Sei sulla pagina 1di 90

BIBLIOGRAFIA E BIBLIOTECONOMIA APPUNTI

22/02/2021
I termini ‘’Bibliografia’’ e ‘’Biblioteconomia’’ indicano due discipline tecniche in cui è necessario
acquisire un linguaggio preciso che tornerà utile in futuro. Le nozioni e i dati serviranno per il
nostro bagaglio culturale.
Queste discipline si occupano di libri, cioè lo strumento di lavoro più importante. Ma al centro
della materia vi è l’Istituzione culturale della biblioteca, un luogo da visitare e consultare con
tutte le competenze specifiche del settore. I testi all’interno servono ad approfondire e a fare tesi
con regole valide per ricercare e per orientarsi con competenza nel mondo dei libri e delle
biblioteche.
BIBLIOTECONOMIA
E’ una disciplina che si occupa delle norme e dell’ordinamento delle biblioteche, che per operare
hanno bisogno di funzionari specializzati, bibliotecari. Spesso si ritiene che la biblioteca sia un
luogo dove operano persone non specializzate. Infatti deve avere personale altamente qualificato,
cosa che non avviene quasi mai. Inoltre le biblioteche sono considerate di serie B rispetto a musei,
siti archeologici ecc.
Dobbiamo considerare i libri come strumento di conoscenza, un supporto cartaceo o digitale che
si trasforma con il passare del tempo e tramanda la memoria collettiva, cioè il sapere che viene
trasmesso da una generazione all’altra attraverso i libri, che in passato, prima dei mezzi di
comunicazione, erano il principale o addirittura l’unico strumento che passava le notizie,
l’informazione e la formazione. In passato si parlava di ‘’librocentrismo’’, ovvero un fenomeno e
tipo di società con il libro al centro dell’attenzione perché unico mezzo.
Poi si sono aggiunti giornali, televisioni, cinema, fino ad arrivare ad internet. L’evoluzione ha posto
il libro non più al centro e lo ha reso meno importante. Ad esempio fino all’ 800 anche durante le
battaglie di tipo ideologico o patriottico (periodo del Risorgimento) le idee venivano diffuse
attraverso i libri, mentre oggi nessuno si sognerebbe di fare una battaglia ideologica o patriottica
con un libro. Ora vi sono strumenti più efficaci, ma anche se libro è ai margini non significa isolarlo.
Per noi il libro continua ad essere insostituibile.
Bisogna imparare a fare una distinzione tra formazione e informazione. L’informazione è quella
che viene diffusa attraverso giornali, internet, radio, cinema ecc. (Mezzi di comunicazione in
campo pubblico). In campo universitario invece è necessario essere formati; la formazione è
l’apprendimento e l’acquisizione di eventi culturali con atteggiamento critico, intelligente. Non
consiste nel percepire meccanicamente nozioni, ma leggere in maniera intelligente quei dati che
l’informazione ci propone. Questo può essere ottenuto solo attraverso lo studio dei libri che danno
la possibilità di acquisire quello spirito critico.
I fatti vengono letti e interpretati dagli uomini in modi diversi, dunque avere spirito critico
significa, difronte a versioni diverse, acquisire capacità di valutare in maniera individuale e
soggettiva quale è secondo noi la ricostruzione più attendibile e credibile.
I libri ci aiutano a studiare e a riflettere con intelligenza e spirito critico, necessari quando ci
troviamo nel mondo dell’informazione, che è condizionato dai poteri economici. In Italia non
esistono editori puri, ma nella maggior parte dei casi imprenditori che possiedono imprese di altro
carattere e che investano una parte del loro denaro nell’industria editoriale, che porta a
condizionare la notizia. L’ unica arma che abbiamo per difenderci è quella di studiare sui libri per
fare il confronto, avere diverse versioni e poi farci un’idea. Non c’è democrazia o libertà di
pensiero quando viene data una sola versione dei fatti. In Italia ci sono pochi giornali indipendenti,
in altri Paesi invece troviamo imprenditori autosufficienti che non hanno bisogno di fare altri
lavori. Esempio: editore che ha la Fiat non può parlar male della sua azienda. Il sistema
dell’informazione in Italia è anomala, abbiamo editori impuri che non lavorano esclusivamente nel
mondo dell’informazione.
Cosa è il libro? È un bene culturale che viene conservato dalla biblioteca. È un prodotto
particolare fatto di materia e pensieri, idee, parole.
Perché è un bene culturale? Perchè trasmette la memoria collettiva.
Ci son due tipi di memoria:
1) Individuale: appartiene a ciascuno di noi
2) Collettiva: memoria di un’intera generazione che passa alle generazioni successive.
La storia dell’umanità senza libri e biblioteche sarebbe stata diversa, sarebbe ricominciata da zero.
Ma ciò non è avvenuto grazie alla scrittura. La scrittura l’alfabeto (che consiste in numero
ristrettissimo di segni che consente di scrivere tutto ed esprimere pensieri ed emozioni) sono
quegli elementi che distinguono la specie umana dalla specie animale. La scrittura rimane nel
tempo, è immutabile e diffonde parole che raggiungono luoghi diversi attraverso un cammino
orizzontale nello spazio geografico, ma anche nello spazio temporale. La memoria collettiva
consente di progredire grazie alla scrittura e al libro, fondamentali per la crescita culturale. Il libro
è un bene culturale perché trasmette il sapere nella dimensione temporale. L’elemento principale
non è tanto il supporto (che può cambiare ed essere di diversi materiali), ma la scrittura che è
costante.
Perché il libro è un bene culturale di serie B? Perché ci sono più copie e non c’è l’elemento di
unicità e originalità, come ad esempio accade per un’opera d’arte.
La scrittura storicamente ha accompagnato il sapere delle classi elevate e questo è proseguito fino
a poco tempo fa con problemi legati all’analfabetismo. Le classi subalterne non hanno una cultura
scritta, ma una cultura popolare che trasmettono oralmente o raccogliendo oggetti materiali che
possiamo trovare nei musei. E’ in corso però un progetto intento a digitalizzare musica e canti
popolari, leggende e proverbi. Questo rientra nei compiti della biblioteca che conserva appunto la
memoria di classi subalterne.
La biblioteca deve svolgere tre importanti funzioni:
1) Conservare la memoria collettiva, e quindi possedere tutti i libri che appartengono al
passato
2) Consentire l’accesso libero all’informazione da parte degli utenti per una società
democratica, assicurando a tutti la possibilità di entrare nel mondo della comunicazione
3) Assicurare l’educazione permanente, cioè consentire ai cittadini, soprattutto quelli che non
hanno continuato il ciclo di studi e si sono fermati alla scuola obbligatoria, l’aggiornamento
(possibilità di continuare a leggere e istruirsi)
BIBLIOGRAFIA
Vi sono tante definizioni. E’ la disciplina che si occupa di libri, che si occupano a loro volta di libri.
Indica le regole per elaborare un repertorio bibliografico, cioè un elenco di testi che servono a
scrivere. Ogni tipo di ricerca presuppone una bibliografia. Es. Per fare una tesi su un autore,
bisogna ricercare strumenti bibliografici e vedere cosa è già stato pubblicato a tal proposito. Più la
ricerca bibliografica è ampia, più il lavoro è meritevole.
GLI STEP: Scelta di un argomento, consultazione della bibliografia più ampia, lettura, elaborazione
di una nuova interpretazione - Lavoro originale e nuovo rispetto a quello già scritto e trovato
nella consultazione
Non si può fare nessun tipo di lavoro compilativo o innovativo senza supporto bibliografico.
CITAZIONE DI UN LIBRO
Esempio: M. Santoro, Lezioni di Bibliografia, Bibliografica, Milano 2012
-Nome autore (per intero o solo nome appuntato)
-Titolo sottolineato (se scritto) o in corsivo (se al pc)
-Casa Editrice
-Città e anno senza alcuna virgola
ATTENZIONE: Non esiste un criterio valido per tutti in tutti i campi, è importante scegliere un
sistema.
Aldo Manuzio inventò tra la fine del 400 e l’inizio del 500 il formato tascabile ridotto per
pubblicare i classici della letteratura latina, greca e italiana. A questo formato fece corrispondere il
corsivo italico (lettere schiacciate e leggermente inclinate) per ricavare più spazio nella pagina.
Il lavoro di ricerca è diverso da lavoro creativo (Es. Romanzo) perché bisogna indicare a piè di
pagina le fonti da cui abbiamo tratto il concetto. Nel romanzo il lavoro di ricerca spetta al lettore o
al critico.
24/02/2021
Biblioteca ibrida: biblioteca che conserva materiale documentario di diversa natura (cartaceo,
digitale, sonoro ecc.), che serve a trasmettere la memoria collettiva. È un concetto che riguarda le
biblioteche dell’era digitale poiché è particolarmente presente la contaminazione tra supporti
tradizionali e innovativi. Questo concetto potremmo attribuirlo anche alla biblioteca del mondo
antico perché c’erano supporti diversi (tavolette cerate, di terracotta, papiri, pergamene, carta).
Le biblioteche, ibride o no, svolgono l’importante ruolo di conservare documenti ritenuti veri e
propri beni culturali. Le biblioteche sono anche fatte di strumenti particolari che servono agli
utenti per consultare i documenti: i cataloghi. Se non ci sono i cataloghi da consultare per
ricercare un libro non è una biblioteca, ma un deposito. Questi cataloghi possono essere a loro
volta cartacei o digitali e consentono al bibliotecario, ma soprattutto all’utente, di individuare i
documenti di cui ha bisogno. L’impiego delle tecnologie e la diffusione di internet però ha
profondamente cambiato il ruolo e le funzioni delle biblioteche e dei cataloghi.
Biblioteca digitale o virtuale: biblioteca che consente l’accesso da remoto, ovvero la possibilità
che le nuove tecnologie ci danno per accedere ad un patrimonio di una biblioteca a distanza.
Questo accesso può avvenire in due modi:
1) Attraverso la consultazione soltanto del catalogo (catalogo elettronico chiamato ‘’OPAC’’)
2) Attraverso la consultazione anche dei testi digitalizzati e la lettura del libro
Es. Google books e Google libri
-Wikipedia non è una biblioteca virtuale ma un’enciclopedia modificabile dagli utenti
Nonostante possiamo definire le biblioteche di oggi ‘’ibride’’ perché possiedono supporti diversi,
alcuni sostengono che il suo futuro sarà totalmente virtuale e che consentirà l’accesso remoto non
solo al catalogo ma anche ai testi. Dunque troveremo biblioteche non con libri, ma file.
Oggi una biblioteca è la più ricca o la migliore di altre se possiede più volumi: tanto più è la loro
quantità, tanto alta sarà la qualità e il successo di una biblioteca. In futuro però la qualità potrà
risiedere nella capacità di collegarsi con altre biblioteche e possedere un patrimonio digitale
ancora più ricco rispetto alla quantità di volumi in una biblioteca tradizionale.
Biblioteca pubblica o di pubblica lettura: biblioteca che non necessariamente è gestita da un ente
pubblico (Ministero dei beni culturali e ambientali del turismo, regioni, province e comuni), ma
che può essere anche gestita da una fondazione o da un sindacato, a condizione che, come la
biblioteca pubblica, renda possibile l’accesso e la consultazione dei documenti a tutti senza alcun
tipo di censura e limitazione all’entrata. Non si possono fare distinzioni di sesso, religione, lingua
ecc.
MANIFESTO UNESCO SULLE BIBLIOTECHE PUBBLICHE del 1995
In questo manifesto l’Unesco indica le norme e i principi essenziali alla base delle biblioteche in
tutto il mondo.
1° paragrafo: La libertà e lo sviluppo della società possono essere raggiunti solo se i cittadini sono
ben informati poiché un corretto sistema di informazione è la conditio sine qua non per una
società democratica con un cittadino attivo e non spettatore. La biblioteca pubblica o di pubblica
lettura è in questo caso una via di accesso libera e locale al sistema complessivo della conoscenza
e costituisce una condizione essenziale per l’apprendimento permanente, cioè la possibilità che la
biblioteca offre a tutti i cittadini di apprendere per tutto l’arco della vita, oltre al periodo di obbligo
scolastico. L’Unesco inoltre crede nel ruolo importante della biblioteca come strumento
indispensabile per promuovere la pace e il benessere spirituale delle menti di uomini e donne.
Questo forte richiamo alla pace fa pensare al fatto che i libri e la cultura debbano essere
strumento di pace, promuovendo così un concetto del tutto moderno. Per tutta l’antichità infatti
(Medioevo) la preoccupazione principale di prìncipi e signori era quella di investire denaro e
risorse statali nell’organizzazione degli eserciti. Nasce così nei periodi successivi l’idea di biblioteca
per alimentare principi basati su pace e non più guerra: è con la parola che si costruisce la pace. Ci
sono editori che come simbolo della propria azienda hanno l’immagine metaforica della pace
perché sono consapevoli del fatto che c’è spazio per la lettura se c’è una condizione pacifica, al
contrario se c’è guerra non c’è spazio per la stampa e la produzione di libri. Lo stato in più deve
pensare anche al benessere spirituale (‘’i libri sono la medicina dell’anima’’). Infine l’Unesco
incoraggia i governi nazionali e locali a sostenere le biblioteche pubbliche e il loro sviluppo.
2° paragrafo: E’ necessario considerare la generalità di una biblioteca, ovvero una biblioteca
pubblica non specifica per un settore, ma che va incontro a bisogni generali. I servizi e i materiali
possono essere messi a disposizione di tutti coloro che non ne hanno la possibilità come:
- Ricoverati: vi sono casi di Asl (Aziende sanitari locali) che stanno realizzando piccole
biblioteche in ospedale, soprattutto per bambini e ragazzi
- Disabili, costretti alle difficoltà delle architetture delle biblioteche, spesso situate in edifici
storici come conventi e municipi, difficili da raggiungere. Con le leggi feudali (‘700-fine
‘800) le proprietà che appartenevano agli ordini religiosi vennero sottratte e divennero
proprietà dei comuni.
- Detenuti: vi è la possibilità di costruire piccole o grandi biblioteche in carcere
- Minoranze linguistiche (gruppi di persone che pur risiedendo in determinate zone parlano
una lingua diversa rispetto alla maggioranza di cittadini: Trentino, Valle d’Aosta, Friuli,
ecc.).
Tutto ciò significa prevedere una biblioteca attenta ai bisogni di tutti. L’espressione ‘’ La biblioteca
fuori di sé’’ non vuol dire biblioteca impazzita ma biblioteca capace di andare al di là del proprio
perimetrose non va l’utente dalla biblioteca è la biblioteca che va dall’utente. Per la diffusione
della lettura negli utenti di qualsiasi età l’associazione ‘’Nati per leggere’’ ha coinvolto medici,
pediatri, psicologi, bibliotecari ecc. per indurre la lettura ai bambini prescolari, cioè una lettura ad
alta voce, importante per crescita sana ed equilibrata dei bambini.
L’Unesco applica il concetto dell’alta qualità per un’azienda privata: la professionalità è alla base di
un’azienda di successo.
I materiali devono riflettere l’evoluzione della società e coltivare l’immaginazione dell’uomo.
Chi gestisce una biblioteca non può mostrare caratteri di censura ideologica, politica o religiosa,
non deve essere soggetto a pressioni commerciali, ma deve avere principi culturali e formativi.
-COMPITI DELLA BIBLIOTECA NEL MANIFESTO:
Riguardano informazione, alfabetizzazione, istruzione e cultura
1) Creare e rafforzare l’abitudine alla lettura fin dalla tenera età

2) Sostenere l’educazione individuale e l’istruzione formale a tutti i livelli (la biblioteca deve
affiancarsi alla scuola)
Biblioteche scolastiche: devono essere a servizio di docenti e studenti, tuttavia non vi sono molte
scuole che le possiedono oppure non sono agibili. Inoltre dovrebbero essere aperte in orari non
scolastici ma accade che i responsabili sono docenti non in grado di gestirle.
3) Offrire opportunità per lo sviluppo creativo della persona: la lettura è adatta per stimolare
immaginazione e fantasia
4) Promuovere la consapevolezza dell’eredità culturale, l’apprezzamento delle arti, la
comprensione di scoperte e innovazioni scientifiche
5) Dare accesso alle espressioni culturali di tutte le arti rappresentabili
6) Incoraggiare il dialogo interculturale e proteggere la diversità culturale: mettere a confronto le
culture fra loro. Di qui il termine ’’intercultura’’: tentativo grazie alla cultura settecentesca
(Illuminismo) di giungere al concetto chiave di cosmopolitismo (cittadino del mondo). Gli
Illuministi elaborarono il concetto di tolleranza, ma dietro si nascondeva l’idea di una cultura
diversa più prestigiosa che tollera l’altra minore. Oggi invece bisogna dialogare e tollerare
altre culture considerandole alla pari.
7) Garantire l’accesso ai cittadini a ogni tipo di informazione di comunità
8) Fornire informazioni non solo agli utenti in quanto individui ma anche a gruppi di persone che
rappresentano imprese, associazioni ecc.
9) Favorire sviluppo e impiego di calcolatori per evitare forme di analfabetismo
10) Sostenere attività e programmi di alfabetizzazione rivolti a tutte le fasce d’età

