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Nella letteratura di tutti i tempi si può notare una figura ricorrente, che con il passare del

tempo ha mutato forma e significato continuando però ad esercitare sempre un grande


fascino: l’ Ulisse. Hanno contribuito a creare questo mito grandi autori e letterati nella
varie epoche della storia, da Omero a Dante passando per la letteratura medioevale,
quella vittoriana (con Tennyson) fino ad arrivare a poeti “moderni” del calibro di
Giovanni Pascoli e Gabriele D’Annunzio. Il mito di Ulisse (o Odisseo) inizia
con Omero, che nell’ Iliade ne fa un eroe “ dal multiforme ingegno”: uomo accorto e
intelligente dalla mente sottile e versatile; nell’ Odissea il personaggio e la sua
psicologia viene maggiormente approfondito diventando il protagonista indiscusso
dell’opera accentrando su di sé l’attenzione degli uomini e degli Dei.
Per poter pienamente comprendere come evolve quindi questo grande personaggio
occorre conoscere il mito che lo ha creato: la storia narrata nell’Odissea. La datazione
del poema viene comunemente fatta risalire al periodo compreso tra l’800 a.C e il 700
a.C. , l’azione principalmente si svolge nel Peloponneso e nelle isole ioniche ma
identificare esattamente i luoghi visitati da Ulisse appare quasi impossibile. L’Odissea fa
parte dei cosiddetti “Nostoi” (ritorni, i poemi greci del ciclo epico che descrivono il
ritorno degli eroi in patria dopo la distruzione di Troia. Fornire una sintesi della trama in
modo dettagliato è piuttosto complesso, ma è possibile identificare 5 nuclei tematici che
possono essere compresi in un numero variabile dei 24 libri di cui il poema è composto.
Odisseo "bello di fama e di sventura" è un uomo saggio e intrepido costretto per odio del
Dio Nettuno a peregrinare a lungo sul mare, con il pensiero sempre rivolto alla sua Itaca:
alla sua casa, alla dolce e fedele sposa Penelope e al figlio Telemaco per amore dei quali
rinuncia all'immortalità offertagli dalla Dea Calypso. Quindi l'unico scopo di Omero è
quello di rappresentare al meglio Ulisse come il grande eroe che sfida avversità di ogni
sorta pur di far ritorno a casa sua facendo sempre fede ai valori familiari e mantenendo
sempre una certa facendo rettitudine, ampio ricorso pur alla propria intelligenza e
all'astuzia che spesso lo portano ad ordire elaborati inganni contro chi ostacola il suo
cammino. L'EVOLUZIONE DEL PERSONAGGIO In seguito grandi autori, come ad
esempio Virgilio e Ovidio, hanno fatto dell'Ulisse omerico una figura mitica di
navigatore desideroso di conoscere il mondo e ampliare le sue conoscenze, dando quindi
una nuova sfumatura di colore a questo personaggio. Ancora più tardi autori della
tradizione latina come Seneca, Tacito, ma anche altri, avevano vagamente accennato ad
un ulteriore viaggio di Ulisse oltre le colonne d'Ercole, nei mari d'occidente, dove egli
sarebbe scomparso durante una tempesta. Fu però la tradizione medioevale a farne il
prototipo del viaggiatore per mare e per terra. Da tutte queste vaghe notizie trasse
ispirazione Dante e ne fece la figura leggendaria che è ancora oggi, facendola
risplendere di luce nuova: Ulisse non ritorna in patria come racconta Omero; spinto dalla
brama di conoscere , spirito inquieto e ardito, rinuncia a una vita tranquilla e serena nella
sua isola "rupestre" e riprende il mare: una sfida all'ignoto, alla ricerca del "mondo senza
gente". Inoltre qui si aggiunge la questione della morte, la letteratura e i miti infatti ci
offrono tre diverse versioni sulla morte di Ulisse: Nel libro undicesimo dell'Odissea
l'indovino Tiresia predice il futuro del re itachese; uccisi i proci ripartirà per terre
lontane ai confini del regno di Poseidone, giungerà ad una terra dove non si conoscono il
mare e le navi, dove non si condiscono i cibi col sale. Tornato a Itaca da questa terra
misteriosa offrirà sacrifici a tutti gli Dei e una lieta morte verrà dal mare durante una
serena vecchiaia circondato da popoli pacifici. Apollodoro narra invece un mito
particolare: tornato ad Itaca l'eroe scopre che Telemaco ha abbandonato la sua casa; un
oracolo infatti gli aveva predetto che Ulisse sarebbe morto per mano del figlio e quindi
Telemaco

