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Alice Vigani, 3^A

ODISSEA

SEQUENZE:

- gli eroi nell'ade

- Ulisse e Laerte

- gioia dei servi

- l'ultima battaglia e la pace

introduzione

Con il libro XXIV si conclude anche il secondo poema omerico, caratterizzano da una maggiore
maturità rispetto all'Iliade, ma ciò non nega la presenza di punti in comune tra i due, tanto che
proprio all'inizio di questo riappariranno eroi già conosciuti.

CONTENUTO

La prima parte del libro XXIV dell'Odissea è ambientata nell'ade, e vede come protagonisti gli
eroi dell'Iliade raggruppati attorno ad Achille, che compiange la triste sorte di Agamennone per il
tradimento di Clitennestra e di Egisto, e Agamennone d'altra parte celebra il destino di Achille,
morto giovane ma pieno di gloria e gli racconta dei solenni onori funebri che gli furono tributati
dopo la morte a Troia.

Giungono allora le anime dei Proci, uccisi da Ulisse dopo il suo ritorno in patria, tra questi
Agamennone riconosce Anfimedonte, il cui padre l'aveva ospitato ad Itaca prima della guerra, lo
interroga e viene a sapere della strage fatta da Ulisse, della fedeltà di Penelope, la storia della
tela, l'arrivo a Itaca di Ulisse sotto le sembianze di un mercante, Agamennone allora si rallegra
della fortuna di Ulisse, soprattutto per la fedeltà di Penelope, che sua moglie non ha avuto.

La seconda parte del libro è invece ambientata ad Itaca, nel quarantesimo giorno dall'inizio della
vicenda; Ulisse si dirige verso il podestà del padre Laerte, situato presso l'attuale massiccio di
Exoi, ma il vecchio non è in casa, è intento a lavorare nell'orto, miseramente vestito. Ulisse è
indeciso se rivelarsi subito al padre, o risvegliare il dolore per la perdita del figlio e in seguito
svelarsi, raddoppiando così la sua gioia, così gli si avvicina e gli chiede come mai trascuri in tal
modo la sua persona. Inizialmente finge addirittura di scambiarlo per uno schiavo, e
successivamente gli domanda se sapesse dargli notizie di un antico ospite itacese, figlio di Laerte
d'Arcesio. In risposta, il vecchio piangendo gli pone a sua volta numerose domande e Ulisse
procede con la sua finzione finché, impietosito, si manifesta al padre abbracciandolo.

Laerte chiede delle dimostrazioni che stia dicendo la verità, quindi Ulisse mostra una cicatrice
causata dal cinghiale del Parnaso, e gli elenca tutte le piante che il padre sin da bambino gli
aveva regalato.

Ulisse e Laerte pranzano, e l'eroe subisce anche la gioia dei servi del padre, e gli racconta del
ritorno e della strage dei Proci, della quale si è diffusa la notizia in fretta nella città. Numerosi si
radunano, e Eupite proprone di attaccare Ulisse, così alcuni si recano da Laerte e avviene l'ultima
battaglia del poema, dove i Proci un'altra volta vengono sconfitti grazie alla presenza di Minerva
tra Laerte e Ulisse, che ordina poi di cessare i combattimenti, e a Ulisse di fermarsi quando
insegue i fuggitivi, poichè Giove aveva fatto intendere il suo volere scagliando un fulmino
davanti al piede della Dea.

(quest’ultima parte non è molto chiara, la sistemerei un po’)

