La cappella degli Scrovegni Giotto giunse a Padova per decorare la cappella voluta da Enrico Scrovegni, esponente di una delle pi importanti e doviziose famiglie della citt. Questi ne aveva intrapreso la committenza per farne il luogo di sepoltura dei membri della propria casata, ma probabilmente anche come atto di espiazione del peccato di usura commesso da lui stesso e dal padre Reginaldo. Enrico Scrovegni, infatti, il 6 febbraio 1300 aveva stipulato un contratto di acquisto per un palazzo ed un terreno nellarena, per edificarvi una cappella privata dedicata alla Vergine. La definitiva consacrazione dovette avvenire nella primavera del 1304, quando la decorazione dellinterno, se non del tutto completata, doveva essere a buon punto, tanto da conferire alledificio un aspetto adatto alla celebrazione della solenne cerimonia. Le dimensioni della cappella sono piuttosto contenute: allinterno, infatti, esse non superano di poco i 20 metri in lunghezza e gli 8 in larghezza, con unaltezza massima di 12,65 metri. Allesterno essa si presenta con una facciata a capanna, con al centro unampia trifora ad archi trilobi e un semplice portale, ambedue profilati in pietra bianca; lungo il fianco meridionale si aprono sei alte finestre strombate. Laula coperta da un volta a botte a tutto sesto e terminante con unarea presbiteriale pressoch quadrata, introdotta da unarco trionfale e voltata a crociera; il presbiterio si conclude con unabside a cinque lati dalle forme slanciate. Proprio sulla zona absidale insiste il campanile, la cui cella in origine, probabilmente non doveva essere pi alta dellabside stessa e, comunque,
nella sua forma attuale sembra non poter essere anteriore al primo Quattrocento. Gli affreschi Entrando nella cappella, limpressione dominante quella di una eccezionale unitariet di ideazione ed esecuzione. Gli affreschi che ricoprono interamente le pareti della cappella si svolgono seguendo un programma iconografico piuttosto complesso. La loro sequenza narrativa prevede tre registri sovrapposti e ha inizio in quello superiore della parete destra, partendo dalla zona absidale e arrivando alla controfacciata, e da l, sulla parete sinistra muovendo di nuovo verso labside. Lo stesso ordine viene seguito per gli altri due registri. I singoli cicli sono incentrate sulle storie di Gioacchino ed Anna, sullinfanzia di Cristo e sulla passione per in totale di trentasette episodi. Sulla controfacciata si espande una monumentale composizione raffigurante il Giudizio Universale che occupa lintera parete dingresso e in cui ritratto il committente, Enrico Scrovegni, che, inginocchiato, offre il modellino delledificio alla Vergine, affiancata da Maria di Magdala e Maria di Cleofa. La sommit della volta che fa da sfondo al Giudizio, con una soluzione iconografica e ottica di particolarissima originalit e sapienza compositiva, appare in procinto di essere chiusa alle estremit laterali da due angeli; questi si accingono infatti a riavvolgerla- quasi si trattasse di un rotolo di pergamena- seguendo allegoricamente la fine dei tempi preconizzata dal testo dellapocalisse. Si prepara con ci lavvento del regno di Dio e, infatti, dietro ai corpi degli angeli si intravedono le mura doro e di gemme della Gerusalemme celeste. Al sommo dellarco absidale, poi, proprio di fronte al Giudizio, inserita nella muratura una tavola dipinta raffigurante lEterno benedicente, affiancato dalle schiere angeliche che sono invece eseguite a fresco sul muro. Lungo le pareti laterali, nella fascia inferiore, sono dipinte a monocromo quattordici figure allegoriche raffiguranti i Vizi e le Virt, identificate dal nome in alto e accompagnate da iscrizione latine lungo il margine inferiore,quasi interamente scomparse, che ne spiegavano il significato e le caratteristiche. Le singole scene sono collegate tra loro- oltre che da un sofisticato sistema di fascioni ornamentali nel cui spessore si aprono medaglioni con santi, profeti e Storie dellAntico Testamento, scelte per il loro rapporto di significato con gli episodi del Nuovo- anche e soprattutto da uno straordinario fondale costituito dal luminoso blu profondo del cielo. Questo domina lintero spazio della cappella, a partire dalla volta, che dipinta a fingere un cielo stellato su cui si stagliano le immagini a mezzobusto del Cristo benedicente, della madonna con il bambino, di profeti e santi, allinterno di clipei a fondo oro. E un blu che scende fino alle scene sulle pareti, dove, sia 2
pure in misura quantitativamente variabile ma costante nella funzione, esso costruisce lambientazione della storia sacra. La superficie parietale in questo modo di fatto annullata, nascosta e superata, e i personaggi e gli edifici dipinti si collocano in uno spazio allusivamente dilatato e straordinariamente naturale. Il compianto sul cristo morto