01/03/2021
(Manifesto continua)
FINANZIAMENTO, LEGISLAZIONI E RETI
-In linea di principio l’uso della biblioteca pubblica deve essere gratuito: Come principio di
carattere generale quasi tutti i servizi che la biblioteca pubblica offre agli utenti sono gratuiti; ci
possono essere quindi dei servizi a pagamento. Esempio: un libro in prestito è gratuito, ma
fotocopie, prestito di un libro che si trova lontano, non sono gratuiti.
-La biblioteca pubblica rientra nelle responsabilità delle autorità locali e nazionali: autorità locali
come comuni o regioni, e autorità nazionali come il ministero.
-Il sistema bibliotecario di ogni nazione deve essere regolamentato da norme ben precise: ogni
casa editrice ha delle norme relazionali alle quali devono attenersi gli autori che pubblicano in
questa determinata casa editrice. Le norme possono variare. La cosa importante è scegliere delle
norme che possono essere coerenti e possono essere usate da ciascuno di noi.
-Deve essere retta da una legislazione specifica e finanziata dalle autorità locali o nazionali. Deve
essere componente essenziale di ogni strategia a lungo termine per la cultura, per la diffusione
dell’informazione, dell’alfabetismo e dell’istruzione.
-Per rassicurare cooperazione e coordinamento a livello nazionale la legislazione e i programmi
strategici devono definire e promuovere una rete bibliotecaria nazionale basata su standard di
servizio accertati: Fino a qualche decennio fa le biblioteche costituivano delle istituzioni culturali
isolate e autonome. Oggi invece parliamo soprattutto di cooperazione e coordinamento: cioè le
biblioteche non vengono più viste come delle istituzioni autoreferenziali ma delle biblioteche che
si augura devono essere basate su cooperazione coordinamento. Tutto questo è reso possibile
oggi, e non lo era in passato, grazie ad internet e alla rete. La rete che in realtà assicura lo scambio
delle informazioni assicura il coordinamento delle operazioni che vengono fatte all’interno delle
biblioteche, a partire dalla catalogazione. In realtà, la rete, offre un servizio non solo utile ma
anche intelligente. Fra tutti questi servizi la rete offre delle opportunità molto importanti nel
campo biblioteconomico che in ambito culturale generale. Ogni nazione deve promuovere una
rete bibliotecaria nazionale, cioè deve fare in modo che le biblioteche che sono su uno stesso
territorio nazionale devono essere collegate tra loro da una rete bibliotecaria nazionale. In Italia
esiste una rete e si chiama servizio bibliotecario nazionale, più comunemente conosciuto come
SBN. Questa rete consente alle biblioteche di dialogare tra loro, di scambiare una serie di servizi
importanti, proprio per combattere quell’isolamento che ci fu in passato.
Concetto di standard di servizi accettati: “STANDARD”, fa parte ampiamente del linguaggio
biblioteconomico, significa che una rete informatica e telematica che mette in comunicazione fra
loro migliaia di biblioteche, per fare ciò, deve avere un linguaggio omogeneo; quindi, è possibile
solo se si utilizza un linguaggio standardizzato, altrimenti il dialogo non è possibile. Questi concetti
di “standard” e “standardizzazione” sono due parole chiave del linguaggio biblioteconomico, che
in genere deve essere diverso dal linguaggio naturale che utilizziamo noi e fortemente
standardizzato, per evitare possibilità di equivoci. Un elemento di equivoco, di fraintendimento nel
linguaggio biblioteconomico: è l’uso dei sinonimi: mentre noi possiamo usare due termini diversi
in forme diverse che esprimono lo stesso concetto, questo non è consentito nel linguaggio
biblioteconomico.
La rete bibliotecaria pubblica deve essere progettata tenendo conto delle biblioteche nazionali
regionali di ricerca e speciali così come quelle scolastiche e universitarie; questo significa che lo
stesso manifesto dell’UNESCO riconosce diverse tipologie di biblioteche cioè indica biblioteche
nazionali e regionali, poi di ricerca e speciali.
-Ricerca: rivolte ad un pubblico particolare, ricercatori, studiosi, universitari
-Speciali: sono specializzate solo in un unico argomento; hanno dei documenti, dei fondi librari,
che non sono di carattere generale, ma che vanno nella direzione di un pubblico speciale,
generalmente di studiosi.
-Universitarie: sono all’interno delle università e offrono un servizio agli studenti, ai docenti, e ai
ricercatori. Anche la biblioteca universitaria può essere speciale, riservata ad un pubblico speciale.
Scolastiche: vedere gli appunti precedenti
FUNZIONAMENTO E GESTIONE
-Deve essere formulata una politica chiara che definisca gli obiettivi, le priorità e i servizi tenendo
conto dei bisogni della comunità locale. Significa che il direttore delle biblioteche deve avere una
visione chiara degli obiettivi, priorità e servizi tenendo conto dei bisogni della comunità. Il direttore
deve avere una visione chiara di che tipo di utenza ha intorno a sé e quali sono i bisogni della sua
utenza, che possono cambiare da paese a paese, da località a località. I bisogni della comunità
locale sono:
-bisogni potenziali (virtuali): ogni direttore deve andare incontro ai bisogni di lettura; significa che
io in base alle caratteristiche della mia utenza devo acquistare quei libri, quelle riviste e quei
giornali che secondo me possono rispondere meglio ai bisogni di lettura e informazione della mia
utenza. Se vedo che tra i mei utenti c’è una grande richiesta di narrativa o di narrativa per ragazzi,
è chiaro che andrò a privilegiare nella politica degli acquisti, l’acquisto di quel genere. Questo
significa fare un buon lavoro, conoscere le caratteristiche dell’utenza e rispondere nella maniera
più adeguata a questi bisogni di lettura.
-bisogni reali (effettivi): il bibliotecario è un operatore culturale, quindi deve stimolare dei bisogni
che non sono espressi. Se nella mia biblioteca non c’è nessuno che mi chiede un libro di arte di
poesia, questo non vuol dire che non si devono comprare libri di quel genere. Ma va comprato
perché solo così puoi sperare che qualcuno si metta a leggere quel libro. Quando il manifesto parla
dei bisogni della comunità bisogna ricordare questa duplice faccia di utente; quelli realmente
esistenti e quelli inespressi che devono essere creati e stimolati.
-Deve essere organizzata in maniera efficace: la biblioteca viene ritenuta una sorta di deposito di
libri che non deve dare conto a nessuno, se l’utente viene bene, se e non viene non è un
problema. In realtà la biblioteca deve essere organizzata in maniera efficace e devono essere
organizzati standard efficaci di funzionamento: deve esser affidata a personale specializzato e
preparato. Alla biblioteca molti attribuiscono standard di funzionamento ed efficacia che vengono
attributi alle aziende private.
-Deve essere garantita la cooperazione con i partner relativi, ad esempio gruppi di utenti e altri
professionisti a livello locale, regionale e nazionale e internazionale: L’UNESCO insiste sul concetto
di cooperazione, che riguarda anche lo scambio. Il principio di questo concetto è che non si parla
solo dei singoli ma anche dei gruppi.
-I servizi devono essere fisicamente accessibili a tutti i membri della comunità: bisogna eliminare
qualsiasi ostacolo, qualsiasi barriera, che possa impedire la frequenza e l’utilizzo della biblioteca a
qualsiasi utente.
-Buona localizzazione degli edifici: le biblioteche devono essere sistemate su luoghi che possono
essere raggiungibili facilmente da tutta la comunità, rispetto ad un paese devono essere centrali,
quindi situate in centro. Esempio la biblioteca nazionale di Bari: si trova fuori dal centro, questo da
qualche anno a questa parte. Prima si trovava al piano terra del nostro Ateneo. Poi ad un certo
punto quella struttura era ormai insufficiente per contenere i libri e fu un progetto che consentì il
restauro della zona periferica per cui la biblioteca nazionale ha acquisito degli spazi enormi molto
buoni, con l’handicap della localizzazione, quindi il numero degli utenti è crollato
vertiginosamente. Nelle grandi città esistono le biblioteche di quartiere quindi biblioteche piccole
su tutto il territorio cittadino. Esistono dei luoghi più o meno adatti della costruzione o la
progettazione della biblioteca, inutile dire che una biblioteca in vicinanza del mare non è una
buona scelta (fonte di umidità che insieme all’acqua sono nemici della carta). vanno evitati anche i
luoghi polverosi.
-Attrezzature adatte: tutto quello che può servire per la consultazione di testi cartacei e digitali
-Tecnologie necessarie: la biblioteca non deve solo mettere a disposizione i libri ma anche le
tecnologie indispensabili per l’informazione e l’accesso remoto.
-Orari di apertura comodi: Ci sono dei parametri e delle griglie che ci consentono di monitorare le
biblioteche e di verificare quale biblioteca offre un servizio migliore e ottimale rispetto alle altre.
Tra questi parametri c’è quello degli orari di apertura, la qualità di verifica avviene anche con la
fascia oraria che la biblioteca mette a disposizione degli utenti. Una biblioteca che offre 4 ore di
apertura sfigura rispetto a quella che ne offre 7. L’orario di apertura deve essere il più ampio
possibile e deve essere anche comodo, generalmente le biblioteche italiane non offrono orari di
apertura molto ampi e questo è un elemento negativo, quando tutto va bene la biblioteca si apre 2
o 3 ora mattina e 2 o 3 ora pomeriggio. Orari comodi: l’ora di pranzo, la sera e la domenica. In
alcune nazioni le biblioteche rimangono aperte soprattutto fino a tarda sera e anche nei gironi
festivi e prefestivi. Proprio perché gli orari più comodi per una biblioteca coincidono con gli orari
non lavorativi, quindi dovrebbe garantire l’apertura proprio nelle ore in cui attualmente non sono
agibili. Tutto questo comporterebbe la presenza di un numero maggiore di personale e soprattutto
richiede degli investimenti che le istituzioni nazionali regionali e locali non sono stati disponibili a
fare.
-I servizi devono essere adattati ai diversi bisogni delle comunità rurali e di quelle urbane
-La formazione e aggiornamento professionale del bibliotecario è fondamentale per l’efficacia del
servizio: l’UNESCO auspica un personale bibliotecario qualificato e che si deve aggiornare ogni tot
di tempo, esiste un’organizzazione che organizza dei corsi per i bibliotecari.
-Devono essere svolte attività all’esterno e programma di istruzione degli utenti affinché possano
trarre vantaggio da tutte le risorse: il personale deve pensare a delle attività che stimolino gli
utenti e li mettano nelle condizioni ottimali per utilizzare e trarre vantaggio di istruzione
-Attuazione del manifesto: le autorità risonabili a livello nazionale e locale devono mettere in atto
tutti i principi elencati dal manifesto che dovrebbe essere esposto in tutte le biblioteche

NUOVO REGOLAMENTO DELLE BIBLIOTECHE PUBBLICHE STATALI risale al 1995. (dpr 5 luglio
1995 n.517 regolamento recante norme sulle biblioteche pubbliche statali)
Il regolamento riguarda le biblioteche pubbliche statali: cioè sostenute e regolamentate
direttamente dallo stato. Sono quelle biblioteche pubbliche che non dipendono dagli enti locali ma
direttamente dallo stato.
LE BIBLIOTEHCE PUBBLICHE STATALI ELENCO:
Piemonte: Torino, Biblioteca nazionale universitaria; Torino, Biblioteca reale
Lombardia: Milano, Biblioteca nazionale Braidense; Cremona, Biblioteca statale; Pavia, Biblioteca
universitaria
Liguria: Genova, Biblioteca universitaria
Veneto: Venezia, Biblioteca nazionale Marciana; Padova, Biblioteca universitaria
Friuli-Venezia Giulia: Trieste, Biblioteca statale; Gorizia, Biblioteca statale Isontina
Emilia-Romagna: Bologna, Biblioteca universitaria; Modena, Biblioteca Estense universitaria;
Parma, Biblioteca Palatina
Toscana: Firenze, Biblioteca nazionale centrale; Firenze, Biblioteca Marucelliana; Firenze,
Biblioteca Medicea Laurenziana; Firenze, Biblioteca Riccardiana; Lucca, Biblioteca statale; Pisa,
Biblioteca universitaria
Marche: Macerata, sezione staccata Biblioteca nazionale di Napoli
Lazio: Roma, Biblioteca nazionale centrale Vittorio Emanuele II; Roma, Biblioteca Angelica; Roma,
Biblioteca Casanatense; Roma, Biblioteca di archeologia e storia dell’arte; Roma, Biblioteca di
storia moderna e contemporanea; Roma, Biblioteca statale Baldini; Roma, Biblioteca universitaria
Alessandrina; Roma, Biblioteca Vallicelliana
Campania: Napoli, Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele II; Napoli, Biblioteca universitaria
Puglia: Bari, Biblioteca nazionale Sagarriga Visconti Volpi
Basilicata: Potenza, Biblioteca nazionale
Calabria: Cosenza, Biblioteca nazionale
Sardegna: Cagliari, Biblioteca universitaria; Sassari, Biblioteca universitaria
Grande squilibrio tra le regioni del nord e del sud: Roma e Firenze da sole hanno più biblioteche di
tutto il sud Italia. Bisogna pensare che per esempio le biblioteche di Bari e Potenza sono diventate
nazionali in tempi relativamente recenti, e sono state dichiarate tali per ridurre il divario tra nord e
sud. Sono tutte nei capoluoghi di regione e i loro nomi sono legati alla storia della regione.
L’elenco delle biblioteche dipendono tutte dallo stato, mentre alcune si chiamano solo statali, altre
si chiamano nazionali. Differenze tra biblioteche di Roma e di Firenze, che si chiamano biblioteche
nazionali centrali. Fra le nove biblioteche nazionali due hanno questo titolo in più. In ogni nazione
è prevista la presenza di una biblioteca anazionale che tradizionalmente si dovrebbe trovare nella
capitale dello stato. In Italia Firenze è stata anche la capitale del regno di Italia. Quindi questo
significa che la storia italiana ha fatto sì che quando è stata raggiunta l’unità nazionale nel 1870, si
è pensato di emanare una legge che regolamentasse tutto il settore con il compromesso
all’italiana: la regola avrebbe voluto che la biblioteca nazionale centrale andasse istituita a Roma,
ma visto il pregresso, la storia che vedeva Firenze e Torino come ex capitali del regno, e così via,
hanno fatto sì che si istituissero ben due biblioteche nazionali centrali Roma e Firenze, e una
nazionale a Torino, a Milano, a Venezia e così via, in quelle città che corrispondevano alle vecchie
capitali degli stati preunitari. Questa definizione di biblioteche nazionali centrali deriva dal fatto
che esiste una legge che impone ad ogni tipografo e ogni editore di consegnare una copia omaggio
alle due biblioteche centrali di Roma e di Firenze (e altre biblioteche) con lo scopo di far sì che ci
siano due biblioteche che conservano l’intero patrimonio librario della nazione: questa è la sua
funzione, quella di conservare nella maniera più ampia possibile il patrimonio culturale di una
nazione. Questa legge sul deposito degli stampati fa si che le biblioteche di Roma e Firenze
conservino il più ampio patrimonio librario della nazione. Fra le biblioteche statati ci sono
biblioteche all’interno delle università che sono di antica data alle quali viene attributo il titolo di
biblioteca universitaria statale.
Sono biblioteche statali anche le biblioteche annesse ai seguenti monumenti nazionali:
Veneto: Padova, Abbazia di S. Giustina; Teolo (Padova), Abbazia di Praglia
Lazio: Cassino (Frosinone), Abbazia di Montecassino; Collepardo (Frosinone), Certosa di Trisulti;
Farfa (Rieti), Abbazia si Farfa; Grottaferrata (Roma), Abbazia di S. Nilo; Subiaco (Roma), Monastero
di S. Scolastica; Veroli (Frosinone), Abbazia di Casamari.
Campania: Cava dei Tirreni (Salerno), Badia di Cava; Mercogliano (Avellino), Abbazia di
Montevergine; Napoli, Oratorio dei Gerolamini.
Sono sistemate in antiche abbazie, la maggior parte della storicità e l’importanza di questi
monasteri fa sì che le raccolte dipendano dallo stato. Perché lo stato ne riconosce la grande
importanza storica.
I COMPITI
1) Raccogliere e conservare la produzione editoriale italiana a livello nazionale e locale:
Compito principale di raccogliere la produzione editoriale e di conservare il patrimonio librario. A
livello nazionale questo compito viene affidato alle biblioteche centrali, Roma e Firenze, la
produzione locale aspetta alle altre biblioteche.
2) Conservare, accrescere e valorizzare le proprie raccolte storiche: Come si accrescono le
raccolte? Con l’acquisto soprattutto nel mercato antiquario.
3) Acquisire la produzione editoriale straniera in base alla specificità delle proprie raccolte e
tenendo conto delle esigenze dell’utenza: La biblioteca centrale di Roma ha un’attenzione
particolare a questo. La biblioteca ad esempio di Torino, dovrebbe tener contro soprattutto
della Francia, cioè di quella nazione che le sta più vicino, e così via con tutte le altre
biblioteche.
4) Documentare il posseduto, fornire informazioni bibliografiche e assicurare la circolazione
dei documenti: significa che tutto quello che la biblioteca possiede come patrimonio deve
essere documentato e comprovato. Importante è fornire le informazioni bibliografiche;
cioè un ambito della biblioteca che si occupa di questo. Esempio: Anche la biblioteca più
fornita del mondo non è detto che posso rispondere a tutti bisogni degli utenti, importante
che esiste un servizio che dia la risposta giusta all’utente e per poter recuperare il testo in
un’altra biblioteca. Oppure attraverso tutti i documenti che possono essere dati in prestito
(vedremo in seguito le forme poiché esistono dei documenti che non possono essere dati
in prestito)
03/03/2021
(Regolamento delle biblioteche pubbliche statali continua)
I compiti sono svolti anche in cooperazione con altre biblioteche e istituzioni, al fine di realizzare
un servizio bibliotecario integrato. Anche nel manifesto dell’UNESCO viene suggerito il ricorso alla
cooperazione tra le biblioteche; cioè non devono essere isolate ma devono mettere in atto azioni
di cooperazione fra di loro. In particolare, le biblioteche universitarie attuano il coordinamento con
le università nelle forme ritenute più idonee sul piano dei servizi e delle acquisizioni. Il
coordinamento è auspicabile e suggerito per le biblioteche universitarie che devono collaborare
fra di loro.
Esempio: l’OPAC dell’università di Bari ti dice in quale parte e in quale biblioteca si trova il libro che
stai cercando. Tutto questo significa che l’università ha messo in atto questi principi e attraverso il
sostegno delle tecnologie riusciamo in tempo reale a sapere in quale biblioteca di quale università
si trova il libro che sto cercando. Se cerco un libro e l’OPAC mi dice che c’è una copia nella
biblioteca della facoltà di storia e scienze sociali e un’altra copia nella biblioteca di lettere e così
via: questo è un fatto positivo e significa che quel determinato libro tocca più ambiti e più settori e
ha un interesse pluridisciplinare; allo stesso tempo abbiamo un significato negativo: il fatto che
esistano più copie, forse troppe, toglie lo spazio ad altre opere, e inoltre non c’è un vero e proprio
coordinamento. Un tempo esistevano diversi istituti per le diverse materie, e ad ogni istituto
faceva capo una biblioteca. Queste biblioteche facevano la politica degli acquisti individualmente.
Questo significa che più istituti potevano acquistare lo stesso libro o manuale: ciò è uno spreco
che con una gestione centralizzata e con il coordinamento non avviene più; infatti, oggi prima di
acquistare un libro si può controllare nell’OPAC se una biblioteca vicina ha già acquistato quel
manuale. Se il manuale è stato acquistato si può evitare di acquistarlo un’altra volta. In sostanza
bisogna evitare il più possibile i doppioni.
ORDINAMENTO INTERNO: TUTELA DEL PATRIMONIO
I locali ove ha sede la biblioteca e quanto in essi contenuto, il patrimonio documentario, gli oggetti
di interesse artistico, storico, scientifico, i mobili e le attrezzature, sono affidati per la custodia al
direttore. Il direttore della biblioteca è responsabile della conservazione di tutto il materiale che ne
fa parte.
NOTIFICA DELLE SOTTRAZIONI
È obbligo di ogni impiegato dare tempestivamente notizia al direttore di qualunque sottrazione,
dispersione, disordine o danno relativo al patrimonio della biblioteca di cui abbia direttamente o
indirettamente conoscenza. Un impiegato che si rende conto della sottrazione di un oggetto libro o
rivista dalla biblioteca deve subito comunicare l’accaduto al direttore. Lo smarrimento o la
sottrazione del materiale documentario viene annotato nel registro apposito. Quindi esiste un
registro specifico dove vengono segnate le sottrazioni anche quelle senza un recupero possibile.
REGISTRAZIONI IN ENTRATA
Qualsiasi unità di materiale documentario, gli oggetti di interesse artistico, storico, scientifico,
nonché schedari, scaffalature e contenitori, immobili per destinazione, che entrano a far parte del
patrimonio della biblioteca, devono essere iscritti nel registro cronologico d’entrata. Ogni
biblioteca deve avere un registro cronologico d’entrata. Quindi tutto quello che viene acquisito
dalla biblioteca attraverso un acquisto ma anche attraverso altri modi, deve essere registrato. Ove
opportuno, nel registro cronologico d’entrata possono tenersi distinte le registrazioni del
materiale documentario a stampa da quelle relative al materiale documentario non a stampa e
agli oggetti e contenitori. Ci può essere un registro cronologico di entrata dove cronologico
significa in ordine di tempo vengono registrati gli oggetti che entrano nel patrimonio della
biblioteca, che può essere registrato in un unico registro cronologico, oppure può esistere un
registro per gli oggetti, uno per i manuali, e così via.
Registrazioni distinte per il materiale documentario possono, inoltre, essere tenute a seconda
della provenienza per acquisto, deposito obbligatorio, cambio e dono. Sono 4 le tipologie
attraverso le quali il materiale documentario (libri cartacei, riviste, periodici, giornali ecc.) può
entrare nel patrimonio delle biblioteche:
1. Acquisto: il direttore decide quali libri acquistare e sulla base di questo acquisto il patrimonio
accresce.
2. Deposito obbligatorio: riguarda le biblioteche centrali, quindi Roma e Firenze ma anche quelle
regionali poichè l’editore deve fare anche questo.
3. Il cambio: fino a poco tempo fa le facoltà di una università pubblicavano i propri gli annali. Cioè
un volume che viene sostenuto economicamente dalla stessa facoltà, che raccoglieva saggi scritti
da docenti, ricercatori, ecc. ma a volte comprendeva parti di tesi scritti da chi frequentava
l’università degni di essere pubblicati. Siccome le spese per la pubblicazione gravavano sul bilancio
della università le copie non venivano messe in vendita nelle librerie ma venivano distribuite con il
sistema del cambio o dello scambio. Con cambio intendiamo ad esempio che la facoltà di Bari con
facoltà di lettere e filosofia pubblicava gli annali e ne inviava le copie alle biblioteche della facoltà
di lettere e filosofia di Trieste che a sua volta inviava le sue a quella di Bari. Questo tipo di
pubblicazioni rientrano nella letteratura grigia: quelle pubblicazioni che non sono inserite nel
normale circuito editoriale, ma che hanno canali e modalità di diffusione diversa. Quindi che non
hanno un prezzo di copertina, non sono in vendita, ma si possono acquisire in modi diversi.
4. Il dono: può accadere che ci sia una famiglia che ha una biblioteca privata più o meno ricca,
prestigiosa e antica, e che per problemi di spazio o perché chi ha dato vita alla biblioteca è
deceduto, e altri problemi vari, la singola persona o una famiglia può decidere di donare quella
libreria o quella biblioteca ad una biblioteca pubblica. Il problema è che il dono di per sé in linea
generale può rappresentare un fatto positivo ma non è detto che lo sia: perché il direttore deve
valutare se è il caso di accettare questo dono, deve valutare se la donazione è in linea con le
caratteristiche della biblioteca stessa (es. manuali scientifici sono adatti ad una biblioteca speciale
o scientifica rispetto ad una di pubblica lettura); perché va accertato lo stato di conservazione;
perché bisogna controllare eventuali doppioni; perché la donazione può essere subordinata a
qualcosa come ad esempio una pubblicità di ritorno, oppure l’applicazione di un timbro che indica
il nome della famiglia sui documenti; perché non si ha lo spazio di includere il dono nella
biblioteca. Lo spazio è l’elemento più importante da tenere presente; se non si ha lo spazio per
ospitare i libri non si può accettare lo spazio. Ammesso che si abbia lo spazio bisogna avere il
personale capace di catalogare i libri che vengono donati.
In ogni caso il numero d’entrata deve essere sempre in unica serie complessiva, concatenata con i
necessari rinvii.
INVENTARI TOPOGRAFICI
Ogni biblioteca deve possedere:
1)Un inventario topografico generale del materiale documentario, eventualmente affiancato da un
catalogo a schede, ordinato topograficamente. Quest’ultimo sostituisce l’inventario topografico in
caso di collocazione sistematica; Si ha una sezione manoscritti e una sezione per i libri a stampa.
Significa che bisogna avere un inventario topografico che è un catalogo dove i manoscritti non
sono catalogati sul titolo o sull’ autore dell’opera, ma in base al topos: luogo. Vengono schedati i
documenti sulla base dell’indicazione delle segnature di collocazione del manoscritto.
2)Un inventario topografico speciale per gli oggetti di interesse artistico, storico e scientifico; come
quadri, statue, oggetti.
3)Un inventario topografico dei beni mobili
CATALOGHI
È la parte più importante, il cuore della biblioteca, perché non possiamo immaginare una
biblioteca senza cataloghi. Significa che la biblioteca non è solo un deposito di libri ma
un’istituzione che conserva libri e documenti consentendo agli utenti di consultare e di trovare i
documenti di cui ha bisogno. Senza i cataloghi questo non è possibile.
Ogni biblioteca deve possedere:
a. Un catalogo generale alfabetico per autori dei documenti a stampa o realizzati con altri
procedimenti, ordinato in serie unica: il catalogo più importante e comune che troviamo in
biblioteca è quello di un catalogo generale alfabetico per gli autori dei libri a stampa. Le schede di
questi cataloghi devono essere ordinate in base al cognome dell’autore in ordine alfabetico
b. Un catalogo alfabetico, per autori o per titoli, dei manoscritti: se in una biblioteca si ha una
sezione per i manoscritti, il catalogo dei manoscritti deve essere separato da quello a stampa.
Molto spesso i manoscritti non hanno l’autore quindi in quel caso si ordina per titolo.
c. Un catalogo generale alfabetico per i periodici: insieme al catalogo dei libri a stampa o
manoscritti ci deve essere un catalogo dei periodici cioè un catalogo dove vengono registrati in
ordine alfabetico i titoli dei periodici che la biblioteca possiede. Che cos’è un periodico: una
pubblicazione che esce rispettando dei periodi di tempo precisi. Perché una pubblicazione si
chiama o sia identificata come periodico deve essere pubblicata almeno due volte in un anno, con
lo stesso titolo. Se viene pubblicata due volte in un anno è un semestrale ed è il periodico che ha
durata o periodicità più lunga; poi esiste il quadrimestrale (ogni quadrimestre, tre in un anno),
trimestrale (quattro ogni anno), mensile (uno per ogni mese), settimanale (ogni settimana),
quotidiano (ogni giorno). Tutte queste pubblicazioni con queste periodicità diverse rientrano nella
categoria dei periodici. Se la biblioteca ha dei periodici deve mettere a disposizione degli utenti il
catalogo relativo. Nella scheda del periodico non viene indicato solo il titolo, ma anche la data.
Perché la biblioteca può avere quel catalogo ma non è etto che abbia la serie completa. Mentre il
numero di catalogo ha funzione amministrative, il catalogo ha una funzione di collocazione che
serve all’utente.
d. Un catalogo alfabetico per soggetti dei documenti moderni: un catalogo per soggetti è
l’argomento principale di cui il libro si occupa. Esempio storia moderna, storia contemporanea,
letteratura italiana, arte gotica, ecc. Questi sono i soggetti di cui il libro si occupa e di cui l’autore
tratta all’interno dell’opera. Perché è necessario avere un catalogo per soggetti? Perché facilita la
ricerca, in quanto il catalogo per autori può essere utile sono nel momento in cui si conosce nome
e cognome di un autore; se invece non si sa il nome e cognome completo di chi ha trattato
quell’argomento il catalogo per autore non è utile, ma è utile invece il catalogo per soggetto. Nel
catalogo per soggetti vengono compresi e schedati i libri più recenti a partire dal 900 in poi perché
diventa molto più complicato schedare i libri con dei soggetti che riguardano la cultura del
passato. Voci di soggetto e descrittori: si usano per indicare l’intestazione di una scheda del
catalogo per soggetti; sono quelle parole e quei termini che sono generalmente composti da
sostantivo + aggettivo. Questo perché il sostantivo da solo sarebbe troppo generale.
e. Un catalogo sistematico per i documenti moderni: per catalogo sistematico si intende un
catalogo che si aggiunge a quello per soggetti, ed è un catalogo che offre delle risposte all’utente
non sulla base dell’autore ma in relazione al contenuto del libro. Il contenuto del libro viene
indicato attraverso la voce di soggetto, il catalogo sistematico si occupa comunque del contenuto
del libro, ma al contrario esprimerlo con una parola e un aggettivo, gli attribuisce un codice o
numero e traduce quella voce di soggetto in una cifra. Questo significa che nelle biblioteche statali
(perché non avviene in tutte le biblioteche) oltre al catalogo per autore per soggetti si ha quello
sistematico che è un’altra via di accesso al catalogo; la via consiste nel fatto che esistono alcuni
sistemi di classificazioni del sapere al quale corrisponde un numero o codice numerico
f. Cataloghi alfabetici per le carte geografiche, le incisioni, i documenti musicali, o altro
materiale che non è incluso nel catalogo generale.

