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LE DONNE ALLE TESMOFORIE

Θεσμοφοριάζουσαι è una commedia di Aristofane che, insieme a “le donne del


Parlamento” e “Lisistrata”, rappresenta una nota trilogia femminista del teatro greco,
portata in scena per la prima volta ad Atene durante le Grandi Dionisie del 411 a.C.;
anno delicato della storia di Atene, era in guerra con Sparta da oltre vent’anni e
preda di turbolenze politiche che nel giro di pochi mesi l’avrebbero portata alla
momentanea caduta della democrazia e all’instaurazione dell’oligarchia dei
Quattrocento.
Il titolo dell’opera è stato tradotto nel corso del tempo in diversi modi : la festa delle
donne, le donne alle tesmoforie…
la prima edizione dell’opera in lingua italiana fu pubblicata a Venezia nel 1545 e si
intitola “Le cereali”, Traduzione dal greco di Bartolomio Rositini, Pietro Rositini
(1545)
La scena è ambientata ad Atene, durante il secondo giorno delle Tesmoforie =una
festa autunnale dedicata alle dee Demetra e Persefone, a cui potevano partecipare
solo donne nobili e sposate. In questa situazione particolarmente mordace, viene
discusso il ruolo delle donne nella vita pubblica della città, con riferimento alla
perenne guerra tra i sessi. L’intenzione di Aristofane non è però di denuncia politica,
bensì di satira contro un unico obiettivo culturale: Euripide, il più famoso
tragediografo dell’epoca, accusato di empietà, scarso amore di patria, corruzione dei
costumi. E sono proprio le donne sposate a lamentarsi maggiormente riguardo a
Euripide, il quale ha smascherato i loro sotterfugi e le loro meschinità. Esse non
negano di avere una natura poco morigerata, ma rimpiangono di aver perso la loro
libertà d’azione nei confronti dei mariti. Anche le accuse di ateismo rivolte al poeta
hanno in definitiva un risvolto pratico: “Mio marito è nato a Cipro, lasciandomi
cinque figli, che io crescevo a stento facendo corone di mirto e vendendole. E fino a
poco fa me la cavavo alla meno peggio; ma ora lui con le sue tragedie ha persuaso gli
uomini che gli dei non esistono, e noi non vendiamo più neppure la metà. Perciò
insisto con voi tutte che dobbiamo punirlo.”
trama

Euripide, nell’invenzione aristofanesca, deve difendersi davanti a un’assemblea di


