Sei sulla pagina 1di 6

LE DODICI FATICHE DI ERCOLE

Èracle (dal greco antico Ἡρακλῆς, composto da Ἥρα, Era, e κλέος, gloria, "gloria di Era") è un eroe della mitologia
greca, corrispondente alla figura della mitologia romana Ercole. Figlio di Alcmena (donna di straordinaria bellezza,
figlia di Elettrione, re di Micene, discendente di Perseo e moglie di Anfitrione, giovane re di Tirinto) e di Zeus (il quale
durante l’assenza di Anfitrione, essendosi invaghitosi di Alcmena, prese le forme del marito e si unì a lei, facendo
persino in modo che la notte durasse ben tre volte di più. Frutto di questa relazione fu appunto Eracle, il futuro eroe
greco. Hermes, che aveva accompagnato il padre presso il palazzo di Tebe, rimase fuori, facendo in modo che nessuno
potesse mai disturbare i due amanti), egli nacque a Tebe ed era dotato di una forza sovrumana. Poco prima che Eracle
nascesse, Zeus si vantò di questo suo imminente figlio che avrebbe regnato sulla casa di Tirinto. Era, gelosa, non
accettò un simile affronto e non solo ritardò il parto di Alcmena, ma covò contro il piccolo, frutto del tradimento del
marito, propositi omicidi. Infatti, qualche mese più tardi mise due serpenti velenosi nella camera dove dormivano
Eracle ed Ificlo. Quando Ificlo si svegliò, con il pianto fece sopraggiungere i suoi genitori, che giunsero in tempo per
vedere il piccolo Eracle strangolare i serpenti, uno per mano (secondo un'altra versione del mito, i serpenti non erano
velenosi, ma furono messi nella camera dei gemelli da Anfitrione, che voleva sapere quale dei due fosse suo figlio,
poiché aveva saputo anche lui dall'indovino Tiresia che uno dei due gemelli non era figlio suo). Eracle nacque dunque
insieme ad Ificlo e Anfitrione, ancora ignaro della relazione segreta, così come ignara era anche Alcmena, credeva di
aver generato due gemelli. Fu Tiresia, il grande indovino, a rivelare alla donna la straordinaria origine del figlio.
Alcmena capì dunque che il piccolo sarebbe stato perseguitato dai famigerati furori della regina dei cieli, e non osando
allevarlo con le sue sole forze lo portò all'aperto, in un campo, confidando che Zeus non avrebbe negato al frutto del
suo seme la divina protezione. Il padre degli dei ordinò dunque al fedele Hermes di attuare un astuto stratagemma.
Mentre Era dormiva il celere messaggero divino, portando in braccio il bambino lo avvicinò al seno della dea,
facendogli così succhiare un pò del suo latte che, essendo divino, rendeva il fortunato un invincibile eroe. Era però,
svegliatasi a causa di un morso del bambino, ebbe un moto di terrore. Quel repentino movimento fece cadere, dal
seno della dea, una piccola parte del suo latte che fu dunque origine della Via Lattea, denominata così proprio in
ricordo di tale evento.

