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La narrazione dell’Eneide inizia in medias res quando Enea e i suoi Compagni sono in viaggio per
mare da sette anni. Le navi di Enea salpano da Drepano (attuale Trapani) e viaggiano verso il Lazio
ma Giunone ordina a Eolo di liberare i venti Euro, Noto e Africo per scatenare una tempesta. In
cambio Eolo ottiene la ninfa Deiopea.
Il proemio dell’Eneide inizia con la frase “Arma virumque cano, Troiae qui primus ab oris”, canto le
armi e l’uomo che per primo dalle terre di Troia.
Se confrontassimo i primi versi del proemio con quelli dell’Iliade e Odissea notiamo che in
entrambi l’invocazione della musa avviene nei primi versi, mentre nell’Eneide l’invocazione della
musa avviene molto dopo, al verso 8.
Il proemio dice che Enea arriva in Italia per volere del fato dopo un viaggio molto travagliato a
causa dell’Ira di Giunone. In questo proemio la musa non deve cantare ma deve ricordare il motivo
dell’ira di Giunone.
Giunone amava Cartagine e sa che questa città verrà distrutta dalla stirpe di Enea (guerre
puniche). Altra causa è il giudizio di Paride che assegnò a Venere il titolo di più bella tra le dee,
scatenando l’ira di Minerva e di Giunone. Ella inoltre, odiava la stirpe dei Danai perché derivavano
dagli adulteri di suo marito: Con l’unione di Giove ed Elettra nacque infatti Dardano, antenato di
Priamo e di Anchise, padre di Enea. Per finire, Ganimede, bellissimo giovanotto fu rapito da Giove
e trasportato in cielo., il re dell’olimpo gli affidò il ruolo di coppiere al posto di Elettra, sua figlia
legittima e di Giunone.
T2 La tempesta
Giunone chiede ad Eolo di liberare i venti (Eolo, Noto e Africo) che tiene chiusi in una caverna in
modo da scatenare una tempesta che allontani i Troiani dalla loro meta. Giunone gli promette in
cambio la più leggiadra tra le sue ninfe Deiopea, Eolo accetta il patto e con la lancia percuote il
monte aprendo un varco in cui tutti i venti escono all’impazzata.
Enea fa il suo ingresso spaventato, prega affinché gli dei lo aiutino, incontriamo un Enea con
sentimenti e più umano rispetto ai personaggi visti nell’Iliade. La tempesta segna la morte di molti
compagni di Enea.
Enea dice “Siano beati coloro che sono morti a Troia, perché non sono caduto anche io!”In questo
brano come in altri successivi Enea rivela il suo lato umano: ha paura e geme in un gesto da
supplice (Enea uomo pius). La tempesta è il primo dei labores (fatiche) che Enea incontrerà prima
di arrivare nel Lazio. Questa situazione narrativa ha dato vita ad un importantissimo topos
letterario.
“apparent rari nantes in gorgite vasto” appaiono pochi naufraghi che nuotano sul vasto gorgo;
pare che le persone messe in salvo siano poche.
T3 Venere appare ad Enea
Dopo la tempesta Enea è finito nelle coste libiche, nelle quali verrà poi fondata Cartagine della
quale Didone sta formando le fondamenta.
Venere dopo aver assistito alla tempesta va da Giove che la rassicura ma essa, vuole rassicurare il
figlio e gli appare come mortale.Vi sono delle analogie con l’Odissea: venere si mostra come
cacciatrice a Enea come Atena a Odisseo; Enea è disorientato e confuso come Odisseo nella terra
dei Feaci.
Enea dopo aver trascorso una notte insonne, decide di esplorare i luoghi circostanti per cercare di
capire dove è approdato e con quali popolazioni dovrà confrontarsi. La madre, Venere si presenta
sotto le spoglie di una cacciatrice e iniziato il dialogo, gli dà informazioni fondamentali nei riguardi
del popolo e della regina.
Enea all’inizio capisce subito che la madre non è una mortale, la scambia per una Ninfa o sorella di
Apollo.
