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La Nascita di Venere è un dipinto a tempera su tela di lino della dimensione di 172,5x278,5 cm,
opera di Sandro Botticelli. Realizzata per la villa medicea di Castello nel 1485 e oggi conservata
ed esposta alla Galleria degli Uffizi di Firenze.
I COMMITTENTI
La tela è tra le più celebri di Sandro Botticelli (Firenze 1445 - 1510). È decisamente probabile
che il committente dell’opera sia da ricercarsi all’interno della famiglia dei Medici, sebbene non
si abbiano notizie del dipinto prima del 1550. Avvalora questa ipotesi anche la raffigurazione
degli alberi di aranci, considerati un emblema mediceo per l’assonanza fra il nome della
famiglia e quello con cui queste piante erano note, ovvero “mala medica”. L'opera era
comunque destinata ad una dimora privata, pertanto non fece scandalo.
LA TECNICA
Diversamente dalla “Primavera”, dipinto su tavola, la “Nascita di Venere” fu realizzato su tela,
un supporto impiegato con una certa frequenza nel Quattrocento per pitture decorative
destinate alle residenze più signorili. Botticelli scelse come supporto di quest’opera una tela in
lino, preparandola con uno strato di gesso tinto di blu, che diede al dipinto una tonalità
azzurrina, dipinse poi a tempera magra, ossia con colle animali e vegetali e non con l’impiego
dell’uovo come legante per i colori, in modo da far risultare la tela simile per certi versi ad un
affresco.
LA COMPOSIZIONE
La composizione della scena, nota come Nascita di Venere raffigura più precisamente
l’approdo sull’isola di Cipro (anche se altri preferiscono vedere un’ambientazione italiana, in
particolare quella della cittadina ligure di Porto Venere) della dea dell’amore e della bellezza,
nata dalla spuma del mare e sospinta dai venti Zefiro e Aura.Entrambi indossano abiti
panneggiati, rispettivamente azzurro-blu e verde, chiusi intorno al collo, che volteggiano
intorno ai loro corpi, e li lasciano in buona parte scoperti. Sul dorso hanno le ali, di un colore
marrone che si confonde con i lunghi capelli ondulati e castani di Zefiro. In secondo piano si
scorgono anche i capelli di Clori, di un giallo insolito. Essi volano, rivolti verso destra, con le
gambe piegate, e hanno il compito di spingere a riva la bella fanciulla. Intorno c'è una pioggia
di fiori rosa. La dea è in piedi sopra la valva di una conchiglia, pura e perfetta, proprio come
una perla. L’accoglie una giovane donna, identificata talvolta con una delle Grazie oppure con
l’Ora della primavera, che le porge un manto cosparso di fiori; alla stagione primaverile
rimandano anche le rose portate dai venti.. Ora, che si trova alla destra del disegno, in punta
di piedi, è protesa verso Venere per porgerle un mantello rosso, di velluto, di un rosso
sfumato, con disegni di piccoli cespugli e fiori bianchi, simili a margherite. La veste si muove
nel vento. I capelli di Ora sono castani, in parte lasciati liberi, in parte raccolti in una grossa
treccia. Indossa una tunica bianca e abbondante, con ricamati alcuni fiori. Ha una cinghia
sotto al seno. Le braccia sono coperte da maniche di tulle, trasparenti. Zefiro, il Dio del vento,
emette il suo soffio, andando a valorizzare il volto della Dea. A fianco invece si nota una figura
femminile. Questa figura, è da identificarsi in Aura, personificazione di una leggera brezza di
mare. L’intento della coppia è certamente quello di facilitare l’approdo della conchiglia della
dea sulla riva. Sulla destra del quadro è presente anche una terza donna, che porge un telo
finemente ricamato a Venere, affinché si copra o asciughi. Anche questa appartiene al mondo
della mitologia greca, si tratta infatti di Horae, sacerdotesse legata alla divinità minore della
primavera. I sui capelli, diversamente da quelli di Venere, sono parzialmente raccolti da una
treccia che le cinge il capo. In merito alle due donne laterali dell’opera la critica nel corso del
tempo si è divisa: la mitologia greca è complessa, ampia e piena di figure ed è anche
plausibile l’opzione che si tratti dii due diverse versioni della stessa “persona”. Secondo alcune
scuole di pensiero, oltre a Zefiro ed Aura apparirebbe nell’opera Chloris, Dea (Flora) della
primavera. In ogni caso le due figure femminili laterali hanno lo scopo di valorizzare quella
principale.
