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ILIADE

SEQUENZE:

- il colloquio tra Priamo e Achille

- la restituzione di Ettore

-il ritorno di Ettore a Troia

- il pianto di Andromaca

- i lamenti di Ecuba e di Elena

- il funerale

introduzione:

Ed eccoci giunti all'ultima scena dell'immane tragedia, che non è più scena di battaglia e di
sangue ma celebrazione della pietà suprema, purificazione degli spiriti nel perdono e nel pianto
comune del vecchio Priamo e del giovane Greco.

Canto della pietà e canto di dolore, ma di un dolore che è giunto al suo vertice sommo, e si
trasforma in un universale ed inconsolabile tristezza per quello che la vita è, per quello che noi
siamo.

contenuto:

Nel libro XXIV avviene il fatidico incontro tra Achille, uccisore di Ettore, e Priamo, padre
dell'eroe ucciso. Dopo aver visto massacrare il povero corpo di Ettore, gli Dei, impietositi,
decidono di chiamare sull'Olimpo Teti e ordinarle di indurre Achille a restituire il corpo
martoriato al padre, a cui viene a sua volta mandata la divina messaggera Iride per esortarlo ad
andare da Achille e offrirgli un ingente riscatto per il corpo del figlio; Priamo quindi parte per
l'accampamento, accompagnato da due araldi e da Mercurio, camuffato da guerriero di Achille.
Gli eroi nella tenda, all'entrata di Priamo, attoniti, mantengono il silenzio (così viene espresso lo
stupore); abbracciando le ginocchia del Divino, Priamo inizia il suo discorso per riscattare il
corpo del figlio, il tema dominante è quello della paternità, e Achille rivede nel cordoglio di
Priamo la sofferenza del padre Peleo, che non vede da 10 anni e che è destinato a rimanere solo.
Concluso il discorso, Achille scoppia in lacrime, e i due piangono assieme, accomunati
dall'intenso dolore. Achille accetta quindi di rendere il corpo, mostrando una nuova maturità, ma
la motivazione di questo gesto viene spiegata con l'ordine di Zeus a Teti, quando invece è stato
dettato da si tratta in realtà di sensibilità e compassione verso il vecchio .
Priamo viene invitato a rimanere, in suo onore viene sgozzato e cucinato un agnello, e i due si
accordano sulla durata dei funerali di Ettore, poichè Achille promette di non attaccare la città per
tutta la durata degl'onori funebri. E così viene stabilito che dureranno 12 giorni, il tempo
necessario a raccogliere la legna, preparare la pira e salutare il defunto.
Mercurio all'alba sollecita il vecchio re a partire, vengono slegati gli animali e inizia il ritorno di
Ettore a Troia, annunciato nella città dalla sventurata Cassandra.
Nella città cominciano i pianti dei cittadini, si fanno spazio tra questi i lamenti di tre donne:
Andromaca, Ecuba, e Elena.
Andromaca si dispera per il futuro che toccherà a lei e al figlio, ora che il protettore loro e della
città è morto.
Ecuba esprime profondo dolore per l'ineluttabilità della morte, e l'inutilità di questa vendetta (che
non ha riportato in vita Patroclo)
Infine Elena, nel lamento, ribadisce la sua solitudine, ora che Ettore, l'unico difensore che la
sapesse attenuare, se n'è andato.
Al termine del libro si narra la celebrazione dei funerali: nove giorni vengono occupati per
raccogliere la legna per la pira, una volta pronta, il corpo di Ettore viene adagiato sul rogo e il
fuoco viene acceso; all'alba sono raccolte le ossa e composte in un urna, e nella villa di Priamo si
consuma il banchetto funebre.

