Iliade ed Odissea erano attribuiti dagli antichi ad Omeros (ostaggio). Vite=non attendibili, romanzi.
Città: Atene, Argo, Itaca, ma soprattutto Chio (Omeridi+inno apollo a delo) e Smirne (dialetto
ionico+eolico). Erodoto ipotizza la nascita intorno all'850.
QUESTIONE OMERICA: Gli antichi gli attribuivano Iliade, Odissea, Inni, Margite, Epigrammi,
Batracomiomachia. Grammatici ed alessandrini poi lasciarono solo iliade ed odissea. Korizonthes:
Omero solo per iliade. Aristarco: teoria unitaria. Abate d'Aubignac nega l'esistenza di Omero
(mancava all'epoca la scrittura+ordini di pisistrato), pensa a canti recitati poi uniti, disprezza omero.
Vico fa teoria simile ma lo ammira. 1795 August Wolf (padre questione) associa omero a canti di
ossian (IIIsec d.c) prima scritti da Macpherson (falsificazione: diceva di averli trovati). Oggi la
critica moderna ha ripudiato le teorie di wolf. Oggi tendenza neounitaria: 2 poeti ma canti epici
precedenti poi rielaborati. Questione non ancora risolta.
ILIADE: 15696 versi. Iliàs=vicende di Ilio. X anno, un solo episodio (ira di achille). Finisce quando
finisce l'ira. Achille protagonista, assente durante gran parte del poema ma presente nell'animo del
poeta. Il I libro è il libro della contesa. Apollo in campo acheo manda 9 giorni di pestilenza perchè
agamennone non dà criseide a crise (suo sacerdote). Achille riunisce assemblea e fa parlare calcante
(che teme agamennone). Agamennone restituisce Criseide+ 20 buoi x Apollo ma vuole Briseide
quindi manda Araldi. Achille vuole uccidere ma Atena lo calma e Nestore lo fa ragionare. Achille
accoglie gentilmente gli araldi e fa preparare briseide da patroclo. Achille piange e va vicino al
mare da teti che esce ad abbracciarlo. Poi achille rimane 12 gg presso le navi. Teti implora zeus ed
Era è gelosa; Efesto (figlio) la calma e la fa ridere, c'è poi il bamchetto degli dei. Eroi=
caratterizzati dai loro discorsi (profondità) ma nella contesa hanno indole primitiva. Achille dopo il
I libro riappare solo nel IX e negli ultimi (combatte con i fiumi divini, uccide ettore, restituisce il
cadavere). Altri episodi: duello paride- menelao, le imprese di diomede, l'addio di ettore e
sndromaca, duello ettore-aiace, vittoria dei troiani presso le navi achee, inganno di era che
addormenta zeus e aiuta i greci, eroismo di patroclo con armi di achille, ettore protetto da apollo
uccide patroclo, descrizione armi di achille fatte da efesto. Omero è poeta greco, quindi preferisce
l'eroe greco (Achille)
ODISSEA: Odisseo protagonista. Più incentrata sul protagonista. Canti non perfettamente legati. 3
sezioni: telemachia, viaggi di odisseo, ritorno ad itaca. Comincia con concilio degli dei che
decidono di far ripartire Odisseo (guerra finita da 10 anni) da Ogigia. Telemachia: oltraggi dei proci,
a pilo da nestore, a sparta da menelao, no notizie. V libro: Ermes da Calipso. Calipso va in riva al
mare dove Odisseo piange e lo prepara per la partenza. 17 giorni zattera poi Poseidone (quando è
quasi a Scheria dai Feaci) manda tempesta per 2 giorni e 2 notti. Salvato da Atena arriva al fiume, il
dio del fiume ha pietà. Nei cespugli trova nausicaa+amiche. Nausicaa pura, ingenua, vivace, fresca
nei sentimenti. Demodoco da alcinoo racconta la presa di troia ed odisseo piange, Alcinoo lo vede;
si rivela ed inizia a narrare fino al libro V (narrazione ad anello). Ritorno ad itaca, trasformato in
mendico. Porcaro eumeo si lamenta dei proci. Telemaco lo riconosce, preparano vendetta. Argo lo
riconosce e muore. Penelope affettuosa ama e rimpiange. Odisseo non piange per non rivelarsi.
Nutrice euriclea vede cicatrice. Prova dell'arco+uccisione proci. Si fa riconoscere dalla moglie che
non crede attraverso racconto letto con tronco di Ulivo. Va in campagna dal vecchio padre Laerte.
Combatte ribellione di itacesi parenti dei proci. Atena lo fa riconciliare con tutti.
LA POESIA DI OMERO: Dante definisce omero “poeta sovrano”. Tutto in lui è poesia. Non
descrive, ma fa si che i personaggi si rivelino attraverso discorsi. È il poeta dell'eroismo guerriero, il
cui culmine è achille (vico=eroe della forza). Episodio: achille chiede protezione ai cavalli , Xuto
parla (noi ti salveremo anche questa volta, ma tu morirai presto. Patroclo non lo uccise ettore ma
apollo. Achille risponde adirato). Tutti hanno sete di gloria nell'iliade, tranne tersite, vigliacco
(caricatura). Odisseo invece, dice vico, è eroe della saggezza. Ha emozioni più pacate, ha imparato
a comandare il suo cuore. L'esperienza in lui diventa saggezza. È astuto e valoroso ma soprattutto
infelice. Odissea=primo libro di avventure. Arrigo Heine: nelle sue pagine mormora il mare.
Esametro, epiteti, composti, parole rare: elevatezza dello stile.
OMERO MINORE: Inni omerici, batracomiomachia, margite, epigrammi. Inni=anticamentre
chiamati proemi, precedevano le narrazioni. 33, tutti molto brevi tranne alcuni. Ad Apollo= Latona
sta per partorire, ha paura di Era e vaga, solo Delo la ospita. Nasce Achille e ovunque oro e fiori
(fanciulle, vi chiederanno chi sia l'aedo più dolce, è il poeta cieco della rocciosa chio”). Novità:
poeta si autonomina. Ad Ermes= appena nato ma astuto e dispettoso. Fa lira con testuggine+ ruba
buoi ad apollo. Svoperto si fa perdonare. Dona lira ad apollo ed ottiene licenza x guidare i buoi
(diventa dio dei pastori). Ad Afrodite= amore afrodite ed anchise pastore dell'ida. Racconta anche la
vita delle ninfe sui monti. A Demetra= ratto di persefone, demetra cerca la figlia. La vede e si
riconcilia con Ade. Ad eleusi narra i suoi misteri, poi torna sull'olimpo. È il più religioso degli inni.
Batracomiomachia= battaglia rane e topi, concilio degli dei, toni altri, parodia dell'epos. Incerta
l'età, forme linguistiche tarde. Piace ai moderni (leopardi traduce tre volte). Margite: protagonista
un povero sciocco. Primi 3 versi: “giunse a colofone un vecchio e divino aedo”. Falsa attribuzione
ad omero.
I POETI DEL CICLO EPICO: chiamati dagli alessandrini poeti ciclici. Staccati dagli altri 2 (molto
meno famosi). Leggende tebane e troiane. Tebane (4): Edipodia, tebaide, alcmeonide, epigoni.
Troiani: canti ciprii, antefatti dell'iliade che si riconnettono ad essa. Etiopide= Achille- Pentesilea
(regina delle amazzoni) che aiuta i troiani. Lotta aiace-odisseo per armi di achille. Piccola iliade=
pazzia e suicidio aiace, odisseo e diomede rapiscono il Palladio, introduzione del cavallo a troia.
Distruzione di ilio. I ritorni (finisce con ritorno di menelao). Odissea. Telegonia= Telegono figlio di
odisseo e circe va alla ricerca del padre, non lo riconosce, lo uccide e sposa penelope e telemaco
sposa circe.
ESIODO:
è una personalità co carattere storico. Rapsodo di professione. Il padre lascia terre a lui e a perse.
Giudici corrotti danno ragione a perse. Valore leggendario hanno notizie sulla morte (morte per
vendetta). Attività poetica: inizio VII secolo.
LE OPERE: Ad Esiodo gli antichi attribuirono un gran numero di opere: Teogonia, Opere, Scudo,
Catalogo delle donne, Eoie, Grandi Opere, Grandi Eoie, Astronomia, Egimio. Gli antichi non
dubitavano dell'autenticità di Teogonia Opere e Catalogo. Ai tempi di Wolf è sorta “questione
esiodea” poi smontata dai moderni per unitarietà delle opere (un solo poeta). La teogonia ha subito
profondi rimaneggiamenti.
TEOGONIA: apparenza di opera incompiuta; ultimi versi invoca muse per cantare donne illustri
(Catalogo delle Donne). È un catalogo di dei . Nascita universo. Urano, Crono, Zeus. Enumerazioni
interrotte da 6 episodi: Nascita afrodite, episodio di stige, inno ad Ecate; nascita di Zeus, mito
Prometeo, Titanomachia.