Anfitrione non risparmiò comunque nessuna cura nell'allevare quello straordinario figlio adottivo. Egli stesso insegnò
al bambino a domare i cavalli e a guidare il cocchio. Da ogni angolo della Grecia vennero convocati i più rinomati
maestri: Chirone, primo fra tutti, gli insegnò l'arte della medicina e della chirurgia, Eurito fu maestro di tiro con l'arco,
Castore lo allenò nell'utilizzo della spada e delle armi, Autolico nello sforzo fisico e nel pugilato, materia che il giovane
Eracle apprezzò grandemente. Non ebbero la stessa sorte però arti quali ad esempio la musica. Lino, discendente del
divino Apollo, era suo maestro di musica. Il giovane allievo, rude nei movimenti, non riusciva per nulla a trattenere la
propria forza fisica, distruggendo, letteralmente, la lira che avrebbe dovuto suonare. Lino, un giorno, non riuscendo a
sopportare l'incredibile insensibilità musicale dell'allievo, lo rimproverò aspramente e lo costrinse a un severo castigo.
Eracle, di carattere piuttosto focoso, sebbene inconsapevolmente, non riuscendo a trattenere la propria forza, colpì
con la lira il maestro, che cadde morto a causa dell'urto. A causa di ciò Anfitrione fu costretto a mandarlo a vivere fra i
guardiani dei suoi greggi, in montagna: qui Eracle si riconciliò col maestro Chirone e imparò dal saggio mentore non
solo leggi scientifiche ma anche, e soprattutto, leggi morali. Cresciuto forte e bello, rimase presso le greggi del monte
Citerone fino all'età di diciotto anni. Prima di ritirarsi da questa vita faticosa ma felice, durante una meditazione, Eracle
incontrò sulla via due donne affascinanti, ognuna delle quali lo invitava a raggiungerla sul proprio cammino. La prima,
di aspetto florido e stupendamente vestita, rappresentava il piacere e mostrava al giovane un sentiero erboso e
idilliaco. La seconda donna, in abiti solenni, era invece il Dovere, che avrebbe condotto l'eroe presso un sentiero
sassoso e terribile. Eracle, benché affascinato dalle proposte del Piacere, preferì seguire il Dovere, segnando tutta la
sua vita al servizio dei più deboli. In seguito alla scelta del Dovere, Eracle cominciò a prodigarsi per il bene altrui,
sconfiggendo banditi e ladruncoli che imperversavano nelle pianure. Eracle si vantava di non aver mai iniziato un
litigio, ma di aver sempre trattato i suoi aggressori così come essi volevano trattare lui. La vicenda di questo eroe non
è raccontata in una sola opera, ma ne sono state scritte molte che lo vedono protagonista, marginalmente o
particolarmente. Celebri le sue incredibili imprese, quali ad esempio le dodici fatiche che lo vedono affrontare serpenti
dalle molteplici teste, leoni dalla pelle impossibile da scalfire, uccelli in grado di sparare piume affilate come lame e
molti altri mostri che l'eroe, sia per coraggio che per astuzia, riuscì sempre a sconfiggere. Sposò Megara, figlia di
Creonte re di Tebe in segno di riconoscenza per aver sconfitto e ucciso Egino, re di Orcomeno, grazie anche alle
invincibili armi, dono degli dei (frecce da Apollo, una spada da Hermes, uno scudo da Efesto), e soprattutto dalla
protezione della dea Atena. Tuttavia, Era non intendeva concludere le persecuzioni contro il Eracle e, In combutta con
Lissa (ossia: la pazzia), fece sconvolgere la mente dell'eroe e questi, in preda al furore, uccise di propria mano la
moglie Megara e figli. Tornato in sé e resosi conto dell'accaduto, l'eroe decise di suicidarsi per porre fine alle proprie
sofferenze. Fu Teseo, il giovane ateniese, a farlo desistere dal suo gesto disperato, mentre il re Tespio, che celebrò un
minimo rito di purificazione, gli consigliò invece di recarsi a Delfi per chiedere al celebre oracolo un modo per
cancellare dal proprio animo tutto quel sangue versato. La risposta dell'oracolo lo costrinse a mettersi al servizio di
Euristeo, re di Argo, Micene e Tirinto, il quale gli ordinò di affrontare dodici incredibili fatiche, simbolo della lotta fra
l'uomo e la natura nella sua forma più selvaggia e terribile. Queste dodici fatiche hanno una correlazione con i segni
dello zodiaco, molti dei quali sono appunto rappresentati da animali.
Maggiore eroe greco, divinità olimpica dopo la morte, Eracle fu venerato come simbolo di coraggio e forza, ma anche
di umanità e generosità, anche presso i Romani. Era ritenuto protettore degli sport e delle palestre. Fu onorato in
numerosi santuari sparsi in tutta la Grecia e le sue tante imprese, espressione dell'altruismo e della forza fisica, lo
fecero credere il fondatore dei Giochi olimpici. In alcuni casi, mettendo in luce la generosità con la quale affrontava
avversari temibili, si rese dell'eroe un'immagine dall'intensa forza morale, oltre che puramente fisica. Sempre
imbattuto perse la vita di propria mano, dandosi fuoco presso un rogo, dilaniato dal dolore che Deianira, sua moglie,
ignara del tradimento del centauro Nesso, aveva causato intingendo la sua tunica in un veleno mortale. Salito
nell'Olimpo sposò Ebe, la coppiera degli dei e divenne il dio guardiano, ricongiungendosi perfino con Era, sua eterna
nemica.

