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Il Sole e la Luna: le correnti vitali del Fuoco e

dell'Acqua
di Elisabeth Mantovani

Il principio vitale che anima le forme è rappresentato dal binomio Sole/Luna.


Il Sole e la Luna sono rispettivamente l'aspetto positivo e negativo dello stesso principio
vitalizzante che governa il perpetuarsi e il mantenimento della Vita in tutte le sue forme.
Al Sole e alla Luna sono legati concetti complementari quali: il maschile ed il femminile, la luce e il
buio, il caldo e il freddo, gli elementi del Fuoco e dell'Acqua poiché la vita si manifesta attraverso
la polarizzazione del principio vitale.
Il Rosso e il Blu, colori primari, sono associati al Fuoco e all'Acqua, allo Spirito e all'Anima
Spirituale che animano il corpo: calore irradiante il primo, vapore ricevente il secondo.
Dall'abbinamento e interazione di queste due forze, che scaturiscono dall'Uno, risulta ogni
espressione della Vita: è grazie al Sole e alla Luna, alle correnti del Fuoco e dell'Acqua, che ogni
forma prende coscienza e ogni essere si evolve.
La libertà di espressione di ogni essere vivente risulta dall'intreccio di queste correnti vitalizzanti.
Dall'equilibrio e dalla corretta espressione di questi due fattori dipendono la vitalità, l'entusiasmo, la
gioia di vivere, la libertà, l'empatia, la sensibilità ai colori e alle forme, l'energia fisica di ogni
individuo.
Al contrario dall'inibizione di queste correnti vitali risultano depressione, noia, oscuramento e
attenuamento del principio vitale.
Questo fiume vitalizzante che ci attraversa può infatti straripare causando inondazioni ossia eccessi
di entusiasmo e vitalità e conseguentemente perdita di energia.
Come un corso d'Acqua ha tratti più copiosi e tratti più sterili, è soggetto a flussi e riflussi per
effetto del calore e dell'umidità.
Il Fuoco e l'Acqua, che interagendo animano, consumano e nutrono la Terra, creano un ciclo
continuo.
La Terra, dunque, contiene e canalizza il principio vitale. Allo stesso modo Saturno w, nel
simbolismo astrologico, è il principio oscuro e cristallizzante, opposto e complementare alle energie
vitali della corrente Sole-Luna.
La croce che sormonta il semicerchio è la terra che contiene e struttura l'energia espansiva
dell'anima spirituale.
La circolazione delle energie vitali attraverso processi alterni di espansione e contrazione si verifica
nel nostro corpo come sulla Terra e nell'Universo.
Sulla Terra l'acqua evapora per poi ricadere trasportando con sé nuova Aria; così il sangue, nel
nostro corpo, trasporta, attraverso la respirazione, nuovo ossigeno alle cellule: mirabile analogia del
macrocosmo con il microcosmo.

La Morte è la culla e l'alambicco in cui accade ogni nascita poiché Vita e Morte sono una cosa sola
ed ogni dissoluzione contiene in sé i germi di una nuova creazione.

L'energia che si manifesta e che, attraverso fasi successive, torna all'Universale è simboleggiata
nella Ruota Zodiacale dal movimento triplice degli Elementi attraverso i segni zodiacali che ne
rappresentano l'evoluzione: dalla concentrazione alla rarefazione, dal particolare all'assoluto.
Il Fuoco, lo Spirito, è prorompente ed esplosivo nell'Ariete come lo sprizzare della vita che nasce;
nel Leone cresce fino a diventare mortale, consuma l'essere e prosciuga l'Acqua in eccesso (l'Acqua
è la culla in cui i germi della vita si aggregano e proliferano). E' questo Fuoco eccessivo, ben
simboleggiato dalle qualità regali del Sole, che realizza l'utile prosciugando il superfluo.
Attraverso questa azione continua ed incisiva il Fuoco del Leone e del Sole accede a qualità
superiori che trascendono l'astro particolarizzante del nostro sistema planetario per condurci al
calore e alla luce rarefatta del Fuoco universale: la folgore gioviana del Sagittario.
Questo Fuoco è la luce di tutte le stelle e dell'Universo intero, è il
Fuoco Uno da cui nasce ogni Sole, ogni individualità. E' il calore che
brucia e si espande come una vibrazione sottile nel freddo
conservatore dell'Universo.
Ai misteri del Freddo e alla congiunzione del Fuoco con l'Acqua
allude il XIIII° arcano dei Tarocchi: "La Temperanza".
Questo arcano trova corrispondenze simboliche sia con il Fuoco
sottile del Sagittario che con il soffio eterizzante dell'Acquario che
trasforma l'umido radicale nel ghiaccio eterno degli spazi
interplanetari.
Al potere dell'Acqua e del Fuoco si riferisce, dunque, il binomio
costituito dalla Temperanza (il Battesimo) e dalla Morte, l'arcano che
la precede.
L'azione del Fuoco corrosivo discioglie gli elementi nel Mare
primordiale della Morte per poi aggregarli e rigenerarli in una nuova
forma che emerge dalle Acque santificanti della Temperanza. Il
liquido che unisce l'Acqua e il Fuoco corrode e vivifica allo stesso
tempo: è Acqua bruciante e luminosa.

In alcuni mazzi di Tarocchi "la Temperanza" è indicata con il nome di Arte.


L'arte è, in questo caso, sinonimo di equilibrio, congiunzione degli opposti, unione armoniosa che
dà luogo a nuova nascita o meglio, a una nascita continua, perché La Temperanza è la circolazione
di quel Fluido vitale polarizzato nelle correnti maschile e femminile, Fuoco e Acqua che fanno capo
a Sole e Luna.
L'angelo Solare della Temperanza è un essere asessuato poiché nella congiunzione del maschile col
femminile si verifica la fusione armoniosa dei due principi.
Il simbolo solare che porta inciso sul capo è il Sole di tutti i Soli fonte di vita e di discernimento,
sinonimo di unione e uguaglianza ma anche di ritmo uniforme e regolarità.
L'angelo della Temperanza miscela il Fuoco e l'Acqua congiunti in un liquido eterno e Luminoso
che scorre incessantemente e senza distinzione attraverso tutti gli esseri.

I segreti del Tempo, l'allusione alla circolarità del grande essere universale che comprende ogni
evento ed ogni manifestazione visibile e invisibile, sono suggeriti nella simbologia di questo arcano:
l'Arte.
Ma cosa può legare il Tempo all'Arte?
Saturno, signore dell'Acquario, segno associato all'Androgino, all'Universale, al Ghiaccio e al
Freddo conservatore della Temperanza, è altresì sinonimo del Tempo.
L'utilizzo del fluido vitale è quindi soggetto alla conoscenza del Tempo, al
suo ritmo eterno che si esprime in fasi alterne di contrazione ed
espansione, ispirazione ed espirazione del grande essere universale.
La conoscenza del Tempo subordina la nostra creatività fisica ed
intellettuale, in questo senso la Temperanza e il ricercatore dei segreti
dell'anima, rappresentato dall'arcano l'Eremita dei Tarocchi, sono
speculari.
I segreti del Tempo, a cui allude l'arcangelo solare della Temperanza, sono
la misura di ogni conoscenza: fino a che non si percepisce questa
dimensione superiore del Tempo le conoscenze dell'uomo non servono a
nulla.
Ogni cosa s'incontra continuamente in un eterno fluire in cui passato e futuro si intrecciano a
immagine del presente.
"Questo è il Tempo nel suo aspetto meno comprensibile all'uomo", il Tempo dell'Universo e dello
Spazio: "un insieme di cerchi che ruotano in direzioni differenti".
I segreti di questo arcano dunque ci svelano le correnti opposte nel corso continuo e cangiante del
presente.
Due serbatoi uno d'oro e l'altro d'argento ci mostrano i veicoli della ragione e del sentimento che si
sposano per aprirci a un sentimento intuitivo di ordine superiore che trascende la personalità e i
vincoli del tempo e dello spazio come limiti della condizione umana, eternizzando la materia.
La scoperta di questo serbatoio d'ordine superiore ci permette la rigenerazione continua poiché il
fluido unico è inesauribile e attraversa indistintamente ogni cosa.

E' Acqua bruciante e luminosa che corrode e santifica, unione dell'Acqua col Fuoco, sposalizio
sacro del padre e con la Madre, del Sole con la Luna.

La Temperanza ci suggerisce che la vera Arte si presenta come una donazione, un desiderio
appassionato ed assoluto di afferrare in un solo momento tutte le leggi dell'Universo, tutta la
bellezza del Mondo.
Un'intuizione illuminante che si manifesta come atto deliberatamente generoso reso a tutto il mondo
senza alcuna distinzione, poiché l'Opera dell'Artista è al servizio di uno scopo di ordine superiore, la
Vera conoscenza, e trascende perciò l'interesse e l'espressione personali per diventare un atto
d'amore a favore dell'Universo intero, un'illuminazione che celebra la Vita, un omaggio, infine,
all'immutabile, immensa, selvaggia Bellezza del Mondo.

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Il segno del LEONE

da Francesco Indraccolo » dom lug 22, 2007 10:01 am

Carissimi Ospiti,

manca pochissimo all’ingresso (apparente) del Sole nel segno del Leone, che avverrà domani, lunedì 23
luglio, alle ore 07:01. Il nostro astro luminoso sembrerà percorrere un grado al giorno nell’emblematico
“Sol-leone” per uscirne alle 14:09 del 23 agosto (entrando in Vergine). Rinnovo perciò a tutti i miei più
calorosi Auguri, e passo alle consuete indicazioni utili a comprendere e – volendo - “sentire”.

Leone (23 luglio – 23 agosto): quinto segno zodiacale, “fisso” (l’estate è stabile). Legato all’elemento Fuoco
(Fuoco secondo) nei suoi aspetti animici e psicologici, dotato di capacità di dominio e imperio. E’ domicilio
“unico” (positivo e favorevole) del Sole (vitalità) e, per alcuni moderni, è l’ “esaltazione” di Nettuno e
Plutone. In anatomia, è legato al cuore.

Per Maria Maitan, qui il Fuoco è “fisso, la fiamma dominata, disciplinata, diretta dalla volontà”, diverso cioè
da quello irrequieto e impulsivo di Ariete. “Il Leone – aggiunge – siede saldamente sul suo trono irradiando
luce e calore. Simbolo di questo segno è il maestoso re della foresta. L’astro che lo domina è il Sole, centro
e motore di ogni azione umana… Leone-Sole: è facile capire che questo potente segno dello zodiaco
dovrebbe rappresentare quanto di più nobile, di più adulto di più civile vi è nella vita psichica e nell’istinto.
Ma non è così facile trovare un vero Leone!”.