a differenza dell'altro poema omerico, l'Iliade, ruota completamente attorno a un


unico personaggio: Odisseo o Ulisse (questo, il nome latino). Anche la struttura narrativa ne
risente, perché è meno episodica ed è organizzata secondo un preciso schema
narrativo. «Complessivamente l’Odissea si configura come un insieme di racconti: come un
racconto di racconti» . Ulisse in più parti racconta in prima persona le sue vicende: la sua capacità
narrativa affascina così come la forza della sua storia. È l’eroe cercatore, perseguitato dal fato,
l’uomo dai molti inganni, astuto, prudente, ma anche spavaldo al punto da sfidare forze superiori
alla sua.      
Egli è anche il simbolo dell’uomo che fa ritorno al nido, ed è guidato della nostalgia, dal desiderio
della casa, e rinuncia all’immortalità e all’eterna giovinezza (offerte da Calypso e da Circe) e
all’idillio amoroso presso la corte dei Feaci con Nausicaa. Odisseo è l’eroe dei molti inganni.
Inganno, in greco dolos, non è termine negativo come oggi: è bifronte, polivalente. Proprio come
Odisseo. Ma anche Penelope, sua controparte, tesse la sua famosa tela come dolos. Ed è
un dolos anche la narrazione letteraria: un raffinato inganno, e Odisseo stesso ce ne dà prova più
volte, specie nell’episodio del ciclope Polifemo, il cui grande occhio accecato è il segno dell’uomo
che si sottrae al sole, il grande occhio che tutto vede.     
Ulisse acceca Polifemo. Particolare delle Storie di Ulisse, affrescate da Pellegrino Tibaldi nella sede
dell'Accademia delle Scienze a Bologna — Fonte: Ansa
«I Greci intuivano che è un dolos anche il pensiero. La mente, nel formulare pensieri, immagini,
parole, discorsi, produce qualcosa che somiglia a un tessuto o a una tela» (Privitera). La bravura
della mente è nel mondo in cui si tesse. Infatti la parola textus, che è sia il tessuto, sia il testo
scritto o orale, deve essere variegato e ben strutturato. E l’Odissea è così, nonostante alcune piccole
incongruenze, essa si articola in solidi blocchi narrativi: sei in tutto, ognuno di quattro libri, che
possiamo raggruppare in due parti:  
· Odisseo in viaggio verso Itaca (libri I-XII)
· Odisseo che agisce ad Itaca (XIII-XXIV).