08/03/2021

TRATTAMENTO DEI DOCUMENTI


Il materiale documentario deve essere annotato nel registro cronologico d’entrata e nel rispettivo
inventario topografico e deve, inoltre, essere descritto, se e come stabilito, nei diversi cataloghi
previsti dal presente regolamento: il registro cronologico d’entrate è fondamentale, è la prima
operazione che viene fatta dal bibliotecario. La descrizione di ciascun documento nei cataloghi
deve essere corredata dall’indicazione del numero di iscrizione nel registro cronologico d’entrata e
dalla collocazione. Il numero d’entrata deve essere iscritto alla fine del testo di ogni manoscritto o
stampato, in modo da non danneggiare il documento e restare indelebile. Non bisogna scriverlo a
matita, deve essere indelebile poiché ha funzioni amministrative. La collocazione si segna, per i
manoscritti, sul verso del piatto anteriore della legatura; per gli stampati, sul verso del
frontespizio: la “collocazione” o “segnatura di collocazione” è un nuovo concetto che indica il
luogo esatto e preciso in cui il documento è collocato; cioè dove si trova all’interno della
biblioteca, ed è fatto generalmente da lettere e numeri.
Esistono 3 tipi di collocazione: fissa, semifissa o mobile.
-Segnatura di collocazione fissa: è formata da 4 elementi: sala, scaffale, palchetto e numero
progressivo del libro. Questi elementi servono al bibliotecario per trovare più facilmente il libro
che si vuole prendere in prestito. Si ha questa collocazione se la biblioteca è molto grande quindi è
necessario indicare le diverse sale di cui la biblioteca è composta.
-Segnatura di collocazione semi fissa: è formata da 3 elementi e, poiché si usa per le biblioteche
più piccole, bisogna indicare lo scaffale come elemento principale. Non c’è l’indicazione della sala.
-Segnatura di collocazione mobile: è formata da un solo elemento, cioè un codice numerico. Di
solito si usa per le biblioteche che prevedono lo “scaffale aperto”, cioè una biblioteca organizzata
in modo diverso da quello tradizionale: si ha una sala di lettura con tavoli da lettura al centro della
sala e intorno ai muri della sala tutti gli scaffali aperti, quindi l’utente si serve da solo dei libri. Lo
scaffale aperto mette i libri tutti insieme nello scaffale, divisi per materia, riconoscibili con dei
codici: non abbiamo più tutti gli elementi, ma solo un codice numerico. Il bibliotecario utilizza una
classificazione decimale, dividendo i libri in classe, ad ogni classe corrisponde un numero.
Un manoscritto ha una legatura o una coperta di pergamena; questa legatura ha un piatto, nel
piatto anteriore si scrive una collocazione (con le lettere ms che indicano la parola manoscritto);
per gli stampati invece la collocazione è scritta sul frontespizio che non va confuso con la
copertina. Il frontespizio è la prima o la seconda pagina del libro dove si trova l’indicazione
dell’autore, del titolo, della casa editrice e dell’anno di produzione; la collocazione va messa sul
verso del frontespizio: di un foglio esiste un “recto” e un “verso” (recto parte davanti, verso parte
dietro).
Devono, comunque, restare leggibili le eventuali collocazioni precedentemente attribuite al
documento: se per motivi particolari la collocazione di un libro viene cambiata, si suggerisce di non
cancellare del tutto la vecchia collocazione, ma si cancella con una barra e si aggiunge la nuova.
La collocazione stessa è riportata, tanto per i manoscritti quanto per gli stampati, sul cartellino
recante il nome della biblioteca, da apporre all’esterno e nell’interno della legatura o copertina del
volume od opuscolo e sul recto del foglio isolato: questa collocazione o del manoscritto o del libro,
deve essere riportata anche sui cartellini adesivi che poi si collocano sul dorso del libro; su questo
cartellino poi si scrive anche in piccolo il nome della biblioteca. È importante la segnatura sul
cartellino perché quel cartellino ci indica con esattezza la collocazione del libro stesso.
Per i materiali non librari, il cartellino con le indicazioni si unisce all’oggetto, in modo da non
ridurne la leggibilità o pregiudicare l’estetica.
Tutti i documenti aventi carattere di rarità e/o di pregio che entrino in biblioteca per dono devono
recare nell’interno della copertina un cartellino con il nome del donatore e la data del dono.
INDICAZIONE DI APPARTENENZA
I libri che vengono posseduti all’interno di una biblioteca devono trovare un sistema che faccia
capire e dimostri che quel libro appartiene a quella biblioteca. Questo è molto importante
soprattutto quando i libri vengono portati al di fuori della biblioteca stessa.
Anche chi possiede una biblioteca privata generalmente ha un segno di riconoscimento, o timbro.
La forma di riconoscimento di un privato più diffusa è sicuramente la firma del proprietario stesso.
Esiste, però, un sistema un po’ più elegante o raffinato, per i “bibliofili” (amore per i libri) e i
“bibliomani” (mania compulsiva), cioè possono mettere un segno diverso dalla firma che è
chiamato ex libris: significa letteralmente “dai libri”, ed è un timbro che racchiude un’immagine
che può anche essere accompagnata da un motto, da una firma, o da alcune lettere; molto simile
quindi ad una marca tipografica. Un artigiano può realizzare un timbro con un nome, o una frase
personale che piace molto al proprietario, e poi viene inserito in ogni libro e utilizzato come segno
di appartenenza.
Nelle biblioteche pubbliche è obbligatorio mettere un segno di riconoscimento o di appartenenza,
proprio perché i libri vengono maneggiati da tante persone e possono uscire spesso dalla
biblioteca. In questo caso si ha un timbro dove si scrive il nome della biblioteca che può essere
associato ad un disegno o un motto.
Il timbro può essere messo:
a) Nel verso del frontespizio; in mancanza del frontespizio sulla prima pagina; o su una o
più pagine del documento.
b) Nel verso di ciascuna tavola fuori testo di stampato o pagina miniata di stampato o
manoscritto: che cosa è una tavola fuori testo? In un libro ci possono essere delle
illustrazioni e delle tavole. Per illustrazione intendiamo un’immagine che viene inserita
all’interno della pagina e insieme al testo. Per cui si può avere un’illustrazione che
occupa parte del foglio e la restante parte e formata da lettere, oppure una colonna, e
così via. Per tavola si intende un’illustrazione a tutta pagina; la tavola può essere in
bianco e nero, a colori, e così via; e può essere nel testo o fuori testo. Fuori testo
significa che quella pagina non è numerata nella numerazione delle pagine. Il timbro va
messo in ciascuna tavola fuori testo poiché la pagina potrebbe essere sottratta;
soprattutto nei libri pregiati, con una lametta o un taglierino le pagine potrebbero
essere portate via. Se quella pagina ha il timbro della biblioteca allora è molto più
difficile da collocare sul mercato. Se abbiamo una
pagina miniata di un manoscritto, cioè una tavola creata dagli amanuensi colorata ed
elaborata, è bene mettere un timbro sul verso.
c) Nel recto del foglio isolato: un documento con un solo foglio
d) Nel cartellino unito all’oggetto.
Generalmente ogni 100 pagine si mette il timbro.
SCHEDARI, REGISTRI E BOLLETTARI
Oltre agli inventari e ai cataloghi, ogni biblioteca deve possedere:
a. Uno schedario delle pubblicazioni in continuazione e in collezione e uno schedario
delle pubblicazioni periodiche: le “opere in continuazione” sono quelle opere che
sono composte da più volumi che non escono periodicamente ma di cui si sa il
numero di volumi che usciranno. È quindi n’opera che prevede una serie di volume
che escono in continuazione e che hanno un inizio e una fine. Per queste opere
sono previsti degli schedari a parte. “Le opere in collezione” o “collane” sono degli
insiemi di volumi pubblicati da una stessa casa editrice che hanno in comune il fatto
che non hanno una fine prevista, poiché l’editore si augura che la collana possa
durare il più possibile e che raccolga il maggior numero possibile di volumi; i volumi
hanno in comune l’argomento o la tematica principale. Questi libri hanno anche lo
stesso formato, altezza, lunghezza, dimensioni; la copertina è analoga anche se
spesso capita che con il passare del tempo la copertina venga modernizzata. La
differenza tra un’opera in continuazione e una collana è il tempo: nella collana non
è definito, ma per l’opera in continuazione lo è: cioè si sa il numero di volumi che
devono uscire, per la collana si sperano siano più ampi possibili. Un’altra differenza
è che la collana ha anche un direttore di collana: egli ha una responsabilità
scientifica su quello che viene pubblicato; se nella collana il direttore inserisce un
libro che non è buono, si assume le responsabilità della scelta che ha preso. Ci sono
delle cose in comune tra il periodico e la collana: La periodicità è necessaria in
entrambi i casi; un altro elemento in comune tra collana e periodico può essere la
tematica principale in comune per i vari volumi; o ancora la responsabilità del
direttore; ma il più importante è che la fine non è prevista. Tali schedari integrano
l’annotazione iniziale comunque riportata nel rispettivo inventario topografico. Ciò
fino a quando le raccolte non siano complete o non si sia, per qualsiasi motivo,
cessato di aggiornarle;
b. Un registro cronologico dei documenti smarriti o sottratti, integrato da un catalogo
alfabetico per autori e da un topografo: è bene che ogni biblioteca abbia un registro
dove annotare i documenti smarriti o rubati o ancora sottratti. È importante avere
memoria di ciò per evitare ricerche inutili
c. Un bollettario in duplice copia dei documenti ordinari ai librai, con un indice
alfabetico dei documenti medesimi: sono operazioni necessarie per lasciare traccia
delle
operazioni fatte, mentre nella biblioteca personale non si è tenuti a farlo, in quella
pubblica bisogna farlo.
REGISTRAZIONI DEL MATERIALE SOTTOPOSTO AD INTERVENTI DI CONSERVAZIONE E RESTAURO
La biblioteca deve avere:
a. Un registro dei documenti sottoposti a tutela, ai sensi della legislazione vigente in
materia, affidati per interventi finalizzati alla conservazione: È bene che nelle grandi
biblioteche ci siano dei documenti importanti e pregiati, ma questi documenti vanno
sottoposti a grande tutela.
b. Un registro dei documenti non sottoposti a tutela, affidati per interventi finalizzati alla
conservazione: tutto ciò che riguarda gli interventi di restauro per i libri antichi.
L’affidatario dopo il riscontro di consegna, con l’apposizione della propria firma, annota il giorno in
cui ha ricevuto i documenti e quello in cui si impegna a restituirli. All’atto della consegna,
l’affidatario riceve un elenco di accompagnamento che egli restituisce, ad intervento avvenuto,
congiuntamente ai documenti ricevuti in consegna.
Il direttore della biblioteca può concedere le proroghe ritenute necessarie per un completo e
corretto intervento finalizzato alla conservazione del materiale documentario: Il direttore può
concedere una proroga quando si rende conto che il tempo necessario per il restauro non basta e
che quindi ne serve dell’altro. Si arriva al restauro di un documento quando questo è necessario,
quindi anche per la salute dei libri come per la salute degli uomini vale il principio della
prevenzione piuttosto che della cura. Cioè il bibliotecario deve assicurare e garantire ai documenti
che possiede all’interno della biblioteca delle conservazioni ottimali. Bisogna far sì che la
temperatura delle biblioteche sia costante, evitando troppo caldo o troppo freddo; bisogna evitare
la polvere o il fumo, e così via. Molto spesso in passato è capitato che il restauro con delle tecniche
sbagliate rovinassero il documento ancora più di quanto non lo fosse prima. Ad oggi, esistono
delle tecniche moderne e conservative, che applicano degli interventi rimovibili, con l’utilizzo di
materiali che possono essere eventualmente tolti se ci accorgiamo che i materiali stessi provocano
dei danni.
REGISTRI CONTABILI ED AMMINISTRATIVI
La biblioteca non è fatta solo della sale di studio con i cataloghi e i documenti, ma hanno anche
degli uffici amministrativi, dentro al quale devono esserci dei registri che possono essere:
a. Un registro delle spese fatte sulle aperture di credito, ai sensi delle vigenti norme in
materia di contabilità generale dello Stato
b. Un registro cassa a pagine numerate
c. Un giornale delle spese
d. Una rubrica dei creditori, anche a schede, corredata, eventualmente, da un libro mastro
dei creditori
e. Un registro protocollo per la corrispondenza
f. Un bollettario a più copie degli ordini relativi alla fornitura di oggetti in biblioteca
g. Un registro del materiale di facile consumo
PROGRAMMAZIONE TRIENNALE E ANNUALE
Con la programmazione triennale e annuale intendiamo che per poter ottenere i finanziamenti
dallo Stati ogni biblioteca deve fare un programma che vale per l’arco dei tre anni e uno annuale. Il
bilancio della biblioteca in passato era basato sull’acquisto dei libri, ad oggi le cose sono cambiate.
Il direttore deve programmare le proprie attività che possono comprendere tutto ciò che va al di là
del semplice acquisto, può prevedere concerti, mostre, iniziative svolte al di fuori della biblioteca e
così via. Tutto questo rientra in un programma ben preciso che deve essere inviato al ministero,
valutato e approvato. Se viene approvato il ministero mette a disposizione i relativi fondi.
INTERVENTI DI PREVENZIONE, CONSERVAZIONE E TUTELA
Per garantire la conservazione ottimale del patrimonio vanno eseguiti controlli periodici sul
medesimo e laddove le condizioni lo richiedano, si deve prontamente provvedere ai necessari
interventi di prevenzione, conservazione e tutela. Queste operazioni vanno effettuale con
maggiore frequenza quando le condizioni dei servizi lo consentano, in particolare nelle biblioteche
e nei reparti dove, per l’ubicazione o per la natura del patrimonio documentario, o per altri motivi,
sia maggiore l’accumulo di polvere o il pericolo di agenti dannosi,
REVISIONI
Devono essere seguite periodicamente revisioni parziali del materiale documentario della
biblioteca sulla scorta degli inventari.
MOVIMENTO DEI DOCUMENTI
Ogni documento, prelevato dagli scaffali a qualsiasi titolo, deve essere immediatamente sostituito,
in modo stabile ed evidente, con il modulo giustificativo del prelievo, compilato chiaramente in
tutte le sue parti: significa che se il bibliotecario preleva un libro, il posto occupato dal libro deve
essere sostituito da una scheda o un modulo, che giustifichi il prelievo, che indica il perché il libro
non è al suo posto e chi lo possiede in quel momento
I documenti dati in devono essere ricollocati al loro posto giorno per giorno, salvo il caso in cui il
lettore, nel restituirli, abbia espressamente dichiarato all’addetto che li riceve di volersene servire
per i giorni successivi: al termine di ogni giornata il bibliotecario deve rimettere al posto proprio
tutti i libri che sono stati utilizzati, non devono essere lasciati sui tavoli o sul bancone, ma devono
essere messi al loro posto. Eccezione per dei casi particolari di persone che devono utilizzare lo
stesso testo per diversi giorni. Una volta che quell’utente ha finito la consultazione di quel testo, il
libro viene ricollocato al proprio posto.
INNOVAZIONI, IRREGOLARITA’ NEL FUNZIONAMENTO, DANNI
Il direttore della biblioteca riferisce, inoltre, tempestivamente su qualsiasi danno rilevante alla
biblioteca, nonché, su qualsiasi grave insufficienza o irregolarità che possa verificarsi nel
funzionamento dei servizi
REGOLAMENTO INTERNO
Entro un anno dall’entrata in vigore del presente regolamento generale e in conformità ad esso,
ogni biblioteca pubblica statale deve predisporre il proprio regolamento interno, da sottoporre
all’approvazione del Ministero: al di là di queste norme di carattere generale che riguardano tutte
le biblioteche statali, ogni biblioteca deve elaborare un programma che poi deve inviare al
Ministero per la definitiva approvazione. Il regolamento viene chiamato interno perché riguarda le
norme interne di gestione del patrimonio che poi variano da una biblioteca all’altra poiché si
trattano di realtà e di utenze diverse. Il regolamento generale diche che ogni biblioteca deve
approvare un regolamento interno proprio; questo regolamento deve contenere un calendario,
che non può essere uguale in tutte le biblioteche, ad esempio perché le varie feste patronali
variano da luogo a luogo, così variano i giorni e gli orari di apertura. Il regolamento interno deve
contenere oltre al calendario e l’orario di apertura, la disciplina dei servizi al pubblico e le
disposizioni idonee ad assicurare il corretto funzionamento della biblioteca.