Le chiede di parlagli un po’ del popolo che stava per incontrare; Venere gli raccontò che è
abitudine delle donne di Tiro andare in giro con la feretra. Gli racconta di Didone:
DIDONE: donna che il marito Sicheo le apparve in sogno dicendole di essere stato ucciso da
Pigmaglione che aveva un solo obiettivo: le ricchezze (fratello di Dodone) e che lei doveva fuggire
con i pochi uomini che avevano un forte odio nei confronti del fratello. Didone raccolse pochi
uomini, prese le navi e scappò. Giunsero sulle coste Africane, Didone chiese a Iarba (re Getuli) un
territorio per edificare la sua città. Egli le concesse tanta terra quanta ne poteva contenere una
pelle di toro (molto poca) allora Didone astutamente fece tagliare la pelle a strisce sottilissime con
cui disegnò un perimetro molto esteso.
Enea nella sua presentazione mette in risalto la sua qualità di pius: mette in risalto i greci
(conosciuti oltre le stelle) mentre di Troia dice (non so se sia giunto a vostre orecchie).
Didone ha accolto i suoi ospiti a palazzo nel suo palazzo Enea e i profughi. Venere preoccupata per
la sorte di Enea chiede a Cupido (figlio suo e di Marte) di intervenire per salvare Enea: dovrà
sostituirsi a Iulo assumendone l’aspetto in modo da fare innamorare Venere di Enea.
Questo piano andava bene sia a Venere perché voleva proteggere Enea ma anche a Giunone
perché così l’arrivo di Enea in Italia verrebbe posticipato.
Nei libri 2 e 3 il narratore diventa interno (Enea) e si racconta della caduta di Troia che “non è stata
piegata dai Greci con le armi ma è stata condannata dal fato e sconfitta con l’inganno”.
T8 la morte di Priamo
Durante la notte si scatena la tragedia (niuttomachia=combattimento notturno).
Le porte della città vengono aperte e i greci appiccano un incendio.
A Enea appare in sogno Ettore che lo esorta ad abbandonare Troia, l’eroe tenta di fare un po’ di
resistenza e si dirige verso il palazzo di Priamo.
Pirro abbatte le porte e invita i Danai ad uccidere chiunque.
“forse vorrai conoscere anche il destino di Priamo” Enea si rivolge a Didone.
Priamo afferra la spada che non maneggia ormai da molti anni e tenta di combattere contro
Neottolemo.
Priamo nota subito la differenza tra Achille e il figlio.
Egli viene poi ucciso da Pirro mentre Troia va in fiamme.
Si narra una leggenda secondo cui Priamo sarebbe stato decapitato.
Enea dopo aver finito il racconto viene colpito da una grande sofferenza (Enea umano).
Dopo aver visto l’immagine di Priamo morto, immaginando suo padre al posto di Priamo, la casa
distrutta e suo figlio, decide di seguire il consiglio di Ettore e fuggire .
Didone prova due sentimenti contrapposti: è innamorata vivamente di Enea ma non può spezzare
il giuramento fatto a Sicheo.
“adgnosco veteris vestigia flammae” riconosco i segni dell’antica fiamma.
La sorella però spinge Didone tra le braccia di Enea dicendo che i morti non si curano di ciò che
accade sulla terra.
Anna chiede “Vuoi passare tutta la tua esistenza senza avere dei figli o un marito” Hai già rifiutato
tanti uomini per Sicheo, alcuni tra i quali sono capi di popoli molto bellicosi che adesso ti hanno in
odio, sposare Enea aiuterebbe a proteggere Cartagine. Cerca di temporeggiare la partenza del
troiano utilizzando la scusa della stagione non propizia”.
Didone ascolta le parole della sorella e si lascia andare a questo amore. Arde d’amore ossessivo, è
invasata, in uno stato di irrazionalità folle.
Vuole stare sempre con Enea e comincia a trascurare i suoi doveri di regina. Ad esempio la
costruzione di Cartagine è in pausa.
“vuoto palazzo” il palazzo viene percepito come vuoto in quanto non riempito dalla presenza di
Enea.
