Sei sulla pagina 1di 6

Eraclidi di Euripide

Era la famiglia di Eracle. Il cugino di Eracle, Euristeo, perseguita i discendenti di


Eracle che sono guidati dal nipote Eurilao, tuttavia, questo accade perché Euristeo
doveva avere il trono. Gli Eraclidi quindi scappano e trovano asilo ad Atene dove li
accoglie il re Demofonte, ma, prima di accoglierli, il re vuole vedere, attraverso
l’oracolo, se accogliere queste persone significa avere protezione per la città da parte
degli dei: gli dei dicono di si ma vogliono il sacrificio di una vergine. Per cui
volontariamente, una discendente di Eracle, Macaria, si offre per il sacrificio.
Elemento utilizzato diverse volte da Euripide (“Ifigenia in Aulide”). Grazie a questo
sacrificio, Euristeo viene sconfitto dall’esercito ateniese anche perché il nipote di
Eracle, ormai vecchio, ringiovanisce improvvisamente, e riesce a sbaragliare
l’esercito nemico. La mamma di Eracle, quando Euristeo viene fatto prigioniero,
insiste affinché sia ucciso. Prima di morire, Euristeo si offre come protettore di Atene
perché il re voleva evitare la sua morte. Ma la mamma vuole vendicare la figlia e le
persecuzioni che hanno dovuto subire. Ci sono elementi che ricordano l’ ”Edipo re”
di Sofocle: lo spirito protettore, il sacrificio di Macaria, tipico di Euripide.

1
Supplici di Euripide

Trama: un gruppo di donne si raccoglie presso l’altare di Demetra a Eleusi per


chiedere agli Ateniesi di aiutarle a dare degna sepoltura ai figli: si tratta delle madri
dei guerrieri argivi morti nell’assedio di Tebe (si ricollega alla battaglia dei “Sette a
Tebe”), dove muoiono anche Eteocle e Polinice), alle quali i Tebani negano la
restituzione dei cadaveri. Teseo, re di Atene, si lascia commuovere dal dolore delle
donne e affronta l’araldo tebano in un dibattito che assume immediatamente contenuti
politici, in cui si difendono la democrazia, il diritto, la libertà, l’uguaglianza e la
sovranità popolare di Atene in contrapposizione alla tirannide di Tebe. Alla battaglia
oratoria segue la battaglia militare, che si conclude con la vittoria ateniese e la
restituzione dei cadaveri alle madri. Ad Adrasto, che accompagna le donne, viene
affidato il compito di celebrare i caduti con un discorso. Durante il rito funebre
Evadne, moglie di Capaneo, si getta sul rogo del marito, dando prova di suprema
dedizione e fedeltà coniugale. Conclude il dramma la comparsa ex machina di Atena,
che fa giurare all’argivo Adrasto, l’eterna riconoscenza della sua città nei confronti di
Atene.

Nelle “Supplici”, la vicenda delle madri dei caduti di Tebe che, sotto la guida di
Adrasto, si rivolgono al sovrano ateniese Teseo (eroe fondatore di Atene) per ottenere
i corpi dei figli permette ad Euripide di sviluppare il tema dell’elogio della città. Nel
discorso di Teseo si accumulano i topoi della retorica propagandistica, a cominciare
da quello della libertà. Al di là del vagheggiamento idealistico della sua città, vista
come un luogo dove giustizia e onore sono valori assoluti, Euripide condanna infatti
l’assurdità della guerra e delle sue conseguenze, che minaccia di intaccare la vita
dell’intera società umana. Entrambe le opere appartengono a un modello teatrale, le
“tragedie di supplica”, alquanto diffuso sulla scena attica.

