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CARLO GOLDONI

LA SUA VITA

Goldoni nasce a Venezia nel 1707 da una famiglia di condizione borghese.

 Compie i primi studi a Perugia

 Si sposta a Rimini, iniziando a studiare filosofia, ma fugge su una barca con una compagnia di
teatranti per raggiungere la madre a Chioggia.

 Inizia poi a frequentare i corsi di legge presso l’università di Pavia ma viene espulso dal collegio

 Nel 1731 consegue la laurea in legge a Padova, avviando la professione di avvocato

Parallelamente coltiva la sua passione del teatro

 Nel 1734 stringe amicizia con il capocomico (direttore di una compagnia di attori) Giuseppe
Imer, ottenendo l’incarico di scrivere i testi per il teatro veneziano di San Samuele
 Sperimenta tutti i generi teatrali all’ora conosciuti

 Goldoni segue la compagnia nelle varie tappe ed a Genova conosce e sposa Nicoletta Connio e
grazie ai legami con la famiglia di lei ricopre incarichi di rappresentanza per la Repubblica di
Genova  attività che gli permette di conoscere da vicino l’ambiente dei mercanti

All’epoca il teatro italiano era:


Musicale Commedia dell’Arte

Ogni attore incarnava un carattere particolare,


l’autore dava delle indicazioni generali ma i
personaggi improvvisavano

Goldoni nel 1738 fa rappresentare il Momolo Cortesan , dove per la prima volta la parte del
protagonista non è affidata all’improvvisazione dell’autore, ma è scritta per intero.
Goldoni dà l’avvio ad una riforma del teatro comico, che propone il superamento di modelli e schemi
della Commedia dell’Arte

 Nel 1743 si trova in difficoltà finanziarie e fugge da Venezia a causa dei debiti  Si trasferisce
a Pisa, dove esercita la professione di avvocato, continuando a scrivere canovacci che gli attori
gli richiedevano
 Ottiene un contratto stabile come poeta di teatro presso la compagnia di Girolamo Medebach al
teatro Sant’Angelo di Venezia  entra in attrito  lavora ad un ritmo serratissimo, obbligato
a comporre ogni anno otto commedie e due opere, provocandogli una grande stanchezza fisica
e psicologica

 Passa al teatro San Luca di proprietà di Francesco Vendramin

Goldoni deve sostenere la concorrenza di due abili poeti: l’abate Pietro Chiari e Carlo Gozzi, che
propongono altri generi di commedia incontrando un grande successo presso il pubblico.

 Amareggiato dalle continue polemiche e insoddisfatto dall’ambiente teatrale veneziano, nel


1772 si trasferisce a Parigi per dirigere la Comédie italienne, ma in questa città prevalgono
ancora i canovacci e le maschere della Commedia dell’Arte. Goldoni deve quindi adattarsi ai
gusti del pubblico parigino

 Viene assunto come insegnante d’Italiano per le figlie di Luigi 15°, ottenendo una modesta
pensione, ma che gli viene revocata dopo lo scoppio della Rivoluzione, quando l’assemblea
legislativa sospende tutti i privilegi concessi dalla corona

 Muore in miseria a Parigi nel 1793

LA RIFORMA DEL TEATRO COMICO

Nella prima metà del ‘700 il panorama teatrale italiano è ancora dominato dalla Commedia dell’Arte:
gli attori impersonano maschere tradizionali corrispondenti a tipi fissi e improvvisano (sia dal punto
di vista verbale che mimico) le battute sulla base di un canovaccio che dà indicazioni sommarie e che
contiene anche l’elenco degli oggetti di scena.

 “Generici”  repertorio di battute e monologhi


 “Lazzi”  azioni solo mimiche o anche verbali che portano ad una conclusione comica

Goldoni assume un atteggiamento polemico nei confronti di questa forma teatrale, che invece esalta i
valori del razionalismo arcadico, coerente con i valori del buon gusto, dell’ordine e della
naturalezza, contro le stravaganze del barocco.

Goldoni non intende solo realizzare un rinnovamento di un genere letterario, ma soprattutto


trasformare il rapporto tra lo spettacolo e la vita sociale.