Le dodici fatiche di Eracle sono le dodici prove o imprese che Euristeo, re di Argo, Micene e Tirinto, ordinò all’eroe di
affrontare. Queste imprese hanno suscitato nei secoli la fantasia di pittori, poeti e scrittori, ognuno esponendole
attraverso la propria arte. Non esiste un ordine cronologico fisso delle Fatiche di Ercole e la loro successione varia
secondo gli autori. L’unica cosa certa (tutti gli autori qui concordano) è che iniziano con l'uccisione del Leone di
Nemea. Alcuni poi dicono che le Fatiche furono dieci e che divennero dodici solo perché due furono ritenute non
valide quindi ripetute. Ciò sembra ricollegarsi ad un antico calendario di dieci mesi i cui resti ancora oggi esistono nei
nomi di settembre (settimo mese), ottobre (ottavo mese), novembre (nono mese) e dicembre (decimo mese). Ad ogni
modo, nel mito le Fatiche si sono imposte con il numero di dodici, molto probabilmente per legarle alla nuova
scansione temporale solare di dodici mesi che soppiantò quella lunare di dieci. Eracle/Ercole è un eroe solare, e il fatto
che lo sia viene ribadito anche da certe leggende che dicono che egli nacque quando il Sole stava per entrare nella
decima Costellazione, ovvero il Capricorno, e molti eroi o divinità solari (es. Zeus, Apollo, Mitra, Gesù) 'nacquero' al
solstizio invernale, quando il Sole, raggiunta la sua più bassa declinazione, riprende a salire, annunciando la vittoria
sulle tenebre (è in quei giorni infatti che la quantità di luce riprende ad aumentare, ovvero le giornate, come si suol
dire, cominciano a riallungarsi). In base alla mètope nel tempio di Zeus a Olimpia (circa 460 a.C.), l'ordine cronologico
delle dodici Fatiche è il seguente:

1) Uccisione del leone di Nemea – segno del Leone

La prima fatica consistette nell’uccisione del Leone di Nemèa, mostro nato da Tifone e da Echidna, e che
non poteva essere ucciso con nessun’arma, poiché la sua pelle era invulnerabile. Per vincerlo, l’eroe lo
costrinse a rifugiarsi nella tana, dopo averlo senza risultato colpito con le frecce e intontito con i tremendi
colpi della sua clava; quindi lo soffocò nella stretta delle sue braccia di acciaio. Poi, scuoiatolo, si servì della
pelle come di una veste, ricoprendosi il capo con la testa della bestia.
L’episodio spiega come il candidato all’iniziazione deve uccidere il leone della personalità, per far posto al
disinteresse, per imparare a subordinarsi al tutto.
L’episodio del leone nemeo può essere messo in relazione al quinto segno dello zodiaco, il Leone. La prova
consisterebbe nel vincere la fierezza orgogliosa e l’ostinazione del Leone, e sviluppare la sua nobiltà, la sua
grandezza, la sua rettitudine. È da notare come la pelle del leone vinto da ora in avanti costituirà in un certo
senso la "divisa" di Eracle, l’abito che servirà a coprirlo. E’ l’iniziazione del neofita con la vestizione del
profano, con l’istruzione dei segni e l’assegnazione del segreto.
2) Distruzione dell'idra di Lerna – segno dello Scorpione

La seconda fatica consistette nella distruzione dell’Idra di Lèrna, dalle sette (altre versioni, nove) teste, una
delle quali immortale, mentre le altre rinascevano appena recise. Il corpo dell’Idra era per metà quello di
una bella ninfa, e, per metà, quello di un serpente. Ercole l’affrontò; e dopo aver bruciato le sei (otto) teste
mortali, finì il mostro.
L’Idra di Lerna rappresenta lo Scorpione sede astrologica dell’istinto sessuale. La prova sarebbe quindi il
dominio dell’istinto da parte del candidato: l’Idra ben rappresenta la forza sessuale, alla quale, nonostante
si cerchi di tagliare le sue numerose teste, ricrescono con vitalità frustante. Lottare contro l’istinto,
servendosi semplicemente della repressione e cercando di annientare questa potente forza soltanto con la
volontà, non porta alla vittoria: è necessario trasformare l’istinto in qualcos’altro, e l’eroe, per riuscire,
userà il fuoco, simbolo dall’amore sacro (secondo alcuni, tale fatica sembra legarsi al Cancro, in quanto in
questa fatica (in questa Fatica un granchio, l’eroe uccide un granchio inviato da Era per disturbarlo nella
sua lotta contro l'idra; ed Era, per ricompensare l'animale dei suoi servigi, lo immortalò tra i Segni dello
Zodiaco).