Nella letteratura di tutti i tempi si può notare una figura ricorrente, che con il passare del
tempo ha mutato forma e significato continuando però ad esercitare sempre un grande
fascino: Ulisse. Hanno contribuito a creare questo mito grandi autori e letterati nella varie
epoche della storia, da Omero a Dante passando per la letteratura medioevale, fino ad
arrivare a poeti “moderni” come Giovanni Pascoli e Gabriele D’Annunzio. Il mito di Ulisse
(o Odisseo) inizia con Omero, che nell’ Iliade ne fa un eroe “ dal multiforme ingegno”:
uomo accorto e intelligente dalla mente sottile e versatile; nell’ Odissea il personaggio e la
sua psicologia viene maggiormente approfondito diventando il protagonista indiscusso
dell’opera accentrando su di sé l’attenzione degli uomini e degli Dei. Per poter pienamente
comprendere come evolve quindi questo grande personaggio occorre conoscere il mito che
lo ha creato: la storia narrata nell’Odissea. L’ODISSEA La datazione del poema viene
comunemente fatta risalire al periodo compreso tra l’800 a.C e il 700 a.C. , l’azione
principalmente si svolge nel Peloponneso e nelle isole ioniche ma identificare esattamente i
luoghi visitati da Ulisse appare quasi impossibile. L’Odissea fa parte dei cosiddetti “Nostoi”
(ritorni, i poemi greci del ciclo epico che descrivono il ritorno degli eroi in patria dopo la
distruzione di Troia. Fornire una sintesi della trama in modo dettagliato è piuttosto
complesso, ma è possibile identificare 5 nuclei tematici che possono essere compresi in un
numero variabile dei 24 libri di cui il poema è composto. ? Libro I / Libro IV : descrizione
della situazione verificatasi a Itaca in assenza di Ulisse, e narrazione della “Telemachia”,
ovvero il viaggio fatto da Telemaco, figlio di Ulisse, a Pilo (presso Nestore) e poi a Sparta
(presso Elena e Menelao). Telemaco viene esortato a compiere questo viaggio alla ricerca
del padre dalla Dea Atena, protettrice di Ulisse. In questa parte l’eroe è assente e viene
solamente nominato dagli Dei ( Atena e Zeus) durante il loro consiglio. ? Libro V / Libro
VII : viene narrato il naufragio di Ulisse e la sua permanenza presso Alcino, re dei Feaci,
abitanti dell’isola di Scheria. Il naufragio è provocato da Poseidone, opposto ad Atena, la
quale cerca in ogni modo di ostacolare Ulisse. ? Libro VIII / Libro XII : occupati dai
“mythoi” (racconti). Nella notte del ventitreesimo giorno dall’inizio del poema Ulisse
racconta ad Alcino e alla sua corte tutte le sue peripezie ed avventure per mare per tornare
in patria. Questa parte costituisce dunque un flash-back, un salto indietro nel tempo in cui
vengono narrati fatti precedentemente accaduti. ? Libro XIII / Libro XXIII : accompagnato
dai Feaci, abili navigatori, Ulisse giunge finalmente ad Itaca. Inizia qui la seconda
macrosequenza del poema: la vendetta sui Proci attuata assieme al figlio Telemaco e al
fedele servo Eumeno. Una volta attuata Ulisse torna a regnare sereno su Itaca con la fedele
moglie penelope. ? Libro XXIV : costituito da una sorta di “riepilogo” che fa un quadro
generale della vicenda. Al contrario di Achille, protagonista dell’Iliade, che agisce dominato
dagli istinti primordiali e in particolare dall’ira, Ulisse ricorre spesso al suo ingegno e ai
suoi molteplici talenti. Achille incarna la virtù del coraggio, mentre Ulisse è la
“personificazione” dell’intelligenza. Odisseo “bello di fama e di sventura” è un uomo
saggio e intrepido costretto per odio del Dio Nettuno a peregrinare a lungo sul mare, con il
pensiero sempre rivolto alla sua Itaca: alla sua casa, alla dolce e fedele sposa Penelope e al
figlio Telemaco per amore dei quali rinuncia all’immortalità offertagli dalla Dea Calypso.
Quindi l’unico scopo di Omero è quello di rappresentare al meglio Ulisse come il grande
eroe che sfida avversità di ogni sorta pur di far ritorno a casa sua facendo sempre fede ai
valori familiari e mantenendo sempre una certa rettitudine, pur facendo ampio ricorso alla
propria intelligenza e all’astuzia che spesso lo portano ad ordire elaborati inganni contro chi
ostacola il suo cammino. L’EVOLUZIONE DEL PERSONAGGIO In seguito grandi autori,
come ad esempio Virgilio e Ovidio, hanno fatto dell’Ulisse omerico una figura mitica di
navigatore desideroso di conoscere il mondo e ampliare le sue conoscenze, dando quindi
una nuova sfumatura di colore a questo personaggio. Ancora più tardi autori della tradizione
latina come Seneca, Tacito, ma anche altri, avevano vagamente accennato ad un ulteriore
viaggio di Ulisse oltre le colonne d’Ercole, nei mari d’occidente, dove egli sarebbe
scomparso durante una tempesta. Fu però la tradizione medioevale a farne il prototipo del
viaggiatore per mare e per terra. Da tutte queste vaghe notizie trasse ispirazione Dante e ne
fece la figura leggendaria che è ancora oggi, facendola risplendere di luce nuova: Ulisse non