Elimina:

 Gli eccessi
 Le maschere dai volti
 I dialetti
Inserisce:

 Si basa sull’osservazione della realtà vissuta

 Le debolezze umane non sono presentate come patologie ma come elementi che permettono di
evidenziare il confronto tra le varie classi e le attitudini differenti nei singoli individui
appartenenti allo stesso ceto

 Alla comicità volgare e buffonesca si preferiscono toni più composti

 Attribuisce ai personaggi nomi nuovi e specifici

I personaggi sono connotati da particolari vizi e virtù, ma non sono stereotipati né caricaturali, bensì
figure verosimili, in cui gli attori si possono identificare

Il pubblico è emotivamente coinvolto

Scopi della riforma:

 Rappresentare la società in modo realistico


 Ottenere il favore del pubblico

Come la attua: gradualmente

 Inizialmente scrive solo la parte del protagonista e lascia agli altri ruoli la forma del canovaccio
 Arriva poi a scrivere il testo per intero  gli attori devono imparare a memoria un testo scritto

La trama risulta verosimile e coerente

Linguaggio:

 Comunicativo e colloquiale, immediatamente comprensibile  suoi personaggi parlano un


linguaggio medio e quindi non ha un’ambizione di un’opera alta

 Italiano è ibrido: forme lombarde, venete e francesi, a volte anche termini aulici quando i
personaggi sono colti

 Alcune commedie sono scritte in dialetto veneziano per mostrare la varietà sociale e geografica
dei personaggi, ad esempio per mostrare la differenza tra il parlato di un borghese rispetto al
popolano.
UN RITRATTO DELLA REALTA’ SOCIALE DEL SETTECENTO

I personaggi ruotano attorno a tre classi sociali: borghesi-mercanti, aristocratici, popolo, di cui mette in
luce pregi e difetti.
Classe Pregi Difetti
Borghesia Esalta la laboriosità, l’onestà, Mette in luce anche il loro
l’accortezza, l’intraprendenza essere tirchi e tradizionalisti,
legati al modello patriarcale
Aristocrazia Venerazione e rispetto per la Critica l’oziosità, l’arroganza,
 È critico ma non nobiltà di sangue l’attaccamento a titoli e
distruttivo privilegi
Popolo Riconosce la semplicità e Viene rappresentato nei suoi
naturalezza caratteri pittoreschi

LA LOCANDIERA

Trama:
La locandiera è uno dei capolavori goldoniani, rappresentata per la prima volta nel 1753. La
protagonista è Mirandolina, la padrona di una locanda, dotata d’intelligenza, capacità seduttive e
corteggiata da tutti gli ospiti. È una donna borghese, attenta ai propri interessi e consapevole del proprio
fascino. Mirandolina usa sapientemente la finzione e la dissimulazione per sottomettere ai voleri tutti i
protagonisti maschili.
La scena si svolge a Firenze nella locanda gestita da Mirandolina.

 Marchese di Forlipopoli  offre protezione Accetta gentilezze e doni ma senza


 Conte d’Albafiorita  cerca di conquistarla con regali concedere nulla
preziosi

 Cavaliere di Ripafratta
Disprezza le donne e Mirandolina mette in atto un piano per farlo innamorare. Riesce a sedurlo grazie
alla propria eloquenza, al buon cibo e a uno svenimento simulato.
Il Cavaliere, travolto dalla passione, pretende che Mirandolina gli si conceda e la donna deve trovare un
modo per sottrarsi e salvare la propria reputazione: accetta di sposarsi con il suo fedele cameriere
Fabrizio per salvare la sua onorabilità e gli affari della locanda. Mirandolina svela pubblicamente il suo
piano e finge di non aver raggiunto lo scopo, dato che il Cavaliere (per orgoglio) nega ogni sentimento
verso di lei.
Il marchese ed il Conte accusano il Cavaliere di incoerenza vedendolo palesemente innamorato il
Cavaliere afferra la spada del marchese per duellare con il Conte ma la lama è spezzata ed il
combattimento è impossibile.
Interpretazioni:
1. Interpretazione tradizionale: la commedia viene letta come uno specchio della società
veneziana di metà Settecento
Personaggio Cosa rappresenta

