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I drammi d’intreccio: Oreste, Ione, Ifigenia in Tauride, Elena

Sono drammi a lieto fine, in cui una parte preponderante è affidata al caso, ovvero la τύχη, dai cui
capricci dipende la salvezza dei personaggi. In alcune fra queste tragedie l’ambientazione è esotica e
lontana dall’ambiente della πόλις, in una specie di evasione fantastica. Non c’è la catastrofe finale –
si può definire, al tempo stesso, una tragedia (non tanto per il finale).
TRAMA: ORESTE - una tragedia di Euripide, rappresentata nel 408 a.C. nel teatro di Dioniso.

Il valore di quest’opera (tra le più originali di Euripide) è tutto nell’intreccio, abile sino al virtuosismo.
La follia di Oreste è una depressione mentale e non si può considerare ancora il difensore delle leggi,
bensì solo un povero malato che cerca di sottrarsi ad una condanna per omicidio. Sembra che Euripide
non creda più alla possibilità della tragedia di affrontare i temi profondi della cultura ateniese (ad
esempio, come in Eschilo); le problematiche religiose e culturali che avevano animato l’Orestea non
potrebbero essere infatti più lontane.

TRAMA: IONE - una tragedia di Euripide, rappresentata per la prima volta ad Atene, in un anno
impreciso tra il 413 e il 410 a.C.

Lo Ione è il dramma euripideo in cui meglio si manifesta il meccanismo drammatico della fortuna
quale regista occulta dei destini umani: è un tema che successivamente avrà grande sviluppo nella
commedia di Menandro. Un figlio senza genitori e una madre che ha rinunciato alla sua creatura e
ora vive la dolorosa condizione di un matrimonio sterile si incontrano per caso nello stesso luogo,
ognuno ignorando l’identità dell’altro. Ogni episodio, tuttavia, tende a complicarlo e a rallentare la
soluzione dell’intrigo; mantenendo viva la tensione, ingrediente indispensabile di questo tipo di
teatro.
Nell'opera non esistono personaggi veramente eroici, poiché ognuno di essi è vittima del caso.
Questo porta i personaggi a compiere azioni che rischierebbero di portarli verso il disastro, se non
intervenissero altri personaggi dai poteri superiori (la Pizia ed Atena) a salvare la situazione.
L'opera è in effetti una specie di giallo, senza però un colpevole: il vero responsabile di tutta la
vicenda è il dio Apollo, che ha violentato Creusa, ma egli non si fa vedere in scena (quasi non ne
avesse il coraggio), sostituito dalla dea Atena. Se c’è un colpevole questo va ricercato in Apollo, il
quale ha violentato una ragazza e si è sottratto fino a quel momento all’obbligo di riconoscere la
propria prole. L’opera si conclude con il deus ex machina, Atena, la quale può sciogliere i nodi della
trama e ha il compito di consacrare la ritrovata armonia familiare (tema tipico nelle commedie di
Menandro).

TRAMA: IFIGENIA IN TAURIDE - una tragedia di Euripide. Alcuni pongono la sua prima
rappresentazione nel 414 a.C., altri nel 411 a.C., o nel 409 a.C.
Tauride: toponimo con cui gli antichi Greci identificavano la penisola di Crimea, dal nome dei Tauri.
Ifigenia scampò per poco dall'essere immolata dal padre Agamennone come vittima sacrificale:
all'ultimo momento la dea Artemide (per la quale il sacrificio avrebbe dovuto essere fatto) intervenne
sostituendola con un cervo, e portando la principessa in Tauride. Divenuta sacerdotessa al tempio di
Artemide, si trovò a dover forzatamente svolgere il crudo compito di eseguire il sacrificio rituale di
ogni straniero che sbarcasse sulla penisola taurica. Nel frattempo il fratello Oreste, aiutato da Pilade e
dalla sorella Elettra, ha ucciso Clitennestra, sua madre, per vendicare l'uccisione del
padre Agamennone. Tormentato dalle Erinni, Oreste è spesso preda di attacchi di follia. Incaricato
da Apollo di rubare una statua sacra di Artemide da portare ad Atene per essere liberato dal tormento,
si reca con Pilade in Tauride, non sapendo della presenza della sorella, ma viene catturato insieme
all'amico, e portato al tempio per essere ucciso, come di consueto. Ifigenia e Oreste si riconoscono, e
architettano la fuga, portando con sé la statua di Artemide. Atena compare nel finale per dare alcune
istruzioni ai tre.
La trama sottolinea l'inutilità degli oracoli o dei riti, infatti, nonostante Ifigenia sia ancora viva, le
navi greche sono partite (e tornate) da Troia; la morte della fanciulla sembrava essere l'unica e
inevitabile soluzione e invece non è stato così.
Anche questa è una tragedia a lieto fine, dove domina la fortuna, e, in cui i singoli episodi, carichi
di tensione, hanno in qualche modo uno sviluppo positivo, anche se l’azione è convulsa dall’inizio
alla fine e i personaggi restano impigliati in una rete di inganni e disinganni in cui le decisioni
risultano come inceppate, provvisorie, condizionate da fortunosi eventi esterni. L’ambientazione del
dramma anche qui è esotica. Non sono più gli dèi a muovere tutto, ma la sorte.
I temi affrontati sono molti: alcuni nuovi, altri rimaneggiati, alcuni ribaditi. Uno di questi è proprio il
"tòpos" della morte apparente: tutta la Grecia pensava che Ifigenia fosse stata immolata dal padre
Agamennone come vittima sacrificale, per permettere alle navi greche la spedizione contro Troia,
invece la ragazza è viva ed è sacerdotessa in Tauride con in cuore l'odio verso i greci che, in nome di
una guerra, non si sono opposti al suo sacrificio.
TRAMA: ELENA - una tragedia di Euripide, rappresentata per la prima volta nel 412 a.C. L’opera è un
esempio di tragicommedia che ruota attorno al gioco di equivoci e in cui l’elemento tragico è meno
importante.

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