Enea si presenta da Didone per comunicarle la sua partenza ma la Fama (voce pubblica) lo ha
preceduto e la regina ha già capito cosa vuole fare l’eroe.
“chi ingannerebbe un’amante?” è il commento di Virgilio: nessuno ingannerebbe una donna
innamorata.
Didone avendo perso la sua logica ed essendo “amens” (senza mente) si rivolge adirata a Enea,
inizialmente lo chiama perfido e spietato poiché molto arrabbiata ma successivamente si rivolge a
lui come ospite, non lo considera neanche più un amante e prende una posizione distaccata nei
suoi confronti. (abbiamo un climax perfido, spietato e ospite).
“fuggi me?” Con questa domanda Didone esprime il suo dolore più grande nel sentirsi rifiutata
come donna che per di più ha violato il giuramento del marito per lui.
Afferma successivamente che se avessero dato alla luce un figlio che assomigliasse ad Enea non si
sentirebbe del tutto abbandonata.
Enea risponde: “non posso dire che tu non mi abbia aiutato e per questo ti ringrazio” nega di
essersi unito in matrimonio con lei e ignora le ragioni della regina. “se io potessi avverare i miei
desideri tornerei a Troia ma non è questo che il fato comanda, mi è stato comandato infatti di
andare in Italia”. Enea è molto freddo nei suoi confronti, cerca comprensione da Didone e non
capisce i suoi affanni.
Afferma anche di aver visto veramente Giove ricordargli del giuramento fatto.
“smetti di inasprire me e te con il pianto: l’Italia non spontaneamente io cerco” Enea si dimostra
molto freddo e distaccato riguardo a Didone e alla propria partenza.
La collera iniziale di Didone si acquieta e viene sostituita da un’ultima speranza: convincere Enea a
fermarsi a Cartagine fino alla stagione propizia. Il tentativo fallisce.
Didone parla a Giove nominando Enea come straniero, questo evidenzia ancora di più il distacco
affettivo.
Ella si incolpa di avere ceduto alla passione per l’eroe. Didone parla in modo sarcastico nominando
la lealtà e la pietas di Enea che si rivela ai suoi occhi un uomo spregevole.
Successivamente Didone lancia terribili maledizioni contro Enea e i Troiani riferendosi alla guerra
che Enea combatterà nel Lazio dove vedrà morire molti suoi compagni e verrà separato dal figlio
per un po'.
Nomina anche i Cartaginesi ordinando loro di tormentare tutta la stirpe troiana\romana (guerre
puniche). “non vi sia amore ne patto tra i popoli”.
“e sorgi vendicatore dalle mie ossa e perseguita i coloni dardani” si riferisce ad Annibale.
Allora Didone iniziò a bruciare il ritratto di Enea, in seguito sguaina la spada dell’eroe “dono non a
quest’uso richiesto” prolessi.
Didone indugia, è insicura e viene mossa dall’amore che però non la ferma.
E posizionatasi sul letto dice: “Sarei troppo felice se le navi troiane non fossero mai salpate qui”
“moriemur inultae sed moriamur” moriremo invendicate ma moriamo sono le parole famose che
la regina pronuncia.
Ella spera che Enea assista al divamparsi del fuoco e si penta di aver lasciato Cartagine. Detto ciò
Didone si gettò sulla spada, la notizia si diffuse velocemente e tutta la città era presa da un forte
sgomento.
T20 gli ultimi atti
Accorse Anna che invocando la sorella disse: “volevi ingannarmi? Hai estinto te e me (come se
fossero due anime in una) il popolo e l’intera città.”
Detto questo stringeva la sorella morente al petto. Didone provò ad alzarsi tre volte senza
successo.
Giunone, avendo pena del dolore provato dalla regina a causa della morte lenta, fece sì che
l’anima di Didone uscisse dal corpo.
La regina non aveva ancora strappato il capello di Dite: simboleggiava la vita terrena, se questo
veniva strappato l’anima poteva ascendere nell’aldilà (credenza tipicamente romana).
La dea strappò cosi il capello, il calore svanì e la vita si dileguò nei venti.