Marchese di Forlipopoli Nobile impoverito ma attaccato ai propri privilegi


Conte d’Albafiorita Nuovo ricco, che mostra le proprie capacità economiche
Cavalier di Ripafratta Nobile altezzoso, che ha la convinzione di appartenere ad un rango
superiore
Mirandolina È la metafora del mercante imprenditore, il borghese
intraprendente e colto
Fabrizio Popolano che compie un avanzamento sociale sposando la
padrona

2. Paragone con don Giovanni - Mario Baratto


Mirandolina ha una volontà egoistica di dominio sugli altri. In modo simile, don Giovanni è un
seduttore che realizza sé stesso nel vincere le resistenze di ogni donna e perde interesse quando l'oggetto
del desiderio cade ai suoi piedi. Negli “a parte” la locandiera risulta addirittura insensibile.
A parte = battute pronunciate come riflessioni ad alta voce, senza che l’altro personaggio sulla scena le
possa sentire.

3. Un gioco di finzioni – Sara Mamone


Questa teoria sostiene che tutti i personaggi si trovino coinvolti nel tema della finzione.
Personaggio Finzione

Informa gli spettatori nei monologhi e negli “a parte” che il suo è un gioco
intellettuale. Dimostra la sua astuzia attraverso una simulazione di
franchezza.
 Accusa il Cavaliere stesso di simulazione, quando ha definito
Mirandolina “buono” il pessimo vino

 Per liberarsi del Cavaliere mette in atto la finzione estrema, quella di


essere stata sconfitta, svelando pubblicamente il suo paino e finge di
aver raggiunto lo scopo, dato che il Cavaliere, per orgoglio, nega
ogni sentimento verso lei.

 Nell’ultimo atto, si trova costretto a mentire per orgoglio davanti


agli altri ospiti sul proprio amore per Mirandolina
Cavaliere
 La sua misoginia potrebbe essere una simulazione per nascondere la
propria inesperienza e sprovvedutezza sentimentale
Conte Finge un rango che non gli spetta

Marchese Offrendo la sua “protezione” ostenta un ruolo sociale ormai perduto

Cameriere Fabrizio Simula non curanza e sopportazione per non perdere la possibilità di sposare
Mirandolina

IL PIANO DI MIRANDOLINA – atto I scena IX + atto III scena XIII


Mirandolina nel primo atto esprime la sua irritazione per l'atteggiamento del Cavaliere ostile nei
confronti delle donne, dichiarando di volerlo sfidare.
Nel terzo atto, dopo aver visto che il Cavaliere inizia a provare sentimenti verso di lei la locandiera
comincia a temere la propria onorabilità e sposare il cameriere Fabrizio le sembra il modo migliore per
difendere il proprio interesse e la propria libertà.

La personalità di Mirandolina
Quando si rivolge al pubblico nei monologhi e negli “a parte”, Mirandolina è sempre sincera e
pragmatica, badando ai risultati concreti anche quando è oggetto di complimenti e adulazioni.
Mirandolina valuta vantaggi e svantaggi e per rendere la decisione che le appare più conveniente e
realistica: il matrimonio con il servitore. Nei confronti di Fabrizio Mirandolina mostra egocentrismo
poiché il giovane non è considerato in quanto persona ma per il fatto che possa essere utile a lei dal
punto di vista economico, per la sua reputazione di donna e per mantenere una libertà. La locandiera
decide infatti di sposare Fabrizio poiché potrà dominarlo con facilità, come una sposa-padrona.