Per la Maitan, il simbolo grafico del Leone (un cerchiolino con un’ampia curva che sta a significare la
criniera), ha un “tracciato che si apre verso l’esterno invece di richiudersi su sé stesso. Là dove il Cancro
“reprime”, insomma, il Leone “esprime”.

E’ curioso rilevare che – secondo le antiche carte astronomiche riportate sullo splendido libro “Planetario”
di Alfredo Cattabiani (v.scheda nella Biblioteca di queste stanze) – l’ampia curva della criniera c’è sempre
stata a sormontare la possente stella Regulus (alfa Leonis) posta sul “cuore” del re della foresta, ma
l’odierno cerchiolino che simboleggia la coda del Leone era un tempo un perfetto triangolo rettangolo,
assai simile al “quatre-de-chiffre” di cui si parla nelle stanze muratorie, contrassegnato dalle stelle
Denebola (beta), Zosma (delta) e Chort (theta). Vorrà dire qualcosa che il “piccolo re” sia dotato di tale
appendice che punta come una freccia verso la Vergine?

“Nell’elaborazione teologica egizia – scriveva Cattabiani – il Leone divenne il simbolo della discesa del Nume
triforme in Horo, ovvero nel Sole divino che nutriva il cosmo e faceva crescere le benefiche acque del Nilo.
Con questo simbolismo, suggerito da padre Athanasius Kircher, il Bernini scolpì il leone nella fontana dei
Quattro fiumi in Piazza Navona, a Roma, dove l’animale accosta il muso all’acqua aspettando l’inevitabile
crescita del livello di essa…”.

Cattabiani è stato anche uno dei pochissimi Autori a tramandare un “trucco operativo” legato al mitico
Leone di Nemea, inattaccabile “dal ferro e dal fuoco”, ma strangolato da Herakles alla prima delle sue 12
“fatiche”: l’eroe usò come rasoi gli stessi artigli della belva per incidere la sua pelle e indossarla come un
“mantello”.

Per mademoiselle Marceline Senard, “il Leone è il segno dell’Energia trasmutatrice (Fuoco) che realizza
(Tamas) l’individuazione. L’individuo umano è composto da una parte di essenza (Spirito), da una parte di
sostanza (Materia) e da un principio animico (Anima), la cui funzione è quella di legame tra i due primi
elementi e di realizzarne la sintesi. Con l’anima, l’individuo coopera all’opera di manifestazione del
Principio: la Creazione. Il Leone è chiamato il segno del ‘Figlio’, perché l’individuo giunto alla sua perfezione
è l’immagine del principio da cui emana…”.

Più iniziatiche le parole di Oswald Wirth, il quale lega il Leone alla realizzazione del Compagno d’Arte, ma
anche all’omonimo secondo grado dell’iniziazione mithriaca: “Quando il Soldato di Mitra era promosso
Leone, il miele sostituiva l’acqua come agente di purificazione delle mani, che non dovevano più compiere
atti reprensibili. Era peraltro la secchezza ed il calore del Leone zodiacale che doveva esaltare la ‘virtù
agente’ dell’Iniziato Mithriaco…”.

Resta da dire che nel Tarot, al Leone corrisponde la lettera teth, ossia la nona lama degli arcani maggiori,
personificata dall’ Eremita, stranamente abbigliato come un pellegrino, il quale regge una lucerna per
illuminare i propri passi nella “notte dell’anima”.

Grazie per l’attenzione,


Francesco Indraccolo

Arriva il Sol-Leone

da Francesco Indraccolo » lun lug 21, 2008 6:56 pm

Carissimi,

anche stavolta segnalo all’ultimo momento o quasi che il Sole, nel suo moto apparente, torna domani, 22
luglio, alle 12:56 (ora italiana e legale), nel segno del Leone (Fuoco secondo, animico e cardiaco).

Alle annotazioni e riflessioni dell’anno scorso, vale la pena aggiungere qualche spunto e qualche brano
tratto da “Planetario” di Alfredo Cattabiani (Mondaori, 1998), tenendo presente che per questo Autore, la
figura del Leone fu associata verso il IV millennio a.C. dai Sumeri e dagli Egizi al Sole del Solstizio d’Estate
“furoreggiante come la regale belva”. Molto più tardiva è invece l’interpretazione greca e poi romana che
questa costellazione rappresentasse il “Leone di Nemea” che Ercole (Herakles) sconfisse graze alla sua forza
sovrumana e a una certa abilità da cacciatore in una delle sue 12 “fatiche”, mitiche, simboliche e – perciò –
significanti tutt’altro, di molto concreto, rispetto all’affabulazione letterale dell’allegoria mito-poietica.

Ercole – va detto di passata – dimostrò anche una certa ingegnosità “mercuriale” per scuoiare il Leone di
Nemea. “Ne usò – riferisce infatti Cattabiani – gli affilati artigli come rasoi per staccarne la pelle
inattaccabile dal ferro e dal fuoco, che indossò a mo’ di mantello. La testa con la bocca spalancata gli servì
da elmo, conferendogli un aspetto minaccioso”.

“Il Leone – aggiunge poi l’Autore -, il cui geroglifico ne rappresenta la coda, è un segno di Fuoco che
corrisponde al periodo del massimo sviluppo della vegetazione, della pienezza dei frutti. E’ chiamato
nell’astropsicologia ‘il segno del Figlio’ perché simboleggia l’individuo ormai perfettamente formato,
immagine del Principio da cui è emanato… Da un punto di vista psicologico questo segno simboleggia
l’affermazione dell’individualità, della volontà, della coscienza. Lo slancio dell’io leonino si esprime in
un’espansione vitale che talvolta può sconfinare in una ipertrofia dell’orgoglio, della volontà,
dell’autostima; ma può anche sconfinare nella violenza, in atteggiamenti distruttivi… Ma, accanto a questo
tipo leonino, la cui dominante è marziale, ve n’è un altro idealista che indirizza la sua vitalità straordinaria
verso un fine che lo trascende, in un’armonica solare pienezza che è stata definita apollinea. E’ magnanimo
nell’esercizio del potere, liberale, generoso, indipendente…”.

Non a caso – ci ricorda Cattabiani – la più luminosa stella di questa costellazione è Regulus (alpha Leonis,
magnitudine 1,35), che in latino significa “piccolo re” (oh, parbleu, un’altra connotazione “mercuriale”?),
“ma dappertutto e in ogni tempo le si è attribuito un carattere regale: per le più antiche popolazioni
mesopotamiche era il Re (LUGAL, in sumerico, sarru in accadico) e per gli Ebrei la Stella di David”. Né
possiamo dimenticare che, durante il Medio Evo, Regulus fu anche detta “Cor Leonis”, “cuore di Leone”. Ma
qui si può e si deve dare la stura alle Vostre sempre gradite ri-flessioni.

Buon proseguimento,
Francesco Indraccolo

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Nel simbolismo degli elementi connessi con il
fuoco il leone rappresenta il coraggio, il potere
supremo, la nobiltà e l'orgoglio.
Agisce come un simbolo solare, ed è anche dedicato a divinità solari (ad esempio, al vedico dio
Mitra).
Sottoforma di leonessa sta a sottolineare il concetto di maternità insieme alla sensualità; infatti, la
leonessa in molte culture rappresenta l'animale sacro alla dea-madre (per esempio, Ishtar è stata
raffigurata in piedi su un leone; come pure questi coinvolsero il carro di Cibele).
Il leone è l'immagine della regalità e l'incarnazione dell’esordio eroico.
Nel buddismo, il leone simboleggia il coraggio, la dignità e la stabilità.
Si ritiene che Buddha, in una delle sue incarnazioni avesse l’aspetto di un leone.
In Cina, il leone è stato associato all'idea del potere.
Tra gli animali, il leone spesso simboleggia il lato chiaro.

Le caratteristiche del leone si possono ammirare nelle immagini di mitiche creature, quali: la sfinge,
il grifone e la chimera.
Le immagini di leonesse quali guardie, sono comuni in Egitto, in Assiria e Babilonia, India.
Nei bestiari medievali, il leone è dotato della capacità di dormire ad occhi aperti, e per questo
motivo, è anche sentito come l'incarnazione di una guardia attenta.
In araldica, il leone rappresenta la forza, la virtù e la prudenza.
Il leone nel cristianesimo spicca quale figura ambivalente.
Il ruggito del leone è simile alla parola di Dio e del diavolo, "come un leone ruggente".
Il leone, come interpretato dalla Jerome, simboleggia l'evangelista Marco, che annuncia la dignità
reale di Cristo.
Esso è anche l'emblema del Figlio di Dio e dotato di un debole per la contemplazione, l'ascesi e la
solitudine.
Nel contempo, il leone si erge come incarnazione delle forze del male e del caos;

Dante, lo descrive come un simbolo d’orgoglio.


In molte tradizioni esoteriche, il leone è un simbolo del sole.
Nella massoneria, il leone rappresenta il potere e la gloria; la parte superiore dell'Arco Reale, dove
il sole ritorna durante il solstizio d'estate.
Nei misteri di Mitra, coloro che hanno superato con successo le prove si chiamavano "leoni".
La profezia di Isaia fornisce il simbolismo biblico del leone, che riposa tranquillamente accanto alle
pecore.
Nella leggenda cristiana, troviamo insieme Daniele con i leoni nella tana.
Per Jung, il leone in natura è un simbolo di passioni nascoste, può indicare il rischio di essere
assorbito dall'inconscio.
In alchimia, il leone è il simbolo del materiale grezzo, non trattato.
In combinazione con tre altri animali, è un elemento della terra.
Il leone della Terra è il nemico della celeste aquila, maestro della natura, portavoce della forza e
sostegno del principio maschile.
È il simbolo "rosso" reale.
Il leone alato è l'elemento del fuoco: "Fuoco filosofico".
Due leoni rappresentano la lotta costante, la luce del sole, mattina, regalità e vittoria.
In Grecia, il leone era l'emblema del calendario.
Nella primavera Dioniso poteva assumere le sembianze di un leone.
Nei sistemi araldici leone significa prudenza, fermezza e forza d'animo.
Come emblema, il leone è un simbolo di coraggio, forza, generosità e misericordia.
"Per sbarazzarvi del vostro amore, dovete diventare un leone", così parlò Zarathustra.
Il leone è raffigurato nello stemma delle armi dello stato di Svezia, Regno Unito, Paesi Bassi,
Cecoslovacchia, Bulgaria, India, Iran, Canada e Spagna.