10/03/2021
L’albero è una delle immagini più ricorrenti nell’immaginario editoriale e tipografico, e diventa
marca tipografica di diversi editori in quanto l’albero si presta ad indicare le tre dimensioni in cui
l’uomo vive: presente (tronco), la chioma che va verso l’alto (futuro) e le radici (passato); l’albero è
simbolo della realtà umana. Le radici rappresentano il passato e la storia. L’albero può essere
segno di forza che resiste alle intemperie e può essere raffigurato un albero da frutto che si
riferisce al fatto che come l’albero ringrazia il contadino per i lavori fatti ricambia con i frutti, il
frutto che l’editore dà alla comunità sono i libri. Sono presenti o immagini zoomorfe, derivanti dal
mondo vegetale e c’è un rapporto stretto con la natura. La fenice, immagine mitologica, è simbolo
di eternità e longevità. L’idra, mostro a sette teste, che anche se venivano mozzate rinascevano
veniva utilizzato per sottolineare l’aspetto della longevità. L’ex libris indica il possesso del libro;
invece la marca tipografica indica tutti i libri stampati, editi da un editore, è un segno di
produzione.
Il regolamento generale delle biblioteche statali impone di approntare un regolamento interno, un
calendario e gli orari: le biblioteche statali che si trovano in città di un certo rilievo, per cui non c’è
solo la biblioteca statale, ma altre biblioteche e di conseguenza il calendario e gli orari devono
essere coordinati con quelli delle altre biblioteche della città per evitare sovrapposizioni. Il
calendario deve essere esposto all’interno della biblioteca: oggi ogni biblioteca ha un sito, molto
più veloce ed immediato, dove è consultabile il calendario e l’orario di apertura. Gli orari di
apertura sono uno dei segni qualitativi del servizio della biblioteca: più ampio è l’orario di
apertura, più l’utenza è soddisfatta; se non coincidono con gli orari di lavoro, sale qualitativamente
il valore del servizio.
Il regolamento generale delle biblioteche concede ad ogni biblioteca statale la possibilità di
chiudere al pubblico la biblioteca per lavori di riordinamento, revisione, conservazione, restauro
o pulizia per non più di due settimane nel corso dell’anno: generalmente, queste settimane
durante cui la biblioteca rimane chiusa per questi lavori coincidono con la settimana di Pasqua, che
è la meno consigliabile per chi voglia fare una ricerca in quanto trova il rischio di trovare chiusa la
struttura. Questo rischio può essere evitato consultando il sito della biblioteca. Questi lavori di
riordino e di revisione, che comportano la chiusura, non implicano una chiusura totale: l’utente
deve comunque poter consultare i cataloghi, e il servizio di informazioni bibliografiche e deve
essere assicurato il prestito. Lo scopo è evitare la presenza degli utenti nelle zone delle biblioteche
in cui questi lavori vengono effettuati.
Articolo 30: ciascun regolamento deve stabilire gli orari di apertura e di chiusura dei locali. Ci
possono essere casi in cui la biblioteca è aperta al di là dei normali orari di apertura: se c’è una
manifestazione, una mostra o un incontro con l’autore. Quando si verifica questa circostanza,
vanno specificate le modalità di apertura e chiusura della biblioteca. Le biblioteche devono
garantire tutte quelle norme, che possano assicurare il patrimonio conservato nella biblioteca con
riferimento al materiale di pregio. Ci sono sezioni in cui ci sono manoscritti rari, che richiedono
controlli specifici, particolari. In passato, il controllo era affidato alla presenza del personale
all’ingresso e all’uscita; oggi ci sono i sistemi antitaccheggio: linguette di materiale magnetico
inserite nei libri quando l’utente esce con il libro, il sensore individua quella linguetta magnetica e
scatta l’allarme. Quando il libro viene preso in prestito, il bibliotecario smagnetizza la linguetta per
cui si può attraversare il sensore senza che scatti l’allarme. All’ingresso della biblioteca, ci sono
anche delle cassettiere in cui gli utenti sono tenuti a depositare le borse, quel materiale che
potrebbe favorire il furto o la manomissione di libri. L’apertura e la chiusura della biblioteca
devono essere effettuate da due addetti. Prima di chiudere, gli addetti alla chiusura devono
verificare che tutto sia in ordine e che non ci sia nulla di anomalo.
SERVIZI AL PUBBLICO, TITOLO 4
Il regolamento demanda ad ogni singola biblioteca, al regolamento interno di stabilire il limite di
età: generalmente, il limite è 18 anni. Ci possono essere biblioteche ricche di libri per ragazzi in cui
entrano ragazzi al di sotto dei 18 anni.
Il lavoro di lettura e consultazione non deve recare disturbo agli altri. Il fumo può essere dannoso
sia la conservazione del materiale stesso sia per il rischio di incendi. Il comportamento che si
richiede in una biblioteca moderna è improntato al massimo silenzio perché noi siamo abituati ad
una lettura silenziosa ma in realtà in tempi passati, nel mondo antico, la lettura non era silenziosa,
ma ad alta voce: la lettura nelle primissime biblioteche consisteva nella presenza di un lettore, che
leggeva ad alta voce per gli altri. Per due motivi: perché le copie dei libri erano scarsissime e in
alcuni conventi, nei monasteri la biblioteca coincideva con il piccolo armadio che si trovava nella
sacrestia della chiesa, i libri erano così pochi da essere conservati insieme ai messali per la
cerimonia religiosa; non tutti sapevano leggere. Il sistema della lettura ad alta voce è stato
sostituito dalla lettura silenziosa, singola di ciascun lettor con l’introduzione della stampa a
caratteri mobili, che ha aumentato il numero di copie disponibili e dei potenziali lettori. In
medioevo, i libri venivano messi in orizzontale e non sempre con il dosso all’esterno. Era prevista
la possibilità che il monaco andasse nella piccola biblioteca, prendesse il libro e lo portasse nella
sua cella: la lettura a bassa voce era paragonato al ruminare di una mucca ed è stata interpretata
come un passaggio intermedio tra la lettura ad alta voce alla lettura silenziosa, che riguarda la
modernità.
Libri di lettura e libri di consultazione: di lettura libri letti dall’inizio alla fine (romanzo che
presuppone una lettura completa e continua); i libri di consultazione non prevedono una lettura
completa, ma su singole parti. (enciclopedia, vocabolario, che prevedono delle voci)
Sale di lettura e sale di consultazione: sala di lettura molto ampia, in cui si può leggere la rivista, il
quotidiano, il romanzo ed è la sala di lettura è aperta ad un pubblico di utenti più ampio per il suo
carattere generalistico. La sala di consultazione è più piccola della sala di lettura in quanto accoglie
un pubblico di lettori più ristretto ma più specialistico, fatto di docenti, studenti universitari,
studiosi locali, che hanno bisogno di consultare manuali specifici. Alle sale di lettura e di
consultazioni si accede previa sorveglianza da parte dl personale, che sorveglia il regolare
svolgimento della lettura e della consultazione. Soprattutto nelle sale di consultazione, dove ci
sono materiali di pregio (manoscritti), la sorveglianza è maggiore e spesso si compila un’altra
scheda di ingresso che serve per verificare tutte le persone che sono entrate in quel settore
specifico della biblioteca.
Articolo 34: Gli utenti di una biblioteca devono essere adeguatamente informati sulle
caratteristiche della biblioteca, sulle norme della biblioteca. Questo avviene tramite opuscoli,
guide e attraverso il sito. Il servizio di informazioni bibliografiche: nella biblioteca c’è un ufficio di
reference con personale qualificato che utilizza cataloghi e bibliografie cartacee o digitali in grado
di fornire servizi agli utenti. Il bibliotecario offre una serie di riferimenti utili alla ricerca,
soprattutto quando la biblioteca non è in grado di rispondere in prima persona ai bisogni
dell’utente. Se nella biblioteca non c’è personale qualificato, difficilmente risponde all’esigenza
dell’utente.
I servizi della biblioteca sono gratuiti in linea di massima a meno che per la ricerca di alcune notizie
non ci siano costi aggiuntivi, determinati dall’uso di nuove tecnologie e ricadono sull’utente.
Ci dovrebbe essere un registro, in cui gli utenti registrano i propri desiderata, un testo che la
biblioteca non possiede: il bibliotecario deve consultare il registro di proposte degli utenti e
cercare di andare incontro alle proposte di acquisto nei limiti delle possibilità economiche. Questo
renderebbe la biblioteca molto più dinamica ed interattiva.
Bisogna compilare il modulo che deve contenere autore, titolo, la segnatura di collocazione, la
firma e i dati. Ogni biblioteca può dare contemporaneamente in lettura un numero di testi,
stabilito dal regolamento interno. È prevista la possibilità che un libro non venga dato in lettura ma
la scelta deve essere motivata.
Mentre alla biblioteca possono accedere anche utenti che non hanno compiuto 18 anni, il
materiale raro e di pregio della sala di consultazione viene concesso solo ai maggiorenni: si
compilano altre schede oltre a quella iniziale di ingresso che serve a monitorare il modo in cui
questi libri sono stati consultati e da chi. Nei settori dei magazzini il pubblico non può entrare.
Essendo i magazzini luoghi più riservati, è necessario, qualora si consenta all’utente di entrarvi,
adottare le necessarie cautele.
Articolo 40 SANZIONI
Il bibliotecario può decidere l’esclusione di un utente dalla frequenza di una biblioteca dove ha
compiuto danni, manda la relazione all’ufficio centrale del ministero e s si tratta di una certa
gravità, può escluderlo da tutte le biblioteche statali.
Ogni biblioteca, oltre a conservare libri, può farsi promotrice di pubblicazioni che possono essere
messe in vendita e date agli utenti dietro un pagamento.
I locali della biblioteca possono essere concessi a gruppi di persone, associazioni o gruppi privati: il
regolamento prevede la possibilità di concedere i locali a soggetti terzi stabilendo un compenso
per l’utilizzazione dei locali per una mostra, o una presentazione del libro prima dell’inizio dell’uso.
Se un utente ha bisogno di riprodurre, la riproduzione è possibile previa autorizzazione: le spese
sostenute sono a carico dell’utente. La riproduzione può essere fatta per motivi di studio o a scopo
commerciale: indipendentemente da questo, l’autorizzazione viene data dal direttore se lo ritiene
opportuno, se può consentirne la riproduzione. La riproduzione può essere negata in quanto ci
possono essere dei diritti d’autore oppure se ci sono altri vincoli giuridici diversi.
Un altro elemento importante che determina l’autorizzazione della riproduzione è connessa alle
modalità di riproduzione: il materiale deve essere tutelato; ad esempio, il manoscritto non può
prevedere la riproduzione con le fotocopie perché danneggerebbe il manoscritto (anche lo
scanner può comportare dei danni, esistono scanner particolari per i manoscritti e la riproduzione
viene fatta dall’alto, senza provocare danni alla legatura e alle singole pagine). La riproduzione
deve avvenire con cautele. Se c’è il negativo o una traccia di una riproduzione, non si va a
riprendere l’originale, ma si utilizza la copia riprodotta già esistente.

15/03/2021
Dall’articolo 46: non tutti i documenti possono essere riprodotti. Il direttore prima di dare il
consenso deve assicurarsi che l’operazione non vada a rovinare il materiale, soprattutto se si tratta
di documenti pregiati e preziosi. I problemi legati al deterioramento del documento possono
essere citati scegliendo o imponendo il tipo di riproduzione che non provochi problemi. Ad
esempio, un libro antico non può essere fotocopiato ma deve essere riprodotto con altri mezzi e
altri sistemi, come la fotografia, il digitale, o degli scanner tecnologici che permettono di
riprodurre senza rovinare il materiale.
AUTORIZZAZIONE PER MOTIVI DI STUDIO
L’autorizzazione alla riproduzione per motivi di studio ancorchè integrale, viene concessa dal
direttore della biblioteca a richiedenti italiani e stranieri i quali all’atto della richiesta, sono tenuti a
dichiarare sia il numero delle copie che si intendono ottenere, sia il materiale riprodotto non verrà
usato per scopo di lucro o per motivi diversi da quelli specificati nella richiesta stessa: se si deve
fare la riproduzione di un manoscritto, bisogna compilare un modello, richiedere l’autorizzazione
alle copie e bisogna specificare che si tratta di una riproduzione per motivi di studio. Questo studio
può concretizzarsi anche in una pubblicazione, e bisogna specificarlo, dichiarando il numero delle
copie che verranno fatte di quella determinata copia. Se si fa uno studio su un manoscritto che è
conservato nelle biblioteche italiane questa operazione è un’operazione di carattere scientifico,
per cui posso prevedere un numero limitato di copie, poiché non si tratta di un romanzo, o che
viene fatta a scopo di lucro, senza finalità commerciali. Diverso è se si va in una determinata
biblioteca e trovo un manoscritto importante e raro, e dedico di questo manoscritto una
riproduzione familiare, cioè così come è, con gli stessi colori e carte, di questa riproduzione
l’editore può fare un numero di copie molto più ampio, perché in questo caso la riproduzione è a
scopi commerciali.
Nessun corrispettivo o canone, salvo il rimborso delle spese vive eventualmente sostenute
dall’amministrazione per consentire la riproduzione, è dovuto qualora la richiesta abbia ad oggetto
una autorizzazione a scopo di studio e sia eseguita con modalità o mezzi non idonei alla diffusione
della riproduzione stessa al pubblico: lo studioso, una volta ottenuta l’autorizzazione, non deve
avere corrisposta alcuna somma in denaro, quindi questo tipo di autorizzazione è gratuita.
AUTORIZZAZIONE PER SCOPI EDITORIALI O COMMERCIALI
L’autorizzazione alla riproduzione, integrale o parziale, per scopi editoriali o commerciali, viene
concessa dal direttore della biblioteca a richiedenti, italiani e stranieri, i quali, all’atto della
richiesta, sono tenuti a dichiarare che il materiale riprodotto non verrà usato per motivi diversi da
quelli specificati nella richiesta stessa. Il destinatario dell’autorizzazione deve indicare sui prodotti
realizzati la provenienza della riproduzione ed assolvere a quanto stabilito all’atto della
concessione: se si riproduce un manoscritto di una biblioteca per motivi editoriali, devo riportare
sulla riproduzione una citazione con scritto la conservazione della biblioteca in cui si trova
l’originale e così via. Se il direttore lo richiede tutto questo seguito anche da un compenso
economico, proprio perché in questo caso non si tratta di una semplice richiesta per motivi di
studio, ma per motivi commerciali.
La richiesta è inoltrata, con motivato parere, al Ministero dal direttore della biblioteca, il quale
deve, inoltre, fornire le seguenti indicazioni:
a. Se l’esemplare di cui è stata chiesta la riproduzione è libero da vincoli giuridici ad esso
strettamente connessi e se l’opera non è sottoposta ai vincoli previsti dalla legislazione vigente in
materia di editoria e di diritto d’autore.
b. Se lo stato di conservazione dell’esemplare consente la riproduzione, ove questa non sia
già posseduta dalla biblioteca, o, anche se posseduta, non sia utilizzabile per lo scopo richiesto.
SERVIZIO DI PRESTITO
Uno dei compiti fondamentali del regolamento delle biblioteche, è quello della circolazione dei
documenti, il che significa che è previsto un servizio del prestito che consente ai libri e ai
documenti di circolare.
Il prestito è un servizio mediante il quale si realizza la disponibilità dei documenti a livello locale,
nazionale ed internazionale: il libro può essere dato in prestito al lettore dello stesso posto o della
stessa città, ma può anche essere dato in prestito sul territorio nazionale o internazionale per cui è
possibile che un libro della biblioteca di Roma venga dato in prestito ad un lettore tedesco o russo.
La disponibilità di cui al primo comma del presente articolo si attua mediante:
a. Prestito del documento originale, quando è possibile
b. Prestito della riproduzione, se posseduta dalla biblioteca: se il documento non si può dare
in prestito per dei vincoli particolari, l’utente può richiedere la riproduzione a sue spese.
PRESTITO DIRETTO
Il prestito diretto si effettua a favore di coloro che abbiano compiuto il diciottesimo anno di età,
siano residenti nella regione dove ha sede la biblioteca e siano in grado di documentare la propria
residenza: significa che la biblioteca presta direttamente all’utente il documento a condizione che
quell’utente risiede nella stessa regione.
Per i minori di diciotto anni l’ammissione al prestito è disciplinata nell’ambito del regolamento
interno di ogni singola biblioteca: se nella mia biblioteca c’è una sezione per letteratura per
ragazzi, è molto probabile che a causa della presenza di questo particolare fondo, la biblioteca
decide di estendere l’età del prestito, ad esempio, dai 18 ai 16 anni.
Possono essere ammessi al servizio di prestito, pur non essendo residenti nella regione in cui ha
sede la biblioteca, per periodi limitati di tempo:
a. I cittadini italiani, dello Stato della Città del Vaticano e della Repubblica di San Marino,
nonché, i cittadini dei Paesi aderenti alla Comunità europea in grado di documentare le proprie
necessità di studio o di ricerca e il proprio domicilio, anche se temporaneo;