L’obiettivo di Mirandolina
La gratificazione di Mirandolina consiste nella seduzione, non aspira infatti ad un titolo nobiliare e
guarda comunque il denaro con distacco. per questo motivo l'atteggiamento iniziale ostile del Cavaliere
la fa infuriare, considerato da lei un insulto alla sua abilità seduttiva.
Le persone che “corrono dietro” a Mirandolina la annoiano mentre il forestiero le fa innescare un
atteggiamento di sfida contro un avversario difficile.
Mirandolina non si preoccupa delle sofferenze emotive che provoca il Cavaliere, in quanto si tratta
solo di un gioco da cui trarre soddisfazioni piacere, dove vincere è l'aspetto più importante. Il suo
giudizio verso il Cavaliere è di disprezzo poiché non ha saputo stare al gioco e ha preso tutto sul serio,
dimostrando la propria stoltezza.

Il linguaggio
In entrambi i monologhi si nota l'uso di modi di dire ed espressioni proverbiali, con frasi brevi e
incisive.

LA SEDUZIONE – atto I scena XV + atto II scena IV + atto II scena XVII + atto III scena VI

Mirandolina seduce il Cavaliere attraverso:

 L’incantamento a parole - atto I scena XV


In questa scena Mirandolina si presenta nella camera del Cavaliere con il pretesto di portargli della
biancheria migliore visto che l'ospite ha giudicato scarsa la qualità del trattamento ricevuto. il Cavaliere
pur apprezzando le raffinate lenzuola considera le attenzioni della donna naturalmente dovute
considerando il suo rango sociale. Mirandolina gli chiede di esprimere le sue preferenze per il pranzo.
Con la sua abilità di parola la locandiera riesce a suscitare la curiosità del Cavaliere che inizia ad
ascoltarla con piacere. Mirandolina appare al nobile diretta e franca mostrandosi diversa da tutte le
altre donne. Mirandolina realizza discorsi affini al modo di pensare del Cavaliere per assecondare la
sua idea di mascolinità: irride gli atteggiamenti degli spasimanti sdolcinati, afferma la concretezza del
lavoro, condivide la diffidenza del Cavaliere verso le donne seduttrici.
Mirandolina in realtà ha intuito che dietro al suo comportamento ostile nei confronti delle donne si
nasconde una profonda insicurezza emotiva dovuta alla sprovvedutezza sul piano sentimentale e alla
paura di soccombere al loro fascino.

 La seduzione attraverso il cibo – atto II scena IV


Mirandolina porta al Cavaliere un piatto prelibato cucinato da lei, proseguendo nella sua opera di
seduzione. In scena è presente anche il servitore del Cavaliere. Il Cavaliere apprezza il gesto a tal punto
di permettere atteggiamenti sempre più confidenziali: Mirandolina beve dallo stesso bicchiere del suo
ospite, si fa offrire un pezzo di pane ed il Cavaliere la invita addirittura a sedersi alla sua stessa tavola.
Mirandolina lusinga il Cavaliere nel suo desiderio di potere, mostrandosi disposta per lui ad assumere
il ruolo di cameriera. Ma in realtà lo scopo è quello di procedere nella sua opera di conquista erotica e
sociale. Il servitore di fronte a questi atteggiamenti rimane molto sorpreso.

 L’episodio del finto svenimento – atto II scena XVII


Il Cavaliere per sfuggire alla passione che sente nascere decide di partire per Livorno ma nota l'aspetto
infelice gli occhi lucidi di Mirandolina. È inoltre impressionato dal basso ammontare del conto nel quale
locandiera non ha incluso i piatti prelibati da lei cucinati. Mirandolina simula un pianto trattenuto e uno
svenimento con i quali vince definitivamente le sue resistenze. In questa scena Mirandolina mostra la
sua abilità di attrice giocando con i sottintesi, l'ellissi le frasi spezzate servendosi di alcuni lazzi tipici
della commedia dell'arte.
LA VENDETTA – atto III scena VI + atto III scena XVIII

 La vendetta contro il Cavaliere – atto III scena VI


In questa scena avviene la vendetta di Mirandolina. Il Cavaliere decide di non partire più e raggiunge
Mirandolina nella stireria per dichiararle il suo amore è sentirsi contraccambiato ma la locandiera
inaspettatamente lo tratta con asprezza mostrandosi invece affettuosa e gentile con un cameriere
Fabrizio. La locandiera risponde con sarcasmo alle frasi appassionate del Cavaliere e dichiara di non
credere alle sue frasi amorose.

