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LA LOCANDIERA
L’obiettivo principiale di questo testo voluto da Goldoni era quello di rendere odioso
il carattere delle donne. Queste idee nascono infatti dall’aspetto di voler compiacere
il moralismo del pubblico.
GIUSEPPE PARINI
LA VITA: IL PRECETTORE
Nacque nel 1729 a Bosisio da una famiglia di modeste condizioni economiche. A
dieci anni, venne condotto a Milano da una zia, la quale, successivamente alla
morte, gli lascia una rendita annuale, che avrebbe potuto utilizzare solo se fosse
divenuto sacerdote, e quindi venne nominato prete nel 1754 (senza vocazione).
Due anni prima aveva pubblicato delle liriche con il nome di ALCUNE POESIE DI
RIPANO EUPILINO, il quale successo gli conferì l’ammissione all’accademia dei
trasformati. I trasformati, infatti erano i fautori di una conciliazione tra cultura
moderna e tradizione classica.
Nel 1754 si mette al servizio del duca GABRIO SERBELLONI, e attraverso esso scoprì
l’ambiente dell’aristocrazia milanese.
In seguito ad una discussione con la duchessa, si licenziò nel 1761 e l’anno seguente
divenne il precettore di CARLO IMBONATI, il figlio del conte GIOVANNI MARIA.
L’INTELLETTUALE AL SERVIZIO DELLO STATO RIFORMATORE
Nel mentre pubblicò anche due poemetti satirici contro la nobiltà oziosa e
improduttiva, ossia “il mattino” e “il mezzogiorno”, che gli valsero grande prestigio.
Nel 1768 il conte di Milano gli affida la direzione della “Gazzetta di Milano”, e oltre a
questo venne chiamato per ricoprire la cattedra di “belle lettere” nelle scuole
Palatine.
Nel 1773 le scuole si trasferirono nel palazzo di Brera e nell’anno 1776 vi si unì
anche l’istituto delle belle arti, che permise di entrare a contatto anche con il mondo
artistico a Parini.
LA DELUSIONE DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE E GLI ULTIMI ANNI
Con l’inizio della Rivoluzione francese, il poeta inizialmente l’accolse come molti
altri, con grande benevolenza, ma successivamente, vedendo il grande spargimento
di sangue, cambiò idea. Muore nel 1799.
IL GIORNO
I CARATTERI DEL POEMETTO: IL MATTINO E IL MEZZOGIORNO
È un poema scritto in endecasillabi sciolti che mirava a rappresentare satiricamente
l’aristocrazia del tempo.
Il tema principale era la descrizione della giornata di un giovin signore e il testo
doveva essere diviso in tre parti: MATTINO, MEZZOGIORNO, SERA. Le prime due
vennero completate nel 1763 e nel 1765, mentre la sera non venne terminata.
Successivamente si sdoppiò in due parti ossia IL VESPRO e la NOTTE, alle quali Parini
lavorò molto. Nel mentre continuava a rivedere e porre modifiche al mattino e al
mezzogiorno senza però riuscire a completarle.
Il giorno è considerata come una poesia didascalica. Il poeta infatti voleva insegnare
al signore le cose da poter fare per sostituire l’ozio.
Nel mattino si parla di tutte le cose che fa un uomo appena sveglio dopo una notte
passata al tavolo da gioco oppure al teatro, che poi si reca dalla sua donna. Uno dei
motivi principali della rappresentazione di Parini è il CICISBEISMO, ossia quando una
donna veniva accompagnata dal suo marito.
Nel mezzogiorno si parla dei momenti tra l’uomo e la donna e durante il pranzo
delle discussioni su dei vari temi, e nel pomeriggio si recano al passeggio delle
carrozze dove incontrano altre persone.
GLI STRUMENTI DELLA SATIRA
Viene utilizzata l’ANTIFRASI che consiste nel dire l’opposto di ciò che si vuole far
intendere.
La sua critica viene effettuata anche grazie ad uno specifico trattamento del tempo e
dello spazio. In primis, viene scelta una giornata qualunque, e questo indica LA VITA
BANALE, DOVE NON SUCCEDE MAI NULLA DI IMPORTANTE, inoltre il tempo
descritto è molto breve. Il tempo è anche vuoto dove, infatti, vengono ripetute
sempre le stesse cose. E questa cosa rende il loro mondo NOIOSO, VUOTO, PRIVO DI
SENSO.
Per quanto riguarda lo spazio: lo spazio è chiuso e ristretto e va dal palazzo alle
carrozze.