Agli utenti del servizio di prestito è rilasciata una tessera da presentarsi ad ogni richiesta: per
quanto riguarda il prestito e potervi avere un accesso l’utente deve avere una tessera. La tessera
di cui al precedente comma, munita di fotografia e recante gli estremi del documento esibito, ha
validità annuale ed è, comunque, rinnovabile.
Le spese relative alle procedure di inoltro dei documenti, di cui al comma precedente, sono a
carico dell’utente: quando si tratta di un libro che viene inviato per posta e i costi sono a carico
dell’utente. L’utente che non restituisca il documento ottenuto in prestito ai sensi del sesto
comma del presente articolo, o lo restituisca danneggiato, o lo smarrisca, anche per fatto a lui non
imputabile, è soggetto alle sanzioni previste dall’articolo 58 del presente regolamento.
OBBLIGHI DELL’UTENTE
L’utente del servizio di prestito è tenuto a comunicare immediatamente eventuali cambi di
residenza o domicilio. È vietato all’utente prestare ad altri i documenti ricevuti in prestito. Chi
trasgredisce le norme è sospeso o escluso dal servizio di prestito.
PRESTITO INTERBIBLIOTECARIO
Il prestito interbibliotecario, nazionale o internazionale si attua tra biblioteche che accettino i
vantaggi e gli oneri della reciprocità e si impegnino a rispettare le norme che regolano il servizio.
Le richieste sono inoltrate mediante l’apposito modulo: se si è ammessi al prestito della biblioteca
e si chiede in prestito un libro che però non si trova in quella biblioteca, si può ricorrere al prestito
interbibliotecario; ci si può accertare in quale biblioteca è conservato il libro tramite l’OPAC, e poi
a questo punto si può andare all’ufficio prestiti interbibliotecari, si compila il modulo facendo
presente qual è il libro che serve, successivamente il responsabile dell’ufficio prestiti deve
controllare in quali biblioteche si trova quel libro e accertarsi che una di queste sia collegata con la
propria biblioteca e che quindi prevedono un prestito interbibliotecario. Ad esempio, se tra tutte
le biblioteche il libro che serve si trova in quattro di queste, e lo stai cercando dalla biblioteca di
Bari, non è detto che la biblioteca di Bari abbia rapporti di reciprocità con tutte queste, ma può
anche capitare che lo abbia solo con una. Per documentare tutti coloro che utilizzano il prestito
interbibliotecario, che rispetto alla semplice lettura prevede rischi maggiori, si usa una tessera che
sia aggiornata, all’interno della quale ci sono i nostri indirizzi e recapiti nel caso in cui si dovesse
essere contattati.
L’uso diretto di documenti ricevuti in prestito interbibliotecario consentito solo previa
autorizzazione preliminare della biblioteca prestante. La biblioteca ricevente resta, comunque,
responsabile della buona conservazione e della tempestiva restituzione dei documenti ricevuti:
mentre nel prestito diretto l’utente è diretto responsabile di ciò che fa, per il prestito
interbibliotecario è diverso; esempio se la biblioteca di Venezia presta un libro a chi sta a Bari
senza essere conosciuto e quindi senza avere la tessere di Venezia ma avendo quella di Bari, non è
solo l’utente responsabile quanto l’intermediario che c’è di mezzo, in questo caso la biblioteca di
Bari.
Le spese relative al prestito interbibliotecario nazionale ed internazionale, sono a carico
dell’utente: il manifesto dell’UNESCO delle biblioteche dice che in linea di massima i servizi offerti
dalla biblioteca sono gratuiti. “in linea di massima” si riferisce proprio a questo: nel caso fossero
richiesti dei servizi particolari come questo, il carico è dell’utente. Questo servizio in genere
consiste in una somma che viene alla biblioteca che presta il testo e una somma che copre le spese
di spedizione. Per cui, avere un libro dalla biblioteca di Pisa, richiede versare una somma di danaro
alla consegna e una somma di denaro quando il libro sarà restituito
È di regola escluso dal prestito in originale il materiale:
a. Sottoposto a vincoli giuridici
b. Soggetto a particolari tecniche di protezione
c. In precario stato di conservazione
d. Periodico, sia in fascicoli sciolti che rilegato
e. Miscellaneo legato in volume: sono volumi scritti da più di tre autori, quindi un
miscellaneo di studi è un volume che raccoglie contributi scritti da più autori. Ad
esempio, gli atti di un convegno fanno parte di questa categoria, questo perché se si
organizza un convegno su un argomento che dura 3 giorni, alla fine del convegno i
diversi partecipanti scriveranno una relazione, che verranno racchiuse in un unico
volume.
f. Di consultazione generale, dove compresi i dizionari, le enciclopedie, i repertori
catalografici e bibliografici, o considerato di rilevanza bibliografica, in rapporto alla
specificità ed integrità delle raccolte: è chiaro che non si può dare in prestito
interbibliotecario un volume del dizionario o di un’enciclopedia perché viene meno la
continuità e la serie. Le opere di consultazione non possono prevedere un prestito
perché va tenuta nella biblioteca completa in tutte le sue parti. Queste opere devono
essere conservate e messe a disposizione degli utenti nella loro completezza.
Il prestito di manoscritti e del materiale raro o di pregio si attua esclusivamente tra biblioteche e
nel rispetto delle norme di tutela: è un tipo di prestito molto raro, e si cerca di limitarlo il più
possibile.
MODALITA’ DEL SERVIZIO
Il prestito diretto di richiede compilando, in duplice copia, l’apposito modulo. Il prestito
bibliotecario nazionale si richiede compilando, in triplice copia, l’apposito modulo. Salvo casi
eccezionali, rimessi al giudizio del direttore della biblioteca, a ciascun utente non si possono
prestare contemporaneamente più di due documenti, per un massimo da quattro unità
GARANZIE E TUTELA DEL MATERIALE
L’addetto al prestito deve controllare l’integrità, lo stato di conservazione del documento e le
particolarità di rilevante interesse dell’esemplare nonché eventuali allegati: quando il libro viene
restituito, l’addetto deve controllare che lo abbia restituito nelle stesse modalità e condizioni in cui
lo ha ricevuto. Per allegato si intende ad esempio una carta geografica che non è relegata insieme
al libro ma staccata; alcuni libri hanno una sacca interna per poter mettere all’interno la carta
geografica o eventuale cd. Gli allegati vengono venduti insieme al libro ma sono staccati dal libro.
Per cui l’addetto deve verificare la presenza dell’allegato anche dopo la conservazione. Tali
elementi, unitamente alle mancanze ed ai guasti eventualmente riscontrati che non incidano sulla
conservazione del documento richiesto e ne consentano quindi il prestito, vanno fatti rilevare gli
utenti individuali ed alle biblioteche e sono, comunque, annotati sui rispettivi moduli.
Il prestito ha la durata massima di 30 giorni. Un documento già in prestito può essere prenotato da
altro utente. In caso di provata necessità ed in assenza in prenotazioni il prestito può essere
prolungato per un massimo di altri 30 giorni: se il libro è in prestito ma se il direttore richiede con
urgenza quel libro, può farselo restituire.
SANZIONI
All’utente che non restituisca puntualmente il documento ricevuto in prestito è rivolto, a mezzo di
raccomandata con avviso di ricevimento, l’invito a restituirlo. Al tempo stesso l’utente è escluso
dal servizio di prestito fino a restituzione avvenuta: fino a che il libro non viene restituito non si
possono cedere altri libri
All’utente che restituisca danneggiato o smarrisca un documento ricevuto in prestito è rivolto, a
mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, l’invito a provvedere al suo reintegro o alla sua
sostituzione che a giudizio del direttore della biblioteca, può avvenire con altro esemplare della
stessa edizione, con esemplare di edizione diversa se della stessa edizione, della stessa
completezza o di analogia tipografica, o se ciò è impossibile, al versamento di una somma, da
determinarsi dal medesimo direttore dell’istituto, comunque non inferiore al doppio del valore
commerciale del documento stesso: se un libro è stato smarrito o danneggiato, deve essere
sostituito ad esempio con lo stesso libro di un’altra edizione, oppure con una stessa edizione a
patto che abbia la stessa completezza e possieda un’analoga veste tipografica; se ciò non è
possibile, bisogna versare una somma di denaro che viene determinata dal direttore, non inferiore
al doppio del valore commerciale del documento stesso. Trascorsi inutilmente 30 giorni dalla
ricezione dell’invito di cui ai commi precedenti, ove sussistano motivi ostativi indipendenti dalla
volontà personale, l’utente inadempiente è escluso dalla frequenza della biblioteca, è segnalato al
Ministero per i beni culturali ed ambientali per l’esclusione dalle biblioteche pubbliche statali, a
norma dell’articolo 41 del presente regolamento, ed è denunicato all’autorità giudiziaria: in
sostanza sono sanzioni simili a chi provoca danni all’interno della biblioteca
Il direttore della biblioteca può proporre l’esclusione dalla frequenza delle biblioteche pubbliche
statali anche di chi, rendendosi responsabile di danneggiamenti o dello smarrimento di un
documento ricevuto in prestito, lo abbia restituito o abbia altrimenti risarcito il danno. Il direttore
della biblioteca può sospendere il prestito interbibliotecario nei confronti degli istituti che si siano
resi responsabili di ripetute e gravi inosservanze delle norme che regolano il servino, e deve
chiedere il risarcimento in caso di danneggiamento o mancata restituzione dei documenti prestati:
per quanto riguarda la mancata osservanza di quello che sono i doveri del prestito, è chiaro che
ogni persona è responsabile di quello che compie, ma questa responsabilità ricade anche sulla
biblioteca che fa da intermediario. Se il responsabile del prestito interbibliotecario si rende conto
che in una determinata biblioteca uno stesso episodio avviene più volte, si può interrompere il
prestito interbibliotecario con quella determinata biblioteca.
REGISTRAZIONI OBBLIGATORIE
Le biblioteche devono registrare il movimento dei prestiti, relativamente ai documenti ed agli
utenti. Per i documenti dati in prestito diretto, le biblioteche devono registrare il movimento:
a. Cronologicamente, per fini amministrativi statistici e per il controllo delle scadenze
b. Topograficamente, per il controllo delle raccolte: ci deve essere un registro apposito del
prestito dove vengono registrate tutte le operazioni
Gran parte di queste regole stabilite per le biblioteche statali valgono anche per quelle più piccole
e quelle degli enti locali, adattandoli a quelle che sono le specificità della biblioteca, delle utenze e
il rapporto al contesto storico e culturale nella comunità nelle quali queste biblioteche sono
chiamate a rispondere.
Quando sarà terminata l’emergenza sanitaria e si riprenderà soprattutto a studiare per la tesi,
molto probabilmente ci sarà la necessità di recarsi in biblioteca, e queste regole valgono all’interno
di tutte le biblioteche. Il regolamento interno della biblioteca non può essere in contrasto con il
regolamento generale, e può solo aggiungerci qualche dettaglio e particolarità che porta tenere
conto dei problemi e specificata del caso.
Si ha l’esigenza di confrontarsi con le biblioteche diverse non statali, cioè sono quelle universitarie
e con quelle comunali, che hanno delle regole sicuramente leggermente diverse da queste ma i
principi generali sono quelli. Per le biblioteche di ateneo, esistono delle biblioteche per i
dipartimenti. Poi ancora esiste un servizio delle biblioteche di ateneo che consente di entrare
nell’OPAC e consultare il catalogo e vedere in quale biblioteca dell’ateneo è conservato il libro che
ci interessa. La lettura del regolamento ci introduce in una serie di meccanismi del mondo delle
biblioteche che bisogna conoscere.

Introduzione della stesura per la tesi di laurea: queste sono nozioni per la triennale ma sono
nozioni che valgono anche per la magistrale, questo perché il principio che sta alla base di una tesi
di laurea è lo stesso. Cioè la tesi consiste in un elaborato scritto che per quanto riguarda la
triennale è molto più semplice e accessibile, mentre per la magistrale le cose diventano più
impegnative. Per quanto riguarda la triennale si può dire che il regolamento prevede un testo
battuto al computer che sia di 50-60 cartelle, dove per cartelle si intende un foglio bianco con un
certo numero di righe di scrittura. Che cos’e in realtà una tesi?
E’ un lavoro che deve documentare una scrittura grammaticalmente corretta come prima cosa;
quindi, un testo scritto in italiano corretto; deve riguardare un argomento, scegliendone la
disciplina sulla quale svolgere la tesi, dopo aver scelto la disciplina bisogna contattare il docente di
riferimento; di solito quando generalmente mancano pochi esami dalla laurea, per cui si consiglia
di chiedere la tesi quando mancano 3 o 4 esami. La situazione più agevole è ovviamente quando gli
esami sono finiti e ci può dedicare alla scrittura della tesi. La tesi è un esempio di ricerca di un
determinato argomento, questo argomento può essere di carattere storico, oppure letterario, o
ancora può riguardare il rapporto tra storia e letteratura, e così via. Questo significa che lo
studente deve elaborare questo testo, che però ha una caratteristica: bisogna paragonarla con dei
testi scritti da autori o critici, che costituiscono un lavoro di ricerca scientifica. Per ricerca
scientifica si intende un lavoro che non è creativo come ad esempio un romanzo o un racconto, ma
si deve occupare di alcuni temi sulla base di una bibliografia, cioè studi più improntati relativi
quell’argomento.
Se come tema scelgo il romanzo di Ugo Foscolo, la prima cosa da fare (che sicuramente ci dirà il
docente scelto), è quello di vedere la relativa bibliografia. Quindi individuare attraverso degli
strumenti bibliografici che ci possono dire che cosa è stato scritto fino ad ora sul romanzo
epistolare e Ugo Foscolo. Cioè bisogna avere un elenco dei saggi e degli articoli pubblicati su riviste
di italianistica, e un elenco degli studi monografici che sono dedicati a questo tema, con
particolare riferimento all’autore scelto. Per cui la prima cosa che o il coente vi dirà o che vi
chiederà sarà questo: cioè quello di portare la bibliografia relativa a questo argomento. Altrettanto
se il tema riguarda un particolare aspetto della cultura e della storia, perché ogni tema e
argomento, così come autore, ha una propria bibliografia. Quando scegliamo come argomento un
autore o un tema particolarmente noto, la bibliografia è molto ampia, ad esempio su Leopardi o
Manzoni comprende centinaia e migliaia di tipi. Quando si sceglie un argomento ciascuno di noi ha
un’idea abbastanza precisa, cioè sa che su un determinato argomento, la bibliografia può essere
più o meno vasta, e se ci viene chiesta una tesi su un autore o tema locali, quasi sempre ciascuno
di noi si chiede se esiste una bibliografia su quel tema oppure è così minimo da non avere alcuna
bibliografia. Quindi si può passare da un eccesso ad un altro: tema misero o tema troppo trattato.
La tesi è un lavoro di ricerca, dove per ricerca intendiamo uno studio che eventualmente aggiunga
qualcosa di nuovo a quello che è stato già evidenziato dagli studi precedenti. Questo aspetto di
novità non avviene solo per la ricerca scientifica, ma ad esempio avviene se faccio una ricerca su
Ugo Foscolo e aggiungo qualcosa che nessuno ha mai tratto dai suoi testi. Questo significa che la
tesi di laurea è un piccolo lavoro di ricerca; per la triennale nessuno di noi chiede un lavoro che sia
sperimentale, innovativo, ma si chiede di fare questo elaborato scritto bene e impostato bene
suddiviso in capitolo e soprattutto che sia sorretto da una buona bibliografia, bene selezionata
accusata che deve costituire la base del discorso stesso. Quando si dice “la base del testo” ci
riferiamo a quella differenza che si faceva prima, non è un romanzo, un racconto o una raccolta,
ma è un lavoro fatto di testo che però è costruito su altri testi, questo spiega perché il docente vi
dirà di accompagnare il testo scritto da voi da dalle note di bibliografia a pie di pagina. Il lavoro
creativo non prevede questo perché non è un’opera di ricerca. Chi scrive un romanzo ha letto
tantissimi libri, e inventandosi un racconto, non è tenuto a dirci le fonti che ha utilizzato, poiché
questo compito spetta al lettore, ma soprattutto al critico. Il critico è tenuto a capire quali rapporti
e collegamenti l’autore ha con altri autori e altre opere. Con la tesi non si scrive un romanzo, per
cui se dico una determinata cosa, devo indicare da quale libro o quale fonte ho ricavato quella
nozione, anche se la esprimo a parole mie e quindi differenti dalla fonte. Questo lavoro nella tesi
triennale è un lavoro essenzialmente compilativo. L’elenco dei libri e dei saggi che riporto in
bibliografia devono essere libri che ho realmente letto, non deve essere un elenco falso, ma
veritiero, citando tutte le opere che ho letto su quel determinato argomento.

17/03/2021
Il lavoro di tesi
Come organizzarsi:
-Scrivere tutto al computer
-Seguire il principio dell’uniformità, cioè stabilire il formato (A4) e stabilire poi una griglia con i
margini
-Stabilire il numero di righi per ogni cartella

Carattere: forma delle lettere; ad ogni carattere corrisponde una caratteristica della scrittura:
Corpo: grandezza della lettera
Interlinea: spazio bianco che passa tra una linea di scrittura e l’altra
Giustezza: larghezza di ciascuna riga, che può riguardare anche solo un fatto estetico
Margini: di solito a destra e sinistra, sopra e sotto, sono uguali; in genere in basso c’è il numero
della pagina quindi non sono uguali e non sono uguali quando al lato c’è la rilegatura.

Una volta stabilita la gabbia di scrittura il numero delle righe è sempre quella, a meno che non ci
siano note.
Uniformità: stesso corpo, interlinea, numero di righi
Nel momento in cui si scrive una nota a piè di pagina il corpo diventa più piccolo perché la tesi ha
una gerarchia, il testo che è nostro lo scriviamo con il corpo 12 o 14, le note che non sono nostre
con il corpo più piccolo. Se il brano/citazione è breve continuiamo sullo stesso rigo mettiamo
virgolette con lo stesso corpo del testo e chiudiamo mettendo sempre il numero della nota per
dire l’edizione dalla quale abbiamo tratto quanto scritto. Se il brano è lungo andiamo a capo con
l’interlinea minore o riduciamo il corpo oppure mettiamo corpo minore e stessa interlinea. Se
utilizzo il corpo minore vuol dire che il corpo riportato ha importanza minore, sempre per la
questione della gerarchia.
Caratteri principali: tondo, corsivo, chiaro e/o grassetto/neretto, maiuscolo, maiuscoletto (le
lettere hanno la stessa forma del maiuscolo tranne la prima lettera e viene utilizzato soprattutto
per indicare il cognome dell’autore).
Il corsivo serve per:
- Distinguere alcune parole del nostro testo
- Indicare il titolo delle opere
- Indicare le parole straniere non del nostro linguaggio comune
- I titoli di capitoli, saggi, opere miscellanee e collettanee, enciclopedie e dizionari
Il tondo serve per i nomi di partizioni interne di un volume, prefazioni, parole inglesi che
utilizziamo, testate giornalistiche e periodici.
Le virgolette possono essere:
- In alto: le troviamo direttamente sulla tastiera; possono sovrapporsi all’apostrofo oppure
può accadere che già ci siano quando riportiamo un testo
- Basse o caporali: servono soprattutto per le citazioni brevi e sono le più utilizzate per non
creare equivoci e per un migliore aspetto estetico e redazionale
Il maiuscolo per i sostantivi e il minuscolo per aggettivi e preposizioni (nelle riviste scientifiche
accade il contrario).
Nei giornali come la Repubblica la minuscola si trova nella testata;
<< >> per parole tecniche e titoli in corsivo con parole non italiane;
‘ ‘ per parole che vengono utilizzate con un senso particolare
Rinvio interno: per il mio stesso testo, introdotto da supra o dopo infra (luogo che si trova più
avanti)
Rinvio esterno
Note: sono composte in tondo, numerate con numeri arabi a esponente. Se sono tante si parte da
1, altrimenti si segue il criterio della numerazione progressiva. Nelle note il numero precede il
punto e virgola, la virgola, il punto e i due punti, tranne per il punto interrogativo ed esclamativo.
Se un testo oltre alle note proprie ne ha altre, troviamo:
- N.d.C: nota curatore
- N.d.T: nota traduttore
- N.d.R: nota redattore
Le citazioni bibliografiche si mettono a piè di pagina in calce ad ogni pagina o a conclusione del
singolo capitolo. Si scrive inoltre il nome puntato o per intero per evitare equivoci e il titolo
completo dell’opera, incluso il sottotitolo (complemento del titolo che serve a specificare meglio il
titolo, specie se questo è allegorico). Se ci sono più autori i loro nomi si scrivono nell’ordine in cui
compaiono nel frontespizio e separati da virgole.