Personaggi

I protagonisti indiscussi di questo libro sono sicuramente Achille e Priamo, che spinti da divinità
accettano di avere il loro primo ed ultimo un colloquio.
Achille, che per tutta la durata della storia si è nutrito di odio, vendetta, e malvagità, piange, e
così nel pianto questi sentimenti ritrovano la loro purificazione, e su questi trionfa la bontà e
l'amore. In questo modo egli rompe il codice di comportamento dell'eroe omerico in nome di una
nuova sensibilità, che lo conduce ad una nuova maturità, concedendogli maggiore spessore
umano.
Priamo è la figura del vecchio re, caratterizzato da grande dignità e forte senso della regalità,
partito con più di cinquanta figli, e ora rimasto solo, inerme e privo di potere, avendo perso il suo
unico valido aiuto
Ettore non investe (???) un vero e proprio ruolo, essendo morto, ma tutto il libro gira attorno alla
sua figura.
Peleo, padre di Achille, re di Ftia, viene nominato da Priamo numerose volte nel suo discorso per
riuscire a commuovere Achille.
Le donne: Ecuba, Elena, Andromaca, in questo libro le donne hanno una funzione
essenzialmente commemorativa di Ettore.
Le divinità presenti sono Zeus, Iride, Mercurio e Teti

patronimici/epiteti:
Nell'Iliade sono presenti numerosissimi epiteti e patronimici che ci aiutano a riconoscere i
personaggi e al tempo ne agevolano l'ascolto e la riproduzione.
Numerosi sono quelli rivolti all'eroe Acheo per eccellenza, Achille: Pelide Achille ( Achille figlio
di Peleo), il Divino Achille, dai biondi capelli, pastore di eserciti.
Andromaca è detta sposa dalla ricca dote, e nel libro XXIV anche "Andromaca dalle bianche
braccia"
Teti Nereide ( nome delle figlie di Nereo, divinità del mare) o piede d'argento
Ettore: domatore di cavalli

come interagiscono gli eroi- LA COMUNICAZIONE

Nell'ultimo libro la comunicazione riveste una posizione di rilievo principalmente per il


colloquio di Achille e Priamo, e poi per i lamenti delle 3 donne.
Il dialogo tra Priamo e Achille è significativo non tanto per la tecnica o lo stile utilizzato, ma più
per l'effetto che questo ha sull'eroe: con l'utilizzo della perorazione (la parte dell'orazione dove si
cerca di commuovere l'animo degli ascoltatori), Priamo porta l'eroe al pianto, Omero
(ovviamente) non si immerge in un approfondimento psicologico sui sentimenti dell'eroe, ma si
limita a mostrarne il dolore attraverso un atto fisico, e senza che venga spiegato osserviamo
come il pianto e il perdono riescano a placare il suo animo, infestato dalla rabbia e dalla ferocia.
Dopo il ritorno a Troia di Ettore, è il turno dei lamenti delle tre donne più importanti per lui,
Andromaca (moglie), Ecuba (madre), e Elena (cognata) che esprimono così il dolore per la
scomparsa del defunto, magnificandone le virtù e i meriti.
Per primo si svolge il lamento di Andromaca, che, con nostra sorpresa, non si concentra sul
dolore per la perdita dell'amato marito, ma più sull'incerto destino che attende lei e il figlio
Astianatte e sul ruolo che l'eroe ricopriva nella città, quello di protettore, in nome del quale il suo
dovere verso i cittadini ha dovuto superare l'amore per la sposa.
Il discorso di Andromaca è simile a quello fatto nel libro ?? all'incontro con Ettore alle porte
Scee, solo che questa volta è un lamento senza risposta: Andromaca dice "e vedova mi lasci
nella tua reggia, ed orfanello il figlio, di sventurato amor misero frutto [....] Perocchè dalla cima
Ilio sovverso ruinerà tra poco, or che tu giaci, tu che n'eri il custode, e gli servavi i dolci
pargoletti e le pudiche spose".
E' successivamente il turno di Ecuba, madre di Ettore e di molti altri eroi, ora rimasta senza figli,
che dice davanti al cadavere del più valoroso di loro: "e tu, dal suo spietato ferro trafitto, e tante
volte intorno strascinato alla tomba dell'amico che gli prostrasti (nè per questo in vita lo ritornò),
tu fresco e rudagioso or mi giaci davanti"
Queste parole di Ecuba sono state interpretate in modi diversi dai commentatori: c'è chi vi ha
visto un amaro compiacimento e chi una disperata malinconia e nobile tristezza di questa inutilità
della vendetta e della morte, e si aggiunge un esclamazione di profonfo dolore.
E' infine il turno di Elena, che chiama Ettore "a me il più caro de' cognati" e con questo giustifica
un pianto che avrebbe potuto avere un'accoglienza ostile negl'ascoltatori; nella sua figura, Elena
ha sempre ritrovato un difensore e dunque sente verso il defunto un debito di riconoscenza, per la
bontà che egli ha sempre usato nei suoi confronti, che mai potrà soddisfare.
Il lamento di Elena è sincero, senza nessuna retorica, forse anche perchè Elena si sente
responsabile per tutto ciò che sta accadendo, e si sente in dovere di essere grata verso personaggi
come Ettore, che l'hanno sempre difesa. Ritorna il tema della solitudine: "chè in tutta Troia io
non ho più chi m'ami" e così il pianto per la morte di Ettore si identifica col pianto per la propria
sciagura.