3) Cattura del Cinghiale di Erimanto – segno della Bilancia

La terza fatica consistette nella cattura del Cinghiale d’Erimanto, terribile creatura che devastava l’Elide e
l’Arcadia. Inseguita la fiera fino alla cima del monte Erimanto, egli l’afferrò per le quattro zampe e la portò
viva dinanzi ad Euristeo. L’episodio è in analogia con il segno della Bilancia, poiché, catturarlo, Eracle portò
l’animale giù dalla montagna tenendolo a cavallo delle spalle fermo per le zampe. Ma l’associazione
potrebbe essere fatta anche con la forza bruta di Marte, e quindi con il segno dell’Ariete. Qui l’iniziato
affronta il lavoro di ricerca e di comprensione per riconoscere le tracce della propria personale strada che lo
condurrà alla conoscenza.

4) Cattura della cerva di Cerinea – segno del Cancro

La quarta fatica consistette nella cattura della Cerva di Cerinèa, abbracciandola mentre stava per sfuggirgli
lanciandosi a nuoto nel fiume Ladine. L’animale, dai piedi di bronzo e dalle corna d’oro, sacro a Diana,
viveva sulle pendici del monte Cerine. Essa si muoveva con tanta agilità e leggerezza nella corsa, tanto che
nessuno era mai riuscito a raggiungerla. Ercole l’insegui per un anno prima di riuscire a prenderla.
Anche per questa fatica possiamo avere due diverse attribuzioni: il Capricorno e il Cancro (complementari
in opposizione). Infatti la quarta impresa dell’eroe sarebbe in corrispondenza con il segno del Capricorno a
causa dell’animale rappresentato, che racchiuderebbe un significato simbolico affine alla capra, glifo del
decimo segno. D’altro canto si potrebbe sottolineare l’aspetto di come l’iniziato, consegnando la Cerva,
sacra ad una divinità lunare, ad Apollo, raggiungerebbe un’espansione solare di coscienza. "è appunto il
processo in gioco nel Cancro: ciò che in Ariete non era che istinto dovrà riconcentrarsi per produrre il suo
frutto in Leone".

5) Gli Uccelli di Stinfalo – segno del Sagittario

La quinta fatica consistette nel riuscire ad eliminare gli Uccelli del Lago Stinfalo, che avevano artigli, becco,
ali e penne di bronzo, di cui essi si servivano, lanciandole, come frecce. L’attribuizione zodiacale è nella
conquista delle qualità proprie del Sagittario. La tappa fu superata da Ercole abbattendo gli uccelli con
un’idea e con l’aiuto di Atena, vale a dire quella di riuscire a produrre un suono insopportabile per il loro
udito prodotto dalle nacchere di bronzo.
6) Il Cinto di Ippolita – segno della Vergine

La sesta fatica consistette nella conquista del Cinto d’Ippolita, regina delle Amazzoni, alla quale era stato
donato dal dio Marte. La figlia d’Euristeo reclamava tale cinto per se stessa, e per carpirlo Ercole fu
costretto ad affrontare le bellicose Amazzoni. Durante la lotta egli assassinò la regina, cui tolse il cinto
desiderato4. E qui l’analogia afferente le Amazzoni è il segno della Vergine ed il ricondurre l’iniziato al
G∴A∴D∴U∴ come guida ed ispirazione per il superamento delle asperità dei dilemmi spirituali.