ritorna in patria come racconta Omero; spinto dalla brama di conoscere , spirito inquieto e
ardito, rinuncia a una vita tranquilla e serena nella sua isola “rupestre” e riprende il mare:
una sfida all’ignoto, alla ricerca del “mondo senza gente”. Inoltre qui si aggiunge la
questione della morte, la letteratura e i miti infatti ci offrono tre diverse versioni sulla morte
di Ulisse: ? Nel libro undicesimo dell’Odissea l’indovino Tiresia predice il futuro del re
itachese; uccisi i proci ripartirà per terre lontane ai confini del regno di Poseidone, giungerà
ad una terra dove non si conoscono il mare e le navi, dove non si condiscono i cibi col sale.
Tornato a Itaca da questa terra misteriosa offrirà sacrifici a tutti gli Dei e una lieta morte
verrà dal mare durante una serena vecchiaia circondato da popoli pacifici. ? Apollodoro
narra invece un mito particolare: tornato ad Itaca l’eroe scopre che Telemaco ha
abbandonato la sua casa; un oracolo infatti gli aveva predetto che Ulisse sarebbe morto per
mano del figlio e quindi Telemaco sceglie per se stesso l’esilio volontario. In realtà, senza
esserne a conoscenza, Ulisse ha dato un figlio a Circe che va a Itaca alla ricerca del padre
ma lo sbarco di stranieri sull’isola provoca un allarme: Ulisse e i suoi scendono a riva, nasce
una battaglia nella quale l’eroe morirà proprio per mano del figlio. ? Nella Divina
Commedia di Dante, opera medioevale d’eccellenza, il viaggio di Ulisse oltre le colonne
d’Ercole si conclude con il naufragio in vista del monte del purgatorio, con la conseguente
morte dell’eroe e di tutti i suoi compagni. ULISSE NELL’OPERA DANTESCA Dante
inserisce Ulisse nella Divina Commedia ed in particolare nel XXVI Canto dell’ Inferno, in
mezzo ai consiglieri fraudolenti. I dannati qui presenti, siamo nell’ VIII Bolgia dell’ VIII
Cerchio, sono coloro che hanno ingannato e circuito con frodi segrete; coloro che in vita
operarono con perfida astuzia, infiammando gli animi alla lite e alla frode, avendo tolto la
serenità e la pace, ora, per la legge del contrappasso, vagano al buio avvolti in una fiamma
appuntita simile a una lingua. La figura di Ulisse è qui presentata come una delle più vive
tra quelle descritte nel poema omerico e una delle creazioni più originali della poesia di ogni
tempo. Nel medioevo si era diffusa la leggenda secondo cui Ulisse, ormai vecchio, ripartì
per mare insieme a pochi compagni fedeli. Dante accoglie questa tradizione ma immagina
che Ulisse, anziché tornare in patria, lasci Circe e affronti in una sfida all’ignoto il viaggio
oltre le colonne d’Ercole. IL CANTO XVII Dante e Virgilio quando scorgono le anime dei
dannati avvolti dalle fiamme si trovano su uno dei ponticelli che congiungono le varie
Bolge dell’ VII Cerchio. Alla domanda di Dante al maestro sull’identità di quell’anima
divisa in due che avanza verso di loro Virgilio risponde con queste parole: Rispuose a me: “
Là dentro si martira Ulisse e Diomede, e così insieme A la vendetta vanno come all’ira; e
dentro della lor fiamma si geme l’agguato del caval che fe’ la porta onde uscì de’Romani il
gentil seme. Piangevisi entro l’arte, per che, morta, Deidamia ancor si duole di Achille, e
del Palladio pena vi si porta” Nella fiamma vista dal poeta in realtà dimorano due anime,
sono Ulisse e Diomede. I due come nella vita agirono insieme ( tesero un agguato a Reso e
lo uccisero per impossessarsi dei suoi bellissimi cavalli –Eneide libro I-; penetrarono a Troia
per rubare il Palladio, ossia la statua sacra di Minerva, protettrice della città, commettendo
così un furto sacrilego –Eneide libro II-; e infine grazie allo stratagemma del cavallo di
legno riuscirono a entrare nella città di Troia, che venne così espugnata dopo aver resistito
agli attacchi dei greci per dieci anni) ora scontano insieme la loro pena. Ma a Dante
interessa conoscere solamente la storia “delle fiamma più alta”, Ulisse, e soprattutto in quali
circostanze avvenne la sua morte poiché Omero non lo racconta nell’Odissea. Quindi
nuovamente parla Virgilio, dicendo: “O voi che siete due dentro ad un foco, s’io meritai di
voi mentre io vissi, s’io meritai di voi assai poco quando nel mondo li alti versi scrissi, non
vi movete, ma l’un di voi dica dove perduto a morir gissi.” Inizia qui il racconto “dello
maggior corno” : dopo aver lasciato la maga Circe nemmeno l’amore per la patria, per la
moglie, e per il figlio riuscirono a convincerlo a non seguire più la conoscenza e il fare
nuove esperienze. Quindi seppur vecchio sia lui che i suoi compagni riprendono il mare
verso l’ignoto: hanno ancora pochi anni di vita e vale perciò la pena di sacrificarli pur di
ampliare la conoscenza acquisita in “cento milia perigli” . Ulisse chiamando
affettuosamente i compagni “fratelli” cerca di suscitare nel loroi animo il desiderio a