donne riunita nel tempio (parodia dell’ekklesía ), in cui si contestano i contenuti
denigratori delle sue tragedie nei confronti del sesso cosiddetto “debole”. Non lo fa
in prima persona, ma affida l’arringa a un suo parente (Mnesiloco suocero di
euripide), camuffato in vesti muliebri, il quale tenta di controbilanciare le accuse
inviperite delle protagoniste, sottolineando anche le colpe e i difetti che si annidano
negli animi e nei comportamenti femminili.
Una delle più esagitate rappresentanti dell’accusa, Mica, così parla del massimo
autore teatrale greco:
"Mi alzo a parlare non per ambizione, donne, lo giuro in nome delle dee: ma davvero
da tempo non sopporto di vederci infangate e sputtanate da Euripide, quel figlio di
erbivendola: subiamo offese a iosa, e d’ogni tipo. Di quali oltraggi non ci copre? E
quali calunnie ci risparmia, niente niente che abbia un coro, gli attori, e un po’ di
pubblico: ci definisce adultere, ninfomani, ubriacone, ciarlone, traditrici, poco di
buono, male immenso ai maschi."
Altre voci singole di donne e il coro intero si esprimono parodiando personaggi e
contenuti dei drammi euripidei (l’elena e Andromeda e Telefo) , bersaglio polemico
di Aristofane, che non ne apprezzava la mancanza di fede negli dèi, la morale
libertaria, la eccessiva giustificazione delle debolezze umane, l’esibito
intellettualismo.
E’ questa la parte dell’opera, probabilmente, più divertente. Le donne alle
Tesmoforie è, infatti, il più antico esempio di Metateatro, ovvero, il teatro all’interno
del teatro: l’intento è quello di svelare il carattere fittizio della scena con toni comici.
Tale tecnica teatrale è costruita, principalmente, su alcune delle tragedie delle stesso
Euripide: in particolar modo l’Elena e l’Andromeda. La peculiarità consiste nel
continuo travestimento dei protagonisti che arrivano a creare situazioni paradossali
e divertenti dal riuscito effetto comico. Mnesiloco, messo alle strette, sottrae una
bambina dalle mani di una donna pensando di farne un ostaggio; tuttavia la bambina
è una brocca di vino introdotta illecitamente nell’assemblea. Mnesiloco, per salvarsi,
afferma che il suo intento era inscenare un sacrificio rituale. Tale espediente rende
più inferocita la folla. Giunge Euripide travestito da Menelao, il quale, sostiene che
Mnesiloco sia Elena. Mnesiloco dà inizio alla parodia dell’Elena di Euripide,
pronunciando queste parole: «τήν καινήν Ἐλένην μιμνήσομαι» (impersonerò la
nuova Elena); Successivamente, i due vestiranno i panni di Perseo e Andromeda.
(trama parodistica)
L'opera, come anche la Lisistrata e Le donne al parlamento, si inserisce nel solco
delle commedie di Aristofane che hanno per protagoniste le donne. A differenza
delle altre due opere, però, Le donne alle Tesmoforie sviluppa una trama basata sulla
parodia letteraria, in cui una serie di scene parodiano (o semplicemente citano)
numerose tragedie di Euripide; Euripide ed Agatone, col loro intellettualismo, sono
qui i bersagli principali degli strali del commediografo, che non sopportava la loro
pretesa di innovare la tragedia classica. Euripide è peraltro un bersaglio consueto per
Aristofane, che lo prende di mira anche negli Acarnesi e nelle Rane. Si tratta però di
un atteggiamento ambiguo, in quanto Aristofane certamente critica il grande poeta,
ma al tempo stesso non può non riconoscerne la grandezza, rivelando così un
rapporto di amore-odio
Trama: Prologo: Euripide teme che le donne, riunite in occasione della festa delle
Tesmoforie, stiano tramando contro di lui, accusato di antifemminismo (secondo
un'interpretazione banalizzante di tragedie come Medea e Ippolito). Pensa quindi di
correre ai ripari. Per prima cosa chiede al poeta Agatone, notoriamente molto
effeminato, di presenziare all'assemblea delle Tesmoforie travestito da donna, per
spiare le presunte cospiratrici. Insieme a un Parente (in alcuni codici chiamato
Mnesìloco, in altri privo di nome), si reca allora presso l'abitazione di Agatone, che li
accoglie in vesti femminili. I due tentano di convincerlo ad intrufolarsi alla festa delle
donne, ma Agatone non ne vuole sapere di correre questo rischio. Euripide è
disperato. Il Parente si dice allora disponibile a travestirsi da donna per aiutarlo.
Euripide accetta con entusiasmo la proposta e si dispone ad acconciarlo: Mnesiloco
viene quindi accuratamente depilato (Euripide gli brucia anche i peli delle natiche),
vestito con abiti femminili gentilmente prestati da Agatone, reggiseno compreso,
profumato ed agghindato. Finalmente è pronto per prendere parte all'assemblea
femminile. Entrano le donne (pàrodos) e il Parente s'intrufola tra di loro. Alla festa le
cose vanno peggio di quanto Euripide temesse: infatti le donne ventilano addirittura
l'ipotesi di una sua eliminazione fisica (nuovo spunto sinistramente profetico, se si
pensa alla fine che farà Euripide, sbranato dai cani o ucciso da alcune donne ). Il
Parente allora non riesce a resistere alla tentazione di intervenire per difendere il
poeta. Tuttavia le donne comprendono che qualcosa non va in quella loro strana
compagna riescono a smascherarla. il Parente, messo alle strette, cerca di salvarsi
con un espediente copiato dal Tèlefo di Euripide: rapisce e prende in ostaggio una
neonata dalle mani di una donna, ma quella che sembrava una bambina si rivela
essere una brocca di vino, avvolta in fasce per essere introdotta di nascosto
nell’assemblea. Preso in contropiede, il Parente si scola il contenuto della brocca
affermando di voler inscenare un sacrificio rituale, ma questo miserabile espediente
non lo salva dalla folla inferocita delle donne, che lo catturano. Euripide, vedendo il
Parente in pericolo, decide di intervenire personalmente per salvarlo: si traveste da
Menelao e sostiene che il Parente sarebbe nientemeno che Elena da lui rintracciata
in Egitto (parodia dell'Elena). Ovviamente le donne non ci cascano. Fallito il primo
tentativo, Euripide ci riprova travestito da Perseo, spacciando questa volta il Parente
per Andromeda (parodia dell'Andromeda), ma ciò non riesce a migliorare la
situazione anzi Il Parente finisce incatenato proprio come l'eroina da lui interpretata.
Euripide si vede costretto a promettere alle donne di mettere da parte la propria
misoginia, ricattandole però sottilmente: s'impegna infatti a tacere ai mariti, di
ritorno dalla guerra, certi fatti di sua conoscenza che le riguardano. Le donne
accettano senza esitazione. C'è un ultimo ostacolo da superare: Euripide deve
trovare il modo di liberare Mnesiloco incatenato. A questo punto il poeta non trova
di meglio che travestirsi da vecchia ruffiana e condurre con sé una graziosa
prostituta, che, distraendo il focoso guardiano dalla sorveglianza, copre la fuga dei
due surreali complici. +
Nella nostra commedia Aristofane satireggia anche Agatone, sebbene in modo
marginale, come poeta effeminato. Euripide è tuttavia il vero protagonista, forse
anche più del Parente; proprio l’anno precedente, nel 412, erano andate in
scena Andromeda ed Elena. Quest’ultima in particolare è oggetto di una larga
parodia nelle Tesmoforiazuse, probabilmente anche per l’inconsueta raffigurazione
della moglie di Menelao, che nella tragedia euripidea è per la prima volta
rappresentata come innocente rispetto alle cause che avevano portato allo scoppio
della guerra di Troia: un’altra “rottura” della tradizione tragica.
Tutta l’opera gioca sul tema del travestimento : essa è infatti costruita sull’equivoco
di un uomo che si traveste da donna ovvero Mnesiloco per salvare
Euripide.Possiamo trovare il tema dello scambio dei sessi e la tecnica del
capovolgimento infatti le donne assumono tratti maschili e amazzonici con
atteggiamenti simili a pericolosi congiurati e prendono l’iniziativa contro un uomo
decidendo di processare Euripide.Ciò viene usato da Euripide per creare comicità.

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