2
I prossimi drammi scritti da Euripide riguardano la tematica della guerra. I festival
teatrali si svolgevano anche durante il periodo della guerra, proprio per questo
motivo, Euripide non poteva fare a meno di proporre questo tema. In particolare,
mostra la parte più debole della guerra tra Atene e Sparta: le donne. Nel 415 c’era
stata la pace di Nicia (421-414 a.C.) in cui gli ateniesi invece di stare a casa
pensarono di compiere una spedizione militare in Sicilia, a Siracusa, guidati anche da
Nicia. Mentre stavano andando in Sicilia, si viene a sapere che, ad Atene, le statue del
Dio Ermes, particolarmente care al popolo, avevano subito dei danni: gli erano stati
mutilati gli organi sessuali. Questo fatto è passato alla storia come “mutilazione delle
erme”. Volevano quindi arrestare Alcibiade che stava sulla nave, in quanto era colui
che aveva organizzato la spedizione in Sicilia. Decise quindi di scappare e passare
dalla parte degli Spartani. A Siracusa si recò solamente Nicia, dove furono violentati
da parte degli Spartani, e molti furono fatti prigionieri nelle Latomie di Siracusa.
Prima del 415, durante le prime fasi della guerra, alcune città avevano dichiarato di
essere neutrali, non volevano fare la guerra. Tra queste c’era una delle isole Cicladi:
l’isola di Melo. Gli ambasciatori Ateniesi andarono così a chiedere perché non
volessero partecipare, in quanto loro stessi temevano che anche altre città si sarebbero
ritirate (Atene a capo dell’alleanza delio-attica e sparte dell’alleanza peloponnesiaca).
Melo faceva parte della lega delio-attica, ma volevano restare neutrali. Quindi
diedero ai Meli la scelta o di partecipare alla guerra con gli Ateniesi o li avrebbero
sterminati. Quelli resistettero pensando che non gli avrebbero fatto del male, e invece
li sterminarono: uccisero gli uomini e resero schiavi donne e bambini. Tutte queste
informazioni sono contenute nell’opera “La Guerra del Peloponneso” di Tucidide.
Nei discorsi che lui porta degli alleati ateniesi si capisce la giustificazione politica di
questi atti, perché non potevano perdere la guerra, cosa che invece successe. Euripide
non poteva digerire che la città si fosse comportata i questo modo.

3
Ecuba di Euripide

Ecuba è il titolo della prima di queste tre tragedie. Ecuba è la moglie di Priamo e
madre di cinquanta figli (di Cassandra, di Ettore, Polidoro, ecc.). Il dramma viene
narrato dal figlio più piccolo, Polidoro. Quando era piccolo fu mandato in Tracia per
proteggerlo dalla guerra. Priamo aveva mandato insieme al figlio dell’oro come
regalo per il re Polinestore, affinché proteggesse il figlio. In realtà, egli fa uccidere il
figlio, impossessandosi dell’oro. Il fantasma di Polidoro parla nel prologo
raccontando ciò che è successo. Dopo il prologo, i Greci vittoriosi su Troia hanno
fatto prigioniere le donne, tra cui proprio Ecuba. Lungo il viaggio si fermano per fare
rifornimento. Prima di ripartire dalla Tracia il vento però cambia e non si può più
ripartire. Così consultano l’oracolo e vengono a sapere che bisognava sacrificare una
vergine. Viene scelta un’altra figlia di Ecuba: Polissena (successivamente sacrificata
sulla tomba di Ulisse). Un messaggero le dice che alla fine la fanciulla si era
rassegnata al suo destino. Ecuba si presenta come una donna sconfitta, in quanto
avviene la distruzione della sua famiglia e viene fatta prigioniera. Ad un certo punto
il re di Tracia, Polimestore, arriva a parlare con Agamennone. Prima che arrivasse
Polimestore si scoprì il cadavere di Polidoro. A quel punto Ecuba capisce che era
stato Polimestore ad aver ucciso il figlio, chiedendo una cosa assurda, per una
prigioniera: chiede ad Agamennone la vendetta su Polimestore. Acconsente perché è
una madre e perché Agamennone non si fida di lui. Polimestore, non è a conoscenza
di nulla, quindi, lui e i figli vengono fatti entrare nella tenda delle prigioniere troiane
e a quel punto le donne uccidono tutti i figli di Polimestore, infine, Ecuba lo acceca.
Polimestore esce con gli occhi insanguinati. Davanti ad Agamennone si ha una specie
di processo in cui Ecuba dice la sua e Polimestore la sua (presenza dei dissoi logoi).
Agamennnone dà ragione ad Ecuba e, quindi, prima di morire, Polimestre si vendica
facendo una profezia. La profezia consiste che Ecuba andrà negli inferi e si
trasformerà in cagna, al contrario, la figlia, Cassandra, morirà con Agamennonne per
mano di Clitemnestra ed Egisto.