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IL LEONE
Il leone è universalmente considerato quale simbolo di regalità, di potenza e di nobiltà. Il
suo corpo muscoloso, la sua criniera, il suo sguardo acuto, denti affilati e la forma degli
artigli suscitano in noi l’impressione di perfezione. Il «re della foresta» appartiene alla
famiglia dei felidi; predatore per eccellenza, vive in una grande varietà di habitat: dai
deserti alle regioni artiche. I leoni vivono in gruppi familiari di 20 o 30 individui, composti
da 5-15 femmine, dalla loro prole, e da 1-6 maschi. Ogni gruppo possiede e difende il
proprio territorio di caccia. Prevalentemente terricoli, i leoni sono abili arrampicatori e
bravi nuotatori. Hanno un olfatto sensibilissimo e lo usano per comunicare, mentre
quando cacciano si affidano soprattutto alla vista e all’udito. La visione binoculare
permette loro una perfetta valutazione delle distanze, e lo strato di cellule riflettenti
nell’occhio potenzia la visione notturna, che è fino a sei volte più efficiente della nostra.
Le orecchie mobili incanalano il suono fino all’orecchio interno che può percepire i suoni
ad alta frequenza emessi dalle prede piccole come i topi. I maschi, di pelo rossiccio-
bruno, sono caratterizzati da una folta criniera che le femmine non possiedono. Il
maschio adulto è lungo circa due metri esclusala coda, e pub pesare sino a 230 chili. Per
trovare cibo a sufficienza, si muovono su vasti territori, le cui dimensioni variano da 20 a
500 kmq, all’interno dei quali essi possono spostarsi anche per 20km al giorno.
Il ruggito del leone svolge dì solito la funzione di segnale territoriale, ma solo gli adulti
hanno una laringe adatta a produrlo. La caccia generalmente viene praticata in gruppo:
un individuo, solitamente femmina, spinge la preda verso gli altri membri del gruppo che
stanno in agguato. I leoni sono capaci di soffocare la preda e di frantumarne le ossa,
all’altezza della cervice o della gola, grazie alla saldissima dentatura che è perfettamente
adattata alla loro dieta a base di carne.
 
Il simbolismo del leone nelle religioni antiche
Per la sua maestà e la sua prestanza il re degli animali è anche l’animale dei re e degli
dei E’ curioso notare che il simbolismo del leone, molto presente nella mitologia egizia,
greca e induista, venne associato alla femminilità; sono infatti quasi sempre le dee ad
essere rappresentate con questo aspetto. Nell’antico Egitto l’associazione più famosa
concerne Sekhmet, la dea della guerra, la quale, in veste di leonessa selvaggia, stermina
gli uomini che hanno complottato contro Ra (il dio creatore, signore del ciclo e degli
elementi). A Sekhmet, venerata soprattutto a Menfi, viene dato l’epiteto di «la più
potente». Nel pantheon greco, Ecate, la dea della magia, ha una triplice testa: di
leonessa, di cagna e di giumenta. i carri di Demetrea e di Rea - entrambe divinità della
terra - sono trainati da leoni.
Su un diverso piano simbolico, il leone interviene nel corso del combattimento tra il bene
e il male. Di Eracle, fìglio di Zeus, si narra che ancora in età tenera uccise un leone sul
monte Critone e, successivamente, tra le sue «Dodici fatiche» affronta il leone Nemea:
prima lo soffoca tra le sue braccia vigorose, e infine, dopo averlo scuoiato, si copre della
sua pelle. Al termine di questo combattimento, Zeus pone il leone nel numero delle
costellazioni.
In Assiria il leone era circondato da venerazione e solo i membri della famiglia reale
avevano il privilegio della sua caccia, in Africa, da sempre, è simbolo del capo tribù: Mari-
Jata, il fondatore dell’antico Mali, come segno di venerazione, aveva il titolo «leone di
Mali».
 
La metafora del leone nella Bibbia
Fino al secolo XII, orsi, leopardi e leoni erano animali consueti della fauna del medio
oriente, Come nell’Arabia, nella Siria e nella Macedonia, così anche in Israele, nei tempi
antichi, sulle montagne del Libano e sulle vette deIl’Antilibano si trovavano habitat di tali
animali feroci: «Vieni con me dal Libano, o sposa, con me dal Libano vieni! Osserva dalla
cima dell’Amana, dalla cima di Senir e dell’Ermon, dalla tane dei leoni, dai monti dei
leopardi” (Ct 4,8).
Nella Bibbia, in chiave simbolica, rappresentante di forza e di valore, c’è naturalmente il
leone: « Tre esseri hanno un portamento maestoso, anzi quattro sono eleganti nel
camminare: il leone, il più  forte degli animali, che non indietreggia davanti a nessuno; il
gallo pettoruto, il caprone e un re alla testa del suo popolo» (Pr 30,29-30).
Il leone era simbolo della tribù di Giuda (Gen 49,9) e dei re della stirpe di Davide
(compreso il Messia cf Ap 5,5 ndr). Anche Salomone aveva dei leoni scolpiti sul suo trono
e, successivamente, nel tardo giudaismo, il leone era uno dei soggetti preferiti delle
decorazioni sinagogali. Tale raffigurazione sfuggiva in qualche modo alla censura sulla
rappresentazione artistica.
Oltre la presenza reale dei leoni in Israele, nella Bibbia, la manifestazione dell’ira di Dio
sui popoli della terra è descritta, con toni violenti. Nell’oracolo di Isaia il deserto del
Negheb è popolato da leonesse, leoni ruggenti, vipere e draghi volanti (Is 30,6).
Nel libro del profeta Amos la Parola di Dio è paragonata ad un ruggito: «Il Signore
ruggisce da Sion e da Gerusalemme fa udire la sua voce» (Am 1,2). Questo ruggito ha
qualcosa di teofanico, come la voce del tuono: «Ruggisce il leone: chi non trema? Il
Signore ha parlato: chi può non profetare?» (Am 3,8). Il simbolo del leone ben convoglia
l’idea di forza e di sorgente di timore. A proposito notiamo che le lettere che compongono
la parola ebraica «leone» sono ‘ryh che, lette al contrario, diventano hyr’ ossia la
«paura/il timore».
L’appello di Dio è irresistibile, come la paura suscitata dal ruggito del leone; perciò Amos
è obbligato a profetizzare. La parola del Signore ha infatti una forza che s’impone con
veemenza e il profeta vuole essere questa «voce del leone» che turba e scuote le co-
scienze, promuovendo, con l’annuncio di un castigo imminente, un cambiamento di vita.
Il profeta Geremia sembra testimoniare l’uscita minacciosa dalle selve di bestie feroci che
si sarebbero avvicinate persino alle porte della città della Giudea, per sbranare quanti
sarebbero usciti per recarsi alla campagna. La punizione è inevitabile e radicale: il
popolo-vigna, che è diventato infedele al suo Signore, è condannato da Dio perché ha
assecondato l’irreligiosità dei suoi membri: «Mi rivolgerò ai grandi e parlerò con loro.
Certo, essi conoscono la via del Signore, il diritto del loro Dio. Ahimè, anche questi
hanno rotto il giogo, hanno spezzato i legami! Per questo li azzanna il leone della foresta,
il lupo delle steppe ne fa scempio» (Ger 5,5-6).
Con l’immagine del leone è descritto inoltre l’assoluto dominio di Dio nella storia, per cui
egli è capace di compiere una totale distruzione: «Io sarò come un leone per Efraim,
come un leoncello per la casa di Giuda. lo farò strage e me ne andrò, porterò via la preda
e nessuno me la toglierà. Me ne ritornerò alla mia dimora finché non avranno espiato e
cercheranno il mio volto, e ricorreranno a me nella loro angoscia» (Os 5,14-15). Osea
afferma che Dio è il vero leone per Efraim e Giuda: il più potente nemico o alleato che
dovrebbero temere o cercare.
Nella letteratura sapienziale, le fiere sono stereotipi del pericolo e della minaccia. Sotto
l’immagine teriomorfa del leone, l’orante allude alle accuse e alle persecuzioni morali. I
nemici del giusto perseguitato sono infatti paragonati a delle belve che si appostano per
assalto: «...contro di me digrignano i denti; libera la mia vita dalla loro violenza, dalle
zanne dei leoni, l’unico mio bene; spalancano contro di me la loro bocca» (SaI
35,16.17.21). Gli aggressori vengono così dipinti nelle loro caratteristiche bestiali più
temibili e si dice di loro che sono grandi, invincibili, armati di zanne e artigli potenti, pronti
a sbranare, seminatori di morte. (Sal 7,3 22,14.22). Il «malvagio che strazia la carne»
(SaI 27,2) è un modulo costante per definire i nemici carichi di odio, di calunnia e di
malizia (cf SaI 14,4; Gb 19,22; 31,31). La testimonianza di accusa è spesso vista come
pluralità massiccia e impressionante, come appunto un leone che si scaglia contro la
preda. Tale immagine è uno dei leit-motif della cosiddetta «lamentazione individuale»
(Sal 25,19; 31,14; 563; 119,157; 129,1; Gb 30,12; 35,9).
 
