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CARLO GOLDONI

• La vita

Goldoni nasce a Venezia nel 1707. I primi anni della sua vita li passa in giro per l’Italia con suo padre che era medico. A
Perugia studia nel collegio dei Gesuiti ma inizia a partecipare ad alcune recite come attore. A Rimini inizia a seguire corsi di
logica e filosofia ma li abbandona per fuggire con una compagnia teatrale. In conclusione, Goldoni è uno scrittore e un
commediante nato ma obbligato da sempre a studiare; nelle Memorie cita anche alcuni episodi caratteristici di questo suo
conflitto. Goldoni è ossessionato per i soldi e la sicurezza economica, ma allo stesso tempo è molto irrequieto e questo lo
porterà a cacciarsi in molti guai. Tra il 1725 e 1731 continua gli studi ma allo stesso tempo scrive i suoi primi intermezzi
comici, nonché brevi rappresentazioni solitamente musicali a due, tre o quattro personaggi che venivano recitate affinché
le persone non si annoiassero tra un atto e l’altro. Nel 1731, alla morte del padre, Goldoni è costretto a farsi carico della
famiglia. Si laurea in giurisprudenza a Padova e torna a Venezia a fare l’avvocato, ma abbandona presto la città a causa di
una disavventura amorosa. Nel 1734 conosce il capocomico Giuseppe Imer che lo impegna come poeta comico, facendogli
seguire la sua compagnia. A Genova, incontra Nicoletta Comio che sposerà successivamente. Grazie a Imer conosce
Michele Grimani, proprietario del Teatro San Samuele a Venezia che lo assume come poeta e librettista. Nel 1738 compone
la sua prima commedia, ovvero un’opera a soggetto cioè un canovaccio a partire dal quale gli attori potevano improvvisare
a piacimento ma in cui la parte del protagonista doveva pur sempre essere scritta. Poiché il lavoro teatrale non portava un
buon riscontro economico, Goldoni cerca altre strade: viene nominato console della Repubblica di Genova a Venezia e
entra a far parte dell’Accademia dell’Arcadia, continuando però a scrivere per il teatro. Nel 1747 mette in scena a Livorno
La donna di garbo che fu un vero successo. Goldoni abbandona Pisa per tornare a Venezia come autore stabile del teatro
Sant’Angelo, per il quale scrive una serie di commedie.

• Riforma teatrale
La riforma teatrale di Goldoni riguarda gli aspetti pratici del teatro e si basa su alcuni punti fondamentali. Innanzitutto,
Goldoni ritiene che le finalità della commedia sono quelle di divertire, ma anche di educare e far riflettere. Lui trasforma la
commedia d’improvvisazione in commedia di carattere, attraverso la sostituzione dei canovacci con copioni interamente
scritti, che l’attore doveva imparare a memoria; sostituisce i caratteri fissi della Commedia dell’Arte con dei personaggi
privi di maschere, definiti con precisione, rappresentati con i loro sentimenti, comportamenti e quindi più veri. Allarga
inoltre la sua visuale, passando dalla descrizione dei singoli personaggi a quella di un’intera comunità, “scoprendo” così il
popolo. Goldoni nella sua riforma si ispira a due elementi, cioè il «Mondo» e il «Teatro»: il «Mondo» è la realtà che si
presenta agli occhi dello scrittore, il «Teatro», invece, fornisce a Goldoni i mezzi per rappresentare sulle scene la realtà del
Mondo. Viene usato sia l’italiano che il dialetto, ma la lingua di Goldoni è una lingua artificiale e costruita a tavolino come
quella letteraria, pensata per essere compresa dagli spettatori. Lo stile, inoltre, è semplice, naturale, con la presenza anche
di vocaboli provenienti dal dialetto settentrionale.

• La locandiera
La locandiera è probabilmente la commedia più famosa di Goldoni. La sua storia gira attorno alla locandiera Mirandolina,
proprietaria di una locanda situata a Firenze e frequentata dal conte d'Albafiorita e dal marchese di Forlipopoli. Entrambi
cercano di conquistare la bella donna, la quale però è stata promessa in sposa dal padre a un cameriere, Fabrizio. Quando
giunge alla locanda il cavaliere di Ripafratta, misogino, tratta Mirandolina in modo freddo e lei non riesce a sopportare il
fatto di non essere desiderata dal cavaliere, allora si mette in testa di farlo innamorare. Ma quando finalmente il cavaliere
si innamora di Mirandolina, questa decide di sposare Fabrizio. Goldoni ritrae due ambienti all’interno di quest’opera:
un’aristocrazia superficiale e decadente (quella del Conte, del Marchese, del Cavaliere), e una borghesia pratica e accurata
(rappresentata da Mirandolina).