4
Andromaca così entra in scena e piange la morte di Ettore, il quale deve subire una
nuova sciagura. Gli ateniesi devono sacrificare il figlio, lanciandolo dalle mura della
città, per non vendicare il padre. Quindi lei è resa schiava dell’uomo che ha ucciso il
figlio. Euripide sottolinea l’orrore della guerra e i dolori che le donne sono costrette a
subire, in quanto sono oggetto di pietà. Elena a questo punto torna a casa con il
marito ed Ecuba la accusa di tutto quello che è successo, giustificandosi e dicendo
che è colpa di Afrodite. La tragedia finisce con l’araldo che porta il cadavere di
Astianatte e le prigioniere troiane salpano per andare ad Atene. Le troiane raccontano
gli ultimi fatti che accadono prima della partenza.

Euripide vuole mettere in luce quello a cui si va in contro. La guerra porta


devastazione, odio, sofferenza; le donne vengono trattate come schiave, animali,
senza dignità; donne che prima erano regine, principesse (come Ecuba). Si presenta
un rovesciamento delle sorti: una regina può trovarsi, da un momento all’altro, come
schiava, e non bisogna mai vantarsi di essere una nobile persona, poiché, da un
giorno all’altro, tutto può finire. Tema affrontato anche da Archiloco: non innalzarti
troppo quando stai bene, non abbatterti quando stai male, mantieni un certo
equilibrio.

5
Andromaca di Euripide

Andromaca, concubina di Neottolemo, è rimasta incinta. Neottolemo è sposato con


Ermione, da cui non sono nati figli. La moglie legittima non ha figli, la schiava sì.
Ermione è gelosa e vuole uccidere Andromaca. Peleo, nonno di Neottolemo, vive con
il figlio Achille a Ftia. Egli vuole proteggere il futuro nipote e quindi allontana
Ermione che, non riuscendo a vendicarsi, aspetta il momento opportuno che arrivi.
Oreste, promesso sposo di Ermione, si amavano – Ermione fu concessa in sposa a
Neottolemo. Oreste, approfittando della totale assenza di Neottolemo, manda dei
sicari ad ucciderlo e porta con sé Ermione, salvandosi da Peleo, che attende il ritorno
di Neottolemo. Andromaca resta con Peleo. Alla fine il copro viene portato a Ftia
dove Andromaca lo piange. Andromaca però trova consolazione sposando Eleno, da
cui avrà un figlio, Molosso, da cui nasce una stirpe chiamata Molossi.

 Il fattore tragico scaturisce non dal conflitto tra uomo e destino, bensì dalle
difficoltà di rapporti tra gli individui e dalla prevaricazione che i forti – qui
Ermione e il padre Menelao – si sentono in diritto di esercitare sui deboli, quali
appaiono Andromaca e il figlioletto Molosso. Le due donne, peraltro, non
potrebbero essere più diverse: madre una, sterile l’altra; umile e remissiva
Andromaca, gelosa ed egoista Ermione; piegata dalle sofferenze Andromaca,
arrogante e viziata la sua rivale: una, in sostanza, appartiene al mondo dei vinti,
l’altra a quella dei vincitori.
 Tra i temi dell’Andromaca spicca quello della salvezza, tipico del teatro
euripideo dell’ultimo periodo. Nella prima parte Andromaca viene salvata in
extremis dall’arrivo di Peleo, nonno di Neottolemo, mentre nella seconda parte
Ermione, prima carnefice e ora vittima, è soccorsa dall’intervento inatteso di
Oreste. Le due situazioni non sono tuttavia equivalenti: infatti per Andromaca la
minaccia è concreta, in quanto rischia di essere uccisa insieme al figlio da
Ermione, nuova moglie di Neottolemo, che la accusa di averla sterile con filtri
magici; per Ermione, invece, il pericolo è relativo, poiché ha solo da temere la
punizione che il marito le infliggerà per le trame da lei ordite contro la rivale.
6

Potrebbero piacerti anche