il nido. Si tratta dì Francesca da Rimini e Paolo
Malatesta, gli infelici cognati che, complice la lettura della storia d'amore tra la regina Ginevra e
Lancillotto del Lago, furono travolti da una violenta passione che fu la causa della loro morte.
È Francesca stessa a raccontare tra lacrime e sospiri la dolorosa vicenda, ricordando il bacio
ardente del cognato e la tragedia che ne seguì. I due amanti, infatti, scoperti, furono uccisi da
Gianciotto, legittimo consorte di Francesca e fratello di Paolo.

SECONDO SVENIMENTO DI DANTE


Mentre Francesca narra la vicenda, Paolo piange in silenzio e Dante, in preda a una profonda
commozione, perde i sensi.

FINE ESPERIENZA STILNOVISTA DI DANTE

CANTO 6
- Riprendendo coscienza dopo lo svenimento per la vicenda Paola e Francesca, Dante si accorge
di essere nel 3° cerchio. La colpa dei dannati, in vita, è quella di aver amato troppo i cibi raffinati
e ora sono martellati da un'incessante pioggia fetida, mista a grossa grandine e neve, e urlano di
dolore con la testa nel fango puzzolente.
- Custode del terzo cerchio è Cerbero, demone a 3 teste dagli occhi rossi. Egli latra furioso e
scortica e scuoia con le unghie gli infelici dannati.
- Vedendo i due poeti, il mostro ringhia paurosamente contro di loro, mostrando i denti. Virgilio si
china, afferra una manciata di fango e la getta nelle bocche spalancate del mostro, che si
zittisce.
- Dante e Virgilio non possono fare a meno di camminare sopra i dannati che giacciono distesi nel
fango, percossi dalla pioggia. Uno di essi, levatosi a sedere al passaggio dei poeti, rivolge la
parola a Dante, chiedendogli se lo riconosca. Ricevuta risposta negativa, dice di essere nato a
Firenze, città piena d'invidia, di chiamarsi Ciacco e di essere stato condannato a scontare in
quel luogo i peccati della gola.

PROFEZIA DI CIACCO o PROFEZIA EX POST o POSTEVENTUM


Mostrandosi addolorato per la sorte di Ciacco, Dante gli domanda
1) Quale sarà il futuro di Firenze, tormentata dalle lotte tra le fazioni,
2) Quali siano le ragioni di tali discordie
3) E se tra i fiorentini esista qualche uomo giusto.
Ciacco profetizza allora che la lotta fra Bianchi e Neri si concluderà con la vittoria finale dei Neri
attraverso l'aiuto del papa Bonifacio VIII. Pochissimi sono gli uomini giusti e restano inascoltati
perché Firenze brucia ormai di superbia, invidia e avarizia. Dante chiede ancora se Farinata e altri
fiorentini gustino le gioie del Paradiso o soffrano le pene dell'Inferno, venendo a sapere che tutti
sono dannati e che potrà incontrarli nei cerchi più bassi.
- Finito questo, Ciacco si sdraia nel fango e Virgilio spiega che non si alzerà mai più da lì fino al
giorno del Giudizio Universale.
- Dante domanda a Virgilio, se dopo la sentenza finale, i tormenti delle anime, aumenteranno o
diminuiranno e Virgilio gli conferma che le pene dei dannati aumenteranno.

CANTO 7
- Scesi nel 4° cerchio, luogo di pena degli avari e dei prodighi, Virgilio e Dante vedono i dannati,
divisi in due schiere, spingere col petto grossi massi, percorrendo il cerchio stesso in senso
opposto.
- Dopo un inevitabile scontro tra i due gruppi, i dannati urlano violentemente, attribuendosi l'un
l'altro la colpa. In questo assurdo faticare e penare sta il contrappasso per chi nella vita non
faceva altro che accumulare o disperdere ricchezze.
- Seguendo il corso dello Stige, i due si trovano al cospetto degli iracondi e degli accidiosi. Sono
anch'essi separati in due schiere; i primi stanno in superficie, ignudi, insozzati dal fango, e si
percuotono e addentano crudelmente l’un l’altro. I secondi sono interamente ricoperti dal fango
che, al contrario, non bruciarono mai di quell’ira santa che deve ardere nel cuore del giusto. Non
hanno volto né voce: semplici bolle sulla superficie dell’acqua stagnante, dichiarano la loro
presenza e il loro tormento.
- I due poeti giungono infine ai piedi di una torre.
- Ultimi 10 versi, rime sparse per far capire meglio la condizione di disperazione.