 La vendetta pubblica – atto III scena XVIII


Il Cavaliere inizia a smaniare non riuscendo a trovare Mirandolina. Il Conte deduce che è innamorato
rinfacciandogli le parole dette al mattino contro gli altri spasimanti della locandiera. Il Cavaliere afferra
la spada del marchese per duellare con il Conte ma la lama è spezzata. L'arrivo di Fabrizio e
Mirandolina interrompe il duello. Il Cavaliere rifiuta di ammettere che la causa dello scontro è
l'amore per la locandiera. Mirandolina dichiara davanti a tutti di aver tentato di sedurlo senza esserci
riuscita ed in questo modo il Cavaliere viene a sapere che le parole, le lacrime e lo svenimento della
donna erano simulati.

Linguaggio
Nel corso della commedia il Cavaliere da nobile arrogante e burbero misogino si è trasformato in
servitore della donna borghese diventando spasimante e appassionato. Di conseguenza, il linguaggio
subisce una metamorfosi rispetto alle scene iniziali, diventando più enfatico. Il Cavaliere esprime il suo
pathos in una serie ternaria di verbi e sostantivi e Mirandolina replica creando una sorta di botta e
risposta. La forte risata di Mirandolina diviene il segno del trionfo della donna mostrando che la
locandiera è inaccessibile e non prende sul serio nessuno dei complimenti del Cavaliere,
In queste scene è normale aspettarsi delle didascalie, ossia della notazione del commediografo in merito
ai movimenti e atteggiamenti da assumere sulla scena. Tuttavia, quelle di Goldoni sono essenziali e
questo si spiega col fatto che era un uomo di teatro: conosceva bene i suoi attori, assisteva alle prove
alle recite e aggiungeva a voce, se necessario, delle indicazioni.
GL’INNAMORATI

Goldoni scrive questa commedia nel 1759 dopo un soggiorno di alcuni mesi a Roma, l'opera ha molto
successo. Goldoni afferma di aver tratto ispirazione per i protagonisti dai componenti della famiglia A
Roma: un benefattore con la passione per la cucina, la sua figlia capricciosa e il fidanzato di lei.
La scena si svolge a Milano. Eugenia e Fulgenzio sono i protagonisti, due innamorati che hanno
intenzione di sposarsi ma che litigano in continuazione. La sorella di Eugenia, Flaminia, si adopera
ogni volta per riappacificarli. Fulgenzio si infiamma per nulla; Eugenia è geloso dell'attenzione che lui
riserva alla cognata Clorinda (affidata dal fratello che è partito per un lungo viaggio). La commedia
procede attraverso continue liti e pacificazioni fino a quando Eugenia accetta di sposare il Conte
Roberto per ripicca. Fulgenzio decide di lasciarla per sempre ma grazie alla mediazione di Flaminia
Eugenia riconosce il suo errore e ottiene il perdono dell'amato.
La struttura appare frammentaria, poiché lo schema sdegno-lite-perdono-amore-nuova lite si replica
uguale più volte ed è difficile identificare un vero e proprio sviluppo narrativo. I personaggi vivono
nell’attimo e nell’emotività immediata.

Elementi della commedia:

 “A parte” - battute pronunciate come riflessioni ad alta voce, Espedienti della


senza che l’altro personaggio sulla scena le possa sentire tradizione
 Lazzi – azioni mimiche che suscitano il riso
 Monologhi patetici
 Duetti degli innamorati
 Attori “duttili” – in grado di sostenere parti diversi da quelle a cui erano abituati