PERSONAGGI

Ulisse, protagonista indiscusso del secondo poema omerico, conferisce unità al poema, infatti è
presente anche quando fisicamente è assente (elemento che lo accomuna con Achille). Ulisse
spicca per la propri intelligenza, che lo contraddistingue da molti altri eroi, ed è proprio questo
punto che costituisce la più grande differenza tra i due poemi omerici: grazie a questa inventò il
tranello del cavallo di Troia che concesse agl'Achei di prendere la città; nell'Odissea è animato
dalla nostalgia della patria e della famiglia, intento a progettare numerose vie di scampo per sé e
i suoi compagni, ma il suo ritorno è ostacolato da Poseidone, del quale aveva accecato il figlio
Polifemo.
Ulisse conserva molti aspetti tipici dell'eroe omerico: la timé, il coraggio, la bellezza, ma il suo
eroismo si manifesta nel tornare illeso da un viaggio lungo e burrascoso, la sua caratteristica più
brillante è la metis, cioè la saggezza che lo rende il preferito di Atena, che numerose volte lo
proteggerà, sia nell'Iliade sia nell'Odissea.
Ulisse è guidato dal desiderio del ritorno ad Itaca, ma nonostante ciò durante il viaggio non gli
manca la curiosità di conoscere nuove cose,
Il personaggio di Ulisse è visto, anche e soprattutto in chiave moderna, come portatore di quella
Ubris - o tracotanza - tipica dell'uomo che vuole superare gli dei e i limiti della conoscenza.
Associato spesso all'ateismo, è l'uomo che si affida solo a sé stesso, confidando più nel potere
della ragione che nell'aiuto delle divinità, la cui rappresentazione è improntata ad una maggiore
esigenza di giustizia
Laerte: Laerte è il vecchio padre di Ulisse, Sposo di Anticlea, fu uno degli Argonauti, e in favore
del figlio rinunciò al regno di Itaca. Di lui non viene detto molto, la sua figura è limitata al libro
XXIV: è un vecchio, amante del giardinaggio, infatti la prima sua comparsa è situata nel suo
fruttuoso orto. Inizialmente non è in grado di riconoscere il figlio, ma dopo che si manifesta
gioisce, tanto da svenire. Basandoci anche sui racconti di Ulisse, possiamo affermare che i due
avessero un buon rapporto.

Atena: Atena è la dea che domina la scena del libro XXIV, dea della guerra e dell'intelligenza, ha
ovviamente una preferenza verso Ulisse, che in più occasioni non evita? di proteggere.
Nonostante la sua incredibile forza deve sottostare al volere del padre Giove, che scaglia uno
????
Nell'Odissea, la sua azione è costante, e lei interviene con metamorfosi, sotto la forma di diversi
mortali per portare il suo aiuto all'eroe. Manda anche dei sogni, per esempio a Nausicaa, per
suggerirle di andare a lavare la biancheria un certo giorno in cui lei sa che Ulisse deve approdare
nell'isola dei Feaci. Dota il suo protetto di una bellezza soprannaturale, per commuovere con più
certezza la giovane in quell'incontro che deve procurare ad Ulisse una nave per tornare in patria.
In altre occasioni, spinge Zeus in favore dell'eroe. Lei provoca l'ordine dato aCalipso di rilasciare
Ulisse e di fornirgli i mezzi per riprendere il mare.

Servo Dolio, servo di Laerte, si occupava di trattare i giardini, padre di Melanzio e Melanto, che
saranno dalla parte dei proci, attacco a laerte e a ulisse per affetto si pone a loro sempre con
umiltà e premurosità e alla rivelazione di Ulisse gioisce. In comune con l'eroe, l'umile ha la
sofferenza, e così gli umili e quelli che soffrono sono sempre i più solidali.

(sull'olimpo)

Agamennone, Achille, Anfimedonte

EPITETI

ulisse

POLUTROPOS= molto versatile

POLUMETIS=molto sapiente

POLUTLAS=che molto sopporta

POLUMEXAVOS=molto ingegnoso

Atena

Glaucopide: questo epiteto omerico, molto ricorrente, deriva dalla parola "glaucopide" e viene
interpretata secondo due possibili accezioni: dea "dagl'occhi glauchi" (azzurri) o dea "dagl'occhi
da civetta", e in greco antico le due accezioni si svrappongono, pertato è la dea "dai lucenti occhi
da civetta"; la civetta è un animale totemico, perciò indicata con un appellativo indiretto, che
significava "la glauca", l'uccello dagl'occhi lucenti, il cui connotato tipico era la sapienza.

Pallade Atena, origine e significato sono andati perduti, ma secondo il mito prevalente l'epiteto
deriva dal nome della ninfa chiamata Pallade, una compagna di giochi della giovane Atena, che
la uccise per errore simulando un combattimento, Atena prese quindi il suo nome in segno di
lutto.