seguirlo oltre , e la sua eloquenza non solo li persuade ma anche li infiamma. “Considerate
la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza. Li
miei compagni fec’io sì aguti Con questa orazion picciola, al cammino, che a pena poscia li
avrei ritenuti; e volta nostra poppa nel mattino de’ remi facemmo ali al folle volo, sempre
acquistando dal lato mancino.” Il volo di Ulisse e dei sui compagni è folle perché l’uomo
non può superare i limiti imposti da Dio, nel purgatorio non possono approdare
imbarcazioni con a bordo persone vive. Il fatto che Ulisse osi varcare quei limiti pur non
essendo morto rappresenta una follia. Arriva poi la descrizione della morte di Ulisse e dei
suoi compagni: quando furono in vista del “bruno” monte del purgatorio, dopo cinque mesi
di navigazione, nei cuori degli audaci si accende una luce di gioia e di speranza, ma è una
breve folata presto dissolta nel turbine che tramuta la gioia in dolore e pianto. Quindi le
acque sommergono la nave che viene affondata “ com’altrui piacque”. IL FOLLE VOLO DI
ULISSE Quando Ulisse si trova presso le Colonne d’Ercole, confine estremo della terra
abitata, tace osservando l’oceano misterioso che cinge tutt’intorno la terra come nelle
rappresentazioni cosmografiche del medioevo. Quell’immensa distesa inesplorata che aveva
affascinato il mondo lo tenta in modo irresistibile; con lui pochi compagni fedeli ormai tutti
vecchi e tardi , ma se col volgere del tempo il corpo declina il loro spirito temprato alla lotta
non conosce la legge del tempo, ed anzi si erge con giovanile ardimento contro l’ignoto,
pronto ad osare ciò che nessuno mai osò. L’Ulisse di Omero tornato alla sua “petrosa” Itaca
può attendere la fine della vita in vecchiaia e circondato da affetti e sicurezza, una tale fine
non si addice però all’eroe dantesco… la vita per lui è un ascesa senza sosta, non v’è riposo
finché resta un’altezza da conquistare. La figura di Ulisse acquista così gigantesche
proporzioni nel suo folle ardimento di varcare il limite imposto alla ragione umana; la
credenza seguita da Dante collocava l’Eden in mezzo all’oceano, lontanissimo dalle terre
abitate, su un alto monte che si protendeva fino a toccare il cielo della luna. Ma esso per
giusto decreto divino, è inaccessibile all’uomo. Appunto contro questo decreto cozza e
s’infrange l’eroica volontà dell’uomo che ha osato quel che gli era vietato d’osare. In questo
consiste la follia d’Ulisse. Non è consentito ala ragione umana di superare il limiti divini.
Ulisse personifica in sé la ragione umana insofferente dei limiti… Nella follia di Ulisse e
dei suoi compagni c’è tutto l’orgoglio umano che spinse Adamo ed Eva a gustare il frutto
della scienza del bene e del male per essere più simili a Dio; ed anzi vi è pure il folle
orgoglio di Lucifero che disse di voler salire in cielo superando gli astri di Dio vi ponendo il
suo trono e diventando simile all’Altissimo. Nel folle volo d’Ulisse Dante scorge una
continuazione del peccato originale, anzi del peccato degli angeli ribelli. Questi, come i
primi uomini, vollero essere simili a Dio, e simile a un dio ribelle ci appare veramente
Ulisse, dritto sulla prua della sua nave che solca l’oceano sconfinato e misterioso. Qui
Dante, dal punto di vista teologico e biblico, condanna Ulisse per l’insano ardimento di
andare contro il volere eterno del fato; ma alla condanna del teologo si contrappone la
commozione del poeta verso un uomo che ha votato la sua vita alla ricerca della conoscenza
e del sapere. ALTRI POETI CHE HANNO CANTATO L’ARDORE DI ULISSE Come si è
detto quindi questo mito che ha affascinato generazioni di letterati, seppur tema di nicchia, è
spesso ripreso. I più importanti poeti italiani di fine 800’ e inizio 900’ che hanno scritto
riguardo Ulisse sono Giovanni Pascoli e Gabriele D’Annunzio. Mentre, ad esempio, in
Inghilterra ebbe un enorme successo l’ “Ulysses” di Lord Alfred Tennyson, il più letto e
amato poeta dell’età vittoriana. GIOVANNI PASCOLI Pascoli ha trattato il tema dell’Ulisse
nei Poemi conviviali di cui fanno parte i poemetti “Il sonno di Odisseo” e “L’ultimo
viaggio”. Poemi Conviviali è una delle più interessanti opere della poesia pascoliana ed i
temi sono attinti alla mitologia o alla storia greca, di cui si sviluppano momenti ed episodi
marginali, caricandoli di significati simbolici e di una sensibilità tutta moderna. “Per nove
giorni, e notte e dì, la nave Nera filò, chè la portava il vento E il timoniere, e ne reggeva
accorta la grande mano d’Odisseo le scotte; […] …E gli balenò vinto Dall’alba dolce il
grave occhio: e lontano S’immerse il cuore d’Odisseo nel sonno.” I strofa, “IL sonno di
Odisseo”, Poemi Conviviali, Pascoli. “L’ultimo viaggio” è un poema composto di 24 canti
di endecasillabi sciolti; sul filo dell’Odissea “l’ultimo viaggio” è ispirato al tema dantesco