• Il racconto della vita


Il genere autobiografico si sviluppa a partire del Settecento e scriveva di sé soprattutto se si riteneva di aver vissuto
un’esperienza spirituale degna di essere comunicata oppure quando si era vissuta un’esistenza fuori del comune. Il caso di
Goldoni è un caso particolare: non ha vissuto un’esperienza spirituale che lo ha spinto a cambiare vita, infatti i suoi scritti
autobiografici sono soprattutto la storia della sua carriera teatrale. Parliamo di “scritti autobiografici”, al plurale, perché
Goldoni narrò la sua vita in due “formati” diversi: la prima volta raccontò la sua vita “a pezzi”, nelle premesse ai volumi
delle sue opere e tutte queste premesse formano un racconto quasi continuo, che più tardi gli studiosi hanno battezzato
Memorie italiane. La seconda volta Goldoni narrò la sua esistenza da cima a fondo in francese nei Mémoires , in un testo
scritto a grande distanza dai fatti narrati e in una lingua che per Goldoni era pur sempre una seconda lingua. Tra le due la
più veritiera è quella delle Memoire italiane.
• La trilogia della villeggiatura
La società inizia ad essere oggetto di studio. Questo genere di analisi viene effettuata in modo ironico e satirico, infatti si
critica la società ma sorridendone. Le commedie che formano la Trilogia della villeggiatura sono forse le più divertenti ma
allo stesso tempo amare: divertenti perché si tratta di tre commedie in cui i personaggi non compiono altro che azioni
insensate, e amare perché alla fine non riescono ad ottenere nulla di ciò che vogliono. La comicità di queste opere è dovuta
al fatto che quasi tutti i personaggi sono ridicoli e si comportano in maniera assurda, perché sono insieme immaturi e
vittime delle convenzioni sociali.

DOMANDE
• P.293
1. L’area semantica più ricorrente è il denaro, lo status economico e lo status sociale; il lessico utilizzato è normale.
2. Dal rigo 91 al rigo 95. Rivela un odio nei confronti delle donne e una forte rabbia, chiusura e ostilità.
3. Climax 1: r.188-189 / Climax 2: r.193. Nel primo climax, determinate parole dette da una donna indipendente,
libera e che non ha bisogno del matrimonio come Mirandolina assumono un significato di derisione nei confronti
dei pretendenti. Nel secondo climax, invece, si usa un lessico quasi guerriero grazie al quale si fa intendere che le
armi di mirandolina non sono la forza, il denaro e la nobiltà ma bensì armi femminili come l’astuzia, l’intelligenza
e la seduzione.

• P.300
1. Protagonista= Mirandolina / antagonista= Cavaliere / aiutante= Fabrizio / oppositori= Marchese, Conte, servitore
2. La scena diciottesima può essere letta come un momento di “metateatro”. I due attori principali recitano
Mirandolina e il Cavaliere.
3. Il valore simbolico della mezza spada del Marchese è che colui non aveva nemmeno i soldi per comprarsi una
spada intera e conservava con molta dedizione persino il manico di quella che aveva.
4. vedi libro
5. Attraverso queste parole, nonostante lei abbia avuto la sua vittoria col Cavaliere riuscendo a fargli ammettere di
essersi innamorato di lei, Mirandolina ammette d’aver esagerato e quindi, In questo, caso a parlare è la donna e
non la locandiera

• P.309
1. Goldoni pensa che ogni persona sin da piccolo sia predisposta ad un lavoro piuttosto che a un altro; nel suo caso,
il lavoro è quello dello scrittore e del commediante e si manifesta come una forza insuperabile sin dalla giovane
età in cui compone la sua prima commedia.
2. Bisogna ammettere che tutti gli uomini hanno in sorte sin dalla nascita un certo particolare Genio che li spinge
verso un genere di professione o di studi più di che ogni altro, al quale chi si dedica riesce con molta facilità. Io,
sin da quando ero giovane, mi sono sentito attrarre, come fosse una forza insuperabile, agli studi teatrali.
Trovandomi fra le mani Commedie, o Drammi, io mi divertivo a leggerle; e mi ricordo che, prendendo esempio
dalle opere di Cicognini all’età di otto anni circa, composi una commedia, a prescindere dalla sua qualità, prima di
aver visto rappresentarne una sulle Scene, e ne può ancora rendere testimonianza il mio carissimo amico Signor
Abate Don Jacopo Valle.

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