CANTO 8
- Costeggiando la riva dello Stige, Dante e Virgilio giungono ai piedi di una torre dalla cui sommità
partono segnali luminosi.
- La barca approda davanti alle mura della città di Dite, rosseggiante per il fuoco, protetta da uno
stuolo di diavoli che impediscono a Dante e a Virgilio l’ingresso nel basso Inferno.
- Neppure le parole di Virgilio riescono a persuadere i diavoli a piegarsi alla volontà divina: di fronte
alla loro ostilità e allo sconforto della sua guida Dante è preso dal terrore, anche se Virgilio lo
rassicura e gli preannuncia l’arrivo di qualcuno in grado di aiutarli.

CANTO 9
- Virgilio e Dante entrano allora indisturbati nella città di Dite.
- Guardandosi attorno, Dante vede una distesa pianeggiante, punteggiata da numerosissime
tombe con il coperchio sollevato, rese incandescenti da fuochi che ardono tutt'intorno, e
apprende da Virgilio che li sono puniti gli eretici.
- Gli eretici in vita erano fondatori e seguaci di dottrine contrarie a quella ufficiale della Chiesa. La
loro pena è quella di giacere in tombe infuocate e scoperchiate, divisi in gruppi a seconda della
setta di appartenenza.
- I due poeti proseguono il cammino tra le mura della città e gli avelli infuocati.

CANTO 10
- Dante chiede se sia possibile vedere le anime che giacciono nelle tombe scoperchiate e Virgilio
risponde che esse, luogo di pena degli epicurei saranno chiuse il giorno del Giudizio universale.
- Gli epicurei sono coloro che pensano non ci sia un dopo; sono materialisti e avendo negato il
futuro, nell’inferno non hanno certezze sul presente.
- Improvvisamente una voce si rivolge all'indirizzo di Dante: è quella di un dannato che riconosce
dall'accento Dante come concittadino e lo invita a fermarsi.
- Il poeta si accosta impaurito a Virgilio, che lo esorta piuttosto a guardare Farinata.
- Farinata, visibile dalla cintola in su, ritto nel sepolcro, fissa sdegnoso Dante e, dopo avergli
chiesto chi siano i suoi antenati, ricorda che (gli Alighieri) furono suoi fieri avversari e che per
due volte li sbaragliò e li disperse.
- Dante controbatte affermando che entrambe le volte essi ritornarono in Firenze, e vi rimasero
definitivamente, a differenza dei Farinata che ancora oggi non possono entrare in città.
- All'improvviso, dalla tomba scoperchiata, si leva un'anima che chiede perché suo figlio, Guido
Cavalcanti, non sia con lui. Il poeta, riconosciuto il padre dell'amico, risponde di essere lì non in
virtù dei propri meriti, ma della Grazia divina, della quale Guido non ha tenuto conto.
- Cavalcanti, credendo di cogliere nelle parole di Dante l'accenno alla morte del figlio, si lascia
ricadere supino dentro la tomba, disperato.

PROFEZIA DI FARINATA
Ma Farinata, senza mostrare segni di turbamento, riprende il discorso politico, profetizzando a
Dante l'esilio. Aggiunge inoltre che, pur fra la violenza delle lotte civili, egli solo, si oppose alla
distruzione di Firenze. Prima di congedarsi dal magnanimo ghibellino, Dante gli chiede se i dannati
conoscano il futuro e se ignorino il presente. Farinata risponde che a loro è concesso di conoscere il
futuro, ma non il presente: per questo Cavalcanti è caduto nel tragico errore.

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