22/03/2021
Citazioni bibliografiche (continua)
Si scrive il nome puntato e il cognome dell'autore. Oppure se si tratta se si tratta di più autori, i
cognomi vengono separati da virgole. Poi il titolo completo e preciso dell’opera, incluso il
sottotitolo (se c'è), l'indicazione dell'anno di pubblicazione della prima edizione tra parentesi
tonde, ove sia considerata significativa e reperibile. Cioè se di un libro io utilizzo un’edizione, e cito
un’edizione di un altro anno, dovrei indicare tra parentesi tonde l'anno di pubblicazione della
prima edizione Poi, se è ritenuta significativa e se è reperibile, l'eventuale indicazione del curatore,
dell’autore, della prefazione o del traduttore.
Un libro ha una responsabilità intellettuale, cioè il libro viene stampato ed edito da un tipografo o
editore, ma ha un responsabile intellettuale. Il responsabile intellettuale di un libro è l’autore. Il
contenuto e l’idea sono dell’autore: è una responsabilità intellettuale principale. Se io dico
“Giacomo Leopardi, I Canti” oppure se scrivo “Alessandro Manzoni, “I promessi sposi”, Leopardi e
Manzoni sono i responsabili intellettuali delle due opere e hanno una responsabilità intellettuale
primaria. Di un libro può esistere anche una responsabilità intellettuale secondaria, che è quella
del curatore.
Chi è il curatore di un libro?
Il curatore di un libro è colui il quale ha il compito di curatèla, il lavoro di cura che viene dato nella
pubblicazione di un libro. Facciamo lo stesso esempio di Giacomo Leopardi, I Canti. Sotto si può
trovare “a cura di Pinco Pallino”. Abbiamo un'edizione recente dei Canti di Giacomo Leopardi, e
quei Canti ovviamente come responsabilità intellettuale non possono che avere sempre Leopardi
(in quanto autore responsabile principale). Poi, questi Canti sono curati da una certa persona. “A
cura di” significa che il curatore sceglie un determinato testo di una particolare edizione dei Canti
piuttosto che un'altra, ci fa un’introduzione, ci fa le note esplicative a piè di pagina, ci può scrivere
una prefazione, un’apostrofazione e così via. Tutto questo rientra nella curatela dei Canti di
Leopardi. Per cui qui si dice che oltre a un nome dell'autore del libro, quindi della responsabilità
intellettuale principale, bisogna indicare anche il curatore. Oppure se c'è un’ introduzione, il suo
autore. Se c'è una prefazione, il traduttore. E così via. Quindi, il curatore va indicato nella nota
bibliografica.
L'altro esempio di curatore si trova nelle opere miscellanee. Ricordiamo che le opere miscellanee
sono le opere scritte da più di tre autori. Facciamo l'esempio degli atti di un convegno dove ci
stanno 20 saggi con i rispettivi 20 autori. Poi ci sono uno o due curatori che appunto si sono
assunti il compito di contattare gli autori, di farsi dare i saggi in un certo modo, li hanno messi in
un certo ordine, hanno dato un’uniformità ai criteri redazionali e così via. Anche in questo caso, se
trovo “Atti del convegno di studi sulla Magna Grecia, Taranto, 20 ottobre 2017, a cura di…”, devo
scrivere:
- virgola;
- “a cura di”;
- nome puntato e cognome.
Norme redazionali Laterza
-“l’eventuale indicazione del numero complessivo dei volumi”. Ci può essere un'opera che è fatta
di più volumi e se l'opera è fatta di più volumi, a quel punto devo indicarne il numero, cioè le
estensioni dei volumi.
-La casa editrice, il luogo (o i luoghi), e l'anno (o gli anni) di edizione senza interposizione di virgola
(il luogo di edizione andrà di regola scritto nella lingua del testo citato), l'eventuale indicazione del
volume, del tomo e della pagina. Il tomo è una parte del volume. Può accadere che se un volume
di un'opera è fatto di 800-900 pagine, che sono tantissime, allora l'editore può decidere di
suddividere questo volume di 900 pagine in due tomi, e quindi in due parti: uno sarà di 450 e
l'altro di 450 pagine. Quindi sarà “volume terzo, tomo primo” oppure “tomo secondo”.
Esempio:
P. Sylos Labini, Saggio sulle classi sociali, Laterza, Roma-Bari 1975, pp. VI sg., 168 sgg., 183-185,
189-191, 198-201.
L’autore è indicato col corpo in tondo. In alcuni libri si trova il cognome degli autori scritti con il
maiuscoletto, ma qui si preferisce quel modo più moderno di indicare regolarmente il cognome in
tondo. Il titolo del libro è in corsivo Quando parliamo del corsivo, ricordiamo che fu Aldo Manuzio
a introdurlo per primo. Dopo aver battuto l'ultima lettera del titolo, va tolto il comando del
corsivo, altrimenti la virgola successiva viene anch'essa in corsivo, cioè viene inclinata. Anche i
segni di interpunzione come i due punti, punto e virgola e la virgola, se li faccio in corsivo, vengono
inclinati.
La citazione di un libro è completa se io indico casa editrice, città, luogo di edizione e anno. Sono
questi gli elementi fondamentali. Laterza segue questo criterio: mettere per prima la casa editrice,
poi la virgola e poi città e anno senza virgola fra di loro. Ma non è detto che debba essere sempre
così. Io posso usare anche il contrario e fare: “Roma Bari, Laterza 1975” oppure fare “Laterza
Roma Bari, 1975. Ciò che conta è la coerenza. Questo vale sia per aspetti redazionali che
bibliografici.
Casa editrice, virgola, città e anno senza virgola tra di loro.
L’anno di edizione nell’esempio è il 1975, con un 5 in esponente. Significa che si tratta della quinta
edizione. Oppure si potrebbe anche fare in questo modo: “1975” e poi scrivere “V ed.”, col
numero romano possibilmente.
“Pp.” ovviamente sta per “pagine”. Una sola “p.” è una pagina. Due “pp.” sta per pagine.
“Pp. VI sg.” vuol dire “pagine 6 e seguente”, quindi 6 e 7.
Quando troviamo il numero romano in una nota bibliografica si riferisce sicuramente alla
prefazione. Cioè significa che il libro ha due sequenze di pagine. Ha un numero di pagine
introduttive con numerazione romana e poi c'è la numerazione araba per il testo.
Questo criterio però oggi non lo utilizziamo più. Se devo dire “pagine 6 e seguenti”, scrivo “pp. 6-
7”.
“168 sgg.” sta per “pagine 168 e seguenti” e significa che io rimando il lettore dalla pagina 168 a
quelle che vengono dopo. Però anche questa sigla ormai viene usata poco perché finisce per
essere eccessivamente generica. Questo “seguenti” a quante pagine corrisponde? Possono essere
5, 10, 20, 30 e via dicendo.
Generalmente si indicano invece le pagine esatte alle quali noi vogliamo rinviare il lettore.
E poi si dice “183-185”. Il trattino significa “da…a…”. Quindi pagine 183, 184 e 185.
Una cosa a proposito della Laterza, qui trovate “Laterza Roma-Bari 1975”. Potremmo trovare un
libro pubblicato dalla Laterza nel 1953 o nel 1922 con scritto solo “Bari”. Questo perché la casa
editrice Laterza cominciò a operare come tale tra il 1901 e il 1902 (come tipografia esisteva già
prima), per cui fino al 1973 ha aveva avuto come sede solo Bari. E quindi in quel caso in quel caso
dobbiamo mettere solo “Bari 1968”, per esempio. Dal 1973 in poi dobbiamo scrivere “Roma-Bari”
perché a partire dai primi anni ‘70, la casa editrice della Laterza subisce una profonda opera di
riorganizzazione delle redazioni. Ancora oggi esiste una redazione barese e una romana. Noi
dobbiamo fare in modo di indicare entrambe le sedi editoriali, quindi scriveremo “Roma-Bari
1988” o “Roma-Bari 2020”, ad esempio.
Esempio:
G. Mosca, La classe politica (1896), a cura e con un’Introduzione di N. Bobbio, Laterza, Bari 1966.
È utile indicare la data della prima edizione tra parentesi. Perché se uno vede “Laterza, Bari 1966”
può pensare che si tratti di un libro pubblicato in quell’anno e invece non è altro che una nuova
edizione. Quindi si mette tra parentesi l'anno della prima edizione, dando conto del periodo nel
quale poi il libro è stato effettivamente scritto. In questo esempio abbiamo un curatore. Allora qui
abbiamo la responsabilità intellettuale principale che ovviamente è di Mosca, che scrive La classe
politica. Poi c'è un’edizione pubblicata dalla Laterza (da notare che è riportarto <<”Bari 1966” e
non “Roma-Bari”) dove si indica il curatore che ha anche scritto l'edizione: Norberto Bobbio. Viene
indicata anche la responsabilità intellettuale secondaria. Inutile dire che se di un'opera ci sono
diverse edizioni, è chiaro che per ogni edizione diversa molto probabilmente il curatore sarà anche
diverso, soprattutto se si tratta di editori diversi.
Esempio:
F. Venturi, Settecento riformatore, 5 voll. in 7 tomi, Einaudi, Torino 1969-1987, vol. IV, La caduta
dell’antico regime, t. II, Il patriottismo repubblicano e gli imperi dell’Est, p.79.
“Vol.” con una elle ovviamente significa “volume”, con due elle sta per “volumi”.
“In 7 tomi” significa che alcuni di questi volumi sono divisi in due tomi e in tutto i tomi sono 7,
quindi 5 volumi e 7 tomi.
“Einaudi, Torino 1969-1987”. Questo perché soprattutto per opere importanti come queste
composte da più volumi, è difficile che i 5 volumi vengano stampati tutti insieme. È un'opera “in
continuazione”, il cui primo volume evidentemente è stato stampato nel 1969, l'ultimo nel 1987.
Ma noi citiamo in particolar modo di questa opera, il volume IV. La nota dice sostanzialmente: “Vai
a vedere il volume quarto che si intitola <<La caduta dell’antico regime>>, tomo secondo che ha
come titolo <<Il patriottismo repubblicano e gli imperi dell'est>> a pagina 79.
Dobbiamo indicare la pagina da dove è stata tratta la citazione. Quando ci sono due tomi di un
libro può accadere che la numerazione delle pagine dei due tomi sia progressiva o invece sia
separata. Se io dico “tomo secondo”, se la numerazione è progressiva non c'è problema. Posso
anche scrivere indipendentemente “pagina 848”, ad esempio. Se invece la numerazione dei due
tomi incomincia da capo non posso semplicemente dire “pagina tot” ma devo dire “tomo secondo,
pagina 79”. Meno evidente se invece la numerazione delle pagine è progressiva.
-Se si cita un’opera in più volumi pubblicati in anni diversi e non si dà l'indicazione complessiva del
numero dei volumi e delle date di uscita del primo e dell'ultimo, l’indicazione del volume deve
precedere la casa editrice, il luogo e la data di edizione, che si riferiranno al solo volume citato.
In questo caso, se io cito R. Romeo, Cavour e il suo tempo, ma mi riferisco espressamente al
volume II, metto “vol. II, t. I” e metto la data corrispondente a quel volume secondo, che è “Roma-
Bari 1977” con l'indicazione delle pagine.
Per quanto riguarda le opere di autori latini, mentre per gli autori italiani noi scriviamo “G.
Mosca,” qui abbiamo un esempio:
Sancti Thomae Aquinatis Opera omnia.
Il caso dell’autore è genitivo: significa “di San Tommaso d'Aquino”. Tra il nome e Opera omnia non
si mette la virgola perché logicamente sono collegati fra di loro grazie al genitivo. E poi si mette
tutto il resto. Cosa diversa invece è la citazione di un periodico. Cioè se invece noi dobbiamo citare
nella tesi o nel libro che dobbiamo pubblicare un saggio pubblicato in un periodico, faremo così:
Esempio: U. Romagnoli, Il diritto sindacale corporativo e i suoi interpreti, in <<Storia
contemporanea>>, I, 1970, 1, pp. 113-120.
Il principio è sempre lo stesso:
- nome puntato e cognome dell'autore;
- virgola;
- Il diritto sindacale corporativo e i suoi interpeti;
- tolgo il comando del corsivo;
- virgola;
- aggiungo “in” per far capire che si tratta di un saggio che è pubblicato in una rivista
chiamata ”Storia contemporanea”.
I titoli dei periodici non vanno in corsivo proprio per distinguerli dai libri e vanno in tondo, tra
virgolette basse. Un altro criterio che si può usare è quello di non mettere neanche “in” perché si
capisce. In alcuni libri troverete “in” e poi il titolo della rivista, oppure semplicemente il titolo della
rivista tra virgolette in basso. Ma anche qui vale lo stesso principio: se scelgo di mettere sempre
“in” nella prima nota, lo devo usare in tutte le altre. Per un libro noi siamo tenuti a indicare luogo,
casa editrice e anno di edizione. Il criterio per le riviste è diverso: dobbiamo indicare l'annata e
l’anno solare, che sono due cose diverse.
Che significa “I, 1970”? Quel “I” corrisponde all’annata di pubblicazione. Questa rivista è nata
nell'anno solare 1970, che corrisponde alla prima annata, per cui al 1971 corrisponderà il “II”, al
1972 corrisponderà il “III” e così via. L’annata è l’anno progressivo di pubblicazione del periodico,
indicato in numeri romani. Poi c’è la cifra araba che corrisponde al fascicolo.
Esempio:
I, 1970, pp. 113-120.
La nota sopracitata non è completa, non essendo indicato il fascicolo. Perché per esempio, nel
caso che la rivista sia trimestrale (quindi ci sono quattro fascicoli), se non metto l'indicazione del
fascicolo, queste pagine 113-120 si possono riferire al primo, secondo, al terzo o al quarto
fascicolo. È indispensabile indicarlo soprattutto quando la numerazione di ogni fascicolo ricomincia
sempre da capo. Se invece la numerazione è progressiva il problema non si pone, perché avrò
pagina 345: il terzo fascicolo sarà a pagina 345. Invece se per ogni fascicolo la numerazione
ricomincia da capo, è indispensabile indicare il fascicolo perché queste pagine 113-120 le ritroverò
in tutti e quattro i fascicoli.
Per indicare la rivista si segue questo schema:
- titolo della rivista;
- annata;
- anno solare;
- fascicolo;
- indicazione delle pagine.
Che significa quel “pp. 113-120”? Significa che il saggio di Romagnoli, Il diritto sindacale
corporativo, va da a pagina 113 a pagina 120. Quindi quando io indico un saggio contenuto in un
periodico o in una rivista, mentre per il libro io faccio il rinvio al libro nella sua interezza, in questo
caso devo specificare bene anche l'inizio e la fine del saggio perché è contenuto all'interno di
un'altra opera. Se invece io di questo saggio di Romagnoli voglio indicare un punto preciso perché
ho tratto una citazione da pagina 115, allora scrivo pagine 113-120, cioè devo indicare comunque
gli estremi del saggio (inizio e fine), poi metto “: 115”. Dico che la citazione o che il punto che a me
interessa nello specifico in questo saggio, che è compreso tra 113 e 120, è 115.
-Le opere collettanee verranno citate dando il nome del curatore o dei curatori subito dopo il
titolo.
Esempio: Storia dell'agricoltura italiana in età contemporanea, a cura di P. Bevilacqua, 3 voll.,
Marsilio, Venezia 1989-1991.
Queste opere vengono indicate con il titolo seguite dal curatore, perché generalmente hanno un
curatore e quindi scriviamo Storia dell'agricoltura ecc… e “a cura di”. Molte volte capita di trovare
una sigla per le opere miscellanee un po’ particolare: le lettere maiuscole AA.VV. , che stanno per
“autori vari”. Questa sigla è molto usata soprattutto nei libri nelle riviste ed è tradizionale e ormai
superata. Tra l'altro da un punto di vista biblioteconomico e bibliografico non è corretta. Quando
entreremo nel merito dei problemi della catalogazione ci soffermeremo su questo.
Le opere collettanee o miscellanee vengono riportate sotto Il titolo. Cioè le opere miscellanee nella
catalogazione, ma anche nelle bibliografie, vengono equiparate alle opere anonime. E l'opera
anonima posso indicarla solo con il titolo, quindi le opere miscellanee vanno sotto il titolo, come in
questo caso Storia dell'agricoltura italiana, seguita da “a cura di” e dal nome del curatore.
-Nel caso non vi sia un curatore, si eviterà di utilizzare la sigla AA.VV. (Autori vari): un titolo senza
indicazione di autore né di curatore si intenderà quindi riferito ad opera collettanea priva di
curatore. Cioè anche nel caso in cui un’opera collettanea non prevede il nome del curatore
(perché non è detto che ci sia), non va usata la sigla “Autori vari”. Ma va messo ugualmente sotto il
titolo.
Esempio: Atti del IX congresso internazionale di studi sull’alto Medioevo, Spoleto, 27 settembre – 2
ottobre 1982, Centro italiano di studi sull’alto Medioevo, Spoleto 1983.
In questo caso non c'è il curatore. L’altro caso è quello di un saggio che è compreso in una raccolta
il cui è autore è lo stesso del saggio: si usa la sigla “Id.”, che sta per “idem”.
Esempio: N. Bobbio, Pareto e il diritto naturale, in Id., Saggi sulla scienza politica in Italia (1969),
nuova ed., Laterza, Roma-Bari 1966, pp. 133-157
Se io ho pubblicato un saggio negli atti del convegno, scriverò in Atti del IX congresso
internazionale eccetera, però posso avere l'esigenza, a proposito di un testo e di un libro, di citare
il saggio specifico contenuto nel libro il cui autore è comunque lo stesso. Allora in questo caso
faccio in “Id.”, cioè in un libro scritto dallo stesso Bobbio come Saggi sulla scienza politica in Italia,
pp- 133-157.
Poi ci sono le norme che riguardano le opere tradotte in italiano e dei sistemi diversi che possono
comprendere il solo titolo e la sola formula italiana.
Esempio: P. Burke, Scene di vita quotidiana nell’Italia moderna, Laterza, Roma-Bari (ed. or.,
eccetera… Sono citati il titolo originale e i dati dell’edizione originale.
Può accadere che nella tesi che scriviamo o nel libro che leggiamo ci siano dei richiami a opere che
sono già citate in precedenza. Allora dobbiamo evitare di scrivere ripetizioni per intero del testo.
Esempio: nella nota 1 cito “I. Kant, Critica della ragion pura, a cura di G. Colli, Bompiani, Milano
1987, pp. 13-17.
Una volta che io ho citato quest'opera, ma nella mia tesi o nel mio saggio poi vi faccio più volte
riferimento, non sono tenuto a ripetere ogni volta tutto. Dobbiamo trovare un sistema abbreviato.
Esistono due tipi di sistemi abbreviati: il primo è quando le note sono immediatamente successive.
Prendiamo lo stesso esempio di pagina 14 esposto qui sopra. Se cito La critica della ragion pura
alla nota 1 e nella nota 2 io devo fare un rinvio a quella stessa oper, evito di scrivere di nuovo
“Kant, Critica della ragion pura, ecc”, e scrivo “Ivi”. Significa “stesso autore e stessa opera”.
Richiama sempre Kant e la Critica ma cambiano le pagine. Nella nota 1 le pagine sono 13-17, nella
2 le pagine sono 67-89.Se invece nella seconda nota io volessi fare riferimento lo stesso alle pagine
13-17 scriverei la sigla ”ibidem” che significa “stesso autore, stessa opera, e stessa pagina”.
Invece un problema diverso si pone nel momento in cui le note non sono successive, e allora
andiamo all' esempio di pagina 15: Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, trad.
it. Di B. Croce, Laterza, Bari 1967, pp. 40-78.
Poi faccio la nota immediatamente successiva, la nota 5: Lenin, Quaderni filosofici, ed. it. a cura di
L. Colletti, Feltrinelli, Milano 1958, pp. XX-XXV.
Poi nella nota 6 devo fare riferimento nuovamente a Hegel. Non posso usare “ivi”, perché si
riferirebbe a Lenin. E allora in questo caso si usano due criteri: il primo è la sigla “op. cit”., che sta
per “opera citata”, in corsivo perché di fatto sotitusice il titolo che va in corsivo. Scrivo Op. cit.
Hegel pp. 34-56.
Se c’è poi un riferimento a Lenin non posso usare di nuovo “Ivi” perché mi riferei a Hegel. Devo
scrivere Quaderni, cit. p. 5.
Perché c’è questa differenza fra il titolo abbreviato in maniera significativa, se seguito dal “cit.”, e
la sigla “op. cit.”? Perché può capitare che di un autore io precedentemente abbia citato più
opere. Allora se uso l'espressione “op. cit.” non so se mi riferisco a un'opera o all'altra, e allora in
questo caso si potrebbe scegliere il criterio di usare “op. cit.” per quegli autori di cui cito una sola
opera: in quel caso non si creerebbe nessun equivoco. Se invece di un autore io ho citato due o tre
opere, non posso usare “op. cit.” e devo usare invece il titolo abbreviato in maniera significativa. In
realtà Laterza consiglia di non usare “op. cit.”, ma di usare sempre il criterio di abbreviare il titolo
in maniera significativa seguito dal “cit.”, che però non va in corsivo ma in tondo, non essendo
parte integrante del titolo.
-In alternativa al sistema tradizionale di organizzazione delle note come sistema del tutto
autonomo, accompagnato o meno da una bibliografia indipendente e collocata alla fine del
volume o, nel caso di volumi collettanei, alla fine di ciascun contributo, l’autore può ricorrere al
cosiddetto <<sistema autore-data>> . Tutto quello che abbiamo detto finora è il criterio delle
citazioni bibliografiche tradizionali che generalmente noi usiamo nei libri del nostro settore, quelli
di carattere umanistico. Ma non sempre, perché troveremo anche dei testi nei nostri settori (come
l'archeologia o la storia dell'arte) con il “sistema autore-data”.
Significa che io posso evitare di scrivere il titolo e tutti gli altri dati.
Esempio: Grmek 1990, vol. I, t. II, p. 233. Sono indicati solo:
- il cognome dell'autore;
- l’anno di pubblicazione nel 1990;
- virgola;
- volume I;
- virgola;
- tomo II;
- pagina 233.
Questo significa però che alla fine del volume io troverò una bibliografia in ordine alfabetico:
andrò alla “g”, cerco Grmek, 1990, e nella bibliografia finale trovo il titolo e i dati bibliografici per
esteso. Inutile dire che questo sistema autore-data è più comodo per chi scrive il libro o la tesi.
Però è meno comodo per il lettore, che ogni volta trova la nota, il cognome e l'anno, ma non ha il
titolo e quindi deve andare ogni volta alla fine del volume per capire a quale delle opere di Grmek
ci si riferisce.
C'è un problema in questo sistema, perché può esserci il caso che un autore abbia scritto nello
stesso anno due opere e quindi è necessario fare una distinzione.
Esempio: King 1970a. Cioè fa riferimento alla prima opera di King nel ‘70, perché poi ce n'è un
altro o altri due che avranno la lettera “b” e la lettera “c”.
E poi c'è una sezione dedicata agli indici. Gli indici sono una parte essenziale sia della tesi che dei
libri. Possiamo facilmente capire qual è non solo l'utilità, ma anche la necessità di un indice che noi
chiamiamo “indice sommario”, cioè l'indice che indica la successione dei capitoli. E quindi avrò:
capitolo primo, il titolo del capitolo, e poi pagina 3; capitolo secondo, il titolo del capitolo secondo,
pagina 20; capitolo terzo, e così via.
Il capitolo può essere suddiviso in paragrafi. Per cui sotto al titolo generalmente io consiglio
almeno nella tesi di scrivere “capitolo primo” per esteso e il titolo sotto per esteso in maiuscolo. E
poi sotto l'indicazione degli eventuali paragrafi in tondo, proprio per sottolineare una gerarchia: il
paragrafo fa parte del capitolo, quindi è opportuno che il capitolo venga indicato col maiuscolo.
Invece i titoli dei paragrafi In tondo e quindi avrò: 1. paragrafo numero 1 e il titolo del paragrafo
(che possiamo fare anche in corsivo, se vogliamo); 2. il paragrafo numero 2; 3. il paragrafo 3 e così
via. Questo indice, che possiamo mettere all’inizio o alla fine come capita nei libri, è utile perché
consente di avere un quadro riassuntivo del lavoro e soprattutto di trovare prima determinate
pagine o argomenti.
Nel caso dei manoscritti medievali, in genere non esistevano gli indici. Cioè il testo era tutto di
seguito e non erano forse neanche suddivisi in paragrafi né in capitoli. Questo si soiega con i ritmi
del tempo che consentivano una lettura completa e lenta del testo stesso. I ritmi di un convento o
monastero, non erano veloci né frenetici come quelli di oggi.
Con la nascita delle università e con la diffusione di quelle che noi oggi chiameremmo le dispense
universitarie (conosciute in passato come “pecie”), questi amanuensi “laici” che trascrivevano il
contenuto delle lezioni che i professori universitari tenevano. Queste dispense incominciano per la
prima volta ad apparire dal ‘300 in poi con i primi indici. Cioè appare una suddivisione del testo in
capitoli, ma soprattutto un’indicazione degli indici, i quali di fatto sono necessari perché quelle
dispense non sono ormai destinate più solamente ai monaci dei conventi, ma sono destinati agli
studenti. Sono cioè destinate a future figure professionali che avranno ovviamente dei tempi e dei
ritmi di lavoro completamente diversi da quelli dei monaci, e che si affacciano a nuovo mondo in
cui il tempo ha un valore. E quindi occorre approntare dei testi che possono essere anche letti più
velocemente.
L’indice offre una preselezione rendendo la lettura molto più rapida. La lettura diventa ancora più
rapida e più efficace quando nel libro trovo, oltre all' indice sommario, l’indice analitico. Indica
autori e argomenti: l'indice dei nomi è l'indice analitico. Se mi serve una consultazione veloce
posso andare direttamente al punto. Un altro vantaggio è che se nell'indice io non trovo il nome
che mi serve, quel libro non lo leggo affatto. Il libro e la tesi possono essere accompagnati da un
indice dei nomi o da un indice analitico, che comprende gli argomenti e i soggetti.
Il testo può avere anche un indice delle fonti. Se io faccio una tesi di latino e greco indico le fonti e
indico gli autori, cioè gli studi critici, e posso avere due indici diversi. Oppure se si tratta della tesi o
di un libro di geografia, ci può essere anche un indice dei luoghi. Anche questo serve a rendere più
selettiva e più rapida la lettura.
Ora, tutto questo significa che un libro o una tesi sono fatti del testo e di tutto quello che sta
intorno al testo: il termine tecnico è “paratesto”. Un testo è quindi composto dal frontespizio,
un’eventuale introduzione o prefazione, da un’eventuale postfazione e dai diversi eventuali indici:
questo fa parte del paratesto.
Inutile dire che un libro che è accompagnato da indici dei nomi, indici dei luoghi o indici analitici,
ha un valore aggiunto, perché sono un corredo utile allo studio e alla consultazione. È un valore
aggiunto anche in termini di costi economici, perché per poter fare un indice dei nomi e dei luoghi,
è chiaro che è necessario un lavoro di redazione (se non lo fa direttamente l’autore, ma
generalmente se ne occupa la casa editrice). Ciò comporta un costo aggiuntivo perché si
aggiungono pagine al testo.