7) Ripulimento delle stalle di Augia – segno dell’Aquario

La settima fatica consistette nel ripulimento delle Stalle di Augia che l’omonimo re degli Epei non aveva mai
pulito. Stabbio e letame vi si erano così accumulati che l’impresa pareva davvero impossibile. Augia in
compenso gli promise la decima parte delle bestie che vi erano ammassate. Ercole riuscì nel compito
deviando nelle stalle il corso dei fiumi Alfeo e Peneo, che spazzarono via, con la violenza della loro corrente,
tutto l’enorme sudiciume. Le acque dei fiumi rappresenterebbero le Acque spirituali dell’undicesimo segno,
l’Acquario, acque che sarebbero in grado di purificare il subcosciente dell’uomo.
L’impeto, la forza e l’energia delle acque fluenti rappresentano il pensiero libero e puro del G ∴A∴ che, se
compreso e capito, sono in grado di nettare con inarrestabile forza, l’impurezza dell’animo e della
coscienza. Analogamente si ricava la possibilità dell’iniziato di comprendere detta forza ed utilizzarla
deviandola, verso il proprio obiettivo.

8) Cattura del toro di Creta – segno del Toro

L’ottava fatica consistette nella cattura del Toro dell’isola di Creta. Nettuno, per punire Minosse re di Creta
di non aver eseguito i sacrifici necessari al suo culto, aveva mandato nell’isola un toro ferocissimo, che
l’eroe catturò vivo e condusse a Micene. Il segno del Toro rappresenta, così come del resto il suo opposto,
lo Scorpione, l’istinto sessuale e gli istinti in genere, la brutale forza animale della lotta per la sopravvivenza.
Questo segno chiude la croce dei fissi (ossia: dei segni centrali di ogni stagione, Leone, Scorpione, Acquario
e Toro). E’ la lotta sempre presente nell’uomo libero e di buoni costumi nel far prevalere nei propri
comportamenti il segreto iniziatico al mondo profano. Diomède era il crudele re dei Bistoni, che aveva
l’abitudine di nutrire le sue cavalle con la carne dei viandanti smarriti.

9) Uccisione di Diomede – segno dei Gemelli

La nona fatica consistette nell’Uccisione di Diomede, che, poi Eracle, fece divorare dalle sue stesse cavalle e
che Euristeo, quando esse gli furono condotte innanzi, preferì lasciare in libertà. Le cavalle sono
sicuramente da connettere all’attività mentale, per cui potrebbe darsi l’ambivalenza per cui la fatica, da una
parte è da porre in analogia con il segno dell’Ariete - per cui l’impresa instraderebbe lungo la via dove
s’impara a domare i propri pensieri - mentre, d’altra parte, si potrebbe attribuire alle cavalle di Diomede
una corrispondenza con i Gemelli e al deleterio uso dell’intelletto, facoltà che usata per separare,
analizzare, esaminare, sezionerebbe la realtà distruggendola. La fatica sarebbe quindi di monito contro
l’eccessiva fiducia nella propria attività mentale: i pensieri possono davvero diventare feroci belve
carnivore.

10) Cattura dei buoi di Gerione – segno del Cancro

La decima fatica consistette nella conquista dei Buoi di Geriòne, un mostruoso gigante con tre corpi (dalla
cintura in su aveva tre tronchi, tre teste e tre paia di braccia) che possedeva un ricco armento di
meravigliosi buoi rossi custodito da un drago con sette teste e da un cane bicipite. La fatica sia in analogia
con il segno del Cancro (alcuni la identificano con il segno dei Pesci), poiché i tre corpi, raffigurando i tre
aspetti principali della personalità dell’uomo, fisico, emotivo e mentale, rappresentano la personalità, in
analogia con la Luna che governa appunto il Cancro. Ma è anche la rappresentazione dell’opera dell’iniziato
che deve andare alla ricerca delle proprie speculazioni oltre le Colonne di Ercole, ovvero dove nessuno ha
mai osato e dove il “meraviglioso” nei suoi aspetti molteplici e diametrali aspetta il visitatore per mettere
alla prova la saldezza del suo segreto.