Nel contesto dello straordinario ciclo di affreschi, la scena raffigurante il Compianto sul Cristo morto forse il punto di maggiore intensit espressiva e drammatica e uno dei pi alti per qualit desecuzione. Tra le storie della passione, la scena occupa, quasi al centro della parete sinistra, il terzo riquadro del registro inferiore, in una posizione di grande visibilit. La composizione dominata dalla figura distesa del Cristo, attorniata dai dolenti, ognuno dei quali instaura un rapporto emozionale diverso con il proprio dolore per il sacrificio del Salvator mundi, e con la rappresentazione della morte stessa, incarnata dal corpo livido e rigido, non appoggiato sul terreno ma sorretto dai dolenti, secondo lantica tradizione iconografica bizantina.Tutti gli elementi costitutivi della scena convergono verso il fulcro espressivo dellevento: lintenso, muto dialogo tra la vergine ed il figlio, ovvero tra la vita ed il mistero della morte delluomo-Dio. Il dolore della madre, pur nellumanissima e protettiva tenerezza del gesto, contenuta, anzi sommessamente manifestato dalla vicinanza dei volti e dallintensit fermissima ed intima dello sguardo. E come se Maria volesse dimostrare la propria consapevolezza della necessit del sacrificio e al tempo stesso avesse qualche presagio della imminente resurrezione. La dimensione storica dellevento assume, nella pittura giottesca, forme e accenti monumentali, nelle figure umane cos come nella resa del paesaggio. Questo cupamente dominato da una roccia brulla e incombente sulla quale sinnalza, solitario, un albero dai rami scheletriti; anchessa converge, 3
digradando a sinistra di chi guarda e trascinandone lattenzione, verso il gruppo Cristo-Vergine. Il cielo, di profondo blu come nelle altre scene, affollato di angeli in volo che sembrano materializzarsi allimprovviso,emergendo dal fondo. Ognuno di essi esprime la propria disperazione per levento con atteggiamenti e moti dellanima diversi: c chi letteralmente si strappa i capelli, chi piange, chi si copre il volto con il manto, chi affonda le dita nelle gote. Non vi nulla di soprannaturale in queste figure, non sono gli angeli dellAntico Testamento, i fiammeggianti e a volte minacciosi messaggeri del Dio degli eserciti. Sono, al contrario, angeli profondamente umanizzati, che piangono la morte del Salvatore quasi con gli stessi gesti dei personaggi che ne circondano le spoglie mortali. Tra gli esseri divini ed umani si instaura un singolare parallelismo volto a sottolineare, secondo quanto affermato dai Vangeli, la disperazione di tutto il creato per il sacrificio di Cristo a redenzione dellumanit intera. Nella struttura compositiva generale un rilievo particolare attribuito alle figure dei dolenti che circondano il corpo del Salvatore; esse sono il nucleo fondante di una dimensione corale assai complessa, degna di una tragedia classica, che costituisce uno dei tratti pi complessi e innovativi della scena. Su san Giovanni Evangelista si impernia, ad esempio, un gioco sottilissimo di rispondenze fra i personaggi, a partire dalle braccia dellapostolo, spalancate allindietro, che fanno da contrappunto a quelle inerti del Cristo e proiettano, con un movimento contenuto, ma perfettamente funzionale alla lettura della scena, il busto dellapostolo e quindi lo sguardo dellosservatore, verso il gruppo madre-figlio. La stessa inclinazione ha la figura della donna con il manto grigio, mentre la Maddalena, con i lunghi capelli sciolti sulle spalle, seduta a terra e sostiene i piedi del Cristo, formando, insieme alle due donne raffigurate di schiena in primo piano e alla Vergine, una sorta di letto funebre. Allo stesso tempo le figure di spalle sembrano creare uno schermo che intenda separare losservatore dallevento, ponendo questultimo in una dimensione altra, al di fuori della storia delluomo, gi quindi in una dimensione soprannaturale. Particolare attenzione merita il trattamento cromatico dei manti che vestono i personaggi e ne segnano le volumetrie; domina su tutto un sofisticato cangiantismo delle stoffe, i cui colori vibrano in una serie amplissima di sfumature che suggeriscono consistenze quasi di sete e velluti. Giotto adotta una tecnica inedita di grande complessit e sottigliezza esecutiva, fondata sulluso di velature di colore sempre pi trasparenti, 4
attraverso le quali si vengono a creare sfumature infinitesimali che variano di intensit a seconda del punto di osservazione. La prospettiva Ci che fa degli affreschi della cappella la pi eclatante novit della pittura trecentesca risiede nella visione spaziale che Giotto mette a punto nella progettazione di uno spazio pittorico estremamente raccordato all architettura e alla composizione affrescata secondo una visione rigorosamente prospettica. I vari aspetti di questa composizione spaziale sono stati ampiamente indagati ed stata costantemente rilevata dagli studi la stringente aderenza della prospettiva dipinta allo spazio architettonico, di cui sono testimonianza i famosi coretti o cappelle segrete. Sono questi due affreschi esposti ai lati dellabside che fingono lesistenza di due ambienti dipinti, due cappelline, appunto, coperte da una volta a crociera a sesto acuto. Esse fingono uno spazio perfettamente plausibile dal punto di vista ottico e dimensionale. Non solo, infatti, le loro linee di fuga sono assolutamente coerenti con la struttura architettonica reale, ma perfino laltezza delle volte a crociera che le coprono misurata in modo tale da far ipotizzare i loro pavimento allaltezza di quello del presbiterio, da cui a esse si potrebbe illusivamente accedere. Si deve anche rilevare che le architetture dipinte che qualificano gli spazi, al pari delledificio vero e proprio, declinano in forme schiettamente gotiche e perfettamente in linea con le tradizioni costruttive dellarea padana, a cui Giotto sembra ispirarsi per conoscenza e visione diretta.