OPERE: breve proemio, invoca le muse per far invocare Zeus, invoca Zeus per giustizia. 2 precetti
nei consigli a Perse: lavora e sii giusto. Solo chi lavora può essere giusto: mito Prometeo+ mito 5
età degli uomini. Zeus punirà ingiusti, Esiodo ha fede (Perse e giudici). Consigli= ricchezza,
agricoltura, stagioni, navigazione, matrimonio, amici. Poeta del concreto. Valore poetico maggiore,
rivela cuore del poeta. Perduto epilogo di Esiodo. Ultimi 3 versi si collegano ad Ornitomachia (non
suo). Imitatori di Esiodo: Scudo, Catalogo donne, Eoie.
SOLONE
Prima met VI sec, nato ad Atene. Entra in politica x conquistare salamina e pronuncia orazione
fingendosi pazzo con titolo salamina; la città viene ripresa. 5000 versi di elegia giambi epodi e
tetrametri trocaici. Ce ne restano 250 che riflettono la sua atticita politica. Elegia EUNOMìA vede
città sull'orlo di un abisso, crede solo alla protezione di atena. Umana pietà per i poveri ma
commozione contenuta e sincera. Accusato di stoltezza per non essersi fatto tiranno. Esorta gli
ateniesi a guardarsi da pisistrato. INNO ALLE MUSE: emerge la sua concezione della vita, chiede
prosperità e buona fama, caro agli amici, ostile ai nemici. Teme la giustizia divina (esiodo, tragedia
attica). Poeta della saggezza, poesie imparate a memoria alla scuola di atene.
TEOGNIDE
Attribuita a lui grande raccolta di elegie. Molte sentenze e precetti (poeti diversi in tempi diversi)
ma anche elegie più impegnative. 2 libri: uno molto più lungo, carattere morale e politico, il
secondo racconta amore per i giovinetti. I libro con brevi inni proemiali= Apollo, artemide, muse e
cariti. A Cirno parla di un sigillo di autenticità e nomina se stesso. Teorie: nome “Cirno” o “versi di
teognide megarese”. Probabilmente la sua opera autentica è stata CONSIGLI A CIRNO (come
opere di esiodo). Vuole insegnargli ciò che lui ha imparato giovane dai buoni (aristocratici).
Cattivi= popolo. Biasima matrimoni. La virtù è da lui ricondotta alla nobiltà di stirpe. Aveva
perduto patrimonio nelle lotte della sua città. Adirato con chi ha preso il suo patrimonio (si rivolge a
Zeus). Secondo lui l'educazione non rende buoni, l'aretè esiste solo per natura.
MENANDRO:
Nato ad Atene intorno al 342, era nipote del commediografo Alessi e veniva da famiglia agiata. Era
amico di Teofrasto ed Epicuro e apparteneva alla cerchia di Demetrio Falereo. Era innamorato
dell'etera Glicera, vi convisse e non prese mai moglie. Prima commedia: l'ira. La sua prima vittoria
fu nel 315. Gli antichi di lui conoscevano 105 commedie. Non era apprezzato ed ebbe solo 8
vittorie. Plauto e Terenzio rifacimenti commedie. Da un papiro abbiamo versi più consistenti:
Samia, Fanciulla tosata, Arbitrato,Eroe.
SAMIA: Criside donna di samo è amante del vecchio Demea. Il figlio di demea, Moschione, ha
amato segretamente Plàngone, figlia del vicino, e hanno avuto un bambino. Criside per coprire lo
scandalo accetta di dire che il bambino è suo e di demea. Demea prepara le nozze dei due giovani
ma poi, udendo le parole di una serva, scopre che il bambino è di moschione, e sospetta che lui sia
stato con criside. Scaccia la donna di samo e lei va da Nicerato padre di Plàngone che la accoglie.
Ora c'è una grossa lacuna. Nicerato scopre che il bambino è della figlia e scaccia la donna, accolta
da Demea. I vecchi arrivano alle mani ma criside li divide e racconta loro la storia dell'amore di
zeus con Danae. Moschione è ancora offeso dai sospetti del padre e vuole partire mercenario ma
l'amore lo trattiene. Finge partenza per mettere alla prova l'amore del padre. Manca la fine della
commedia.
FANCIULLA TOSATA: all'inizio parla polemone dicendo che ha visto la sua fanciulla baciare un
altro e le ha tagliato i capelli. Il prologo è recitato da una strana figura, l'ignoranza, che è il deus ex
machina della tragedia. Una vecchia aveva esposti due bambini, ma dà il maschio alla ricca vicin
Mirrine. La vecchia che aveva tenuto glicera l'aveva fatta fidanzare con Polemone. La vecchia in
punto di morte confessa tutto a glicera e le da i segni del riconoscimento. Moschione bacia sulla
porta glicera e lei ricambia sapendolo suo fratello. Polemone li vede e le taglia i capelli. Si vede poi
Sosia, servo di polemone, che si va a scusare con glicera. Poi incontra doride serva di glicera che
bussa alla porta di mirrine e chiede ospitalità per la sua padrona. Moschione apprende la notizia dal
servo davo, che lo fomenta. Ma poi mirrine ordina a moschione di allontanarsi per i giorni in cui
glicera è in casa loro. Riappare sosia sulla scena e vede che glicera non è più in casa con polemone.
Arma i suoi amici schiavi e tenta l'assalto alla casa di mirrine. Ma un vecchio vicino; Pateco, li
calma. Sosia chiede a pateco di convincere glicera. Ma lei è irremovibile e vuole che polemone le
restituisca i gioielli. Colpo di scena: Pateco riconosce gioielli della moglie morta e scopre che
glicera è sua figlia. Moschione riconosce la sorella. Glicera perdona polemone e Pateco da la figlia
in moglie a polemone.
L'ARBITRATO:la commedia inizia con onesimo, servo di carisio, che dialoga con un cuoco
pettegolo. Dal racconto sappiamo che carisio ha abbandonato la sua sposa panfila e si diverte con la
flautista abrotono. Durante una festa, ubriaco, aveva fatto violenza a panfila e lei per dimenarsi gli
aveva tolto l anello. Si sposano. Dopo 5 mesi lei da alla luce un bambino e lo espone con l anello e
altri gioielli. Onesimo aveva riferito tutto al padrone, che aveva abbandonato la moglie. Segue la
scena in cui il padre di panfila; smicrine, va da carisio oer lamentarsi delle sue spese folli. Lo
prendono in giro per la sua avarizia gli amici di carisio, Simia e Cherestrato. Segue la scena dells
discussione tra due uomini, Davo e Sirisco. Davo ha trovato un bambino, poi però lo ha donato a
sirisco, ma senza gioielli. Chiedono opinione a qualcuno che passava di li, che era proprio smicrine
(titolo commedia da questa scena). Entre davo consegna i gioielli, li vede Onesimo, che chide
l'anello in prestito per un giorno. Esita a consegnarlo al padrone, e nel frattempo ascolta le
lamentele di Abrotono, che si sente trascurata da Carisio. Abrotono rivela anche di aver visto una
fanciulla alla festa mesi prima che si disperava. Poi concepisce un ingenno: si fa consegnare da
onesimo l anello per fingersi madre del bambino e ottenere la libertà. C'è poi il dialogo tra smicrine
e panfile, lui vuole dissuaderla a divorziare. Abrotono riconosce panfila, le da il bambino e le rivela
che è figlio di carisio. Carisio si dispera e si maledice. Giunge di nuovo smicrine ignaro degli ultimi
fatti, gli apre la porta onesimo e gli rivela che ha un nipotino. La commedia si interrompe qui, non
conosciamo la fine.
IL MISANTROPO: Nel prologo recitato dal dio pn si chiarisce che tipo sia Cnemone, un
misantropo vhe vive solo con la figlia perchè la moglie lo ha abbandoato per andare a stare con
gorgia, suo figlio di primo letto. Entra in scena Sostrato dove confessa all'amico di essersi
innamorato a prima vista di una bellissima ragazza, e invia Pìrria a parlare col padre di lei. Rientra
dicendo di aver incontrato un pazzzo e si nasconde perchè lui sta lanciandogli sassi e pere. Arriva la
ragazza ad attingere acqua dal pozzo fuori casa e sostrato la aiuta. Li vede davo, servo di gorgia e
gli riferisce tutto. Gorgia rimprovera sostrato ma lui chiarisce. Ora entrambi vanno a zappare la
terra dove lavora di solito Cnemone. C'è sulla scena un sacrificio ordinato dalla madre di sostrato.
Cnemone impreca contro i sacrificanti che vede fuori casa e rientra a tenere d'occhio i suoi beni.
Caccia a male parole sia il cuoco Sicone che il servo geta. Intanto rientra sostrato con la sua fatica
vana dei campi perchè Cnemone quel giorno non era andato a zappare. Grida della serva di
cnemone perchè le è caduto nel pozzo un secchio e poi la zappa, teme l'ira del padrone. Cade anche
Cnemone ma non lo aiutano ne geta ne sicone. Lo tirano fuori Gorgia e Sostrato. Alla fine col
consenso del padre di Sostrato si sposa Sostrato con la figla di cnemone e Gorgia con la sorella di
sostrato. Tutti vanno al simposio tranne Cnemone. Alla fine c'è la vendetta di Sicone e Gela che
portano fuori cnemone addormentato, lo svegliano bruscamente, lo prendono in giro e fingono di
portarlo al banchetto.