Daniele nella fossa dei leoni
«Resh Lakish disse: il re degli animali selvatici è il leone, il re degli armenti è il bue, il re
degli uccelli è l’aquila; e l’uomo è esaltato sopra di essi; e il Santo, sia benedetto, è
esaltato al di sopra di essi e al di sopra del mondo intero» (Talmnd gerosolomitano,
Chagiga, 13b).
I «giusti del Signore» spesso sono esposti a vari pericoli e prove. Anzi, sembra che sia
Dio a procurare loro grandi tribolazioni mediante l’ostilità e la persecuzione dei nemici,
fino al punto di fronteggiare la morte, ma, al contempo, sarà lo stesso Dio ad esaudire la
preghiera dei suoi fedeli, salvandoli dalla tribolazione (Sal 9,10; 31,7; 33,7; 90,15). Il
giusto concepisce quindi le avversità e le angosce che colpiscono la sua vita come
esperienze di una storia salvifica personale, che per i fedeli di ogni tempo hanno un
carattere paradigmatico.
Daniele, nel libro che porta il suo nome, riveste molti ruoli: egli è un funzionario presso la
corte di Nabucodonosor (cap 1,1-6); interprete di visioni e sogni (capp 2-5); veggente
(capp 7-12); ha il dono del discernimento (cap 13); è infine, l’uomo di fiducia del re Ciro
(cap 14).
Nel capitolo 6 lo vediamo come il «giusto perseguitato»: nonostante la pena di morte per
coloro che adorassero altri dei se non il re. Daniele si oppone palesemente al decreto di
Dario: “Le finestre della sua stanza si aprivano verso Gerusalemme e tre volte al giorno
si metteva in ginocchio a pregare e lodava il suo Dio, come era solito di fare anche
prima»(6,11b).
I suoi nemici attendevano proprio questa scena per poterlo denunciare dinanzi al re. Il
versetto 15 riferisce che il re, all’udire le parole dei congiurati, , era «molto addolorato» e
«fece ogni sforzo» per liberare Daniele (v. 15), ma, secondo l’usanza dei Medi dei
Persiani, la legge una volta promulgata, diviene immutabile (v. 16). Perciò al re non resta
altro che ordinare l’esecuzione di Daniele. Stranamente il sovrano gli augura: «Quel Dio
che tu servi con perseveranza, ti possa salvare!» (v. 17b).
Quindi Daniele viene gettato tra i leoni: all’imboccatura della fossa pongono una pietra e,
come segno di irreversibilità, il sigillo del re e suoi dignitari (v. 18). Da questo punto, fino
al v. 22, il lettore ignora la sorte di Daniele. E stato sbranato?
Il narratore tiene sospeso gli animi: anziché Daniele, descrive nei minimi dettagli il
travaglio del re, il quale «tormentato dalla cattiva coscienza, passa la notte in digiuno e
senza sonno» (v. 19).
Allo spuntar del giorno il re si reca in fretta alla fossa dei leoni a chiamare Daniele:
«Daniele, servo del Dio vivente, il tuo Dio che tu servi con perseveranza ti ha potuto
salvare dai leoni? » (v. 21). Daniele, il cui nome significa «il mio giudice è Dio», non tarda
a rispondere positivamente: «Il mio Dio ha mandato il suo angelo che ha chiuso le fauci
dei leoni ed essi non mi hanno fatto alcun male, perché sono stato trovato innocente
davanti a lui» (vv. 22-23); egli, poiché ha posto nel Signore la sua fiducia, anche nel
pericolo mortale resta sereno: Dio infatti, è il «rifugio», l’area di difesa protetta entro cui
egli è al riparo dagli assalti del male. Nulla potrà colpire il giusto, affidato com’è alla
protezione divina.
I leoni di questa storia diventano strumenti di Dio fino a distinguere l’innocente dal
peccatore. Il giusto esce illeso dalla fossa, mentre i suoi accusatori vengono gettati ai
leoni (v. 25). Daniele può affermare che Dio è intervenuto, ha mandato un angelo a
chiudere le fauci dei leoni. Il re riconosce nella sua miracolosa liberazione il giudizio
divino, proclamando il Signore «Salvatore» (v. 28). Oppressione, persecuzione, pericolo
di morte, e chiunque stia dietro ad esse, non sono in grado di separare i credenti da Dio,
che è la loro guida, perché egli è fedele a coloro che gli sono fedeli.

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Nell’antichità il simbolismo del Leone ebbe un ampio impiego. Ciò dipese dalla sua natura forte
e dalle sue sembianze. Il colore e la fulva criniera lo portarono ad essere associato al Sole, che
con la sua energia illuminava e donava la vita. L’accostamento all’astro era già presente nelle
culture primitive che vedevano nell’animale la maestosità della natura e la prosperità del
periodo centrale dell’anno quando le stelle di maggiore grandezza brillavano nella notte e il Sole
splendeva più intenso durante il giorno. Nell’iconografia egiziana il leone era molte volte
ritratto in coppia, con lo sguardo di uno rivolto all’orizzonte, opposto dell’altro. Essi
disegnavano l’arco che il sole compiva nel cielo andando da Est a Ovest, dal suo sorgere al suo
tramontare. Il medesimo significato fu ripreso nel complesso codice dei filosofi alchemici che
affidarono all’immagine del Leone giovane quella dell’alba e al Leone vecchio e malato quella
del tramonto. Questa duplicità si tradusse nella distinzione alchemica tra Leone verde e rosso
che materializzavano l’uno l’inizio e l’altro la fine dell’opera. L’oro era quindi il Leone rosso che
divorava quello verde (1) e l’inquietante visione voleva essere il geroglifico del tortuoso percorso
che l'alchimista avrebbe dovuto compiere per raggiungere la perfezione passando attraverso la
lavorazione della materia prima cruda (2), il fuoco iniziatore, lo zolfo filosofico e finendo con
l’ottenimento del re dei metalli, la polvere di proiezione, la Pietra Filosofale. Il Leone verde fu
anche l’immagine traslata del mondo vegetale e minerale, e il Leone rosso l’esempio della
materia rossa dimorante al fondo del vaso alchemico prima della sublimazione. Il Leone della
tavola di Mattheus Merian è riprodotto in maniera classica come siamo abituati a vederlo negli
stemmi araldici medioevali. La posizione eretta sulle gambe posteriori, le fauci aperte, le gambe
anteriori distese e la lingua fuori era l’espressione della potenza, dell’aggressività e dell’alto
rango che si sposava perfettamente allo spirito del principio maschile. Nella tavola il
posizionamento del Leone, in questo caso verde, è infatti previsto nel lato dedicato ai principi
maschili come il solvente universale, il fuoco originatore che si sprigiona dalla terra (riprodotto
sulla montagnola), il Sole splendente e l’Adamo alchemico che, come il Leone, ha un piede su
una stella a sette punte simbologia delle sette operazioni della Grande Opera. Il richiamo alle
sette fasi è anche visibile nel collare del leone ove sono incastonate sette stelle.
Note:
1)- L’undicesima chiave di Basilio Valentino rappresenta chiaramente tale simbologia e non a
caso fu utilizzata da Luca Jennis per l’edizione della Basilica philosophica di Mylius.
2)- Il Mercurio filosofico considerato la materia di partenza della grande opera. 

I due Leoni

L’immagine mostruosa centrale è la metafora del matrimonio dei contrari come la luna e il
sole, l’acqua e il fuoco, lo zolfo e il mercurio, il Re e la Regina che nell’amplesso creeranno il
nuovo essere. L’unica testa della figura deforme vomita il «bronzo dei filosofi», un «liquido
dorato e vischioso» che simbolicamente raffigura il duenech (1) la materia nella fase della
nigredo ancor prima della putrefactio. I due leoni uniti nella singola testa sono pure la
raffigurazione dell’essere androgino simbolo della perfetta integrazione.

Nota:
1)-‘Antimonio’, inteso come materia primordiale da cui l’addetto partiva per compiere
l’opera. 

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Astrologia Karmica: il segno del leone


Il suo compito: è realizzare se stesso senza perdere di vista la
sua interiorità.
Il Leone è il secondo segno di fuoco, si pone tra l’ Ariete e il Sagittario. In lui questo elemento ha
un carattere vigoroso e forte, è una fiamma che ha preso corpo e arde vivace, riscalda la zona
attorno e risplende nel buio e nella luce.
Il generoso fuoco di questo segno zodiacale è simile, nelle sue funzioni, alla luminosa stella che lo
governa, il Sole, che è una grande sfera di fuoco che irradia energia vitale su tutti noi. Il calore che
emana dal Leone è quello della passione , intesa non soltanto nella sua manifestazione fisica, ma
anche come impulso interiore messo al servizio di un’idea, di un progetto.
Questo segno zodiacale nasce in estate, nel periodo centrale quando la stagione è ben avviata,
appunto per questo è definito un segno fisso (stabile). In questa sua centralità troviamo, di nuovo,
un’analogia con il pianeta che lo protegge: il Sole che, dal centro del nostro universo, con tanta
generosità, è dispensatore di vita e amore.

Il Sole è simbolo della creazione e, trasportando questo simbolismo nella realtà del segno,
scopriamo che esso rappresenta la nascita, ossia l’affacciarsi alla vita. La nascita è intesa, in questa
sua area, in senso letterale e psicologico. Come realtà ordinaria riguarda i figli, oppure è la
manifestazione di se stessi (la nascita dell’io). L’autoespressione è, tra le qualità che appartengono
al segno del Leone, quella più usata o abusata.

Come il Sole, chi nasce nel segno del Leone ha bisogno di assumere un ruolo di spicco nelle sue
attività, non è nato per stare in disparte e neanche lo meriterebbe perché è creativo, sicuro di sé,
carismatico. Per credere in se stesso vuole un palcoscenico (molti leoni sono nel mondo dello
spettacolo) e un pubblico che apprezza la sua bravura.

IL SUO MOTTO
Il motto del Leone è: “io amo e genero la vita” . Questo motto si riferisce, innanzitutto, al Sole,
che nella simbologia astrologica corrisponde, nel corpo fisico, al cuore. Il cuore, nell’immagine
collettiva, rappresenta l’amore e nel linguaggio esoterico è la sede della coscienza. Noi stiamo su
questa terra per acquisire coscienza e ricordare la nostra provenienza. Nel Leone sviluppiamo
l’autoconsapevolezza, ossia il riconoscimento di ciò che siamo: un’estensione della creatività
universale.

Per sviluppare i doni che l’universo ci ha elargito, il nostro cuore deve restare aperto e capace
d’investire nei sentimenti, sviluppando il coraggio non solo d’amare, ma anche di affrontare la vita.
Un cuore chiuso non crea, non riceve, è arido. Da quel cuore non può nascere nulla ed anche la
creatività, che è una qualità del segno del Leone, rimane congelata. Appunto per questo la sfida
leonina è liberare mente e cuore dall’egocentrismo e da qualsiasi forma di arroganza, così da
lasciar fluire l’altruismo che dimora in sé.
Al segno del Leone è abbinata la Vª casa che riguarda, tra le persone più vicine, i propri figli che,
visti con gli occhi del cuore, sono la concretizzazione di un atto d’amore.

NASCERE NEL SEGNO DEL LEONE


Nel Leone l’energia, che nel segno del Cancro era introvertita, ora emerge con tutta la prepotenza
della sua natura di fuoco e lo spinge a dimostrare al mondo il suo valore.
Non sempre chi nasce nel Leone esprime questa potenza e può apparire più riservato e insicuro di
come viene descritto, ma questo è il ritratto della persona che deve ancora prender coscienza del suo
ruolo e dei suoi talenti, la quale, se non riuscisse a portare a termine questo suo processo di crescita,
vedrebbe aumentare la disistima e la frustrazione.

Ogni Leone ha comeaspirazione interiore, dettata dalla direzione che prende la fiamma del
suo elemento, quella dell’elevazione. Come questa fiamma punta verso il cielo così, verso l’alto, è
indirizzata l’ambizione del Leone, che può riguardare non soltanto la sfera materiale, ma anche
quella intellettuale e spirituale.