LA PLURALITA’ DEI PIANI
Anche qui, alla nobiltà oziosa viene contrapposta quella guerriera di un tempo. E qui
viene messo in evidenza nuovamente il meccanismo ironico, ossia sembra che il
precettore provi orrore per l’aristocrazia del passato, mentre chiaramente intende il
contrario, ed è inteso a celebrale la nobiltà guerriera. Però comunque, la nobiltà del
presente è il piano principale dell’opera. Si hanno anche dei riferimenti alla vita delle
classi popolari come i contadini oppure gli affamati.
LE FAVOLE
Le favole che vengono inserite all’interno del poemetto, servono, oltre che a
rompere la continuità che può risultare monotona e noiosa, servono ad illustrare le
origini di certi costumi sociali.
L’AMBIGUITA’ VERSO IL MONDO NOBILIARE
L’obiettivo di Parini è quello di educare la nobiltà facendo fruttare i terreni ed
accrescendo le prosperità comune, invece di oziare, sprecando conseguentemente il
tempo.
LE SCELTE STILISTICHE
Il linguaggio scelto dal poeta è elevato, aulico, attinto sapientemente alla tradizione
più illustre. L’aggettivo viene utilizzato continuamente in funzione esornativa, che
innalza l’oggetto a cui si accompagna.
L’ULTIMO PARINI: LA DELUSIONE STORICA
Pietro verri affermava che l’imposizione dall’alto di una determinata linea culturale,
soffocava e spegneva le energie vive della società.
PARINI E IL NEOCLASSICISMO
Il neoclassicismo si sviluppò nel periodo quando vennero scoperte Pompei ed
Ercolano. Accanto a questi modelli si basarono le teorie di Winckelmann che vedeva
realizzato nell’arte greca il bello ideale, e questi moduli erano molto seguiti
soprattutto nell’ambiente milanese.
IL VESPRO E LA NOTTE
Sono due opere che si presentano frammentate ed incompiute.
Nel VESPRO il precettore accompagna i due da un amico malato dopo il corso e
anche da un’amica in panico ad un attacco di nervi, suscitando molti pettegolezzi.
Nella notte invece i due vanno ad un ricevimento da una dama, e qui l’attenzione
dell’autore non è più su i personaggi ma bensì sulle altre persone che popolano la
zona.
LA SFIDUCIA NELLE ISTANZE RIFORMATRICI
Nelle due ultime parti del poemetto la politica antinobiliare si fa più sfumata e
tenue. Comunque, le strutture ironiche continuano ad essere presenti. Vengono
instaurati altri temi come ad esempio la malinconia, la vecchiaia, lo svanire della
bellezza. La nobiltà alla fine del racconto appare ormai come un mondo svuotato al
suo interno.
GLI ASPETTI NEOCLASSICI
Gli aspetti neoclassici di Parini sono la ricerca di compostezza, di equilibrio e di
armonia. Si nota la volontà del poeta di smorzare lo scontro tra il linguaggio
classicistico e vocaboli più realistici.
VITTORIO ALFIERI
I RAPPORTI CON L’ILLUMINISMO
LE IDEE POLITICHE
L’INDIVIDUALISMO ALFIERIANO
Anche lui si stacca completamente dalle idee dei lumi, collocandosi in posizioni
totalmente personali. Tipici di lui sono l’INDIVIDUALISMO ed EGOCENTRISMO.
L’ODIO CONTRO LA TIRANNIDE E IL POTERE
Alfieri nonostante inizia a viaggiare, si scontra sempre con l’assolutismo monarchico.
L’odio che nutre della tirannide, non è quello verso una particolare forma di
governo, bensì è il rifiuto del potere in se.
LA LIBERTA’ ASTRATTA (rivedere)
In Alfieri si ha un ideale di libertà completamente astratto. (rivedere)
TITANISMO E PESSIMISMO
Quindi in alfieri si scontrano il bisogno di affermazione totale dell’io e la percezione
di forze oscure.
TITANISMO: ansia infinita che si scontra con tutto quello che le si oppone.
LE OPERE POLITICHE
1- DELLA TIRANNIDE: scritto di geto nel 1777 in concomitanza con l’inizio della
stesura delle tragedie. Vengono esaminati i posti dove ha sede la tirannide
ossia la nobiltà, la casta militare, la casta sacerdotale. Nel suo discorso si
delineano due figure ossia il TIRANNO e il LIBER UOMO.
2- DEL PRINCIPE E DELLE LETTERE: all’interno viene esaminato il rapporto tra lo
scrittore e il potere assoluto. Qui inoltre proclama la superiorità assoluta dello
scrivere. La scrittura, infatti, si trova sopra qualsiasi attività.