Gli intrecci di menandro sono stati spesso criticati per le loro verosimiglianze. In realtà non si tratta
di questo ma di schemi che si ripetono in ogni commedia. I crit
ici antichi vedevano in menandro un realista; in realtà i poeti realisti non esistono. Ma menandro è
essenzialmente poeta dell'amore, come dice ovidio, lo rappresenta in tutte le sue forme, come se
fosse l'unica salvezza da tutti glòi intrecci scomodi che si sono creati sulla scena. Non rappresenta
più l'amore come eroica passione, ma come sentimento tenero ed umanissimo che ingentilisce le
anime. Una forma di amore che ricorre è anche quella dei padri per i figli e dei figli per i padri. Il
sentimento ha tante sfumature: la bontà, l umanità non mancano neppure nei personaggi nei quali
meno ci aspetteremmo di trovarle(schiavi, etere). I personaggi di menandro sono buoni e umani,
non hanno vizi ma soltanto difetti; sembra che lui non sapesse rappresentare la cattiveria. I
personaggi però non si lodano ne si vantano, vivono la loro bontà quasi senza saperla. Menandro
non è un ottimista: il dolore nasce con la vita. É un poeta che guarda malinconicamente alla vita,
con occhi disincantati, ma trova nella bontà il suo conforto. È il poeta dell'umanità che nessuno ha
veramente compreso, tranne terenzio, che non si atteggia a semplice traduttore. Frase
dell'eauthontimoroumenos: homo sum, humani nihil a me alienum puto.
PARMENIDE:
Visse intorno alla fine del secolo VI. Fu allievo di Senofane e di due pitagorici. Fu legislatore della
sua città. Espose la sua dottrina in un poema in esametri, La Natura: l'essere uno, immobile,
immutabile, eterno. Negando la molteplicità dell'essere e negando il movimento si oppone alle
percezioni dei sensi: dà valore sollo al logos, la ragione,che è l'unica cosa che può mostrarci l'essere
unico. Opponeva il mondo della verità (aletheia) all'apparenza (doxa). Il poema era diviso in due
parti: una dove esprimeva la sua dottrina dell'uno e parlava della verità e un'altra dove racconta il
mondo come è percepito agli occhi di tutti. Nei suoi versi non manca il calore. Gli esametri sono un
po' duri e stentati.
EMPEDOCLE:
Dal 495 al 435. Era una personalità vigorosa che svolgeva molte attività: uomo politico, medico,
filosofo, profeta. Veniva da una famiglia ricca ed era un democratico. Gli offrirono la tirannide e la
rifiuta. Nel poema in esametri Le Purificazioni si considera venerato come dio e non uomo
(proemio). Nell'altro suo poema in esametri, Poema Fisico, dice di saper controllare venti pioggia e
sole. Un racconto parla della sua morte cadendo dentro l'etna mentre studiava le eruzioni; in realtà
morì in esilio nel peloponneso. Nel poema fisico esprime la sua dottrina sulla natura e dice che tutto
viene da quattro radici (elementi): fuoco, acqua, terra, aria. Ognuno si identifica con un dio: Zeus
fuoco, Era aria, Nestis acqua, Ade terra. A separare ed unire gli elementi ci sono Odio e Amore. Con
odio sono slegati, con amore sono uniti e formano un'unica cosa, lo Sfero, rotondo ed immobile.
Nel poema Le Purificazioni parla della fede mistica e della sorte delle anime. Rielabora la dottrina
pitagorica della metempsicosi,per cui ogni anima è un demone precipitato sulla terra dove riveste
poi un altro ruolo. Tutto il poema è atto al perfezionamento morale ed è pieno di consigli.
DEMOCRITO: fondatore dell'atomismo fu leucippo di mileto. Democrito nasce intorno al 460 e sfu
suo allievo. Viaggiò moltissimo e visse a lungo, 90 o 100 anni. Scrisse cira 60 opere in dialetto
ionico, e Trasillo (astronomo di tiberio) le racchiuse in 15 tetralogie. A noi restano numerosi
frammenti. L'atomismo sostiene che tutte le cose sono formate da particelle indivisibili infinite per
numero ed immortali, cangianti solo nel peso, forma, grandezza. I più pesanti vanno giù prima e
producono un urto e un rimbalzo che serve a creare nuovi mondi. Tutte le cose nascono con
l'aggregazione degli atomi: solo gli atomi, eterni, non nascono ne muoiono. Quello che rielaborerà
Lucrezio di Epicuro non sarà altro che la dottrina di democrito
LA MEDICINA:IPPOCRATE
Nacque a Cos intorno al 460. Lì attorno al tempio di asclepio fioriva una scuola di medici dove
l'arte era tramandata di padre in figlio. La corporazione che ne deriva si chiama Asclepiadi.
Ippocrate veniva da una famiglia di medici e viaggiò molto. Morì intorno al 377. Di lui gli antichi
conoscevano una raccolta di 53 scritti a noi giunta. Non tutto è suo, ma sicuramente alcuni riflettono
il suo insegnamento. Ci sono errori ma anche teorie che poi sono state confermate dalla scienza
moderna. La teoria degli umori (sangue, flemma, bile gialla, bile nera): quando gli umori sono
mescolati si è in salute. Una grande importanza per la dottrina ippocratica ha l'osservazione attenta
e scrupolosa del malato. Celeberrimi di Ippocrate sono gli aforismi, soprattutto citati nel medioevo.
Uno degli scritti più notevoli è l'operetta “L'aria, le acque, i luoghi”
GLI STORICI
ERODOTO
Nato ad Alicarnasso intorno al 484. Fu sotto il dominio persiano e partecipò alla ribellione contro
Ligdami II, e per questo fu esiliato a Samo. Andò poi ad atene dove fu amico di pericle e di sofocle.
Divenne ammiratore della deocrazia. Quando fu fondata la colonia di Turii in magna grecia, lui fu
tra i coloni. Infatti, ci racconta Aristotele che nell'incipit delle storie lui si chiama Turio; quello che
abbiamo oggi “di alicarnasso” è una correzione fatta più tardi. Fu un grande viaggiatore: viaggiava
per puro amore di conoscenza. Della sua opera gli alessandrini divisero 9 libri, ognuno col nome di
una musa. L'opera non aveva un vero e proprio titolo, ma fu detta Storia per le parole con cui
comincia. Erodoto fa risalire l'origine delle guerre persiane al mito: i rapimenti di Io, di Europa, di
Medea, di Elena, la guerra di troia. Ma abbandona subito il mito per passare al racconto vero e
proprio della storia della persia (libro I). Nel II fa un ampio excursus sulla geografia del'egitto e
sugli usi degli egiziani. Passa poi a raccontare la conquista dell'egitto, la morte di cambise, i primi
anni del regno di dario (III) In occasione del racconto della spedizione di dario contro gli sciti fa un
altro ampio excursus sui loro usi e costumi (IV). Nel libro V la narrazione inizia a farsi più serrata:
inizia a narrare le cause vere e proprie dellle guerre. Sono poi narrate: l'insurrezione ionica, la
spedizione di dario e la sconfitta di maratona, la spedizione di serse e la battaglia delle termopili, in
seguito le batteglie di Artemisio, Salamina,Platea e micale. L'opera finisce con la presa di Sesto per
opera degli ateniesi. Si è dubitato che l'pera fosse davvero finita: erodoto aveva promesso di
raccontare fatti che poi non ha mai narrato. Promette una storia dell'Assiria, mai scritta. L'opera
sembra essere sproporzionata: i primi quattro libri sono solo un'introduzione al fatto vero e proprio.
L'intento era quello di narrare le guerre persiane, ma erodoto ha scritto l'opera di seguito così come
ci è giunta o ha riunito insieme tanti piccoli racconti? Nasce così una sorta di “questione erodotea”.
La causa delle guerre (aitie), che lui individua nel proemio, è proprio la potenza persiana. erodoto
forse non sentiva bisogno di un'unità per la sua opera: la sua opera è fatta più per essere recitata che
per essere letta, infatti lui stesso la recita nelle piazze, proprio cme un rapsodo. La veridicità delle
storie è stta spesso messa in dubbio: certamente non mancano gli errori (non disponeva degli
strumenti adatti). Erodoto distingue le cose che ha visto da quelle che ha solo sentito o letto o
supposto, e si guarda bene dal credere a tutto quello che sente. Ai prodigi generalmente non crede,
per lui hanno molta importanza i sogni e gli oracoli. È religiosissimo; ma raramente fa risalire le
cause di qualcosa all'uno o all'altro dio: piuttosto, nomina spesso “le divinità”. Nessun uomo
secondo erodoto è veramente felice: spiega a solone e creso che c'è un ciclo delle cose umane che
nel suo svolgersi non permette che essi abbiano sempre buona fortuna. La ricchezza e la potenza,
secondo lui, generano orgoglio: e l'orgoglio acceca l'uomo e genera la sventura. Ma questa visione
triste della vita fa germogliare in lui una straordinaria umanità: non vede greci e persiani, vinvitori e
vinti, vede soltanto uomini. Non manca mai nelle sue storie l'elemengto fantastico e romanzesco,
che si insinua dappertutto. La storia della battaglia di maratona termina con il racconto dell'ateniese
epizelo che non fu mai ferito eppure rimase ceco a vita (vede un uomo gigante ferire quello accanto
a lui) .La sua arte, più che nelle narrazioni delle battaglie, trionfa nelle narrazioni fantasiose.