11) Raccolta dei pomi aurei delle Esperidi

L’undicesima fatica vede il nostro eroe impegnato nella conquista dei Pomi d’Oro del giardino delle
Esperidi. I preziosi frutti erano custoditi dal drago Ladòne e da Atlante. Per venirne in possesso, Ercole
propose ad Atlante di reggere per lui, sulle spalle, il peso del cielo ma in cambio questi avrebbe dovuto
cogliere per lui i pomi. Atlante non avrebbe più voluto liberarlo, ma Ercole, con un’astuzia, riuscì a
cavarsela. Raccogliendo i frutti della conoscenza, Eracle apprenderebbe il concetto di discriminazione,
qualità in analogia con i Gemelli. Nel ciclo, che si sta per chiudere, l’iniziato ricerca, non senza lottare,
quello che a nessuno è noto: il giardino che rappresenta la propria coscienza e la individuale interiorità.

12) Cattura di Cerbero – segno dei Pesci

La dodicesima ed ultima fatica consistette nella cattura di Cerbero, lo spaventoso cane a tre teste,
guardiano delle regioni infernali. Eracle si preparò a questa prova con un pellegrinaggio iniziatico presso
Eleusi, dove partecipò ai misteri detti appunto eleusini, mondandosi della colpa dello sterminio dei
centauri. Quindi, raggiunse Tenaro laddove una buia spelonca introduceva ad una delle porte dell'Ade.
Sotto l'autorevole guida di Hermes egli si addentrò in quel gelido mondo sotterraneo. Presso le porte
dell'Ade Eracle trovò inoltre due uomini legati, che riconobbe molto presto. Erano Teseo, suo compagno in
svariate avventure, e Piritoo, il re dei Lapiti. Entrambi erano scesi nel mondo sotterraneo per rapire
Persefone, ma erano stati scoperti dal dio Ade e condannati a restare eternamente prigionieri nel mondo
dei morti. L'eroe riuscì a salvare l'amico Teseo ma, quando si apprestò a recuperare anche Piritoo, fu
costretto ad allontanarsi per colpa di un terremoto. Ade (Plutone), conoscendo personalmente l'arditezza
dell'eroe, che l'aveva già ferito poco prima e che aveva steso con pochi colpi il suo mandriano, si convinse
che valeva la pena di ascoltare le sue ragioni. Acconsentì così a dargli il cane Cerbero, a patto però che
Eracle riuscisse a domarlo con le sole mani, senza usare armi. Così,dopo una lotta disperata, il mostruoso
guardiano fu costretto ad arrendersi quando l'eroe riuscì a serrargli tra le potenti braccia la base dei tre
colli. La fatica si potrebbe far corrispondere con il segno dei Pesci (alcuni la fanno corrispondere al segno
dello Scorpione o a quello del Capricorno) ricordando come gli inferi siano "regno del caos e dell’indistinto,
le tenebre dell’inconscio dalle quali Ercole strappò Teseo per riportarlo alla luce, alla coscienza".
Rappresenta l’opera del segreto iniziatici e la possibilità che anche nel più deprecato dei luoghi ognuno
possa trovare la propria Deianira con la quale generare un altro pensiero, un altro aspirante al segreto
iniziatici.