UN BATTIBECCO TRA INNAMORATI – atto I scena XI


È il primo litigio tra i due personaggi. Eugenia ha appena incontrato il servitore di Fulgenzio ed ha
scoperto che Fulgenzio ha accompagnato a passeggio la cognata e hanno giocato a carte. Eugenia è
presa dalla gelosia.
Sono ossessionati dalla paura di perdere la persona amata ma sono incapaci di esprimere con
pacatezza e sincerità i propri sentimenti, soprattutto perché non sanno né parlarsi né ascoltarsi. I due
innamorati sono in preda all’istinto e si feriscono reciprocamente.
Mentre Fulgenzio è intenzionato a moderare la propria impulsività, Eugenia cerca di irritarlo per
rinfacciargli le attenzioni che riserva alla cognata. Fulgenzio esprime la propria innocenza dichiarando i
propri poteri doveri di ospitalità. Fulgenzio si abbandona in una scenata di furore che la donna
interrompe mostrandosi tenera e comprensiva. Sembra ristabilirsi la pace ma poi si scatena l’ennesimo
battibecco, i due si separano in preda all’ira e alla disperazione.
Prima parte: Eugenia inizia a provocare, attraverso l’ironia, e successivamente ad attaccare Fulgenzio.
Eugenia esordisce con espressioni cerimoniose, per creare un distacco col giovane. Eugenia introduce
poi le questioni che l’hanno turbata (la passeggiata e il gioco a carte) e si serve poi del sarcasmo per
accusare Fulgenzio di non darle abbastanza attenzioni.
Nel monologo iniziale Fulgenzio raccomanda a sé stesso tolleranza e comprensione, ma la sua
resistenza alle provocazioni dura poco.
Seconda parte: il litigio esplode e quando Eugenia ostenta la propria indifferenza Fulgenzio perde il
controllo assumendo pose eccesive (cammina nervosamente, si dà pugni sulla testa, si abbandona
spossato sulla sedia). Eugenia a questo punto si mostra tenera e affettuosa, riuscendo a placare
Fulgenzio, che si scusa, abbandonandosi a profferte di amore smisurato.
Terza parte: Eugenia inizia una nuova provocazione e Fulgenzio perde il controllo che termina con la
separazione violenta tra i due, con reciproca sofferenza; Fulgenzio è furioso, mentre Eugenia delusa.

TRILOGIA DELLA VILLEGGIATURA

Nel 1761 Goldoni scrive tre commedie. I protagonisti sono gli stessi e le tre commedie sono
strettamente legate tra loro. Per quanto i testi siano in sé compiuti e quindi rappresentabili
autonomamente l'uno dall'altro sono tutti parte di un unico progetto.
Le commedie sono ambientate in Toscana ma il pubblico sa bene che i Goldoni si riferisce alle
abitudini e ai vizi dei veneziani. Nel 500 e nel 600 infatti l'aristocrazia veneta aveva fatto costruire
delle ville per spostarsi fuori città per brevi periodi all'anno. Nel corso del 700 anche i borghesi
decidono di costruire queste ville per partecipare ad un rito mondano imperdibile, per incontrare
persone, partecipare a cene e banchetti, sedere al tavolo da gioco e in generale per sfoggiare le proprie
ricchezze con un'ossessione dell'apparenza e dello sfarzo. I borghesi desiderano infatti imitare ad ogni
costo i nobili nel lusso e nell'ostentazione. Per questo motivo il giudizio di Goldoni nei confronti dei
borghesi negli anni 60 del 700 e critico.

1. Le smanie per la villeggiatura


Leonardo e Vittoria sono due giovani borghesi orfani che si preparano a trasferirsi a Montenero per la
villeggiatura. I due non hanno molte disponibilità economiche ma non rinunciano all'evento poiché è
indispensabile apparire in società.
Stanno per partire anche Filippo insieme a sua figlia Giacinta della quale Leonardo è innamorato. lei
ricambia l'affetto ma non è coinvolta sino in fondo.
Leonardo si ingelosisce sapendo che nel viaggio verso la campagna Guglielmo (un suo potenziale
rivale) si siederà accanto a Giacinta. nonostante la giovane non abbia alcun interesse per Guglielmo
rivendica la propria libertà e non vuole cedere alle pressioni di Leonardo.
La partenza viene annullata e Leonardo si decide a fare il passo ufficiale e chiede la mano di Giacinta in
presenza del padre dopo aver sottoscritto un contratto di fidanzamento e aver trovato una disposizione
dei posti di viaggio che soddisfi tutti, partono.