Novella di gige e della mogie del re caudaule. Novelle di policrate, di creso e solone, belle come
fiabe ma tristi come tragedie. Creso e solone nella vita reale non s incontrarono mai; ma il discorso
del saggio che nega la felicità umana si sposa bene col grido di creso “o Solone” in punto di morte,
dell'uomo che credeva di essere il più felice e non seguiva la saggezza. Le narrazioni di erodoto
culminano sempre in un mometo patetico. Un altro solo storico sentirà il tragico con la stessa forza:
Tacito. Erodoto è stato definito padre della storia da cicerone. È sbagliato fare il paragone con
tucidide.
TUCIDIDE:Nacque ad Atene tra il 465 e il 460, apparteneva alla nobiltà. Fu discepolo di Antifonte
o di Anassagora (leggende). Prese parte alla vita politica ateniese: fu stratego nel 424. Fu
comandante della flotta che doveva controllare le coste della tracia, ma accorse troppo tardi e non
riuscì a difendere Anfipoli. Accusato come traditore fu condannato a morte, ma riuscì ad andare in
esilio. Durante l'esilio viaggiò moltissimo. Appena cominciata la guerra si propose di scriverne la
storia, convinto che sarebbe stato un conflitto molto più grande dei precedenti. L'opera rimase
incompiuta: doveva trattare anche la fine della guerra nel 404 (caduta dell'impero ateniese), ma si
ferma al 411 per la morte. I grammatici divisero l'opera in 8 libri. Nel libro I fa un breve quadro
della grecia mitica e storica fino al suo tempo, poi narra i fatti subito antecedenti alla guerra. Poi
narra i primi anni di guerra fino alla morte di Pericle (II). Poi gli avvenimenti successivi alla guerra
archidamica fino alla pace di nicia (421). Poi narra il periodo intermedio tra la guerra decennale e la
spedizione in sicilia. Poi narra spedizione contro siracusa e disfatta degli ateniesi. Nel libro VIII
narra gli ultimi avvenimenti fino al 411. L'ultimo è pieno di imperfezioni e lacune: mancano le
demagorie (discorsi dei personaggi). Il problema della composizione ha fatto sorgere una sorte di
questione tucididea. Tuidide iniziò a raccogliere materiale dubito dopo l'inizio della guerra, ma poi
iniziò a scrivere la storia solo in esilio. I libri V e VIII, scritti per ultimi, sono i più incompiuti e
imperfetti. La storia non ha titolo,, è stato aggiunto più tardi dagli antichi Istoriai o Peloponnesiakà.
Nel proemio iniziale scrive che lui si è offerto da subito di narrare la storia perchè gli sembracva più
grande e più degna di memoria delle precedenti. È importante il secondo proemio, nel capitolo22,
dove espone i canoni della sua storiografia. Non sscrive se non fatti contemporanei, eppure sa bene
che nche informarsi di questi con esattezza è complicato. Non si è informato dal primo venuto ma
ha indagato con attenzione; e non si è accontentato di allineare versioni differenti, come faceva
erofoto, ma ha esercitata la sua critica. Scrive tucidide: “è un acquisto perenne, non per il trionfo
nella gara di un giorno è stata composta la mia storia”. Tucidide sa bene che la mancanza di
elementi favolosi renderà la sua storia meno piacevole di quella erodotea. La sua storia mira a dare
insegnamento: poiché l'animo umano non cambia, gli avvenimenti si ripeterrano sempre simili o
uguali. La storia è per lui magistra vitae, ma non nello stesso modo con cui la intende cicerone. La
sua ricerca di perfezione lo ha portato a dare grande importanza alla cronologia: ha persino creato
un suo calendario, basato su fatti naturali. Lo sforzo di essere imparziale è grandissimo e fallisce
solo con alcuni personaggi, come ad esempio Cleone, che critica. Tucidide resta comunque uno
degli storici più imparziali, nonostante gli manchi l'oggettività. Essendo figlio della sofistica, non
crede al miracoloso e al soprannaturale, tanto presenti in erodoto. La storia, per tucidide, è opera
degli uomini e non degli dei. Il fattore principale della storia è l'intelligenza, la gnome, anche se
alcune cose dipendono dalla fortuna. Dove finisce il regno della gnome, inizia il regno della tyche.
Sugli dei Tucidide evita di esprimere il suo pensiero. La storia di Tucidide è storia politica, e la
politica ha poco o nulla a che fare con la morale; raramente gli oratori dei discorsi tucididei fanno
appello alle leggi morali, antepongono ad esse le leggi dell'utile. Antizhi e moderni hanno
rimproverato a tucidide i suoi discorsi, tutti ideali: non scrive ciò che è stato realmente detto, ma ciò
che si sarebbe dovuto e potuto dire, solo alcuni spunti sono tolti dalla realtà. I discorsi hanno anche
un loro senso artistico, servono a dare le pause nelle narrazioni, come i canti corali delle tragedie.
Le storie di tucidide sono una grande opera d'arte. Lo storico sente fino in fondo tutta la tragicità
degli elementi che narra. È uno storico appassionato, anche se cerca di nasconderlo; quanto più il
suo coinvolgimento è contenuto, tanto più riesce ad appassionare il lettore. Quando Tucidie fa
parlare Pericle in memoria dei caduti nel primo anno di guerra, l'amore per la sua patria lo spinge ad
un elogio di Atene, che appare come città ideale. E l'amore per la patria lo spingerà anche a
proclamare fieramente che atene, anche dopo la sua caduta, sarà gloriosa nel mondo. Lo stile di
Tucidide è rapido, vigoroso, sostenuto. Talvolta lo sforzo di esprimere un pensiero intenso con un
minimo di parole genera oscurità. La sintassi è ardita, coi sono molti anacoluti, figure, assonanze,
parole poetiche. Si suole giustificare tucidide dicendo che la lingua del suo tempo non era ancora
scaltrita all'uso di una prosa così nutrita di pensiero. Ma c'è una ragione più profonda: Tucidide, così
austero, manca di grazia.
SENOFONTE:
Senofonte nacque ad Atene intorno al 430. Fu scolaro di socrate e fu militare, partì con Ciro il
giovane nella campagna contro suo fratello artaserse II. Durante una battaglia incoraggiò gli ateniesi
con un discorso e fu eletto generale. Si arruolò poi a capo dei mercenari dell'esercito spartano; fu
filospartano per tutta la vita. Combattè con gli spartani contro la sua patria e fu esiliato da atene. Gli
spartano, per ripagarlo delle pene che aveva subito per causa loro, gli donarono dei campi, e lì visse
per 15 anni tra caccia agricoltura e culto di artemide (ma anche tra la composizione dei suoi scritti).
Fu poi scacciato da tali campi e andò a Corinto. Quando ateniesi e spartani diventarono alleati, fu
revocato il mandato di esilio, ma non tornò più ad atene. Fu un vero poligrafo, è lo scrittore più
versatile del periodo attico, ma è soprattutto un dilettante.
ANABASI: è il racconto della spedizione di ciro e della ritirata dei diecimila greci dopo la battaglia
di Cunassa. Il titolo significa “marcia all'insù”, cioè dal mare all'interno della persia. Il fine
dell'Anabasi è apologetico. Coloro che avevano raccontato la spedizione non avevano riconosciuto
a senofonte i giusti meriti. Senofonte tenta di nascondere il carattere apologetico parlando di se in
terza persona e nascondendo l'opera sotto il nome di temistogene di siracusa. Ma in una seconda
redazione, che è quella giunta a noi, si rivela chiaramente come l'autore. La narrazione è divisa in 7
libri. Racconto: spedizione di ciro e battaglia di Cunassa, tradimento di Tissaferne e strage degli
strateghi greci, ritirata fino a Trapezunte, traversata del Ponto Eusino, arrivo a Bisanzio e passaggio
dei mercenari al servizio di Seute (re di Tracia). Il racconto è abbastanza arido, si rianima solo
quando si racconta la battaglia di cunassa, con una descrizione viva e pittoresca. Poi, il racconto
diventa sempre più interessante e drammatico. La parte dove l'autore parla della sua impresa è
sicuramente esagerata e messa nella luce migliore, ma con grande abilità.
ELLENICHE: “storia greca” in 7 libri. Racconta gli anni dal 411 al 362: gli ultimi anni dell'impero
ateniese, l'egemonia di sparta, l'egemonia effimera di tebe. La storia è molto disuguale: mentre i
primi due libri hanno carattere di storia e sono stilisticamente più curati, gli altri sono piuttosto un
memorial degli avvenimenti visti da senofonte stesso. Per ogni anno, si tiene conto quasi solo
esclusivamente di un solo campo di guerra, vengono trascurati gli altri. La narrazione di senofonte
inizia dove finisce la storia di tucidide, ma lui è solo esteriormente un suo continuatore.Senofonte
ama i prodigi, crede ai sogni e all'intervento degli dei, racconta aneddoti, è molto più vicino ad
erodoto, manca di senso storico. AGESILAO: è un breve ed enfatico elogio del re, scritto dopo la
sua morte, non ha carattere storico. È un'opera frettolosa e di poco valore, l'esaltazione è sincera ma
eccessiva.