In quanto eroe solare, le imprese sostenute da Eracle/Ercole hanno come scenario il Cielo più che la Terra,
potendo vedere in esse rappresentati, simbolicamente, eventi e storie che hanno le stelle, i pianeti,
l'eclittica o l'equatore celeste come protagonisti (valga al proposito il fatto che addirittura alla sua nascita
'crea' la Via Lattea). Infatti, si racconta che Ercole iniziò il suo lungo cammino, attraverso le dodici Fatiche, a
mezzogiorno (ossia: con il Sole in alto nel cielo, arrivato al massimo della sua magnificenza diurna).
Traslando questa suprema posizione solare in ambito stagionale, l'apoteosi del Sole si ha in estate:
traducendo questo in termini 'siderali' si potrebbe allora pensare ad una collocazione simbolico-temporale
dell'inizio delle Fatiche nel momento in cui il solstizio estivo cadeva nella Costellazione del Leone (ciò che
porterebbe a collocare l'inizio delle sue gesta circa nel 4475 a.C., con il Sole equinoziale in Toro), oppure
(altra ipotesi, più plausibile) nel momento in cui questo (il solstizio estivo) passò dal Leone al Cancro.
In quanto eroe solare, Eracle/Ercole può essere paragonato a Gilgamesh, quinto re di Uruk, la più grande
città della Mesopotamia meridionale, vissuto nel III millennio a.C.. Anche Gilgamesh è il protagonista
dell’"Epopea di Gilgamesh", un poema molto antico (anzi, potremmo dire il più antico poema pervenutoci),
formato da dodici canti, di circa trecento righe l'uno, incisi su dodici tavolette scoperte nella seconda metà
del XIX secolo a Ninive nella biblioteca del re Assurbanipal III (668-627 a.C.). In questo poema vi si
raccontano le gesta che questo re, insieme al fidato amico Enkidu, porta avanti: vi si racconta di un diluvio,
di un affronto ad una dea e dell'uccisione del 'Toro del Cielo', di un viaggio in una foresta di cedri, della
morte del fido Enkidu, della ricerca dell'erba dell'immortalità, insomma di tutta una serie di azioni ed eventi
tipici di un eroe, e Gilgamesh lo era. Qui trattiamo di questo re perché le sue gesta sono in parallelo con
quelle di Ercole; come dice il Graves: "…la fonte comune [dei miti di Ercole e di Gilgamesh] è probabilmente
sumerica. Come Eracle, Gilgamesh uccide un mostruoso leone e ne indossa la pelle (…), sopraffà un toro
afferrandolo per le corna, scopre un'erba misteriosa che rende invulnerabili (…), segue il Sole nel suo
viaggio (…) e visita il giardino delle Esperidi dove, dopo aver ucciso un drago che avvolge l'albero sacro con
le sue spire, è ricompensato con due sacri oggetti dell'Oltretomba (…)" (Robert Graves, I miti greci, ed.
Longanesi, Milano, 1988, p. 464 (132, 1).
Esiste quindi un forte parallelismo fra Gilgamesh ed Ercole (che riteniamo coevi): le imprese da loro portate
avanti vogliono simboleggiare un cambiamento d'epoca, un mutamento siderale: Ercole inizia le sue
imprese uccidendo un leone, mentre Gilgamesh inizia le sue uccidendo un toro: le due azioni avvengono
nello stesso tempo (2326 a.C.) e vogliono indicare, se le trasportiamo nel loro vero scenario, cioè il cielo,
che dalla croce dei Segni fissi si passò a quella dei Segni cardinali; in Attica (dove scorrazzava Ercole) l'anno
iniziava in estate, mentre in Mesopotamia (patria di Gilgamesh) in primavera: ecco il diverso compito
affidato ai due eroi: Ercole 'sposta' il solstizio estivo dal Leone al Cancro (uccidendo il Leone), Gilgamesh
'sposta' l'equinozio primaverile dal Toro all'Ariete (uccidendo il Toro Celeste). Sembrano azioni diverse ma
tutti e due non fanno altro che spostare la lancetta dell'orologio cosmico all'unisono, uno lavorando sui
solstizi, l'altro sugli equinozi (culture diverse, inizi di anno diversi). Ma questo modello analogico e simbolico
del processo naturale potrebbe essere anche considerato come la descrizione del processo evolutivo
iniziatici. Un processo ciclico spiralico, che riprende ogni volta sempre uguale a sé stesso eppure differente:
un cerchio che amplia la curva del suo raggio ad ogni fine ciclo secondo un altro livello. Le 12 fatiche di
Ercole, o Eracle, sarebbero in quest’ottica il racconto mitologico di ciascuna fatica iniziatica simboleggiata
anche dai 12 segni zodiacali, l’analogia del lavoro interiore che il neofita deve compiere su sé stesso,
superando, segno per segno, gli ostacoli posti dalle 12 prove, sino a poter racchiudere in sé, in un’unità
inscindibile, tutti e dodici i segni. Ad ogni ciclo, il neofita compie su sé stesso un lavoro paragonabile a
quello del ciclo vegetativo; la Natura, per chi sa leggerla, può essere specchio analogico dei processi
evolutivi spirituali, che sono naturali, semplici, apparendo complessi e indecifrabili soltanto all’azione
razionale delle nostre menti, in tentativi intellettuali che separano ciò che non lo è, mistificando e
stendendo il velo dell’illusione sulla semplicità delle cose.

Potrebbero piacerti anche