Il Leone ha bisogno di esprimere se stesso e tale bisogno non nasce soltanto dall’ego ma da uno
scopo che la Vita gli ha affidato perché, giunto in questo punto dello zodiaco, l’essere umano
impara a riconoscere l’importanza del proprio Io e lo afferma. E’ un processo
d’individualizzazione il suo, ben lontano da quelle forme di protagonismo che si riscontrano in
alcuni leoni. Infatti, a tale proposito, è bene tener presente che uno dei migliori pregi di questo
segno zodiacale è la magnanimità.

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Riflessioni sulla Simbologia


di Sebastiano B. Brocchi    indice articoli
 
Il Sacrificio del Leone.
Dalla psicologia del profondo alle Cronache di Narnia.  
Giugno 2008
pagina 1/2 - pagina successiva
 
« “Riguardo all’altro nome di Aslan, vorrei davvero che fossi tu
ad indovinare. C’è mai stato qualcuno in questo nostro mondo
che:
1) giunse nello stesso periodo di Babbo Natale;
2) disse di essere il figlio del Grande Imperatore;
3) per la colpa di qualcun altro diede se stesso a degli uomini
cattivi che lo derisero e lo uccisero;
4) tornò in vita;
5) viene alle volte chiamato l’Agnello (vedi la conclusione del
Veliero)?
Davvero non sai il Suo nome in questo mondo? Pensaci su e
fammi sapere la tua risposta!”
Così C.S. Lewis, autore dei tre volumi
de Le cronache di Narnia da un
episodio dei quali è tratto il film di A.
Adamson in questi giorni sugli schermi,
rispondeva ad Hila, una bambina
americana lettrice delle sue fiabe. La
decisione di dare vita ad una allegoria di Cristo, nella sua
creazione di fantasia, è evidente. Il leone Aslan è figura di
Cristo che vince il gelo e la morte del mondo offrendo se stesso
alla morte per la salvezza di uno dei bambini protagonisti della
fiaba, Edmund, colpevole di tradimento, e risorge a vita nuova,
per essere con i suoi nella battaglia finale contro la Strega
Bianca e le forze maligne che la accompagnano.
Meno noto è che proprio la riflessione sul significato del
sacrificio di Cristo, ripresentato dalla figura di Aslan, sia
all’origine della conversione al cristianesimo dell’autore
inglese»
(Andrea Lonardo, “Il sacrificio di Cristo ed il suo significato
nella narrazione allegorica di C.S. Lewis, ora sugli schermi
nella versione cinematografica di Andrew Adamson Le
cronache di Narnia: il Leone, la Strega e l’Armadio”, dal sito
www.gliscritti.it).
Questo è quanto comunemente si accetta riguardo all’origine e
al significato simbolico del personaggio di Aslan ne “Le
Cronache di Narnia”, anche perché, come si è visto, è questa
l’interpretazione che sembra suggerire lo stesso Lewis. Ora,
non voglio insinuare che queste fossero dichiarazioni “di
facciata” da parte di un autore che non solo ha basato gran
parte dei propri racconti fantasy su simboli non del tutto
cristiani quanto piuttosto ermetici, ma era anche
frequentatore di un romanziere dalle vaste conoscenze
esoteriche come J.R.R. Tolkien. Tuttavia, vorrei avanzare la
possibilità che i significati profondi del sacrificio del leone
descritto ne “Le Cronache di Narnia”, possano estendersi oltre
questo primo livello interpretativo, legato al Cristianesimo, ed
abbracciare gli orizzonti più vasti di un archetipo universale.
 
L’associazione fra Cristo e il leone non è opera di Lewis: da
molti secoli i Cristiani identificano Gesù con “il leone della
tribù di Giuda”, che nell’Antico Testamento designava il
Messia atteso dagli Ebrei, o re Davide, che del primo sarebbe
stato il capostipite.
La stessa associazione fra Salvatore sacrificato e leone la
ritroviamo in molte altre religioni a carattere soteriologico,
anche precristiane, in cui la divinità, l’eroe, o il figlio di Dio
investito del compito di redimere il mondo viene identificato
con il grande felino.
Potremmo citare il caso di Krishna. Detto anche il leone in
base alla “Baghavadgita” (10,30), in cui il Dio afferma “Io
sono Prahlāda fra i daitya, il tempo fra gli incitatori, il leone fra
gli animali selvaggi”, fu anch’egli sacrificato prima di
risorgere. Lo stesso dicasi di Mithra.
Nel Mitraismo, inoltre, è al “Leo” (quarto grado iniziatico di
questa religione misterica) che spetta il compimento delle
offerte d’incenso sull’altare come rito purificatore per l’intera
comunità dei fedeli. Nel mitreo di S. Prisca, un’iscrizione in
latino recita: «Accetta amichevolmente, santo Padre, i Leoni
che bruciano l’incenso, attraverso essi noi spargiamo l’incenso,
attraverso essi anche noi ci consumiamo», a sottintendere il
ruolo soteriologico rivestito dal sacrificio offerto.
 
Nella città svizzera di Lucerna, troviamo «il
giardino dei Ghiacciai (il quale) costituisce
un'impressionante meraviglia naturale con
enormi marmitte dei giganti e massi erratici
dell'era glaciale (15.000 - 20.000 a.C. ca.) e
con fossili di conchiglie e foglie di palme
vecchi di 20 milioni di anni.
E' il museo con i più antichi rilievi della Svizzera, un modello
storico della città di Lucerna e lo stravagante labirinto degli
specchi.
Nello stesso luogo si trova il celebrato monumento del Leone,
che Mark Twain celebrò come "il più triste e commovente pezzo
di pietra sulla terra". Tale monumento fu scolpito nella pietra in
ricordo delle guardie svizzere cadute alle Tuileries nel 1792».
(“Gletschergarten/Löwendenkmal, Lucerna”, dal sito
www.myswitzerland.com).
Troviamo nuovamente il simbolo del leone sacrificato, in
un’immagine che ricorda molto da vicino quella
cinematografica di Aslan sulla Tavola di Pietra, ma in questo
caso scompaiono i riferimenti religiosi: il leone è qui un
simbolo della forza, dell’eroismo, della lealtà di un esercito,
che si sacrifica per onorare l’impegno preso.
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LEONE
1996