LA COSTITUZIONE DEGLI SPARTANI: rivela meglio le idee politiche dello scrittore. Ritiene
l'antica costituzione di licurgo superiore a tutte le altre e la considera la causa principalissima della
grandezza di Sparta. Espone la costituzione idealizzandola, ha tutto da elogiare a sparta e nulla da
biasimare. L'opera ha un fine di propaganda. L'ultimo capitolo è stato forse aggiunto dopo, ha
carattere di palinodia: senofonte descrive la realtà, opponendola alla narrazione idealizzata che
aveva fatto fino a quel momento.
CIROPEDIA: è in 8 libri. Anche qui senofonte trova le sue ideologie politiche nel passato. È il
primo scritto con carattere di romanzo storico, racconta tutta la vita di ciro. Già antifnte aveva
raccontato la sua vita nel dialogo Ciro. Nell'opera di Senofonte appare superato il concetto greco di
città-stato:la monarchia assoluta e illuminata di senofonte precorre lo stato ellenistico.
LA COSTITUZIONE DEGLI ATENIESI: tra le opere di Senofonte ci è stata tramandata anche
questa, che però non è sua. Con ogni probabilità è stata scritta quando Senofonte era bambino, e in
questo caso si tratterebbe della prosa letteraria attica più antica che abbiamo. Lo scrittore è un
aristocratico convinto, nemico della democrazia ateniese. Lo stile dell'opera è molto vigoroso, con
pensieri molto acuti (impossibile che sia di senofonte)
OPERE SOCRATICHE: Apologia di Socrate, i Memorabili, l'Economico, il Simposio
APOLOGIA DI SOCRATE: è una difesa del filosofo, scritta dopo la morte per rivendicarne la
memoria. L'atteggiamento di Socrate davanti ai giudici è completamente falso: Socrate è un vecchio
che vuole morire per sottrarsi ai fastidi della vecchiaia. Quando senofonte scrisse l'apologia non era
ancora a conoscenza dell'Accusa di Socrate scritta da Policrate; conosciute le nuove accuse, volle
difenderlo anche da queste, così scrisse i Memorabili. I MEMORABILI DI SOCRATE: “i detti
memorabili/ricordi di socrate”. Sono dialoghi di socrate (uno con senofonte stesso) in 4 libri.
L'opera è slegata e senza un vero ordine. C'è una sorta di introduzione per ribattere le accuse.
Senofonte vuole difenderlo dall'accusa di empietà; Sorate infatti è mostratro come ossequientissimo
alla religione tradizionale. Senofonte fa parlare con insistenza Socrate di arte militere: argomento
che interessa l'autore, non certamente Socrate. ECONOMICO: è la conversazione di Socrate con
Critobùlo. In realtà però Socrate non fa che ripetere un dialogo avuto con Isomaco, un eccellente
padre di famiglia nel quale si riconosce lo stesso senofonte. Si parla dell'amministrazione della casa.
È notevole il modo in cui è concepito il matrimonio: è l'unione di due esseri di ugual valore, che
hanno bisogno l'uno dell'altro, ed entrambi devono svolgere i loro compiti per il bene della casa e
dei figli. Al marito è attribuita funzione pedagogica: deve educare la giovane moglie, e questa deve
essere come l'ape regina nell'alveare. L'economicoè una delle opere più schiette e sincere di
senofonte. È esaltata la vita di campagna con le sue gioie semplici, l'agricoltura è considerata una
occupazione nobile. Leon Battista alberti imitò l'economico di Senofonte nella sua opera “Della
Famiglia”. SIMPOSIO: è la narrazione del banchetto che si svolge nell'anno 421 in casa del ricco
Callia per festeggiare la vittoria nel pancrazio di Autolico. Socrate parla di amore ma non dice nulla
di bello né di profondo. Il fulcro della narrazione sta nella descrizione del banchetto, negli scherzi
del giocoliere siracusano, nella musica che rappresenta il primo incontro tra Arianna e Dioniso.
IERONE: è un dialogo dove Socrate non appare. I personaggi sono Ierone tiranno di siracusa e il
poeta Simonide. Si parla della condzione di uomo libero, che è migliore di quella di tiranno. Ma si
dice anche che il tiranno, se si comporta bene, può giovare allo stato.
Hanno carattere tecnico le prossime 3 opere. L'IPPARCO sui metodi che deve seguire il
comandante per istruire bene la cavalleria e adoperarla in guerra. L'EQUITAZIONE sul modo di
curare i cavalli, di montarli, di addestrarli alla battaglia. IL CINEGETICO parla a lungo di cani e
poi descrive i vari tipi di caccia. È dubbia l'autenticità.
LE ENTRATE DELLO STATO ATENIESE: l'ultima opera scritta da Senofonte mostra la
riconciliazione con la sua patria. Sono consigli dati agli ateniesi per restaurare le loro finanze e
soprattutto per sfruttare al meglio le loro miniere d'argento. L'opera è nota soprattutto per le
preziose notizie che ci dà Senofonte sull'antica finanza ateniese.
Senofonte è ammirevole per nitidezza e chiarezza, ma la sua espressione troppo spesso manca di
rilievo e di vigore. La sua è una piacevole semplicità, anche se spesso insipida; la sua piacevolezza
è monotona. Senofonte fu in tutto un dilettante. Non scrive in puro dialetto attico; lontano dalla
patria sin da giovane, con l'attico mescola ionico e parole del greco comune. Nemmeno la sintassi e
lo stile sono troppo eleganti, il periodo ha uniformità meccanica e pedantesca.
L'ORATORIA
ANTIFONTE DI RAMNUNTE
è il primo dei dieci oratori attici del canone alessandrino, il primo che ha pubblicato un'orazione.
Nacque ad atene verso il 480. Fu uomo politico, maestro di retorica, logografo. Si tenne in disparte
dalla vita politica ma fu il capo spirituale dell'oligarchia e l'animatore della cospirazione che
condusse al governo dei quattrocento. Quando tornò la democrazia, fu condannato a morte per aver
preso accordi con sparta. Tucidide fa di lui uno straordinario elogio. Gli antichi conoscevano 60
orazioni di Antifonte, ma 25 le ritenevano non autentiche. Oggi ne abbiamo 3, e abbiamo anche le
tetralogie. Le tre orazioni sono per processi di omicidio. Una è l'accusa di un giovane contro la
matrigna per aver avvelenato il padre tramite una serva. Una è la difesa di un corego che per errore
aveva provocato la morte di un coreuta, dandogli da bere una droga per provare la sua voce. La
terza è “Sull'uccisione di Erode” e difende un giovinetto che durante un viaggio di mare è accusato
di aver ucciso Erode misteriosamente scomparso; dice di non avere nulla da dire, i colpevoli invece
hanno sempre giustificazioni. Le tetralogie sono esercizi di scuola, 12 orazioni in gruppi da 4 per 3
processi fittizi. É stata spesso negata l'autenticità. Antifonte tende alla gravità e al pathos, ha uno
stile concentrato e sostenuto. I periodi sono accuratamente bilanciatiin frasi simmetriche della stessa
lunghezza, alla maniera tucididea. Il linguaggio è elevato, dignitoso, ricercato. Si nota molto
l'influenza di Gorgia.
ANDOCIDE
Nacque ad Atene intorno al 440, ebbe una vita abbastanza tempestosa: in patria, esilio, commerci,
intrighi politici. Fu amico di alcibiade, e si trovò coinvolto nel processo degli ermocopidi. Fu
imprigionato e scampò alla morte denunciando 4 colpevoli. Fu escluso da sacrifici, cerimonie
religiose e assemblee. Esule volontario si diede al commercio. Tornò ad Atene nel 403 per amnistia
di Trasibulo. Fu accusato di aver partecipato ai misteri nonostante il divieto e si difese con orazione
Sui Misteri, fu assolto. Nel 391 fu inviato per accordi con sparta durante guerra corinzia, ma la
rinuncia segreta alle colonie greche d'asia indignò gli ateniesi che lo rimandarono in esilio. Si difese
inutilmente con l'orazione Sulla Pace. Ci restano, oltre alle due sopra citate: Sul Ritorno, dove tentò
inutilmente il ritorno in patria; Contro Alcibiade non è autentica, è di un sofista tardo. Nella più
antica, Sul Ritorno, si dimostra un imitatore di Antifonte nella tecnica oratoria e nello stile. Più tardi
avrà toni più semplici e limpidi, più simile a Lisia. La parte più bella è la narrazione: racconta come
sono state mutilate le erme quella notte, il terrore di Atene il giorno dopo, la disperazione dei
parenti degli arrestati, le angosce di andocide imprigionato. Gli antichi non lo apprezzavano molto,
non lo trovavano abbastanza retore.
LISIA
Atene, 445. Verso il 425 si recò a Turii con i fratelli e studiò retorica presso Tisia. Dopo la disfatta
ateniese in sicilia si sentì fuori luogo nella colonia, quindi tornò ad atene. Lisia era un meteco, come
il padre, quindi non poteva partecipare alla vita politica. Coltivò la retorica e si fece molto ammirare
dai giovani, ma non fondò mai una vera e propria scuola. Nel 404 il fratello Polemarco fu arrestato
e i beni di lisia vennero confiscati; lui scampò alla condanna con la fuga. A Megara sostenne
trasibulo contro i trenta. Rientrò ad atene con trasibulo ma non ebbe indietro il suo patrimonio,
nonostante il pagamento di denaro ai proprietari (frammenti di un discorso contro Ippoterse).