LA FIGURA DI VENERE
Dal punto di vista architettonico l’insieme è piuttosto geometrico: la figura centrale si trova in
mezzo e le sagome secondarie ai bordi, che convergono verso la testa di Venere La sua
posizione sulla conchiglia è instabile. Rappresenta un tipo di bellezza goticheggiante, infatti la
sua figura è molto slanciata ed allungata. Piedi leggermente divaricati, con il peso del corpo
sbilanciato sul sinistro. Il volto di Venere è leggermente inclinato verso destra ed esprime
grande raffinatezza. La posa non è particolarmente innovativa( ponderazione), ma
contribuisce a creare una composizione visivamente gradevole
L'insieme vuole dare l’impressione di equilibrio e armonia. La sua figura nuda appare
fortemente idealizzata, ossia rispetta l’ideale di bellezza e di perfezione, tanto da presentare
particolari quasi inumani. L’ideale di bellezza di Botticelli è Venere stessa: esile e dalla
carnagione chiara. La dea non pare in imbarazzo, forse perché è al di sopra di questa
sensazione La nudità della dea è abilmente coperta dalla sua mano destra e dai suoi lunghi
capelli, che rimandano secondo alcuni alla musa ispiratrice di Botticelli: Simonetta Cattaneo
Molti ricercatori, nel corso del tempo, hanno voluto, o desiderato, riconoscere nel volto della
Venere o nella Primavera di Sandro Botticelli, quello di Simonetta Vespucci, moglie di Marco,
cugino del navigatore Amerigo Vespucci. La bellezza di Simonetta era nota nella Firenze del
Quattrocento e senza dubbio poté ispirare Botticelli come altri artisti dell'epoca.
LO SFONDO
Sullo sfondo prevale un mare verde acqua, appena increspato. Il confine dell’orizzonte, tra
mare e cielo, è nascosto, forse confondibile. Procedendo verso le fasce superiori il cielo si fa
più scuro, cupo. Al centro una costa, che si trasforma in una pianura e in quello che potrebbe
essere un promontorio o una collina
L'ISPIRAZIONE
Secondo Omero, Venere era figlia di Giove e della ninfa degli oceani Dione e per questo
nacque da una conchiglia uscita dal mare. Botticelli prende ispirazione da statue di epoca
classica per l’atteggiamento pudico di Venere, che copre la nudità con i lunghi capelli biondi, i
cui riflessi di luce sono ottenuti tramite l’applicazione di oro; anche la coppia dei Venti che vola
abbracciata è una citazione da un’opera antica, posseduta da Lorenzo il Magnifico . Il tema
del dipinto, che celebra Venere come simbolo di amore e bellezza, fu forse suggerito dal
poeta Agnolo Poliziano e dalle sue celebri Stanze per la giostra, opera incompiuta in lingua
volgare dove le figure della mitologia classica occupano un ruolo di primissimo piano. Ma nel
capolavoro di Botticelli si intravedono anche echi di Ovidio, Tibullo, della Teogonia di Esiodo,
del De rerum natura di Lucrezio, dell'Inno a Venere di Omero, della Storia Naturale di Plinio.
LA MANCANZA DI PROSPETTIVA
Tutte le figure sono prive di volume, consistenza e ombre, la composizione non ha prospettiva
e realismo, la forza comunicativa è lasciata alla simbologia di ogni personaggio. Il fatto che la
dea poggia i piedi sul punto più instabile di una conchiglia alla deriva, circondata da un mare
calmo, le onde s’increspano regolari e piuttosto irreali. Le onde, la conchiglia, l’altezza
egualitaria tra gli alberi, i personaggi ed il paesaggio, sottolineano la mancanza di un
qualsivoglia realismo. Lo scopo non è creare una composizione realistica, ma armoniosa e
gradevole. In generale, i suoi quadri sono caratterizzati dalla mancanza della prospettiva
centrale, ma dalla ricerca di un armonioso equilibrio compositivo e dalla presenza di un
disegno dalle linee sottili, dinamico e molto raffinato che marca in chiaroscuro soprattutto i
contorni delle figure.
COLORE E LUCE
La stessa armonia è ripresa dai colori, equilibratamente caldi e freddi.: al verde del prato e
all’azzurro del cielo si contrappongono infatti, in primo piano i colori caldi del corpo di Venere,
della conchiglia e della veste di Ora. I passaggi sono sempre ottenuti delicatamente e in modo
naturale, quasi come se si dipanasse uno nell’altro. L’unica zona del dipinto che appare più
fortemente contrastata è quella di sinistra in cui, al rosso del manto di Ora fa da sfondo il
verde cupo degli alberi. La luce proviene da destra, infatti la parte sinistra è più illuminata,
mentre a destra il prato è in ombra, come pure il bosco, che crea un forte contrasto con le
luminose figure dei protagonisti. Il cielo sullo sfondo va schiarendosi verso la linea
dell’orizzonte, sulla quale si intravedono motivi ondulati di colline, mentre più in alto
compaiono alcune nubi trasparenti
LE IPOTESI
UN’OPERA NEOPLATONICA