24/03/2021
LETTERE MAIUSCOLE
Come norma generale che ci insegnano sin dalle scuole elementari, la maiuscola va adoperata per i
nomi propri e le parole che seguono dopo il punto. Ma vanno in maiuscolo anche:
a. Soprannomi e pseudonimi: il Re Sole, ecc.
Esistono anche le maiuscole di rispetto: l’uso delle maiuscole per quei nomi che si rifanno
soprattutto all’ambito religioso, tipo messa, vescovo, papa, cristianesimo, cattolicesimo e così via.
Sempre importante la coerenza
b. Denominazioni antonomastiche: il Nuovo Mondo, la Grande Guerra, ecc.
c. Aggettivi sostantivati che indicano territori: il Napoletano, ecc.
d. Nomi geografici seguiti da due sostantivi o da un sostantivo e un aggettivo in funzione di
nomi propri: l’Oceano Pacifico, la Terra del Fuoco, ecc.
e. Nomi di secoli, età, periodi storici: l’Ottocento, il Secolo dei Lumi, ecc. Precisazione a
proposito dei secoli. C’è un errore molto frequente inteso in questi ambiti. Se mi riferisco al
quarto secolo, non bisogna scrivere 1400. Il mille serve per indicare l’anno ma non il secolo.
f. Il primo termine delle denominazioni ufficiali di partiti, associazioni, enti, organismi
istituzionali: Democrazia cristiana, Confederazione generale italiana del lavoro, ecc.
g. Nomi dei periodi geologici e preistorici: il Paleolitico, ecc.
h. Titoli, cariche, gradi, quando facciano parte integrante del nome: Re Artù, ecc.
i. Titoli stranieri: Lady Mary, ecc.
j. Noi di edifici e monumenti: la Casa Bianca, ecc.
Per quanto riguarda i santi, il “san” rientra nelle maiuscole di rispetto. Quindi posso scegliere se
scrivere san francesco con la lettera maiuscola o minuscola, così come posso mettere la s puntata
maiuscola o minuscola. L’importante è mantenere la coerenza.
Vi sono termini per i quali è consigliabile utilizzare la maiuscola o la minuscola a seconda dei
diversi significati possibili. Esempi:
Stato (istituzione) o stato (contrapposto a moto)
Chiesa (istituzione) o chiesa (edificio)
Nord (regione) o nord (direzione)
San Paolo (chiesa, festa) o san Paolo (persona)
I nomi di popoli moderni sono in genere indicati con la minuscola, la maiuscola sarà riservata a
popoli antichi o non più esistenti.
ACCENTI
Le vocali a, i, u sono accentati con l’accento grave : città
La vocale o, è accentata con l’accento grave ò
La vocale e, in di parola ci accenta con l’accento acuto é
Fanno eccezione è come verbo ed è, cioè
DESINENZE PLURALI
Le parole uscenti in “io” hanno il plurale in “i”. Quando sia necessario, a evitare equivoci, si accenti
la vocale tonica.
Es. princìpi (plurale di principio), prìncipi (plurale di principe)
L’uso della doppia “ii” nei plurali è ammesso dove sia utile a evitare eventuali equivoci, nei casi
cioè in cui l’accentazione della vocale tonica non risulti sufficiente.
Es. assassinii è il plurale di assassinio, assassini è il plurale di assassini.
I sostantivi uscenti in “cia” e “gia” hanno il plurale in “ce” e “ge”.
Es. ciliegia diventa ciliegie; roccia diventa rocce
Si mantiene la “i” solo nei casi di possibile ambiguità: da camicia a camicie (per distinguere da
càmice)
ABBREVIAZIONI
Le abbreviazioni devono essere uniformi. L’autore scrive il testo senza tenere conto di questi
particolari. È compito della redazione tenere conto di queste regole e di questi particolari.
anno a. - anonimo an. - articoli artt. - articolo art. - autore A. - avanti cristo a.C.-
capitoli capp. - capitolo cap. - capoverso cpv. - carta c. - citata/o cit. - citate/i citt. - citazione citaz. -
codice cod. - codici codd. - confronta cfr.
dopo Cristo d.C
eccetera ecc - edizione ed. - edizioni edd. - esempio es
fascicolo fasc. - figura fig. - figure figg. - foglio f. - frammenti frr. - frammento fr. - fuori testo f.t.
Ibidem ibid. - idem id. – lettera lett. – libro lib.
Manoscritti mass (senza punto) – manoscritto mas (senza punto). Mentre per un libro a stampa
sono tenuto a indicare casa editrice, anno di pubblicazione ecc. Per il manoscritto non basta
indicare l’autore (se c’è) e il titolo. Ma perché non è sufficiente? Di un’opera si possono avere più
copie in più biblioteche, quindi bisogna dire di che testo ci stiamo occupando, e bisogna specificare
su quale manoscritto sto lavorando. Il manoscritto che sta a Napoli ha una certa lavorazione,
quello che sta a Milano ne ha un’altra, e così via. Quindi oltre indicare l’autore (se c’è) e il titolo,
bisogna specificare in quale biblioteca è conservato, e la segnatura di collocazione che quel
manoscritto ha in quella particolare biblioteca.
Nota n. – note nn. – numero n° - nuova serie n.s. (generalmente la troviamo per i periodici o per le
riviste. Perché capita che il titolo cambi leggermente o cambi la casa editrice o ancora il comitato
scientifico. Questo significa che nasce una nuova serie, e quando succede va indicato)
Pagina p. – pagine pp. – paragrafi parr. – paragrafo par. – pseudonimo pseud.
Recto r (corsivo, senza punto finale, unito al numero) – ristampa rist. (differenza tra ristampa e
edizione: la ristampa avviene quando un editore pubblica un libro con un certo numero di copie;
se il libro ha molto successo l’editore permette una ristampa, cioè altre stampe del libro così
com’è. Può accadere che dopo un po’ di tempo ci sia l’esigenza di ristampare il libro ma dopo molti
anni. A questo punto l’editore chiama l’autore per chiedere di avere una nuova ristampa ma con
un aggiornamento. L’autore può aggiungere uno o due paragrafi, può fare delle piccole o grandi
modifiche togliendo degli errori. Dopo aver fatto questo si può scegliere di cambiare la copertina
così come la bibliografia. Questo significa fare una nuova edizione di un libro.
Precisazione sul concetto di ristampa. Ristampa anastatica: intendiamo la riproduzione facsimilare
del testo stesso. Ci sono delle case editrici che sono specializzate nelle ristampe anastatiche,
esempio la casa editrice Forni che era specializzata nelle ristampe anastatiche. Si intende la
ristampa di un testo generalmente antico, non soggetto al copyright, che l’editore può pubblicare
nella stessa forma e impostazione del 700, del 600 e così via. Accade, quindi, che l’editore prenda
l’edizione 700esca e la riproduca così com’è, con gli stessi errori e refusi che ci sono nell’originale.
Non si ha la ricomposizione del testo con un carattere moderno o una diversa paginazione. Si
potrebbe trovare quindi anche l’abbreviazione rist. anast.)
Scena sc. – seguente sg. (potrebbe essere s.) – seguenti sgg. (potrebbe essere ss.) – senza anno s.a.
– senza data s.d. – senza indicazione di pagina s.i.p. – senza luogo s.l. – senza nota tipografica s.n.t.
– senza titolo s.tit. – serie s. – sezione sez. – sezioni szz. – sonetto son. – strofa, stanza st. – sub
voce s.v.
Tabella tab. – tabelle tabb. – tavola tav. – tavole tavv. – tomo t. – traduzione tard. –
Versi vv. – verso (di poesia) v. – verso (di foglio) v. (in corsivo senza punto finale, unito al numero)
– volume vol. – volumi voll.

La differenza tra biblioteca e archivio è che la biblioteca conserva i libri di ogni genere, mentre
l’archivio conserva quei libri e quei documenti più datati, quelli che non sono più necessari alla
normale amministrazione della biblioteca. Gli archivi sono di solito archivi di stato, con sezioni
sparse per tutta Italia.
In un archivio possiamo trovare documenti di ogni genere. Per indicare un documento di archivio
bisogna indicare l’archivio di stato in cui è conservato il documento di cui mi sto occupando; se mi
sto occupando di un testo di storia bisogna andare nell’archivio di Bari (Bari come esempio) e
chiedere agli impiegati come possono aiutarmi nella ricerca. I documenti degli archivi non sono
ordinati in maniera caotica, ma sono dividi in fondi, in ogni fondo si trovano dei testi che
riguardano un determinato argomento. Per cui è molto importante indicare il fondo, seguito dalla
cartella in cui è conservato, il fascicolo e così via. Questi dati servono a dare delle indicazioni
precise sul testo che sto esaminando.
Quasi tutti i comuni insieme alla biblioteca comunale dovrebbero avere u archivio storico
comunale, in cui dovremmo trovare tutti i documenti storici che riguardano quel comune e quel
luogo.
Il lavoro di tesi ma anche di ricerca non è detto che debba essere fatto su documenti editi, già
pubblicati; ma può essere che il lavoro di tesi venga svolto o su un’opera inedita, quindi un
manoscritto, oppure può essere fatto su documenti di archivio.
SEGNI PER LA CORREZIONE DELLE BOZZE
Riguardano la figura del correttore di bozze che è presenta all’interno della redazione della casa
editrice. Questo perché l’autore consegna ad una casa editrice un testo che non tiene conto di
tutte le norme che abbiano indicato precedentemente; è la redazione che si occupa di tutto ciò
(virgolette, abbreviazioni, corsivo, sottolineature, e così via). Il redattore e il correttore delle bozze
sono due figure che si occupano di tutto questo, e sono due figure fondamentali e importantissime
per la pubblicazione di un libro.
Una prima bozza di correzione viene presentata all’autore che eventualmente cambia qualcosa o
corregge degli errori, in quanto è passato un p0’ di tempo da quando lo ha scritto.

31/03/2021
I cataloghi sono il cuore della biblioteca, e rendono possibile il reperimento dei testi. Abbiamo
detto che nelle schede dei cataloghi, in alto a destra, c’è la segnatura di collocazione. Questa
segnatura indica il luogo fisico in cui il documento è conservato, quindi lo rende reperibile, o
direttamente dall’utente, o tramite il bibliotecario se i libri sono disposti nei magazzini. La
differenza tra catalogo e bibliografia è che la bibliografia è un elenco di libri, che può essere più o
meno autorevole e più o meno aggiornata; nella bibliografia i libri sono elencati con un
determinato ordine. Tra tutti gli ordini, il più diffuso è l’ordine alfabetico (per cognome); esiste poi
l’ordine cronologico, cioè dal titolo più datato a quello più recente; ci deve essere un criterio e un
ordine per parlare di bibliografia, altrimenti sarebbe soltanto un elenco. Per quanto riguarda il
catalogo, serve per reperire un testo; ad esempio, un catalogo per autori ha l’ordine delle schede
in ordine alfabetico, e serve a trovare fisicamente il libro grazie alla segnatura di collocazione.
Notiamo come la bibliografia non ha la stessa funzione, poiché nella bibliografia non si ha la
segnatura di collocazione. Per questi motivi bibliografia e catalogo hanno due compiti e due fini
diversi: il catalogo serve a trovare un libro e a consultarlo, la bibliografia serve a dare delle
informazioni. Una volta che si ha la bibliografia, si vede quali libri si devono davvero consultare, e
in quel caso si lascia la bibliografia e ci si rivolge a un catalogo.
Per ricapitolare, la differenza più importante ed evidente fra un catalogo e una bibliografia: il
catalogo ha una segnatura di collocazione e serve a trovare fisicamente il libro, la bibliografia si
limita a dare semplicemente delle informazioni.
I cataloghi possono essere formali o semantici:
-Cosa si intente per un catalogo formale? si intende un catalogo i cui dati e notizie sono riprese
dalla parte formare del libro, dove per parte formale di un documento ci riferiamo alla parte
esterna del libro; formale è sinonimo di esterno. Il catalogo formale per eccellenza è il catalogo per
autori e titoli. Il catalogo per autori è formale perché quando il bibliotecario fa la scheda del
catalogo, che cosa deve guardare? Sicuramente non alla copertina, ma al frontespizio. Se nel
frontespizio c’è un sottotitolo o complemento del titolo, sulla copertina per ragioni di spazio
potrebbe non esserci; questo perché la copertina ha la funzione di attirare il lettore ma soprattutto
l’acquirente. La copertina può essere graficamente elaborata, attraente, colorata, ma non può
essere completa come il frontespizio. Tutto questo spiega perché ai fini della catalogazione non
vale la copertina ma vale il frontespizio, poiché generalmente è più completa ed è la parte che per
norma è necessaria per la schedatura. Il catalogo per autori si definisce formale proprio perché i
dati che servono per fare la scheda sono ricavati dal frontespizio, cioè dalla parte formale, o
ancora la parte esterna del libro. Il concetto d’esterno serve perché di questo catalogo formale si
contrappongono due cataloghi, che non sono più formali, ma semantici, dove semantico è
sinonimo di relativo al significato. Ci sono dei cataloghi, come quelli semantici, per cui l’analisi del
bibliotecario non può fermarsi alla parte esterna della pubblicazione, ma deve riguardare il
contenuto del libro, cioè presuppone un’analisi interna del libro stesso, del contenuto. Il catalogo
per soggetti o per materia, richiedono un esame più approfondito da parte del bibliotecario, il
quale deve capire il tema, il soggetto, di che cosa si occupa il libro, e quindi deve andare ben oltre
la parte formale.

A
B

A: segnatura di collocazione
B: intestazione o accesso. Le Regole per l’intestazione sono regole RICA-REICAT, che sta per
Regole Italiane Della Catalogazione Per Autori: queste regole ci dicono che un’opera di Dante, in
questa scheda la devo intestare a Dante, oppure ad Alighieri virgola Dante? Queste regole
riguardano l’area B.
C: descrizione. Le Regole per la descrizione, ormai non si seguono più le regole italiane, ma si
seguono delle norme internazionali, chiamate ISBD: cioè delle regole di carattere internazionale
che servono a descrivere i documenti, quindi la necessità che si è avvertita di utilizzare un
linguaggio uniforme, non solo a livello nazionale ma anche internazionale, affinché i dati possono
essere inter scambiabili. Se utilizziamo dei linguaggi uniformi, i dati possono essere scambiati tra
una biblioteca e l’altra, anche di diverse nazioni. Ma per farlo il linguaggio deve essere uguale.
Queste ISBD uniformano il linguaggio della descrizione dei documenti in maniera standardizzato,
uniformandolo.
I cataloghi formali si dicono per autore o titolo perché può accadere che non c’è il nome
dell’autore, quindi si hanno delle opere anonime, in tal caso si prende in considerazione il titolo. In
questo caso, l’intestazione o l’accesso alla scheda, hanno lo stesso titolo. Un altro caso in cui il
titolo diventa intestazione o accesso è quando si hanno delle opere miscellanee, cioè scritte da più
di tre autori. Per i volumi miscellanei l’intestazione non può essere composta dal nome di tutti gli
autori, che tal volta sono anche più di 20. Allo stesso modo non si può chiedere al bibliotecario di
fare una scheda per ogni autore, poiché sarebbero troppe. Le regole stabiliscono che le opere
miscellanee vengano intestate sotto il titolo.
-I cataloghi semantici sono due, per soggetto e per materia.
Catalogo per soggetti: consente un accesso alla notizia bibliografica più democratico, perché il
catalogo per autori è utile solo se conosciamo il nome dell’autore di quel libro che ci interessa. Se
invece non conosciamo il nome, il catalogo per autore non è utile, e viene in soccorso il catalogo
per soggetti. Questo tipo di catalogo serve proprio nel momento in cui non si conosce il nome
dell’autore che ha scritto un determinato libro che ci interessa: esempio. Se devo fare una ricerca
sulla semiologia e non conosco nessun autore che lo abbia trattato, vado nel catalogo per soggetti
e alla voce semiologia troverò i titoli dei libri scritti da quei determinati autori che hanno trattato
questo argomento. È un catalogo semantico perché il bibliotecario per poter fare una scheda con
una voce di soggetto, non può limitarsi solo al frontespizio; a questo punto non possiamo
pretendere che il bibliotecario legga tutto il libro, ma gli si può chiedere se c’è l’abstract o di
tenere conto dei vari indici; a questo punto si può chiedere di fare una scheda con una voce di
soggetto o descrittore. Anche per quanto riguarda la voce di soggetto, vale lo stesso principio della
uniformità: esempio. Se ho un libro che si occupa dei velieri si può anche usare come descrittore o
come voce di soggetto “velieri” o “navi a vela”. Ma si deve evitare di usare due descrittori, due
voci. Tra questi va scelto solo uno, quello che riteniamo più efficace o più importante. Esistono
degli strumenti importanti che il bibliotecario deve usare; per questo catalogo si segue un
soggettario: è una sorta di vocabolario di termini controllato, o thesaurus; consiste in un elenco di
voci di soggetti che non prevedono l’uso di sinonimi. La differenza sostanziale tra un vocabolario
della lingua d’uso e un soggettario, è che mentre il vocabolario normale prevede l’uso di sinonimi,
questo non è consentito per la scelta delle voci di soggetto, e che avviene quindi nel soggettario. Il
catalogo per soggetto, in sintesi, è un catalogo semantico a causa dell’esame interno; devono
essere schedati per soggetti non tutti i libri, ma i libri dal 900 in poi, escludendo i libri creativi che
sono di narrativa o di poesia, ed è un catalogo particolarmente importante per l’utente che non
conosce il nome dell’autore che ha probabilmente trattato l’argomento che gli serve. Le
biblioteche statali prevedono la presenza di questi tre tipi di cataloghi. In una biblioteca piccola,
difficilmente si trova il catalogo per materia.
Il catalogo per materia: è un catalogo che si trova soprattutto in quelle statali, meno probabile
trovarlo nelle piccole biblioteche. Questo catalogo non è più ordinato in ordine alfabetico, ma in
un ordine che prevede un codice numero. Sulla base di questo sistema, se il bibliotecario ha un
catalogo di questo tipo, deve avere un elenco dei codici e attribuire ad un codice ogni materia. Per
poter attribuire questo codice, il bibliotecario deve capire di quale disciplina o materia si tratta.
Anche per quanto riguarda questo catalogo è semantico, che richiede un esame interno che non si
ferma al frontespizio del libro.
Bisogna distinguere la soggettazione dalla indicizzazione.
Soggettazione: è quella fase preliminare nel corso della quale il bibliotecario cerca di capire qual è
il soggetto del libro stesso, cioè l’argomento del libro. Fatta questa operazione, che è chiamata
soggettazione, si passa alla seconda fase
Indicizzazione: si intende quella fase nella quale il bibliotecario trova la voce di soggetto o
descrittore più adatta per esprimere quel concetto e quel soggetto che ha trovato. A quel punto
deve decidere se mettere una voce piuttosto che un’altra. Si dice che la voce di soggetto deve
essere più efficace possibile ma anche la più breve possibile evitando una serie di aggiunte che
sono inutili. Deve servire poi a descrivere nel modo migliore possibile il contenuto del libro.
CATALOGO PER AUTORI E TITOLI
Abbiamo detto che questo catalogo è quello più importante ed essenziale. Una biblioteca non può
avere la mancanza di un catalogo per autori; questo catalogo prevede la possibilità che il catalogo
sia cartaceo o digitale. La differenza tra un catalogo cartaceo e uno digitale, è quella che il cartaceo
ha dei limiti, che consistono nel fatto che per la consultazione del catalogo cartaceo è necessaria la
presenza fisica dell’utente (se devi consultare un catalogo della libreria di Roma devi andare
direttamente a Roma); inoltre, è fatto di cassettini di metallo in cui troviamo le schede inserite in
ordine alfabetico, e questo è un altro limite perché se un utente sta già consultando il cassettino
che mi interessa, io devo aspettare che l’utente finisca per far si che arrivi il mio turno; l’altro
limite consiste nel fatto che a quel catalogo si può fare un solo tipo di domanda, in genere si
chiede se quel determinato libro è presente nella biblioteca, oppure quai opere di un autore ci
sono in biblioteca. Per i cataloghi digitali, non bisogna recarsi fisicamente in biblioteca per
consultare il catalogo, ma lo si può consultare direttamente da casa. Al catalogo digitale si possono
rivolgere tante domande per autori, per soggetti e per materia. Inoltre, il catalogo digitale può
essere consultato da tantissime persone contemporaneamente. Diciamo che i cataloghi digitali
non solo hanno questi vantaggi, ma consentono l’accesso remoto. Cioè accedo alle notizie
bibliografiche di una biblioteca da remoto, senza avere la necessità di recarmi fisicamente in
biblioteca. L’altro vantaggio consiste nel fatto che esistono diversi tipi di schede nei cataloghi (per
ora trattiamo le schede dei cataloghi per autori), ci sono delle schede principali e secondarie.
Quelle principali sono complete e contengono tutti i dati relativi a quella pubblicazione; poi
abbiamo le schede secondarie che in questo caso nel catalogo per autori sono di 3 tipi: di
richiamo, di rinvio e di spoglio
Scheda di richiamo: risolve un problema relativo alla scelta dell’intestazione, cioè della parola
d’ordine. Se si hanno due autori alternativi, come mi devo comportare? Per un fatto puramente
organizzativo, il primo autore, anche se ha la stessa responsabilità del secondo e del terzo, viene
considerato il principale. Per cui la scheda principale andrà intestata al primo autore, al secondo
verrà intestata la scheda secondaria di richiamo. La presenza della parola “vedi” ci mostra che
stiamo parlando di una scheda secondaria di richiamo. Quando si hanno due o tre autori riportati
nello stesso modo su un libro, il primo viene ritenuto principale, per il secondo ed eventualmente
per il terzo, si fa una scheda di richiamo, dove il richiamo risolve il problema relativo alla scelta.
Anche in questo caso la scheda di richiamo in realtà è necessaria quando ci troviamo di fronte un
catalogo cartaceo, perché in quello cartaceo sono costretto a fare una scheda di questo genere.
Nel catalogo elettronico o digitale (altro vantaggio), la scheda di richiamo in realtà non serve, così
come non serve di quella di rinvio. Cioè le schede secondari vengono superate, perché nella
memoria del computer, si ha il vantaggio di avere la scheda completa.
07/04/2021
La caratteristica principale del linguaggio biblioteconomico, come abbiamo detto più volte, è
quella di essere un linguaggio standardizzato. Nel linguaggio biblioteconomico non è consentito
l’uso dei sinonimi, cioè parole con forma diversa che esprimono lo stesso concetto. Se usiamo
forme diverse per indicare lo stesso autore offriamo un pessimo servizio agli utenti.
Ma che cosa può accadere? Se in una biblioteca ci sono tante edizioni delle opere di uno stesso
autore, con edizioni in latino e in italiano, accade che l’edizione in italiano e quella in latino
vengono catalogati sotto lettere diverse. (ad esempio, come avviene per Omero in italiano e
Homerus in latino). Ovviamente la ricerca più scontata, che può fare soprattutto l’utente poco
colto o che non conosce il latino, è quella di cercare Omero con la lettera O, e così facendo non
avremmo le edizioni disponibili con la H. Tutto ciò comporta un vero e proprio disservizio, perché
sotto la O troviamo l’edizione italiana ma non quella latina, e viceversa sotto la H troviamo
l’edizione latina ma non quella italiana. Il bibliotecario deve fare in modo che tutte le edizioni di
uno stesso autore si trovino sotto la stessa lettera, questo non vale solo per Omero, ma per tutti gli
altri autori. Tutto ciò si realizza utilizzando la forma accettata tra le due forme esistenti; la seconda
forma non viene accettata non perché è sbagliata, ma viene scartata per comodità. Tutta via, non
viene cancellata del tutto.
La diversità del titolo diventa determinante quando l’opera è anonima. Un’opera del genere sarà
schedata sotto il titolo. Se si hanno due edizioni della stessa opera con un titolo diverso e con
autore anonimo, si ha il problema del titolo uniforme. Anche qui bisogna utilizzare lo stesso titolo
che diventa fattore di ricerca al posto dell’autore. L’intestazione deve essere uniforme poiché, solo
se l’intestazione è uniforme si fa in modo che tutte le opere di uno stesso autore si trovino nello
stesso punto del catalogo.
Esempio: Se un’edizione della Divina Commedia viene schedata sotto la D e una sotto la A, non
sarebbe possibile trovare le due edizioni insieme, poiché tra la A e la D ci saranno centinaia di
schede, quindi quell’opera sarà dispersa nel catalogo. Ciò non succede se si fa in modo che tutte le
edizioni finiscano nella stessa scheda. In altre parole, questo problema si evita se si ha
un’intestazione uniforme.
Tutta via, non bisogna eliminare del tutto la voce che viene scartata, in modo che se qualcuno fa
una ricerca con quella determinata lettera, gli sarà consentito di trovare il libro. Ad esempio, in
quel caso, se la lettera scartata è la D, e un utente decide di cercare la Divina Commedia con la
lettera D, troverà l’opera con: Dante, vedi Alighieri
Questo discorso, che abbiamo affrontato e che riguarda le schede di richiamo e di rinvio, sono
schede con il vedi, che riguardano il catalogo cartaceo, quello tradizionale con i cassettini. Questa
regola, o questo passaggio, della scheda di richiamo e di rinvio, non esiste nel momento in cui si ha
il catalogo online, cioè l’OPAC. Nell’OPAC non è necessaria la scheda secondaria, basta che il
bibliotecario nella memoria del computer inserisca le stesse forme, che ottiene subito la scheda
principale. Cioè se vado sull’OPAC e cerco Venuda Fabio, non ho la scheda “vedi Montecchi
Giorgio”, ma ho la scheda principale perché in questo caso posso fare anche la ricerca sull’autore
secondario e ottenere subito la risposta. Altro vantaggio del catalogo digitale rispetto quello
cartaceo.
La scheda di spoglio: è chiamata così perché prevede sfogliare un documento, cioè vederlo nelle
sue parti interne. Questa scheda non riguarda tutti i libri, ad esempio quelli scritti da un solo
autore, o due o tre autori, ma riguarda generalmente le riviste, i periodici (quindi più di 3 autori).
Questo perché sono pubblicazioni fatte di diversi saggi.
Cosa fare se abbiamo bisogno di un saggio presente in una rivista? bisogna andare in biblioteca,
trovare il catalogo di questi periodici e vedere se la biblioteca possiede questa rivista. Nel catalogo
periodici, per trovare quel saggio bisogna trovare la scheda con la R e li troveremo tutte le riviste
che la biblioteca possiede, troveremo poi una scheda di periodici che sono indicasti con sigle
particolari, di solito “per” che sta per “periodico” e un numero ad esempio “per.13” cioè
“periodico 13”. Può succedere che troveremo una scheda di periodico aperta, con un trattino, ad
esempio 1973-, che significa che è ancora in corso, e che la biblioteca possiede tutte le annate
rinnovando l’abbonamento all’acquisto di quella rivista anno dopo anno. Se troviamo 1973-1975
allora è chiusa e significa che la biblioteca possiede solo quelle edizioni e che quindi non
troveremo quella del 1976. Se troviamo una scheda di un periodico chiuso, potrebbe significare
che quell’anno è stato l’ultimo anno di pubblicazione della rivista, quindi possediamo una serie
completa, oppure significa che la rivista continua a vivere ma la biblioteca non ha rinnovato
l’abbonamento e ha ritenuto di non acquistarla più; in questo caso la scheda risulterà comunque
chiusa.
La scheda di sfoglio non è indispensabile e non sempre la troviamo, perché per ogni fascicolo della
rivista il bibliotecario non solo deve fare la scheda di carattere generale per la rivista, ma deve fare
per ogni fascicolo 5, 10, 15 schede di spoglio, tanti e quanti sono i saggi all’interno di ogni
fascicolo. Non sempre il bibliotecario ha il tempo o la biblioteca ha il personale disponibile per fare
le schede di spoglio per ogni rivista. La scelta poi sta al bibliotecario se e come fare queste schede.
Queste schede sono previste o auspicabili anche per pubblicazioni diverse. Ad esempio per le
schede miscellanee. In sintesi, generalmente si fanno per i periodici o le opere miscellanea, ovvero
quelle opere scritte da più di 3 autori. Per le schede di spoglio il comando è “sta” in oppure “in”,
non più “vedi” come le due precedenti. Quindi è possibile riconoscere le schede secondarie da
questi particolari.