Quando eratostene, uno dei trenta, si sottopose al rendimento dei conti, egli lo accusò nell'orazione
Contro Eratostene, ma Eratostene fu ugualmente assolto e a lisia venne tolto il mandato di
cittadinanza, quindi ritornò meteco. Si dedicò poi alla professione di logografo, morì dopo il 380.
Sotto il nome di Lisia gli antichi conoscevano 425 orazioni, ma ne ritenevano solamente sue più di
200. Oggi noi ne abbiamo 34, di cui 3 ridotte molto male e 8-9 non autentiche. In gioventù si dedicò
ai pàignia sofistici, il genere sull'amore che Platone gli attribuisce nel Fedro: Lisia sostiene il
paradosso che chi non ama merita amore più di chi ama. Alcune orazioni sono difese fittizie: di
Nicia condannato a morte dai siracusani, di Socrate contro un'accusa. Alcune sono di genere
epidittico: nell'Olimpiaco esorta i greci a riconciliarsi e a lottare contro la tirannide, soprattutto
contro Dioniso di Siracusa, attaccato duramente (messi di dioniso esclusi dalla festa). Non è
sicuramente suo un epitaffio per i caduti della guerra corinzia, è di un tardo imitatore di Lisia. La
vera bravura sta nei processi giudiziari e nella ethopoiìa, cioè la capacità di rappresentare i caratteri
(ethe) e di adattare l'orazione al carattere del cliente che deve pronunziarla in tribunale. CONTRO
ERATOSTENE: narrazione dell'arresto di Lisia e descrizione dell'avidità e della crudeltà dei Trenta.
CONTRO AgòRATO: contro un tale che aveva denunciato e fatto condannare a morte un certo
Dionisodoro. PER L'INVALIDO: breve e spiritosa difesa di un invalido povero a cui minacciano di
togliere il sussidio dello stato. CONTRO DIOGìTONE: contro un tutore che ha derubato i nipoti
orfani. CONTRO SIMONE: vivacissima rappresentazione dei cattivi costumi dell'Atene del V
secolo. Il capolavoro di Lisia è PER L'UCCISIONE DI ERATOSTENE dove Eufileto, un piccolo
proprietario di campagna, ha ucciso Eratostene sorpreso in adulterio con sua moglie. Lisia ha
descritto co n arte mirabile l'ingenuità fiduciosa del marito, il mutemento della donna da buona
madre e moglie a donna astuta e cattiva (fino a fingersi gelosa per camuffare tutto), i primi sospetti
del marito, la donna imbellettata quando è ancora in lutto per il fratello. E poi la vecchia che
denunzia l'adulterio, mandata da un'amante di Eratostene che si sentiva trascurata; l'ancella che
prima aiuta la padrona, poi confessa tutto quando il padrone la minaccia. Infine, la sorpresa finale
del marito e la scena dell'uccisione. Tutto è raccontato con pacatezza e limpidezza, e la narrazione è
atta all'evidenza della verità. Nelle orazioni epidittiche, lisia usa le figure e le consonanze gorgiane;
nelle giudiziarie, rinuncia ad ogni colorito poetico e adotta uno stile semplice e sobrio. La lingua è il
puro dialetto attico.
ISOCRATE:
Atene, 436. scolaro di Prodico, Socrate, Gorgia. La sua famiglia perse tutto durante la guerra,
quindi per 10 anni fu costretto alla professione di logografo. Aprì poi la sua scuola di eloquenza,
che durò quasi mezzo secolo e formò le più grandi personalità della grecia del 400-300.
L'insegnamento durava tre o 4 anni e consisteva in cultura generale, retorica ed eloquenza. Le
orazioni del maestro servivano da modello. Ogni mese veniva allestita una gara di eloquenza, il
premio era una corona. Isocrate preprava anche alla vita politica, ma lui non vi partecipò mai.
Chiamava il suo insegnamento filosofia, e per questo veniva criticato dai filosofi; ma lui, per
filosofia intendeva la cultura generale. Le sue opere sono quasi tutte scritti di propaganda. La breve
orazione CONTRO I SOFISTI è contemporanea all'apertura della scuola e ne vuole presentare il
programma. Fa una polemica contro i filosofi eristici obiettando che essi pretendono di insegnare la
virtù e la felicità quando la loro vita ne è priva; ai maestri d'eloquenza rimprovera di credere che
tutta l'eloquenza sia frutto di procedimenti meccanici e luoghi comuni. Isocrate espone poi il suo
parere: l'eloquenza è soprattutto un dono naturale, e l'insegnamento serve solo a perfezionare la
natura (il maestro deve dare l'esempio, simile a Quintiliano). Hanno valore polemico l'ENCOMIO
DI ELENA e IL BUSIRIDE, pàignia di tipo sofistico, dove si dimostrano tesi difficili fatte per
scherzo. In realtà sono scritti per affermare la sua superiorità sugli altri (Gorgia, encomio, dice che
aveva scritto un apologia/ argomento del Busiride già trattato dal retore Policrate. Il primo dei
discorsi politici di Isocrate è stato il PANEGIRICO, da lui corretto e limato per 10 anni. Nel 392
scrive l'Olimpico per esortare i greci alla concordia e alla lotta contro i Persiani. Nell'olimpiade
dopo presenta l'OLIMPICO per esortare i greci alla lotta contro i barbari e contro dioniso di
siracusa. Utilizzò i giochi del 380 per pubblicare il suo Panegirico e si ispirò a Gorgia e Lisia, ma è
sicuro di aver superato i suoi predecessori. In un lungo e solenne proemio parla a lungo di sé e di
questa sua superba certezza. Inoltre discute su quale dovrebbe essere la città egemonica della Grecia
e si espone in favore di Atene (fa un lungo elogio) e combatte violentemente l'egemonia di Sparta.
Sostiene poi la necessità di lottare contro la persia attraverso l'alleanza di Atene e sparta. Il
panegirico ha molto di utopistico, ma comunque l'orazione contribuì alla formazione della seconda
lega attica. Nel 373, quando i Tebani distrussero Platea, Isocrate scrisse il PLATAICO, discorso
fittizio che un Platese avrebbe pronunciato ad Atene per far ricostruire la sua città; anche questa è
un'opera di propaganda per l'egemonia ateniese, ma non attacca più sparta, attacca Tebe. Nel
plataico c'è maggior senso di realismo rispetto al panegirico. Intorno a quegli stessi anni Isocrate
scrisse A NICOCLE, una lettera aperta inidirizzata al re di Salamina; un vero e proprio manuale del
buon principe come esempio di tutte le virtù. Il NICOCLE è un discorso fittizio attribuito a Nicocle
stesso per persuadere i suoi sudditi all'obbedienza, un'apologia della monarchia vista come regime
migliore. Con l'EVAGORA si vanta di aver inventato un nuovo genere letterario, l'encomio in
prosa: è un elogio funebre di Evagora, padre di Nicocle. ARCHIDAMO: discorso fittizio del figlio
di Agesilao, pronunciato davanti agli spartani per dissuaderli a concludere la pace con tebe. Isocrate
si mostra qui antitebano, infatti contro Tebe difende Sparta (che aveva violentemente accusato nel
panegirico). L' Archidamo è un'opera di propaganda perchè gli ateniesi pensino a fronteggiare il
pericolo dell'egemonia tebana. Più volte si è parlato dell'incoerenza di Isocrate, ma è incoerenza
solo aparente: Isocrate è un buon cittadino ateniese, quindi combatte la città che ha l'egemonia.
Nell'orazione SULLA PACE va contro i sostenitori della guerra ad oltranza ed esorta a concludere
la pace, e fa una aperta condanna all'imperialismo ateniese (l'unica soluzione per Atene è la rinuncia
al potere navale). Quasi contemporaneamente compone l'AEROPAGITICO, dove consiglia agli
ateniesi di ritornare alla costituzione di clistene e di solone e di rifondare il vecchio aeropago: è
chiaramente un'utopia, non si può ritornare alla costituzione del VI secolo. Isocrate non approvò la
guerra di Atene contro Filippo e consigliò agli ateniesi di concludere con lui la pace e di formare
un'alleanza contro la Persia; ma a causa della sua continua ricerca di perfezione, mentre scriveva
l'opera lo sorprese la pace di Filocrate. Compose poi IL FILIPPO, una lettera aperta al re di
Macedonia. Isocrate ha ora 90 anni ed è convinto che nessuna tra le 4 città (Atene, Sparta, Tebe,
Argo) sia degna dell'egemonia: l'unico uomo che può portare a termine questo compito è Filippo.
L'ultima opera di Isocrate è il PANATENAICO, un appassionato elogio di Atene che sembra una
seconda edizione del Panegirico, a cui aggiunge le sue difese personali dalle accuse “di sofisti e
calunniatori”. Di Isocrate ci rimangono 21 orazioni (di cui una, A DEMONICO, non è autentica) e 9
lettere, forse non tutte autentiche. Delle orazioni, 6 sono giudiziarie, le altre epidittiche. Isocrate
scrive con grande raffinatezza formale e pratica un labor lime, adopera però anche il linguaggio
comune. Ricerca l'armonia, ma evita cose artificiose come rime e assonanze troppo frequenti.