di M.G. Chiappori

LEONE

Nell'iconografia il l. rappresenta un motivo zoomorfo tanto antico quanto complesso, che occupa
nell'universo simbolico medievale un posto di particolare rilievo.Emblema di s. Marco Evangelista,
il l. nella visione apocalittica di Giovanni (Ap. 5, 5), che tanta parte ebbe nell'iconografia
medievale, compare accanto al trono che evoca la presenza di Cristo, in basso a sinistra, il lato degli
eletti nel giorno del Giudizio universale, ed è il solo, oltre l'Agnello, cui sia riconosciuto il
privilegio di aprire il libro e rompere i sette sigilli. Mansueto compagno di s. Girolamo, secondo la
tradizione agiografica, il l. è anche l'animale necropompo, che pietosamente provvede alla sepoltura
nel deserto di s. Antonio Abate e di s. Maria Egiziaca.Al di là degli aspetti più noti, il l. assunse
nell'iconografia cristiana valenze semantiche talora contraddittorie, per la continua oscillazione tra
valori positivi e negativi, comunque varie e complesse, per le sfumature di volta in volta acquisite,
tanto da non poter essere ridotto entro troppo rigidi schemi interpretativi. In realtà, nel simbolo del
l. si sommarono e si condensarono significati diversi e si stratificarono contributi di culture tra loro
differenti e lontane.Nell'antico Egitto il l. rappresentava il sovrano e il sole, dal quale emana il
potere reale: la sfinge, emblema di regalità, ha corpo leonino, mentre due l. addossati, volti uno a
Oriente l'altro a Occidente, indicano il cammino diurno del sole e dunque il ciclo della morte e della
rinascita. Nella tradizione mesopotamica il l. rappresentava piuttosto le forze istintive e caotiche
della natura piegate all'ordine dall'eroe o dal sovrano. Dal motivo iconografico del mitico
Gilgamesh che afferra due l., tanto frequente nella glittica mesopotamica, derivò l'immagine
dell'eroe biblico Daniele, quale ricorre nei sarcofagi paleocristiani, nei tessuti copti e nell'arte
romanica. In area iranica il tema della caccia cerimoniale al l. si proponeva, come una costante
iconografica, nei rilievi assiri, dove il sovrano affronta e uccide il l. riaffermando la propria
legittimità e invincibilità, e negli argenti sasanidi del sec. 4°-5°, come per es. sul piatto con re
Shāpūr II (San Pietroburgo, Ermitage) o sulla coppa con Bahrām V, detto Gūr (420-438; Londra,
British Mus.), che del motivo offrono una interpretazione in chiave zoroastriana: il re, che incarna il
principio del bene, è raffigurato a cavallo mentre colpisce il l., simbolo del male.La produzione
serica bizantina accolse le scene venatorie care alla tradizione sasanide traducendole in palesi
espressioni del trionfo imperiale. Esemplare, in tal senso, è lo sciamito di seta donato
dall'imperatore d'Oriente Costantino V Copronimo (741-775) al re dei Franchi Pipino il Breve (751-
768) e da questi usato come sudario di s. Calminio, sepolto nella chiesa abbaziale di Saint-Pierre a
Mozac (dip. Puy-de-Dôme; La seta e la sua via, 1994, p. 91), che ripete, seppure con qualche
imprecisione e incertezza nel costume del sovrano, il ben noto tessuto con la caccia sasanide del
sec. 8° (Lione, Mus. Historique des Tissus). Durante il periodo iconoclasta (730-787; 815-843) il l.
divenne segno distintivo della maestà in Cristo-Dio della quale è investito il basiléus. Tale il
significato dei grandi l. che incedono sulle porpore tessute nel ṭīrāz bizantino, come la seta
conservata a Colonia (Erzbischöfliches Diözesanmus.), che l'epigrafe imperiale riferisce a
Costantino VIII (1025-1028) e a Basilio II Bulgaroctono (976-1025).La relazione tra l. e regalità,
posta in luce dalla letteratura ebraica (1 Re, 10, 18-20), secondo la quale il trono crisoelefantino di
Salomone aveva i gradini ornati da dodici l. e i braccioli custoditi, ancora, da l., ispirò l'apparato
decorativo di troni e cattedre (v.) episcopali. In una miniatura dei Vangeli di Ada (Treviri,
Stadtbibl., 22, c. 14v), codice databile all'800 ca., l'evangelista Marco siede su un trono la cui
spalliera ha terminazioni a forma di protomi leonine. Ancora, una coppia di l. affrontati è scolpita
sulla base del trono ligneo del santuario di Montevergine, presso Avellino, opera del sec. 12°
prodotta da una bottega dell'Italia meridionale informata al gusto islamico, come dimostra il fitto
ornato a medaglioni con motivi zoomorfi inscritti, certo derivato da tessuti orientali.Tutore
dell'autorità legittima, il l. è anche depositario della giustizia: nella cattedra episcopale del duomo di
Anagni (sec. 12°-13°), attribuita alla cerchia di Pietro Vassalletto, due l., dei quali compaiono solo
la testa e il treno anteriore, inquadrano la base del seggio, obbedendo alla tradizione secondo la
quale il priore amministrava la giustizia inter leones. Inoltre, nei bestiari medievali il l. viene
definito giusto perché non infierisce sul nemico atterrato e punisce con severità la femmina
adultera.A un tempo pietoso e implacabile, in ossequio alla concezione patristica, il l. divenne
nell'iconografia romanica allegoria di Cristo giudice, amorevole con i buoni, inflessibile con i
malvagi. Il l. che tiene tra le zampe, in segno di supremazia e, insieme, di protezione, un agnello, un
cervo o una figura umana, frequente tanto nei protiri romanici, soprattutto in Italia e in Provenza,
come nei pulpiti dei secc. 13° e 14° (nel battistero di Pisa e nel duomo di Siena, di Nicola Pisano,
nel S. Andrea a Pistoia e nella cattedrale di Pisa, di Giovanni Pisano), è metafora di Cristo che
difende il fedele.Talora il l. di protezione compare associato al l. antropofago, che punisce il
peccatore con la morte, come nella cattedra episcopale di S. Nicola a Bari, della fine del sec. 11°, la
quale è posata su l. che azzannano teste umane. L. divoratori ricorrono anche sul portale occidentale
della cattedrale di Saint-Pierre ad Angoulême (dip. Charente) e sul timpano della cattedrale di
Livinhac (dip. Aveyron), nonché alla base del pontile del duomo di Modena, del 1160-1175, opera
di maestranze campionesi. Il l. antropofago è dunque simbolo della morte che tutto distrugge e
fagocita, ma che, anche, restituisce alla vita, poiché l'anima rinasce attraverso la catarsi della morte
fisica. Spesso una non casuale ambiguità iconografica non permette di comprendere se l'uomo
venga divorato, ingoiato dalla fiera o se piuttosto non ne sia rigettato, non fuoriesca dalle sue fauci.
Stringente è l'analogia tra il l. antropofago della tradizione cristiana e il t'ao-t'ieh cinese, la maschera
mostruosa priva della mascella inferiore, simbolo dell'indistinto demoniaco, ricorrente sui bronzi
Shang (sec. 16°-1027 a.C.). Nel vaso yü conservato a Parigi (Mus. Cernuschi; Bussagli, 1966, fig.
24) al t'ao-t'ieh si aggrappa una piccola figura umana, l'androgino, che emerge dalle caotiche e
terribili forze cosmiche. Il l. antropofago medievale è dunque promessa di risurrezione, della
rinascita in Cristo, ed evolve dal l. ruggente dei sarcofagi romani pagani e paleocristiani e con tale
valore compare in monumenti funebri medievali (per es., nel duomo di Firenze, nel sepolcro del
vescovo Antonio D'Orso, opera di Tino di Camaino, del 1320-1321), oltre che su fonti battesimali e
acquamanili, in diretta connessione con l'acqua lustrale, che assicura la rinascita dell'anima.Per la
valenza solare e la forza rigeneratrice il l. si identificava con Cristo sol invictus e, non a caso,
talvolta è dotato di una coda terminante a foglia, emblema di risurrezione, o accompagnato da una
rosetta, simbolo solare (per es. sull'arcata superiore della facciata della cattedrale di Saint-Pierre a
Poitiers, dip. Vienne). Talvolta due l. affrontati o addorsati si dispongono, quasi numi tutelari, ai lati
dell'albero della vita, l'antico hôm iranico, divenuto nell'iconografia cristiana la croce cosmica,
Cristo axis mundi. Talora, il valore salvifico del l. è rafforzato dalla presenza di piccoli cani,
simbolo della fede, come nello sciamito di seta attualmente conservato a Bruxelles (Mus. Royaux
d'Art et d'Histoire; La seta e la sua via, 1994, nr. 82).Cristo, l. della stirpe di Giuda, sconfigge le
forze del male sul timpano occidentale della cattedrale di Jaca (prov. Huesca), del sec. 11°: due l.
affrontati calpestano rispettivamente un serpente, simbolo della morte fisica, e un basilisco, simbolo
della morte spirituale. Affatto diverso il significato delle figure che compaiono sullo splendido
manto del re di Sicilia Ruggero II (m. nel 1154; Vienna, Kunsthistorisches Mus., Schatzkammer),
tessuto e ricamato nella manifattura reale di Palermo nel 1133-1134: ai lati di una grande palma,
assimilata all'albero della vita, si ripete specularmente una scena di lotta tra animali, con un l. che
assale un camelide. Si è dinanzi alla rielaborazione occidentale di un antico motivo diffuso presso le
culture nomadiche d'Asia centrale, nelle c.d. placche di combattimento. In alcune sete prodotte in
Spagna durante il sec. 11° (casula di s. Bernardo Calvò, Barcellona, Mus. Tèxtil i d'Indumentària;
La seta e la sua via, 1994, nr. 89), invece, due l. addorsati vengono artigliati da un'aquila bicipite. Il
tema iconografico, di sicura ascendenza sasanide, si rinnova alla luce del simbolismo cristiano:
l'aquila, regina dell'aria, ghermisce il l., animale legato alla terra, a significare la vittoria dello
spirito sulla materia; se il l. è emblema di risurrezione, l'aquila rappresenta l'ascensione.In contrasto
con la costante identificazione con Cristo, la figura del l. poteva assumere valori fortemente
negativi. Su un capitello del chiostro del monastero di Santa Maria a Ripoll (prov. Gerona), come
sulle porte della cattedrale di Santa Sofia a Novgorod, in Russia, le fauci spalancate del l.
rappresentano l'ingresso dell'inferno.Nel registro inferiore del timpano di Saint-Pierre a Beaulieu-
sur-Dordogne (dip. Corrèze), del sec. 11°, alcuni l., usciti dalla bocca infernale, si aggirano
minacciosi, presenze demoniache inquietanti, a caccia di anime. Corre subito alla mente il passo di
1 Pt. 5,8: "Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro,
cercando chi divorare".Il l. cavalcato dall'uomo nudo assume un trasparente simbolismo erotico e
rappresenta la lussuria - poiché questo è il vizio che divora furiosamente -, il trionfo degli istinti
carnali sulla spiritualità e sul raziocinio. Non a caso nel San Isidro a León come nella cattedrale di
Jaca, nell'ambito di un programma iconografico di sicuro valore iniziatico e di significato esoterico,
il motivo non va disgiunto dall'immagine dell'uomo che cavalca il l. e ne stringe le fauci in segno di
vittoria, rinnovando l'impresa di Ercole e di Sansone.Cavaliere e l. divengono, come nel Cappellone
di S. Nicola a Tolentino (prov. Macerata), del sec. 13°, emblema della fortezza, della saldezza nella
fede. Sansone, il cui nome significa in ebraico 'piccolo sole', squarta un l. investito dello spirito del
Signore (Gdc. 14, 5-6) e dunque trionfa sulle potenze del maligno. L'uomo che uccide il l. si
appropria della sua energia, della sua forza vitale. Accade, nei tessuti copti e, più tardi, nella
scultura romanica, che Sansone sia rappresentato mentre attacca il l. da tergo, approfittando della
duplice natura della fiera, terribile e possente nel petto, debole nella parte posteriore del corpo.
Anche in Cristo, cui spesso il l. è assimilato, coesistono forza e fragilità o, per meglio dire, la natura
divina e quella umana.Ma la funzione più comunemente assolta dal l. è quella di custode del luogo
sacro. Il l. demarca il passaggio dal mondo profano all'area consacrata, oltre la soglia proibita,
affinché il fedele non si introduca inconsapevolmente, spiritualmente impreparato, nel luogo sacro.
Talora il l. custode, con evidente funzione apotropaica, assume un aspetto terribile, per dissuadere le
potenze del male e, soprattutto, per esprimere il tremendum che è nel sacro. Immagini di l. vegliano
le soglie di palazzi e chiese: la maniglia bronzea della Cappella Palatina ad Aquisgrana, del sec. 9°,
è una protome leonina, analoga alla maschera che compare sulla porta del mausoleo di Boemondo a
Canosa di Puglia, del sec. 12°, e alla maniglia della cattedrale della Natività a Suzdal', in Russia
(sec. 12°).L. compaiono, inoltre, sui fonti battesimali e anche sulle fonti 'profane', per es. nella
celebre vasca dodecagonale in alabastro, sorretta da dodici l. di chiara ascendenza islamica, che
orna il Patio de los Leones nell'Alhambra, della seconda metà del sec. 11°, a Granada. Fontane
simili a questa allietavano giardini di ville e residenze reali, a Palermo, nel parco reale noto come
genoardo, 'il paradiso della terra', e altrove, nel regno normanno. ῾Abd al-Raḥmān descrive una
festa in uno dei padiglioni reali, riferendosi probabilmente alla villa di Mannani: "i superbi verzieri,
per cui il mondo è tornato a fiorire, i leoni della sua fontana, che versano acque di paradiso"
(Gabrieli, Scerrato, 1979, p. 738). È il tema dell'hortus conclusus, lo spazio chiuso e inaccessibile
nel quale la natura recupera la perduta perfezione, la purezza originaria della creazione. Al centro
del giardino è la fontana, che da simbolo religioso, da fons salutis dell'anima, si traduce, in ambito
cortese, nella sorgente dell'eterna giovinezza. Nei lampassi lucchesi dei secc. 14° e 15° (La seta e la
sua via, 1994, nr. 87) come nelle miniature coeve il l. si abbevera alla sorgente o insidia un animale
protetto da un recinto.Svanita ormai la complessità del simbolismo medievale, il tema del l. si
ridusse a motivo di genere o si cristallizzò in stilizzata insegna araldica, isolando dal loro contesto
semantico le tradizionali immagini del l. passante e del l. rampante.