dell’ignoto: meglio il folle volo alla ricerca di virtù e conoscenza che una serena ma grigia
vecchiaia nella “piccola isola rupestre”. E così Ulisse riprende il mare con i compagni per
ripercorrere e rivivere nel ricordo la grande epopea della sua vita. Ma il mito glorioso che
riveste di sogno la realtà del passato si è dissolto con la sua giovinezza; egli non ritroverà
più i lampi d’amore (Circe) o di gloria (Polifemo). L’ultimo viaggio segna dunque la caduta
di quel mito che dava fascino e senso alla vita: l’ultimo approdo di Ulisse sarà difatti il
Nulla. Ogni volta che Ulisse va a ricercare il ricordo della sua antica gloria si accorge che si
è trattato solo di un illusione, così con l’amore di Circe, così con la gloria della sconfitta di
Polifemo. Disilluso per la perdita delle sue certezze Ulisse va presso le sirene, esse infatti
conoscono sia passato sia futuro, ma anche loro sono illusione; alla voce implorante di
Ulisse risponde lo schianto della nave sulla scogliera: è il naufragio del mito. “Ecco: ai
compagni disse di restare Presso la nave e di guardar la nave. Ed egli all’antro già moveva
[…] Dentro non era. Egli pasceva al monte I pingui greggi. E i due meravigliando Vedean
graticci pieni di formaggi, […] …E d’uno dei recinti Ecco che uscì, con alla poppa il
bimbo, un’altocinta femmina, che disse: Ospiti, gioia sia con voi. Chi siete? “ XIX Canto (Il
Ciclope), “L’ultimo viaggio”, Poemi Conviviali, Pascoli “E il vecchio eroe sentì che una
sommessa Forza, corrente sotto il mare calmo, spingea la nave verso le sirene; […] Sirene,
io sono quel mortale Che v’ascoltò ma non potè sostare. E la corrente tacita e soave Più
sempre avanti sospingeva la nave. […] Son io! Son io, che torno per sapere! Chè molto io
vidi, come voi vedete… E la corrente rapida e soave Sempre più avanti sospingea la nave.
[…] Solo mi resta un attimo. Vi prego! Ditemi almeno chi sono io! Chi ero! E tra due scogli
si spezzò la nave.” XXIII Canto (Il Vero), “ L’ultimo viaggio”, Poemi Conviviali, Pascoli.
GABRIELE D’ANNUNZIO D’Annunzio in “Maia” , il primo libro delle Laudi, volge il suo
sguardo verso un tema centrale: le Lodi alla vita intesa come trionfo naturalistico degli
istinti e come molteplicità ininterrotta di esperienze, di cui si fa interprete la figura mitica di
Ulisse. Nel IV Canto “Maia”, divisa in XXI Canti, troviamo l’incontro del poeta con Ulisse.
Il poeta immagina di incontrarlo mentre naviga nelle acque dell’Egeo vicino all’isola di
Leucade; dopo aver ucciso i Proci Ulisse ha ripreso il mare sospinto dal fato e
dall’implacabile Poseidone. Al D’Annunzio la figura dell’Ulisse giunge con tutti i dettagli
omerici e con la grandiosa tragedia sulla sua morte creata da Dante, ma per lui rappresenta
soprattutto quell’uomo nel quale si riuniscono tutte le virtù della Forza perfetta. Il poeta
vuole essergli eguale: vuole tendere con lo stesso vigore l’arco che solo Ulisse sapeva
tendere, vuole essergli pari nell’audacia e nel dominio. L’Ulisse dannunziano ricerca la
solitudine, si estrania dal mondo, non risponde quando il poeta si rivolge a lui, quest’ultimo
Ulisse incarna in realtà per il poeta l’ideale del superuomo. “Incontrammo colui che i latini
chiamano Ulisse, nelle acque di Leucade, sotto le roggie e bianche rupi che incombono al
gorgo vorace, presso l’isola macra… […] O Laertide gridammo, e il cuor ci balzava nel
petto […] Non pur degnò volgere il capo. […] Tra costoro io sono il più forte. Mettimi alla
prova. E, se tendo L’arco tuo grande, qual tuo pari prendimi teco. IV Canto, “Maia”, Laudi
del cielo del mare della terra e degli eroi, D’Annunzio. LORD ALFRED TENNYSON.
Tennyson è ritenuto un “romantico della terza generazione” nonché uno dei poeti dell’età
vittoriana più letti ed amati. Il suo poema “Ulysses” si svolge completamente come un
discorso in prima persona, un monologo fatto da Ulisse stesso, e si articola in vari momenti,
anche se sono tre i punti chiave. ? PRESENTE - Ulisse non accetta una vita normale di
sposo e di re: vuole bere la vita fino in fondo, non fermarsi mai, neppure in età avanzata. ?
PASSATO – L’eroe riporta alla mente tutte le avventure passate, le sofferenze sul mare, le
gioie provate nella pianura di Troia. Le esperienze trascorse, sia positive che negative, lo
hanno arricchito facendone un esperto conoscitore degli altri ma soprattutto di se stesso. ?
FUTURO – Per Ulisse la vecchiaia non è un ostacolo a riprendere la via dell’avventura; non
è mai tardi per chi cerca un nuovo mondo da scoprire. Bisogna però affrettarsi in quanto la
morte incombe costantemente sull’uomo, anche quello disposto a “lottare e cercare e trovare
né cedere mai”. “Non posso riposami dal viaggio: voglio bere La vita fino alla feccia (in
fondo): per tutto il tempo ho molto gioito E molto sofferto… I cannot rest fromtravel: I will
drink Life to the lees: al times I have enjoyed Greathly, h