Atena Tritogenia, il significato di questo termine attribuito alla dea non è chiaro, semprerebbe
voler dire "nata da Tritone" o un altro possibile significato è "tre volte nata" o "terza nata"
riferendosi a lei come terza figlia di Zeus, in molte leggende la sua nascita viene indicata
syccessiva a quella di Artemide e di Apollo o alludendo al fatto che era nata da Zeus, da Meti
(nella mitologia greca una delle Oceanine) e anche da sè stessa.

COMUNICAZIONE

Avendo letto entrambi i poemi omerici mi è possibile confrontarne, per quanto riesca, la
conclusione, che presenta sia punti di contatto sia di contrasto.

Parlando prima in generale della poesia dei due poemi, nell’Odissea si viene formando una
poesia delle cose intime; sensi domestici, toni d'intimità fin dai primi versi del poema, c'è una
casa in cui il desiderio del ritorno del padrone lontano è immenso; c'è un continuo senso del
risparmio, la conservazione di qualche cosa; il lume e le voci che risuonano come in un'aura
calma e serena. Tutto ciò fin dai primi versi. Nell'Iliade queste voci non ci sono, il poeta passa
sopra le cose di ogni giorno, raramente si prova un senso domestico?? , pare che il poeta sia più
conscio d'una fugacità, tale che non valga nemmeno la pena d'arretrarsi, amare quelle cose da cui
il destino ci deve strappare, senti uno spirito giovanile, un ardore e un impetuoso pessimismo
mentre nell'Odissea la visione si fa più pacata.

L'Odissea è, dunque, per questo suo spunto lirico iniziale, tutta rivolta all'intimità di una vita
quotidiana di cui il poeta canta il fascino e la bellezza.

Osservando solamente il finale, da una parte è visibile il contrasto tra i due poemi, perchè al
termine di questa l'eroe dopo molte fatiche e pericoli ha la certa prospettiva di una vecchiaia
felice, certezza non presente nell'Iliade a causa dell'incerta caduta di Troia, che non viene
raccontata, o dei dubbi ritorni degl'eroi in patria.

Mentre ritroviamo un punto di contatto nelle figure dei vecchi padri Laerte e Priamo

In entrambi i poemi omerici la morsa di un abbraccio fra padri e figli conclude la storia.
Nell'Iliade, Priamo in Achille vede Ettore, il figlio perduto e tanto amato, e Achille vede in
Priamo suo padre Peleo, il vecchio padre che sarà presto distrutto dal dolore. E così accade
qualcosa di enorme. L’abbraccio e il pianto di un padre e un figlio.
In un libro come l'Odissea, la cui storia ruota attorno al famoso eroe di Itaca Ulisse, del quale
spiccano le capacità mentali dell'uomo sopra a quelle fisiche, mi aspettavo una conclusione
creata sulla comunicazione e riflessione, invece il libro XXIV ha più la funzione di concludere
il racconto, anche bruscamente, limitando lo spazio dedicato alla poesia che si riduce ad un solo
episodio, l'incontro tra Ulisse e Laerte: grazia e freschezza rieccheggiano nell'aria per Ulisse che
si rivede bambino, in quell'orto associato a numerosi ricordi, lui che segue i padre con passi
ineguali, chiedendo mille cose diverse e facendosi regalare ora un pero, ora un melo, ora un fico.
L'abbraccio con il padre sancisce anche l'effettivo e definito ritorno in patria, tanto desiderato da
Ulisse. Sentimenti idillici e di riposata pace, che aiutano a sedare nel cuore del padre e del figlio
il tumulto passionale del riconoscimento.

Uno dei temi più importanti del libro XXIV è quello del riconoscimento, Ulisse tenta infatti di
nascondersi, come numerose altre volte ha fatto, dietro ad un nome, una storia, ma stavolta
nemmeno lui, uomo assai furbo, è riuscito a rimanere nel suo personaggio, perché si trova
davanti al padre e agisce su di lui una forza sentimentale molto forte e violenta: sono più di
ventanni che Ulisse non vede il padre, e per quanto lui sia un uomo contenuto, questo è anche per
lui troppo.

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