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Leone

Simbologia

Mitologia

Psicologia

Anatomia e salute

Archetipo

Aspetti evolutivi

Astronomia

Personaggi

Riepilogo

 
Simbologia
Il Leone è il Quinto Segno dello Zodiaco, è un segno di Fuoco, elemento che ben rappresenta la
stagione della piena estate, dal 23 Luglio al 22 Agosto: è il mese del Solleone, il momento più
caldo dell’anno (per le nostre latitudini, s’intende), in cui generalmente si va in vacanza, è faticoso
lavorare, ci si riposa e si ha la forza solo per rinfrescarsi e nutrirsi magari della frutta fresca appena
maturata.

La simbologia naturale legata al Leone infatti è la raccolta dei frutti maturi, la pienezza dello
splendore vitale, il Sole, la vita, la luce, nella sua manifestazione più potente: è il momento in cui ci
si gode il raccolto, il successo conseguito, la pienezza, l’abbondanza. La soddisfazione e il
merito rischiano di diventare vanto e ostentazione, e l’orgoglio tipico del segno, se da una parte
espresso consapevolmente è un giusto riconoscimento di sé e del proprio talento, potere e capacità,
se portato all’eccesso diventa uno dei tratti più fastidiosi del segno. Qualora infatti non venga
riconosciuto per il suo operato, o per il suo ruolo, il Leone sente l’esigenza di farsi rispettare, di
farsi notare, di non passare inosservato.

Il passaggio dal Cancro al Leone infatti segna il passaggio dalla dipendenza e dall’infanzia alla
piena maturità e all’indipendenza: simbolicamente si tratta del passaggio dal rapporto con la
Madre, morbida, dolce e nutriente (Luna), al rapporto con il Padre, cioè con la dimensione
dell’autorealizzazione, del successo, della responsabilità (Sole), la presa di coscienza di sé come
individuo. L’energia stessa del Leone infatti non è più il Fuoco impulsivo dell’Ariete, la scintilla
che accende, o il fulmine che colpisce: è il fuoco del falò che va mantenuto per dare calore e
protezione, ha bisogno di legna da ardere, che spesso corrispondono a risorse o lavoro altrui.

Compito del Leone infatti, del sovrano, del Padre, del capo-famiglia, è quello di gestire lo status
quo, e possibilmente di mantenere una situazione di abbondanza e di benessere: rappresenta infatti
l’uomo che dopo aver inseminato la donna (Ariete), riceve da lei il figlio formato, nato, il frutto
maturo. Quello di cui gode il Leone sono i figli che il Cancro gli dà, e che lui ora deve mantenere e
proteggere: il lavoro e la fatica della gravidanza e del parto sono principalmente a carico della
donna, l’uomo-Leone gode del figlio “fatto e finito”, ma in realtà si fa carico di una responsabilità
maggiore, cioè guidare il figlio verso l’autonomia e il successo, mostrare al figlio tutte le sue
capacità per farne un uomo (o una donna) ugualmente (se non di più) grande e forte.
Un fotogramma tratto dal film Disney "Il Re Leone" e la realtà da cui è tratto 

In questo senso il Leone rappresenta anche la fase avanzata di insediamento stanziale seguito al
passaggio della scoperta dell’agricoltura: la tribù che inevitabilmente cresce ha bisogno di un
leader, di una guida, di una struttura di potere che veda le cose dall’alto (sovrano, letteralmente
“che sta sopra”).  Il lavoro e la fatica vera del Leone infatti consiste nel prendersi la responsabilità
per tutti, nel porsi come guida, come riferimento pubblico: per esprimere al meglio le sue
straordinarie doti ha bisogno però del riconoscimento e del rispetto del suo ruolo da parte di tutti,
così come non gradisce osservazioni e critiche che lo mettano in difficoltà o in cattiva luce.

In questo senso ha una grandissima considerazione di sé (“Io sono il migliore di tutti, non ho
eguali”), come altrettanto mostra un’attenzione che può diventare paranoica al dissenso o alle
forme di protesta e contrasto: convinto che tutti vogliano il suo prestigio e la sua posizione, il
Leone non ama i cambiamenti, le rivoluzioni (a meno che no sia lui a guidarle), diventa sospettoso e
diffidente di chi non lo asseconda.
L'Acropoli di Atene, la "città alta", dove risiedeva il governo della città

La generosità e talvolta la prodigalità con cui si conquista il favore altrui riflettono anche la
genuina capacità e volontà di divertimento e celebrazione: anche nella sessualità, il Leone supera
la fase istintiva e riproduttiva dell’Ariete, e concepisce la relazione come gioco, come piacere, sa
dominare le sue pulsioni, sa regolare le sue forze per prolungare il piacere stesso. È la sicurezza del
segno che gli dà la tranquillità di potersi lasciar andare,

Domicilio del Sole (di cui la corona, la criniera, l’oro, sono rappresentazioni), che rappresenta la
coscienza (opposto alla Luna-inconscio), l’energia vitale, il controllo e la padronanza su di sé e
sulla propria vita, affermazione di sé e del proprio progetto, il Leone vede l’esilio di Saturno, inteso
come regole e strutture, ma inteso anche come lo scorrere del tempo, che il Sole congela in un
eterno ciclo di alba e tramonto (esaltazione di Y, principio regolatore). In esilio anche Urano, inteso
come lavoro, indipendenza e rivoluzione,  Nettuno (la Metamorfosi) in caduta rivela il limite del
realismo, del pragmatismo, e il proprio punto di vista preferito alla coscienza universale e
collettiva: il Leone è concreto, fa affidamento soltanto sulle proprie energie, è un realista centrato su
di sé e facilmente portato a dominare o quanto meno ad imporsi più che ad ascoltare i segnali
dell’universo.

Mitologia
   

Raffigurazioni di Viracocha e di Inti 

Al Leone sono riconducibili tutti i miti solari, che sono tantissimi e i più antichi, vista l’importanza
generativa del Sole: in Egitto abbiamo Ra (divenuto in seguito Amon-Ra, per via del sincretismo
con il dio tebano Amon), poi tradottosi nel mito di morte e rinascita di Osiride; in Giappone la
divinità solare Amterasu è femminile, in India Surya guidava un carro trainato da un cavallo a
sette teste, presso gli Inca il dio Inti era figlio di Viracocha (o Kon Tiki Viracocha) lo Splendore
Originario o Il signore, il Maestro del Mondo; in Grecia domina Zeus (Giove), ma la caratteristica
solare riguarda anche Apollo, splendente signore delle arti e dio virile per eccellenza (il romano
Sol) ed Helios (che era raffigurato nel Colosso di Rodi, tipica manifestazione della magnificenza
leonina).
Una ricostruzione del Colosso di Rodi, statua dedicata a Helios

Interessante la correlazione che si può riscontrare tra tre grandi figure “solari”: Horus in Egitto,
Mitra in Persia e Gesù Cristo nell’Occidente, accomunati da diverse somiglianze nel racconto che
è stato fatto della loro vita, e simbolicamente legati alla stessa festività del 25 Dicembre, il Dies
Natalis Solis Invicti, che altro non è che il momento in cui dopo il suo punto più basso all’orizzonte,
tre giorni di stasi (Sol-stizio, vuol dire “Sole fermo”) e il suo minimo potenziale di calore (pieno
inverno), il Sole ricomincia a salire, e le giornate ad allungarsi, e la Luce vince sulla Notte. Il culto
misterico e iniziatico di Mitra, molto diffuso nell’antichità, rivaleggiò per secoli col Cristianesimo
per la palma di religione dominante: l’iconografia del culto è praticamente costituita da un’unica
immagine: la tauroctonia, che raffigura Mitra (Sole invincibile, nell’interpretazione classica), che
uccide un toro. Il Dio indossa un mantello ornato di stelle e spinge la spada nel collo possente
dell’animale. Agli angoli della scena compaiono spesso personificazioni del Sole e della Luna, nelle
figure di due portatori di torce, i quattro venti, i dodici dei associati ai pianeti, i segni zodiacali, un
cane e un serpente che sembrano bere dalla dalla ferita sanguinante del toro morente, uno scorpione
che punge i testicoli dell’animale per indebolirlo, un corvo e un leoncino.
  Tauroctonia di Mitra (II sec. a.C.)

Il mito classico più celebre per la sua simbologia leonina è certamente quello di Eracle (o Ercole),
figlio di Zeus che aveva sedotto con l’inganno la restia Alcmena (sposata ad Anfitrione) prendendo
le sembianze del marito; inoltre per garantire l’immortalità alla sua progenie, Zeus avvicina il
neonato Eracle al seno di Era dormiente, in modo che il suo latte lo renda immortale. Era si svegliò
di soprassalto (e una goccia di latte caduto dal suo seno divenne la Via Lattea!), e adirata mandò
due serpenti per soffocare il doppio tradimento del consorte, ma il bimbo si dimostrò fortissimo e li
uccise. Crescendo, Eracle viene considerato il Gigante Buono perché usa la sua forza solo per
difendersi e difendere, mai per attaccare. Era, non sopportando la felicità di Eracle, gli procura una
temporanea follia, e preso da furia improvvisa, Eracle uccide la moglie Megara e i figlioletti.
Ritornato in sé Eracle si strugge nel rimorso, nel senso di colpa; per sollevarlo da tanta
disperazione, il suo amico Teseo gli consiglia di consultare l’Oracolo a Delfi. Lì gli viene suggerito
di mettersi, per espiazione, al servizio del Re Euristeo che gli impone le famose Dodici Fatiche.
La prima di queste consistette nell’uccidere il Leone di Nemea, bestia indomita la cui pelle era
invulnerabile a tutte le armi allora conosciute. Dopo un terrificante corpo e corpo nel fondo di una
caverna in cui la bestia si è nascosta, Eracle uccide il Leone soffocandolo, lo scuoia, ne indossa la
pelle come trofeo e si mette in testa il suo cranio a mò di elmo. Dopo tante avventure e incredibili
imprese, Eracle trova la morte vestito della tunica avvelenata che la sua stessa amata Deianira gli
aveva inavvertitamente regalato: per la prima volta impotente  e in preda al dolore, si costruisce una
pira ardente e si lascia bruciare. È il Fuoco a consumare le spoglie mortali, mentre la forma
immortale di Ercole viene recuperata da Zeus stesso e ricondotta all’Olimpo, di cui Eracle diventa il
guardiano. 
Eracle combatte il Leone di Nemea nel dipinto di Rubens e in una statua di Georg Petel (1924) 

Psicologia
La personalità del Leone è generalmente dotata di grande fiducia e ottimismo, integrità, onestà e
lealtà; realmente dotato di una naturale dote di leadership, il Leone si contraddistingue per
generosità e istinto paterno di protezione, ma anche di ammonimento e di comando. Fino a
quando non acquisisce un’adeguata sicurezza in se stesso, il Leone rischia di porsi al centro
dell’attenzione, alla ricerca continua di approvazione, finendo talvolta nella provocazione, e
affrontando con orgoglio le situazioni per non mostrare un lato debole ed insicuro. La ricerca di
fama, successo, approvazione, riconoscimento lo porta ad un continuo miglioramento di se stesso, e
a una inevitabile frustrazione interiore, che a stento tuttavia riconosce.