azioni spinte da fuori:

Nella produzione epica omerica gli dei, sebbene abitino sull'Olimpo, interagiscono con gli
uomini intervenendo spesso nelle loro vicende.
Le azioni dell'uomo omerico sono spesso attribuite agli stessi, poichè l'uomo è incapace di
motivare alcuni comportamenti, che vengono perciò attribuiti a cause esterne; nel libro 24esimo
osserviamo gli dei che intervengono un'ultima volta per riportarere l'ordine, facendo svolgere i
funerali di Ettore, di cui non hanno però potuto cambiare il tristo destino.
Mercurio e Iride, che per ordine di Zeus si recano dal vecchio re Priamo: Iride gli riferisce ciò
che gli Dei hanno deciso, mentre Mercurio, presso l'accampamento acheo, prende le sembianze
di un guerriero di Achille e lo protegge fino alla tenda dell'eroe.

situazioni/strutture tipiche:

Gli eroi greci, abitanti di una civiltà della vergogna, in questo libro mettono da parte l'orgoglio e
la dignità, e si aprono ai loro sentimenti uscendo dallo schema dell'eroe omerico.
Vengono descritti i funerali di Ettore, una delle scene tipiche: viene fatto rifornimento di legna
per preparare la pira dove è posto il corpo, una volta bruciato vengono raccolte le ceneri (anche
se nel libro è scritto "i fidi amici, pieni il volto di pianto e sospirosi, raccolsero le bianche ossa")
e poste in un'urna d'oro in una cava.
Nell'Iliade, e più in generale nell'epica, uno dei temi più ricorrenti è la necessità, per il guerriero
ucciso, di non rimanere «senza pianto» e «senza sepoltura» (áthaptos). Per questo il
comportamento di Achille nei confronti di Ettore morto, appare fortemente irrituale, se non
addirittura empio, poiché se il corpo non veniva sepolto, l'eroe non avrebbe mai potuto accedere
all'aldilà, ma si sarebbe trovato bloccato nell'oblio.
Il tema dominante nell'epilogo del poema è quello della morte, d'altronde ci troviamo quasi alla
fine della guerra, numerosi eroi sono caduti in battaglia, e i rimanenti moriranno presto (es.
Achille) e così viene espresso il danno che la guerra ha causato.
Leggendo questo libro si può notare un collegamento tra il libro XXIV e il libro VI: si avvera
nell'epilogo il presagio delle donne troiane intonato nel libro VI "ploravan tutte l'ancor vivo
Ettore, nella casa d'Ettor le dolorose, rivederlo più mai non si sperando..", Ettore è tornato a
Troia, ora, ma morto.

L'Iliade, con questo libro, lascia aperta la porta sull'infinito delle vicende umane; apertasi con
l'ira funesta di Achille e chiusasi con la morte di Ettore, essa non conclude e non si conclude
(come la vita): la guerra deve ancora terminare, ma è svelata la legge eterna dell'umanità, il resto
non conta. Alcuni aedi tenteranno, senza capire Omero, di dare una fine a questa tragedia.

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