Spesso usa sinonimi che unisce in coppia e i suoi periodi sono perfettamente paralleli, con frasi
perfettamente giustapposte a due a due. A volte, la scrittura isocratea risulta monotona e fredda:
scrive troppo bene, e il lettore finisce per odiare questa insipida perfezione.
DEMOSTENE:
Nasce ad Atene nel 384. A 7 anni perse il padre e i suoi tutori rubarono gran parte del loro
patrimonio (i cugini Afobo e Demofonte+ un amico del padre Terippide). A 18 anni volle
rivendicare i beni persi e si rivolse a Iseo; poi diventò logografo per povertà, ma nonostante la serie
di processi non recuperò mai i beni perduti. A noi restano 3 orazioni contro Afobo e 2 contro
Onetore (cognato di Afobo costretto a divorziare). Le orazioni sono state scritte in età giovanissima:
fu un genio precoce, non è mai apparso come un principiante. Dopo tre importanti orazioni- due
scritte per altri (CONTRO ANDROZIONE e CONTRO TIMOCRATE) ed una pronunciata da lui
stesso (CONTRO LEPTINE)- ebbe inizio la sua carriera politica. Le tre orazioni trattano tutte
argomenti di politica finanziaria, ma in realtà sono puramente politiche. A poco a poco scompare la
sua posizione di logografo e cresce quella di oratore politico. SULLE SIMMORIE: propone una
riforma dell'organizzazione militare e finanziaria e tratta per la prima volta un argomento di politica
estera (l'attacco imminente della Persia: Demostene considera i Persiani “il comune nemico dei
Greci”). IN FAVORE DEI MEGALOPOLITANI: propone che gli ateniesi aiutino gli abitanti di
Megalopoli oppressa da Sparta loro alleata; Demostene qui si mostra fortemente antispartano. PER
LA LIBERTA' DEI RODII: incita gli ateniesi ad aiutare i democratici di Rodi scacciati dal principe
Mausòlo e ad istituire un governo oligarchico in favore dei Persiani; qui per la prima volta viene
fatto un accenno a Filippo di Macedonia, considerato un pericolo per Atene. Filippo salì al trono nel
359 e poi conquistò varie città. Ma la preoccupazione di Demostene si fece seria nel momento in cui
Filippo mostrò la volontà di rendere la Macedonia una potenza primaria anche sul mare. Quando
Filippo invase l'Ellesponto e minacciò i commerci di Atene, Demostene pronunciò la sua prima
Filippica: con ironia fredda e mordente descrive l'inerzia di Atene, paragona l'apatia degli ateniesi
all'energia e alla perseveranza di Filippo; fa poi proposte decise per armare una flotta e un esercito.
Gli ateniesi non fecero nulla, Eubùlo fece prevalere la politica di neutralità. Filippo poi invase la
Calcidica e Olinto, che chiese l'alleanza di Atene: agli aiuti da mandare a Olinto si riferiscono le 3
OLINTIACHE, considerate dagli antichi Filippiche. Gli aiuti ad Olinto furono tardi e insufficienti,
quindi Olinto cadde nelle mani di Filippo. Eubùlo mandò po ambasciatori in tutte le città per
muovere la grecia contro filippo, ma inutilmente. Tutti compresero la necessità della pace, e fu
inviata a Filippo un'ambasceria. L'anno dopo, dopo una seconda ambasceria, si concluse la pace di
Filocrate;SULLA PACE: sulla necessità di non rompere la pace, almeno per il momento. Subito
dopo la pace, Demostene cercò di abbattere gli avversari trascinandoli davanti ai tribunali. Fece
accusare Eschine di essersi fatto corrompere col danaro da Filippo. Eschine accusò a sua volta
Timarco (orazione Contro Timarco) di immoralità. Allora Demostene si dovè esporre egli stesso , e
rialzò le accuse: SULLA CORROTTA AMBASCERIA è un capolavoro d'eloquenza ma anche di
sofistica, perchè Demostene abusa della buona fede dei giudici e rigira i fatti a suo favore. Eschine
si difende bene e alla fine viene assolto. Un anno prima, in occasione di un'ambasceria di Filippo
che si lamentava delle calunnie che gli ateniesi gli spargevano contro, Demostene pronunciò la
SECONDA FILIPPICA, dicendo che Filippo parlava sempre di pace e di amicizia, ma preparava la
guerra e la distruzione di Atene. Nel 341 Demostene forzò la situazione e scatenò una guerra non
voluta (né da Filippo né dagli Ateniesi), ma fu una pessima scelta. Lo stratego del Chersoneso,
Diopeite, attaccò Cardia, alleata macedone, e prese alcuni possessi macedonici in Tracia. Filippo,
che voleva evitare ad ogni costo la guerra, si limitò a mandare un'ambasceria, nonostante la
violazione brutale della pace da parte di Atene. Demostene scrisse SULLE COSE DEL
CHERSONESO, difendendo lo stratego e persuadendo gli ateniesi a far guerra contro Filippo senza
dichiararla. Nello stesso anno pronunciò la TERZA FILIPPICA, riassumendo con ancora più vigore
quello che aveva detto nelle precedenti: Filippo mira ad assoggettare tutta la grecia, nonostante sia
un barbaro. Demostene conobbe poi i maggiori successi politici della sua carriera. Concluse
l'alleanza con Tebe nel 338: Atene e Tebe furono vinte da Filippo a Cheronea. Non valsero a nulla le
accuse di Demostene contro gli avversari; ma Demostene conservò le cariche finanziarie che aveva,
il popolo ateniese gli diede fiducia nonostante i suoi fallimenti. Nel 336 un amico di demostene,
Ctesifonte, chiese che venisse data all'oratore una corona d'oro durante le grandi dionisie. Ma
Eschine impugnò la proposta e la fece respingere, sostenendone l'illegalità. Fu ucciso Filippo da
Pausania nel 336, e subito il partito antimacedone ateniese pensò ad una ribellione. Ma la
sollevaziona anticipata di Tebe, domata tempestivamente da Alessandro, fece fallire il piano, e Tebe
venne distrutta. Alessandro chiese 10 oratori tra i più ostili alla macedonia (Demostene), ma grazie
all'intervento di Demade ritirò poi la proposta. Durante la conquista della Persia, Demostene
intraprese la via del riserbo e della prudenza, assecondò la politica di neutralità e di pace. Siamo nel
330, è un periodo di neutralità politica, assistiamo alla “battaglia degli oratori”: Eschine scrive
l'orazioe Contro Ctesifonte, dove accusa formalmente ctesifonte ma in realtà si rivolge a
Demostene. La risposta di Demostene arriva con l'orazione SULLA CORONA, un'orazione
superiore a quella di eschine, un discorso tutto di passione, ispirato ad un alto ideale; Demostene
supera il rivale col suo pathos travolgente, fa un'appassionata apologia della sua politica e riesce
alla fine ad ottenere la corona, costringendo Eschine all'esilio. Negli anni successivi, con la sua
nuova politica di moderazione, scontentò anche i più grandi antimacedoni, perdendo gran parte del
suo prestigio. Nel 324 si colloca l'episodio più grave della carriera di demostene: lo scandalo di
Arpalo. Arpalo, tesoriere di Alessandro, aveva amministrato male le ricchezze affidategli e, quando
apprese la notizia del ritorno di Alessandro dall'India, fuggì e chiese ad Atene di essere accolto.
Demostene fece respingere la proposta, ma alla fine Arpalo entrò da solo ad Atene con 700 talenti;
Alessandro ne chiese subito la consegna, quindi arpalo fu arrestatoe i talenti sequestrati e messi
sull'acropoli, dati in affidamento ad alcuni tesorieri, tra cui demostene. Arpalo riuscì a fuggire dal
carcere, e poi ci fu lo scandalo: dei 700 talenti sequestrati, ne erano rimasti solo 350. Furono
accusati i grandi uomini politici, e a Demostene fu data la colpa di aver ricevuto 20 talenti,
Demostene non potè negare il fatto, si difese soltanto dicendo di aver preso il denaro come
compenso di un anticipo fatto allo stato di tasca sua. Fu condannato a pagare una multa di 50 talenti
ma, non essendo in condizioni di poterlo fare, fu imprigionato; Riuscì ad evadere e andò in esilio.
Morì Alessandro e tutta la grecia insorse per la “guerra lamiaca”;Demostene tornò ad Atene
trionfante , ma subì la sconfitta, vinto da Antipatro. Antipatro impose ad Atene un governo
oligarchico filomacedonico: Gli oratori antimacedoni furono condannati a morte e Demostene si
uccise col veleno nel tempio di Poseidone per sfuggire agli sgherri di Antipatro. Sotto il nome di
demostene ci restano 60 orazioni, una raccolta di esordii e 6 lettere. Le lettere non sono autentiche,
gli Esordii sono stati messi insieme dallo stesso demostene e delle orazioni almeno 20 sono
apocrife. Le orazioni giudiziarie sono eccellenti, ma i veri capolavori sono le orazioni politiche.
L'eloquenza di demostene ignora la dolcezza e la grazia, non conosce la pietà e ha sempre un tono
aspro e guerresco. Ma formalmente lo stile è raffinatissimo: evita lo iato, l'accumularsi di sillabe
brevi, ricerca l'armonia ed usa gli anacoluti, in un alternarsi di periodi lunghi e brevi.