La fierezza e vitalità non fanno comunque passare inosservato un carattere Leone, e


l’esibizionismo e la megalomania sono derive deteriori di questo atteggiamento. Di grande
compagnia, ama parlare di sé, della propria vita, delle proprie conquiste e dei propri pensieri; si
esprime in maniera sostenuta e pomposa, così come tende a circondarsi di oggetti vistosi e
stravaganti (ma anche l’acconciatura rischia di diventare un segno evidente di riconoscimento,
soprattutto per le donne Leone).
 

L’orgoglio e il senso dell’onore sono tuttavia indiscussi, la lealtà e la generosità di cuore


grandissime; con la stessa passione, e con un temperamento ardente e focoso, il Leone vive ogni
esperienza al massimo, mettendoci tutta l'anima e il cuore, convinto della straordinarietà e
dell’unicità dell’impresa. La tendenza ad esagerare in ogni ambito, l’iperbole fino ad arrivare al
parossismo sono altrettanto delle caratteristiche evidenti di una psiche leonina. Il lato ombra del
segno si manifesta nella tendenza alla prevaricazione, all’invasione dello spazio altrui,
all’egocentrismo esasperato, e il calore e la passione possono trasformarsi in ira, sdegno e
drammatica offesa della loro dignità: le doti istrioniche d’altra parte non mancano certo al segno,
portato per le scene e la ribalta. Egocentrico quindi, ma non egoista, anzi, tende a condividere con
generosità il piacere e il relax che sente di elargire e da cui si aspetta riconoscenza e gratitudine.

È difficile instaurare una relazione intima o di amicizia con il Leone: o non si è all’altezza delle sue
confidenze, o le pretese sono di totale e cieca lealtà e dedizione. Tuttavia le prede del suo
innamoramento potrebbero venire corteggiate con insistente magnificenza e con gesti plateali. Il
partner, ovviamente degno e frutto di accurata selezione, potrebbe essere talvolta esibito come
trofeo, ma dietro l’apparente vanagloria si nasconde un genuino orgoglio e una fedeltà totale,
soprattutto per l’uomo nei confronti della madre dei suoi figli.
Riccardo I Re d'Inghilterra (1157-1199), detto "Cuor di Leone" in un ritratto di Merry-Joseph
Blondel (1841)

Anatomia e salute
L’organo chiaramente collegato al segno del Leone è il cuore e il sistema cardiocircolatorio: vitali,
attivi e instancabili, mettono a dura prova le loro coronarie, con sforzi erculei che spesso lasciano il
segno (soprattutto sulla schiena e sulla colonna vertebrale).

L’esagerazione dovrebbe lasciar spazio al buon senso, anche nell’alimentazione, che rischia di
essere vorace e voluttuosa.

 
Archetipo
L'archetipo collegato al segno del Leone è evidentemente il Sovrano, quella parte della nostra
psiche il cui compito è gestire e governare il Regno, ossia la nostra vita, la nostra evoluzione. Un
buon Sovrano saprà condurci verso l'abbondanza e la pace, verso una vita prospera e armoniosa. Un
Sovrano poco espresso nella Luce rischierà di scivolare nell'ombra e di fare un cattivo uso del
grande potere che gli viene conferito. Il rischio è quello di diventare rigidi, attaccati alle cose
materiali, alle regole e ai ruoli.

Espressione del valore della Responsabilità, il Sovrano è l’Archetipo più vicino all’Io, al centro
della coscienza, proprio per la sua capacità di controllare, dirigere e coordinare gli altri archetipi.
Compito del Sovrano è delegare, e controllare che ciascun attore svolga alla perfezione il compito a
cui è deputato: l’attenzione anche ai particolari, agli sprechi, agli indizi di malfunzionamento è
molto importante e richiede una vista vigile e talvolta severa. D’altra parte la posizione elevata e la
massima potenza della luce permettono di vedere con chiarezza il quadro d’insieme, e di non
lasciar trapelare nulla negli angoli bui.  È il Sovrano che è chiamato a rispondere, che si prende
pubblicamente le responsabilità e il peso delle scelte, del lavoro fato, anche degli errori commessi,
ma non cede, non perde la dignità e ritrova il coraggio, il Cuor di Leone necessario per lottare e per
incitare al raggiungimento della felicità.

Il lato ombra dell’Archetipo si traduce nella tirannia, nell’utilizzo della leadership per alimentare
un Ego smisurato che non considera l’altro, ma anzi lo sfrutta e lo utilizza per il proprio fine:
panem et circenses, sono gli ingredienti fondamentali per il controllo delle masse, e il sovrano
Ombra non procura neanche più il sano divertimento e piacere, il godimento del successo e della
pienezza dei frutti, ma ne usa dei simulacri per mantenere un potere–ombra.
 

Aspetti evolutivi
Segno fisso di Fuoco, il Leone si trova in armonia con Ariete e Sagittario, con i quali ha l’aspetto di
trigono: il Sagittario dà una via di uscita, uno scopo e una direzione a tutta l’energia accumulata e
gestita dal Leone, insieme danno la figura del sovrano illuminato, in cui le forti passioni, il controllo
e la responsabilità si estendono al confronto e al dialogo, si mettono in discussione, entrano in un
processo di crescita ed esplorazione. Il trigono Leone-Ariete mette insieme la modalità fissa con
quella cardinale, ovvero aggiunge entusiasmo, energia e stimoli alla gestione del potere, rischia di
alimentare il senso di competizione, di conquista, oltre che di riconoscimento ed esibizione (Marte
in domicilio + Marte in esaltazione); certamente dà grande forza e vigore, e una scorta di energia
quasi inesauribile.

Con i segni d’Aria, la relazione con Bilancia e Gemelli è proficua di nuovi stimoli, soprattutto 
l’aspetto Leone-Gemelli trova una via privilegiata nel mondo dello spettacolo, nella capacità di
mostrarsi in pubblico e reggere la scena o il centro dell’attenzione; grande padronanza della lingua,
del linguaggio, degli strumenti comunicativi in generale, sfoggiati con grande disinvoltura (lato
istrionico). Il sestile Leone-Bilancia suggerisce nuove vie di sviluppo soprattutto nella modalità di
relazione: non sono due segni facilmente conciliabili, per la visione dell’Ego letteralmente diversa,
ma entrambi puntano a un equilibrio e a una stabilità che a questo punto prevede un certo livello di
compromesso tra il potere immobile e la parità dei diritti.

L’altro segno d’Aria, l’Acquario, è invece in opposizione: ci vuole infatti il popolo per contrastare il
sovrano, la forza dei tutti contro uno. L’Acquario, ancor più della Bilancia, annulla l’Ego in favore
del collettivo, dell’uguaglianza, della condivisione; inoltre al contrario del Leone, immobilista e
restio ai cambiamenti e alle rivoluzioni, promuove il progresso e l’evoluzione collettiva, mondiale;
l’uno controlla le risorse e ne dispone liberamente secondo la sua generosità, l’altro altrettanto
dispone ma collettivamente, tramite un consenso a volte lungamente discusso; il Leone si prende
meriti e responsabilità, ci mette la faccia, l’Acquario si mimetizza e confonde nel mucchio, sparisce
come individualità. La risoluzione dell’opposizione consiste nel giusto equilibrio tra Ego e
collettivo, nella capacità di condividere senza perdere l’individualità, nella forza di volontà e di
decisionale che parte da un Io sensibile all’altro. Il conflitto portato alla luce nella vita quotidiana è
il riflesso di un conflitto interiorizzato che può nascere dal bisogno più o meno soddisfatto di essere
visti e riconosciuti come individui, nell’unicità della singola esistenza.

Con Toro e Scorpione si pone in aspetto di quadratura, e quindi è molto difficile per il Leone
mettere insieme la pazienza e la calma del Toro con il bisogno di azione e manifestazione; tanto
lentamente uno costruisce, nutre e alimenta una crescita lenta e costante, tanto l’altro prende,
utilizza, brucia o divora in un colpo solo; il Leone regge e non tollera i cambiamenti, il Toro agisce
lentamente e produce un lento cambiamento, costante ma invisibile (e quindi poco interessante o
addirittura pericoloso, per il Leone). Altrettanto difficile la conciliazione con lo Scorpione, segno
che porta sotto, che nasconde quello che il Leone porta sopra e manifesta; lo Scorpione va in
profondità ed entra in contatto con le emozioni, le trasforma e le comprende, il Leone ne è mosso e
travolto, le vive intensamente consumandole e consumandosi; lo Scorpione è strategico e razionale,
il Leone è orgoglioso e intuitivo; lo Scorpione è ribelle, il Leone non ama essere messo in
discussione o provocato. Entrambe queste quadrature richiedono molta energia, di cui di solito il
Leone dispone, ma che viene utilizzata appunto per contenere un tema rimosso o sepolto
nell’inconscio legato appunto alla gestione del potere, al mantenimento del controllo, in relazione
anche al tema del possesso e del lasciar andare.
Astronomia
Il Leone (in latino Leo) è una grande costellazione zodiacale dell'emisfero nord, individuabile con
facilità nei mesi fra dicembre e giugno: la forma di un leone acquattato è facilmente riconoscibile, e
il cuore del Leone, la sua stella più luminosa è Regolo (“piccolo re” in latino). La coda è segnata
dalla stella chiamata Denebola (dall'arabo «la coda di leone») mentre Algieba rappresenta il collo
(o la fronte, secondo il significato arabo). Anticamente la costellazione era più estesa: la parte della
testa comprendeva la parte settentrionale del Cancro e della Lince, mentre la parte terminale della
coda era rappresentata dalla famosa chioma di stelle che ora fa parte della costellazione della
Chioma di Berenice.
Regolo, una stella azzurra di prima grandezza, l'unica così luminosa a trovarsi ad appena 0,5°
dall'eclittica, assieme a Aldebaran, Antares e Fomalhaut forma il quartetto di stelle note in antichità
come "le stelle regali".

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