2. Le avventure della villeggiatura


In campagna il tempo scorre tra ricevimenti e giochi. Compaiono nuovi personaggi: la signora
Costanza cerca di combinare un matrimonio per suo nipote Rosina, priva di dote; l'anziana Sabina si
rende ridicola offrendo doni e denaro a uno scroccone che sta con lei solo per ricevere l'eredità.
Vittoria si innamora di Guglielmo, il quale però ama Giacinta. Anche Giacinta cade in preda alla
passione per lui ma decide comunque di restare fedele per non perdere il decoro davanti agli altri.
Per impedirsi di retrocedere è proprio Giacinta a combinare il matrimonio tra Guglielmo e Vittoria, e
Guglielmo a suo malgrado accetta.
3. Il ritorno dalla villeggiatura
Al suo rientro Leonardo si trova sommerso dai debiti e teme che il suo dissesto economico gli faccia
perdere Giacinta, la cui dote gli servirebbe per placare i creditori e risollevarsi. Leonardo continua a
nutrire dei sospetti su Guglielmo poiché ritarda la stesura del contratto di fidanzamento con Vittoria.
Giacinta ribadisce di non pensare più a Guglielmo ma non riesce a controllarsi ogni volta che lo vede.
Guglielmo compie con una lettera un ultimo tentativo di conquistarla ma Giacinta non torna indietro
pur sapendo di amarlo. Giacinta segue Leonardo a Genova dove gestirà i beni assegnati da Filippo in
sostituzione della dote. Giacinta sposa Leonardo ma rischia di svenire per il profondo turbamento e
Guglielmo sposa Vittoria con rispetto ma senza con trasporto.

Analisi della protagonista


Giacinta è una donna intelligente e abile nel parlare dotata di capacità persuasive. La giovane compie
due errori:

 l'errore di pensare di potersi accontentare di una relazione non sgradevole ma mediocre


 l’errore di assecondare la presenza accanto a lei di Guglielmo - Con lo scopo iniziale di
educare Leonardo alla fiducia

Ma quando si innamora di Guglielmo Giacinta non rompe il fidanzamento con Leonardo. Nel contrasto
tra amore e ragione sceglie la ragione, poiché è disposta a sacrificare la propria felicità all'immagine di
sé. Giacinta deve rispettare un contratto firmato e non perdere la sua reputazione. La sua decisione la
porta ad una condanna eterna all'infelicità. Giacinta però compie una lucida autocritica, non incolpa
cause o fattori esterni ma sé stessa, dichiarando di aver avuto fretta di sposarsi e di aver creduto che quel
poco amore che sentiva per Leonardo bastasse per un matrimonio.

LA DECISIONE DI GIACINTA – atto II scena XI


Guglielmo, non essendo riuscito a ottenere un colloquio con Giacinta, le scrive una lettera col tentativo
di convincerla a sposarlo. Giacinta inizialmente desidera strappare il foglio ma poi inizia a leggerla e
rimane attraversata da diverse emozioni contrastanti.
Anzitutto è colpita dalla cortesia e della generosa rassegnazione. Il linguaggio dello usato è molto
educato, raffinato e ricco di formule cortesi. Guglielmo dichiara di voler rispettare la volontà della
giovane affermando di non avere intenzione di recare turbamento. al punto che Giacinta sogna per un
attimo una vita diversa da quella che si è imposta e si illude di poter assecondare i propri sentimenti.
Giacinta apprende la situazione economica precaria di Leonardo che renderebbero difficile una vita
matrimoniale decorosa che potrebbero spingere il padre di lei a ritirare il consenso. Guglielmo, quindi,
insinua l'ipotesi che il fidanzamento possa essere rotto, e le fa sapere che non si è ancora impegnato per
iscritto con vittoria e non ha intenzione di farlo fino a quando lei non sarà sposata con Leonardo. Ma la
passione ed il decoro non sono conciliabili, Giacinta è una donna decisa dotata di abile dialettica e non
vuole rischiare di perdere il decoro. Giacinta pensa al suo castigo penitenziale ma al tempo stesso
afferma che bisogna vincere e trionfare, nonostante quella che trionfa e la ragione degli altri.

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