3- IL MISOGALLO: la crisi ideologica di Alfieri viene fatta precipitare direttamente
dalla Rivoluzione francese. È un’opera che mescola insieme versi e prosa, ed
essa esprime un odio furioso nei confronti della Francia. Si manifesta dunque
un odio nei confronti della rivoluzione e contro i principi illuministici.
LA POETICA TRAGICA
Le tragedie fanno parte delle sue opere teatrali e sono 19, mentre compose anche 6
commedie.
Le commedie furono create negli ultimi anni e furono pubblicati i postumi nel 1806.
Esse raffiguravano tesi politiche animate da un fastidioso buon senso reazionario.
Le motivazioni per cui Alfieri scelse di elaborare maggiormente le tesi, sono:
1- RAGIONE DI TEMPERAMENTO: qui è come se i vari personaggi esprimessero i
vari punti di vista del protagonista.
Un’altra motivazione, per la quale, Alfieri si dedicò alla stesura delle tragedie sono
delle RAGIONI IDEOLOGICHE. Qui, infatti, si avevano delle opposizioni come ad
esempio: tirannide/libertà oppure bene/male. Inoltre, da questo aspetto nasce
anche la ricerca di una forma d’arte aristocratica ed elitaria.
Lui affermava che i passaggi per la scrittura di un’opera tragica erano: IDEARE,
STENDERE, VERSEGGIARE.
1- IDEAZIONE: consiste nello scegliere il protagonista, sviluppare la trama e
distribuzione della materia atto per atto e scena per scena.
2- STESURA: svolgimento in prosa dell’azione teatrale
3- VERSEGGIATURA: opera completata in endecasillabi sciolti.
Nel suo modello l’opera è molto ristretta, è divisa in 5 atti, ridotta ad un numero
ristretto di personaggi. Il fatto di avere pochi personaggi è dettato dalla motivazione
di concentrazione drammatica ed espressiva. L’utilizzo dei MONOLOGHI invece
aumenta la tensione attorno ai vari personaggi.
LESSICO: elevato e scelto.
SINTASSI: carica di tensioni, e ricca di contrasti.
ENDECASILLABO: forzato in cerca di espressività forti.
Il destino tragico della morte è il mezzo attraverso il quale i personaggi possono
riaffermare al più alto grado la loro identità e fierezza.
Inoltre, gli eroi all’interno del suo testo hanno un destino tragico e ineluttabile.
La prima tragedia raccolta fu il FILIPPO fu ideata e stesa nel 1775 e verseggiata più
volte fra il 1773 e il 1781. Il re Filippo prende Isabella, togliendola al figlio Carlo cui
l’aveva promessa, ma i due si amavano ancora. Il re uccide il figlio, spingendo
Isabella a compiere il suicidio con lo stesso pugnale dell’amato. Qui sono presenti i
temi tipici del teatro di Alfieri ossia: il tiranno, ricoperto da Filippo, e il tema della
virtù eroica, incarnata da Carlo e Isabella.
Nel 1782 scrisse il SAUL. La fonte è il libro dei re della Bibbia. La vicenda si svolge
durante la guerra tra ebrei e filistei. Il re Saul è preso dall’angoscia in quanto cacciò il
giovane David che sarebbe risultato importante al fine del successo. Saul si presenta
al campo e inizialmente il re lo accoglie con amore poi inizia a dubitare nuovamente
di esso. Dei sacerdoti rivelano che Dio ha scelto come futuro re di Israele il giovane,
e Saul, li fa uccidere e minaccia anche lo stesso David. Alla fine del testo, di fronte
alla futura disfatta, si prepara a morire con inutile eroismo.
La figura di Saul, che è l’elemento centrale dell’opera, è un personaggio molto
problematico. Da una parte vuole essere grande e incontrastato, mentre dall’altra è
agitato dai rimorsi. Questa ambivalenza la si può vedere infatti nei rapporti con
David, prima amato e poi odiato.
Lo spunto per la stesura della mirra deriva da Ovidio. Qui viene accentuato in tema
tragico l’incesto. Questo testo tratta una materia abbastanza psicologica, scabrosa,
che risulta difficile da affrontare. Al centro dell’opera non si ha il titano ma
un’umanità più semplice.
La giovane Mirra rifiuta di sposare il giovane PEREO, che si suicida. Poi rivolse delle
parole d’odio nei confronti della mare CECRI fino a quando non interviene il padre
CINIRO, al quale confessa di provare dei sentimenti per lui, per poi subito dopo
trafiggersi con la spada.