TEMA: LE FIGURE FEMMINILI NELL’ODISSEA

Nell’Odissea i personaggi femminili sono numerosi e rivestono ruoli importanti, da


Penelope ad Atena, da Nausicaa alle divine Circe e Calipso. Sono tutte figure delineate nella
loro individualità, con una varietà di sfumature.
L’immagine femminile che prende forma nell’odissea è quella di una donna bella; la
bellezza é in effetti la prima caratteristica su cui si sofferma costantemente Omero quando
presenta un personaggio femminile.
Coerentemente con la funzione educativa con la quale Odisseo presenta i personaggi, alcune
delle figure di donna dei poemi omerici definiscono per la donna greca, in positivo o in
negativo, rispettivamente, il modello di comportamento ideale da imitare e il modello
negativo da rifiutare.
La donna infatti doveva conquistare la sua buona fama tessendo, filando, curando la casa e
mantenendosi fedele al marito.
Era questa una dote essenziale; il matrimonio richiedeva infatti una fedeltà assoluta alla
donna.
La tessitura è inoltre l’attività per antonomasia riservata alle donne nel mondo greco. Arte
dunque per eccellenza femminile, almeno nel mondo greco, che dà luogo ad una serie di
pratiche, conoscenze, competenze nelle donne. Mentre gli uomini sono occupati a guidare le
sorti della politica, della filosofia o della guerra fuori dalle mura domestiche, la donna é così
relegata ideologicamente nell’ “oikos” (la casa greca), al di fuori del quale é inesistente.
Questa figura si ritrova più volte: Elena, raffigurata a Sparta di nuovo in carica come moglie
regale di Menelao nell’Odissea, è ancora circondata da meravigliosi strumenti per la
tessitura, fuso d’oro e cestino con ruote tutto in argento; attributi che si ritrovano nella
figura della regina Arete madre di Nausicaa nell’Isola dei Feaci, che tesse meditando vicino
al focolare, e in Circe, che canta divinamente mentre tesse, come le Nàiadi e le Ninfe
nell’antri muschiosi.
Nell’odissea la donna che riassume tutte le caratteristiche che dovrebbe avere è Penelope.
Le sue doti e virtù diventano simbolo dell’idea e del modello di donna greca: essa deve
essere bella, regale, abilissima nella tessitura e fedele al marito e alla famiglia.
Penelope è sempre stata vista come il simbolo di una fedeltà incrollabile e virtuosa, che la
porta ad aspettare il marito che tutti credevano morto per vent’anni. Penelope ha il ruolo
all’interno dell’Odissea di “polo statico”,verso cui tende la dinamica dell’azione di Odisseo,
e di “filo conduttore” dell’intera Odissea poiché tutte le avventure del marito sono motivate
dal fatto che vuole tornare da lei.

Nel poema le figure femminili rivestono anche il ruolo di “aiutanti”: Atena è l’aiutante per
eccellenza che assiste con continuità l’eroe (sollecita presso Zeus il suo ritorno, gli dà utili
consigli, ne tutela l’anonimato trasformandolo fisicamente…) e che protegge suo
figlio,Telmaco. Nell’Odissea, di cui è noto il carattere iniziatico del viaggio, è lei che
favorisce il ritorno di Ulisse a Itaca.
Atena inoltre è l’unica figura femminile che ha ruolo definito e potere nell’odissea, in
nessuna situazione mette in campo una femminilità che le è del tutto estranea. Dea virile e
dea guerriera, Atena non sarà mai né madre né moglie, lei non è neppure figlia di donna
essendo nata dalla testa di suo padre Zeus.