PLATONE
Atene, 427, famiglia aristocratica. Si chiamava Aristocle, Platone è nome che gli ha messo il suo
maestro di ginnastica per le spalle larghe. Il suo primo maestro di filosofia fu Cratilo, eracliteo, poi
verso i 20 anni si avvicinò a Socrate. La tradizione gli attribuisce tragedie, epigrammi, poesie
liriche, ditirambi. In politica, ebbe tendenze aristocratiche e disapprovò il governo dei 30. La
Lettera VII è un vero testamento politico e pedagogico e una vera autobiografia spirituale. Quando i
30 presero il potere invitarono Platone, che voleva dedicarsi alla vita politica. Ma lui sperò
nell'opera loro, e le sue speranze vennero deluse. Caduti i 30, i democratici misero a morte Socrate;
Platone assistè al processo. Infine, Platone si convinse che tutti gli stati esistenti erano mal
governati, e che solo la filosofia avrebbe potuto guidare secondo giustizia la vita dello stato e dei
cittadini. Dopo la morte di Socrate, Platone si recò con altri socratici a Megara presso Euclide.
Viaggiò moltissimo e si recò anche a Siracusa, dove conobbe Dione, il suo allievo più caro, e fece
appassionare alla sua materia anche il tiranno Dionisio (mentre Dione, suo nemico, era in esilio).
Fece in tutto tre viaggi in sicilia e poi morì ad 80 anni. Abbiamo una raccolta di scritti platonici: 42
dialoghi, 13 lettere, le Definizioni. Le Definizioni sono una serie di circa 200 termini di fisica, di
morale, di teologia, con le loro definizioni; è un'opera scolastica certamente non autentica. Delle
lettere, alcune non sono autentiche, altre sono certamente platoniche. Dei dialoghi 7 erano ritenuti
spuri dagli antichi. Le opere platoniche sono giunte a noi secondo l'ordine fatto da Trasillo,
astrologo di Tiberio, che distribuì le 36 opere (i 35 dialoghi e le lettere) in 9 tetralogie. Gli antichi
dubitarono anche dell'autenticità di questi dialoghi, ma 26 sono certamente platonici. Molto
dibattuta e controversa è la questione della cronologia, l'unica notizia certa è che le Leggi sono
l'ultimo scritto, pubblicate da un discepolo dopo la sua morte. È incerto però il punto di partenza:
prima o dopo la morte di socrate? La critica moderna non è riuscita a stabilire l'ordine preciso dei
dialoghi, ma è riuscita a stabilire alcuni punti fermi, ed è stata possibile una classificazione in
gruppi. Un criterio per stabilire la cronologia è l'analisi stilistica: si è concluso ad esempio che i
dialoghi che hanno maggiore affinità stilistica con le Leggi sono anche quelli più vicini ad esse nel
tempo. Gruppi: 1 dialoghi socratici (Apologia di Socrate, Critone, Eutifrone, Ippia minore, Ione,
Lachete, Liside, Carmide, Protagora, libro 1 Repubblica); 2 Gorgia, Menone, Menesseno, Cratilo,
Eutidemo; 3 Fedone, Simposio, Repubblica (II-X), Fedro; 4 dialoghi tardi (Parmenide, Sofista,
Politico, Timeo, Crizia, Filebo, Leggi). Qualche dato sicuro per la cronologia ci è dato
indirettamente da Platone nei dialoghi. In quelli più antichi ricorda Socrate difendendone la
memoria, oppure propone la definizione di un concetto morale, alla maniera socratica. Il secondo
periodo potrebbe definirsi “di transizione”: Platone inizia a trascendere il pensiero socratico, ad
essere un pensatore originale. Protagonista dei dialoghi è sempre socrate, ma un socrate che
comincia ad avere pensieri platonici. Al terzo periodo appartengono i dialoghi costruttivi, che sono i
grandi capolavori platonici, dove al vigore e alla pienezza si accompagna l'arte più raffinata e la
poesia più alta. Socrate diventa ormai soltanto portavoce di Platone; il dialogo è la più grande
esaltazione che Platone abbia mai fatta di Socrate. LA REPUBBLICA: la politeia, meglio tradurre
lo stato; è un'opera politica, di pedagogia, di metafisica, di psicologia. Lo stato fondato sulla
giustizia sta al centro del pensiero platonico. Il dialogo si svolge in casa del vecchio Cefalo, padre
di Lisia, insieme a Socrate, il sofista Trasimaco, il figlio di Cefalo Polemarco, i fratelli di Platone
Glaucone e Adimanto. Il dialogo fu poi diviso in 10 libri in età posteriore a Platone. Il libro I
sembra una sorta di proemio: in una disputa vivace, talvolta drammatica, Socrate sostiene che la
giustizia consista nella virtù e nella saggezza. Trasimaco la riduce alla legge del più forte. I 3 libri
successivi sono dedicati alla descrizione dello stato ideale fatta da socrate, per rispondere a
Glaucone e Adimanto. 3 classi nello stato ideale: governanti, guerrieri, operai e contadini. Poi,
socrate esamina le 4 virtù cardinali che sono fondamento dello stato ideale: giustizia, prudenza,
fortezza, temperanza. Poi Platone parla di donne e dei figli; in seguito, espone ampiamente come
deve essere governato lo stato dai filosofi e come essi devono essere educati a governarlo. Poi,
introducendo il mito della caverna, oppone il mondo dei sensi e dell'apparenza al mondo delle idee;
parla delle donne, che saranno educate e combatteranno come gli uomini, e saranno comuni, ma
solo per la classe dei guerrieri; i figli, saranno educati dallo stato.
ARISTOTELE:
348, Stagira (stagirita). Fu educato ad Atene e fu scolaro di platone, che lo chiamava “la mente” o
“il lettore”. Si recò a insegnare sull'isola di lesbo, poi in macedonia alla corte di filippo, dove restò 8
anni ad educare alessandro. Alessandro fu educato ttraverso la lettura di omero. Anche quando
Alessandro salì al trono, mantenne i rapporti col maestro, che gli dedicò lo scritto SULLA
REGALITA'. Quando però alessandrò iniziò a sognare l'asssimilazione tra greci e barbari, Aristotele
mostrò il suo disappunto col dialogo ALESSANDRO/SULLE COLONIE, perchè aveva un ideale
puramente ellenico. Dopo 13 anni di assenza, tornò ad Atene e aprì una scuola nel Ginnasio, che
chiamò peripatetica (<perìpataioi=passeggiate, viali), e si avvicinava molto alle moderne
università.. I peripatetici si chiamavano con il nome platonico di “amici” e formavano un tiaso, che
si riuniva in banchetti mensili. Aristotele teneva 2 tipi di lezioni: la mattina quelle più specifiche,
per gli scolari veri e propri, con argomento filosofico (akroamatikà); il pomeriggio lezioni più
generiche di dialettica e retorica, per un pubblico più vasto (exoterikà). Aristotele mantenne rapporti
con la corte macedonica, soprattutto quando la reggenza passò ad Antipatro, suo amico, e per questo
fu ostile a Demostene, che lo accusò di empietà; Aristotele andò in autoesilio e morì un anno dopo.
Aristotele scrisse moltissimo ed in qualsiasi ambito, tranne quello matematico; un catalogo parla di
146 opere in 400 libri ed un altro più recente parla di 1000 libri. Aristotele stesso distingue le opere
non pubblicate (poetica) da quelle pubblicate; potremmo quindi distinguere opere exoteriche
(pubblicazione) e opere esoteriche/acroamatiche. A noi restano le non pubblicate, di quelle
pubblivate abbiamo solo frammenti, tranne un paapiro con LA COSTITUZIONE DEGLI
ATENIESI. Si possono distinguere in Aristotele 3 periodi: uno “platonico”, poi critica il fulcro della
filosofia platonica (teoria delle idee), poi inizia a formarsi la sua filosofia. Le opere pubblicate
appartengono a tutti e tre i periodi; inizialmente i dialoghi sono sul modello platonico, simili nelle
idee, nella forma, nei titoli e nell'argomento, ma imita anche i miti. Successivamente, inizia a
nascere il modello di dialogo completamente aristotelico, evoluzione del modello platonico: lunghi
dialoghi continuati, un proemio introduttivo, l'intervento dell'autore che diventa protagonista e ha
ruolo di condurre e concludere il dialogo (modello che seguirà Cicerone). EUDEMO era una
consolatio per la morte dell'amico eudemo di Cipro, e inoltre è una dimostrazione dell'immortalità
dell'anima; aristotele qui è anora platonico, crede che l'anima sia una sostanza separata dal corpo,
condanna la vita e quindi la conoscenza, che sono legate al divenire, e crede che il sommo bene sia
irraggoungibile per l'uomo perchè ppartiene al mondo della perfezione. PROTREPTICO indirizzato
al principe di Cipro era un'esortazione alla filosofia, non trattava nessun problema particolare ma
semplicemente esaltava la filosofia e non era un dialogo ma somigliava ai trattati esortativi di
isocrate; ebbe tanto successo tra gli antichi e fu imitato da Cicerone nell'Hortensius. SULLA
FILOSOFIA dialogo in 3 libri