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Ficino narra di “due Venere da due amori accompagnate: l’una Venere celeste, l’altra vulgare”.

Le due Veneri
(Urania e Pandemia) personificano due tipi diversi di amore: l’amore trascendente che appartiene ad una
dimensione intellettuale, superiore a quella della materia e che si traduce nella contemplazione della Bellezza,
l’amore umano, che appartiene alla dimensione dell’anima e permette di percepire e produrre la bellezza del
mondo materiale attraverso immaginazione, emozioni e sensazioni. I due quadri furono eseguiti per Lorenzo di
Pierfrancesco de’ Medici, cugino di Lorenzo il Magnifico, e servivano per decorare la Villa di Castello.
Secondo Vasari le due opere dovevano essere viste e lette insieme.

La storia riferita da Esiodo nella Teogonia, narra di Saturno che castrò il Cielo e ne gettò i testicoli nel mare, dalla
cui schiuma nacque Venere. Ficino interpreta il mito della nascita di Venere come la nascita della Bellezza, simbolo
del divino:
La tela racconta l’arrivo della Dea, spinta sulla Terra dai venti Eolo e Borea, e accolta da una delle Ore
(personificazioni delle stagioni), che le porge un mantello. Venere è la bellezza spirituale, che copre la nudità
sottolineando il suo carattere pudico, e mostra affinità con la Venere Celeste platonica, che appartiene alla sfera
immateriale.
La Venere dell’allegoria della Primavera sembra rappresentare invece la Venere Volgare, o
Venere Pandemia, personificazione della bellezza divina che si realizza nel mondo corporeo
e permette che l’uomo possa, percependola con i sensi, risalire a Dio, in un processo di
conoscenza che, attraverso l’amore, per similitudine ci riconduce a una dimensione
superiore. Al centro del quadro si trova Venere, vestita elegantemente e ornata di gioielli;
sopra vi è il figlio Cupido che, bendato, scaglia una freccia infuocata, simbolo del cieco
innamoramento. Alla sinistra della Dea il vento Zefiro afferra la ninfa Clori, fecondandola e
trasformandola in Flora, raffigurata come un’esplosione primaverile di fiori. Il tema
dell’amore come forza naturale generatrice di vita si riflette nella danza circolare delle tre
Grazie, personificazioni dei tre aspetti di Venere: Bellezza, Castità e Piacere (Pulchritudo,
Castitas, Amor). Alla destra della Dea si trova Mercurio, allegoria della Ragione, che
solitario e indifferente a Cupido, non guarda la Primavera, Venere, e le Grazie, ma è intento
ad aprire un varco tra le nubi per contemplare Dio. Il senso della scena è aperto ad altre
possibili interpretazioni, non alternative ma complementari.

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