Ci sono anche Circe e Calipso le quali però nascondono aspetti di ambiguità, aiutano l’eroe,
ma tentano anche di impedire il suo ritorno trattenendolo presso di loro.

La ninfa Calipso ad esempio si innamora di Odisseo, vuole tenerlo per sempre nella sua
isola, l’isola di Ogigia. Odisseo tuttavia è contrario: in lui prevale un’umanità grandiosa,
senso di responsabilità, pazienza, sottomissione al Fato, dolore, morte e coscienza, così
Calipso lo fa prigioniero per circa otto anni. Finalmente dopo otto anni gli Dei mandano
Ermes a liberare Odisseo, Calipso protesta amaramente di fronte al comando degli dei che le
impongono di separarsi dall’uomo amato. Tuttavia si sottomette a Zeus, aiuta Odisseo a
costruire una zattera perché possa far rientro ad Itaca e gli procura abiti e viveri per il
viaggio.

Odisseo, dopo essersi congedato da Calipso,incorre nell’ennesimo naufragio a causa di una


violenta tempesta che lo trascina sull’isola dei Feaci. Qui incontra Nausicaa, figlia del re
dell’isola, Alcinoo, che è andata alla spiaggia per lavare dei panni con le sue ancelle. Nel 6^
canto Nausicaa scopre Ulisse in pessime condizioni sulla spiaggia e lo esorta a lavarsi al
fiume. Così Odisseo, grazie anche all’influsso magico di Atena, recupera tutto il suo
fascino, lasciando a bocca aperta Nausicaa, che presa dall’emozione confida il suo amore
alle ancelle.
Nausicaa è una figura bellissima nell’Odissea, forse una delle più belle, e sicuramente
quella descritta con i toni più delicati che il poeta potesse usare.
Tutto l’episodio di Nausicaa è incentrato sul fatto che questa ragazza sta aspettando l’arrivo
del suo sposo che gli è stato annunciato in sogno da Atena. L’arrivo di Ulisse, reso
bellissimo dall’intervento divino, è un tuffo al cuore per questa ragazza che probabilmente
crede di vedersi già davanti il suo futuro sposo. Le adulazioni di Ulisse, delicate e
appropriate alla situazione affascinano la fanciulla che dalla descrizione delle sue azioni e
delle sue parole ci appare bella di una bellezza pura, ingenua, tuttavia non sprovveduta.
Omero fa notare come Nausicaa segua in modo impeccabile le sacre regole dell’ospitalità
anche davanti a uno sconosciuto come dimostri la sua ammirazione per Ulisse in modo
semplice e delicato quando lo invita a entrare da solo in città, per non destare pettegolezzi
riguardo a un uomo così bello accanto a lei.

Una volta ospitato nella reggia dell’isola dei Feaci, Ulisse inizia a raccontare le varie
avventure in cui si è imbattuto prima di arrivare in quell’isola: dopo i Cìconi, i Lotofagi,
Polifemo, l’isola di Eolo e i Lestrigoni, viene a contatto con un’altra figura femminile, la
maga Circe.
L’episodio di Circe è immerso in una atmosfera fiabesca e riprende le tradizioni di favole
con al centro maghe e incantesimi.
Quando i compagni di Ulisse si fermano davanti alla casa della maga Circe, circondata da
lupi e leoni addomesticati che lei ha stregato con funesti farmaci, vedono la dea che canta e
tesse una grande e immortale tela, come sono il lavori delle dee, fini, splendenti e graziosi.
Circe sta tessendo la trama ad Odisseo con la quale lo farà regredire ad animale. Ma viene
in aiuto a Ulisse, Ermes, simbolo del “mondo intermedio”, che gli indica come stabilire un
patto con la dea; infatti si unirà a lei, e proprio in virtù di questo patto e unione, Circe lo
aiuterà nella sua discesa agli inferi.
Omero narra una femminilità particolare: seducente, sprezzante, ammaliante, beffarda.
Circe si rileva in una femminilità risoluta, decisa, volitiva, superiore alle accettazioni facili e
ai compromessi volgari.
Alle figure femminili nell’odissea viene attribuita una particolare importanza, acquistano
l’aria più affascinante: Calipso “avvolgente”, Nausicaa confusa, innocente e palpitante,
Circe lussuriosa, Penelope astuta e sapiente.

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