12/04/2021
I libri, oltre ad avere il codice a barre, hanno l’ISBN (International Standard Book Number). Ad
esempio, corrisponde alla targa di un’auto; cioè se voglio indicare con esattezza un auto non indico
il modello, il colore, e così via. Se invece indico la targa di quell’auto, sono sicuro di poter
individuare l’auto giusta e non un’auto con le stesse caratteristiche.
L’ISBN è importante quando si vuole acquistare un libro, e in certi sensi, vale più del titolo e
dell’autore.
Quando un professore indica un manuale scolastico da adottare, oltre alle caratteristiche basilari
come l’autore e il titolo, deve indicare l’ISBN per essere sicuro di far comprare agli alunni il libro
giusto. Questo perché un libro può avere lo stesso autore, lo stesso titolo, ma può avere più
edizioni, che sono differenti tra loro, così come le diverse ristampe. Solo con l’ISBN siamo sicuri di
individuare un libro in quella particolare edizione e in quella particolare ristampa.
Commentiamo la scheda presentata come esempio:

AREA A

674
AREA B
674
BRANZATI EDOARDO CARLO,
RICCI ANGELO

AREA C

MANUALE DI FRUTTICULTURA

BOLOGNA, EDIZIONI AGRICOLE 1969

CENTIMENTRI 20. PP. XVII – 517 FIG.

1. Frutticultura. I°- Ricci Angelo

AREA A: in alto a destra della scheda troviamo il numero 634. Questo numero è la segnatura di
collocazione di tipo mobile, ed è il numero della classificazione decimale Dewey, e questo codice
numerico indica la materia. Al posto di 634, potrei trovare anche una segnatura di collocazione
fissa e avrei quattro elementi separati tra di loro, che indicano sala, scaffale, ripiano e numero
progressivo.
AREA B: troviamo Branzanti Edoardo Carlo, Ricci Angelo. Ci troviamo davanti ad un libro con due
autori, che hanno la stessa responsabilità intellettuale e sono autori alternativi. (hanno la stessa
responsabilità perché li troviamo scritti alla stessa maniera, con lo stesso carattere, nella stessa
zona della copertina)
AREA C: troviamo il titolo con le indicazioni editoriali importanti. Nel rigo successivo troviamo
l’area della descrizione fisica, cioè l’area nella quale il documento viene descritto. Il bibliotecario
dà una serie di elementi che consentono all’utente di capire il formato del libro, di quante pagine è
fatto, se è illustrato oppure no. I centimetri 20 indicano che il libro è alto 20 cm. Il numero 17 in
numero romano, indica l’introduzione. Questo libro ha due sequenze di pagine. Una prima parte
con numerazione romana, che vanno da pagina 1 a pagina 17, che sono introduttive, e poi ci sono
517 pagine con numerazione araba che sono le pagine effettive del testo. Ci può essere anche una
post-fazione con un ulteriore sequenza di pagine, ma poi ci torneremo in seguito nelle prossime
lezioni. Il fig. indica che nel libro che sono delle figure, con figure intendiamo delle immagini
inserite all’interno del testo.
Il rigo successivo, quello che sta sotto e più distaccato, è il tracciato del libro. Che cosa intendiamo
per tracciato? I tracciati non si trovano in tutte le schede e in tutte le biblioteche, ma sono
facoltativi. La BNI, cioè la Bibliografia Nazionale Italiana, pubblicata dalla biblioteca nazionale
centrale di Firenze e aggiunge il tracciato.
1. frutticoltura, è la voce di soggetto. Significa che nella prima parte del tracciato, quando c’è,
viene indicato il soggetto del libro. Mentre nella seconda parte del tracciato dove troviamo I-Ricci,
Angelo è l’autore di richiamo e significa che a Ricci Angelo è intestata una scheda secondaria di
richiamo. Il tracciato serve a stabilire dei collegamenti tra la scheda principale e le altre schede,
eventualmente quella di soggetto ed eventualmente quella di richiamo, se, come in questo caso, la
scheda la richiede.
In questa biblioteca immaginaria dove abbiamo trovato questa scheda, sappiamo che troviamo
una scheda principale intestata a Branzanti Edoardo Carlo e Ricci Angelo, esiste poi una scheda per
soggetto, con soggetto frutticoltura che rimanda a questo testo, e poi abbiamo una scheda
secondaria di richiamo intestata a ricci angelo che dice vedi. Edoardo Carlo ecc.
Questi collegamenti sono importanti per il bibliotecario, nel caso in cui si verifichi che il libro esca
dalla biblioteca, nel senso che sparisca o venga rubato. Quando il bibliotecario si rende conto che il
testo è sparito e si accerta che non ritornerà più, deve eleminare la scheda principale, grazie alla
quale sa quali sono i collegamenti e deve eliminare anche tutte le altre schede.
In fondo alla scheda troveremo un numero che corrisponde al numero di inventario. Che è
l’inventariazione, cioè la prima operazione che il bibliotecario compie quando un documento entra
a far parte del patrimonio della biblioteca stessa. Non appena il libro entra, viene inserito in un
registro cronologico d’entrata, si registra e gli si attribuisce un numero di inventario che viene
assegnato sul libro in maniera indelebile, e viene riportato anche sulla scheda. Questo numero ha
una funzione puramente amministrativa, e non serve a ritrovare il libro (per quello abbiamo la
segnatura di collocazione).
Il numero di inventario lo troviamo sempre sulla scheda, mentre l’ISBN non lo troviamo sempre,
poiché non è stato introdotto da molto tempo, per cui sui libri più antichi non lo troveremo.

Anche sulla scheda secondaria di richiamo troviamo la descrizione completa, ma si può trovare
anche una scheda secondaria in cui non abbiamo la descrizione completa. Il vedi ci permette di
capire subito che si tratta di una scheda di richiamo.

Esempio della scheda di rinvio:


Utilizziamo l’esempio di un’opera miscellanea, che raccoglie i saggi di studiosi che hanno
pubblicato questi volumi in onore di Vittorio Pisani. Questi volumi sono tipici nel mondo
accademico, ad esempio quando un professore universitario importante va in pensione, i suoi
alunni, colleghi o amici, raccolgono dei testi e li racchiudono in un volume in suo onore.
In questo caso la scheda va assegnata al titolo.
1.Saggi, è la voce di soggetto. “Pisani Vittorio” perché le regole di catalogazione prevedono che se
c’è un volume in onore di qualcuno, si faccia una scheda secondaria anche per il nome della
persone a cui è stato dedicato.
In corrispondenza del volume miscellaneo, il bibliotecario dovrebbe fare una scheda di spoglio per
tutti i saggi contenuti all’interno di questo volume. Con il titolo del saggio, bisogna aggiungere
l’autore e il “sta in” seguito dalle pagine, cioè le pagine che corrispondo a quel saggio .

Le attuali regole prevedono delle norme diverse da quelli alle quali poi andremo a dire delle cose
importanti, e diremo come i sistemi di struttura delle schede sono cambiati. Ma comunque i
principi base delle schede sono questi.

Per quanto riguarda l’esempio della schede di una rivista, il professore ha parlato della scheda di
periodico aperta o chiusa (vedere spiegazione negli appunti precedenti)

Sistema decimale Dewey.


Perché si chiama Dewey? Perché richiama alla nostra memoria un bibliotecario statunitense che
rielaborò la teoria di Bacone sullo scibile dividendolo, in tre grandi settori o categorie. Questi 3
settori corrispondono a 1.memoria, 2.immaginazione e 3.ragione. Dewey, che vive alla fine
dell’800, si trova nel periodo del Positivismo, che privilegiava la ragione. Egli ribaltò il concetto di
Bacone invertendo ragione, immaginazione e memoria
Ragione formata 6 classi
1. Filosofia
2. Religione
3. Scienze sociali
4. Linguistica
5. Scienze pure
6. Scienze applicate
Immaginazione formata da 3 classi
7. Arti giochi e sport
8. Letteratura
9. Storia e geografia
A queste nove classi ne aggiunse una introduttiva indicata con lo zero, diventando 10 in tutto
Pensò a ciascuna classe, alle quali attribuì 100 numeri. Per cui fece una prima classe cioè quella
introduttiva che andava da 000 a 099, poi da 100 a 199, poi da 200 a 299 e così via. Fino all’ultima
999.
La prima cifra corrisponde alla classe, la seconda alla divisione e la terza alla sezione. Questi
numeri servono in realtà a collocare il libro in un particolare punto dello scaffale. Cioè questo
codice diventa la segnatura di collocazione. In tutto questo sistema di pensiero e di cifre, che cosa
fa Dewey? Assegna allo zero la caratteristica della generalità, quindi lo zero è simbolo di
generalità. Per cui, in un numero più zeri ci sono, più la materi è generale, e viceversa meno zeri ci
sono più la materia è specifica.
Esempio classe numero 6 delle scienze applicate. Ha come segnatura di collocazione 600, che
significa generale. Cioè un’enciclopedia generale di scienze applicate, un dizionario di scienze
applicate, insomma, un libro che si occupa di tutte le scienze applicate in modo generale. Mentre
610 ha un elemento di specificità in più, poiché abbiamo un solo zero. In questo caso indica
medicina. 620 indica ingegneria, ma un manuale di carattere generale. 621 ingegneria ma nella
specificità, ad esempio ingegneria civile, meccanica, ecc.
PARENTESI:
Fino a qualche decennio fa, uno dei compiti più importanti del bibliotecario era la catalogazione.
Questo procedimento richiede molto tempo, molta esperienza e molta professionalità.
Per molto tempo i bibliotecari, soprattutto perché non avevano un titolo specifico e molta
esperienza, si arrangiavano, si attenevano alle regole RICA. Con il passare del tempo le cose sono
cambiate, per cui accadde che grazie alla telematica e agli OPAC oggi il bibliotecario cosa può fare
che prima non poteva? Può quasi del tutto evitare di perdere tempo per la catalogazione, per
impegnarsi in altre cose, proprio utilizzando i vantaggi del digitale. Se la biblioteca di Roma ha già
fatto la scheda di un libro, la biblioteca di Bari può copiare la scheda senza perdere tempo per
creare la scheda da zero. Dopo aver copiato la scheda, il bibliotecario deve poi aggiungere il codice
della sua biblioteca così che sull’OPAC risulti che di quel libro sono presenti una copia a Roma e
una a Bari.
CHIUSA PARENTESI E RITORNIAMO ALLE CLASSE DEWEY
Le classi letteratura e storia:
800 indica una storia della letteratura generale, mondiale, di tutti i tempi
810 letteratura americana
820 inglese
850 italiana
Per alcune materie come la letteratura, la divisione riguarda l’ambito geografico. Un libro che è
850 sarà un’opera della letteratura italiana ma generale, poiché troviamo lo 0. 851 è la poesia
italiana, 852 letteratura drammatica ecc. ecc.
Va detto che le cifre non sono sempre sufficienti ad indicare la materia di un libro. Il codice
numerico con il quale indichiamo la materia di un libro è composto da almeno 3 cifre. Questo
“almeno” ci indica che non possono essere meno di 3 ma possono essere ance di più.
Possiamo trovare ad esempio 634.45 , ma anche 634.4323.
Più cifre ci sono più la materia è specifica.

14/04/2021
A Roma, nell’edificio dove c’è la biblioteca nazionale centrale, c’è anche l’ICCU, cioè ISITUTO
CENTRALE PER IL CATALOGO UNICO E PER LE INFORMAZIONI BIBLIOGRAFICHE. L’ICCU svolge tutta
una serie di servizi. Per “catalogo unico e per le informazioni bibliografiche” significa che l’ICCU
coordina una serie di servizi che vanno a soddisfare i bisogni degli utenti, a partire dall’SBN. Ci
sono diverse biblioteche italiane che hanno aderito a questa rete, che è coordinata dall’ICCU.
È un grande OPAC che raccoglie le schede dei libri che sono tenuti dalle biblioteche italiane che
hanno aderito.
Ma qual è lo scopo principale dell’ICCU? è quello di fornire delle norme che possono essere
uniformi, che possano dare delle informazioni bibliografiche e dettare le regole da poter utilizzar
con un linguaggio comune e uniforme tra tutte le biblioteche italiane.
Lo scopo ultimo, primario ma anche ultimo, è quello di far in modo che tutte le biblioteche italiane
aderiscano a SBN, una volta fatto ci sarà un catalogo unico di tutto il patrimonio librario italiano.
Se tutte le biblioteche danno i loro dati e schedano i loro libri, dove tutte le schede verrebbero
raccolte, avremo un catalogo unico di tutto il patrimonio librario italiano. Esiste già un catalogo
unico, eppure parziale. Cioè un catalogo dove si trova almeno una parte del patrimonio librario
della nazione.
Fra i servizi che l’ICCU offre agli utenti, abbiamo:
1. EDIT 16
2. ANAGRAFE DELLE BIBLIOTECHE
3. MANUS
4. BIBLIOTECA DIGITALE
5. INTERNET CULTURALE
6. CATALOGHI STORICI
7. INFORMAZIONI BIBLIOGRAFICHE
EDIT 16: Sta per “editorie del XVI secolo”, cioè del ‘500. Ma che cosa è EDIT 16? È un sito che si
può consultare, che è coordinato dall’ICCU, che ormai molto tempo fa cominciò a fare un
censimento delle edizioni del sedicesimo secolo, che noi chiamiamo cinquecentine, conservate
nelle biblioteche italiane. Cioè quelle biblioteche che hanno fondi librari antichi in cui troviamo le
cinquecentine. Accade che se si ha bisogno di un’edizione del 500 del Canzoniere di Petrarca
pubblicata a Firenze nel 1543, bisogna andare in questo sito, digitare Petrarca Canzoniere, e si ha
in tempo reale l’elenco delle cinquecentine del Canzoniere di Petrarca che si trovano nelle
biblioteche italiane, con l’indicazione specifica della biblioteca.
Posso addirittura fare una ricerca per autore, cercando Petrarca Francesco, e avrò il risultato di
tutte le cinquecentine sparse per l’Italia di Petrarca. Si può fare una ricerca per titoli o editore; nel
campo dell’editore bisogna scrivere SESSA cioè la famiglia di editori del 500, e in tempo reale il sito
ci dice in quali biblioteche italiane ci sono le edizioni pubblicate da SESSA. Si può fare, inoltre, una
ricerca per marca tipografica. Abbiamo visto alcuni esempi di marche tipografiche, cioè immagini o
incisioni che raffigurano il simbolo della tipografia o della casa editrice, generalmente
accompagnata da un motto, cioè una frase molto breve. In questo sito delle cinquecentine, si può
fare una ricerca per marca tipografica, scrivendo ad esempio cervo, o api, o albero. In tempo reale
il sito ci dice l’elenco di tutti gli editori del ‘500 che hanno usato come marca tipografica le api, il
cervo, l’albero ecc. con tutte le loro varianti; questo perché un editore può aver rappresentato
delle api in volo, un alveare, e così via. Si può infine fare una ricerca per motto e per ogni risultato
avremo l’immagine della marca, del motto, ecc.
ANAGRAFE DELLE BIBLIOTECHE: cioè un servizio particolare per cui esiste una sorta di anagrafe,
oppure schedario delle biblioteche italiane, all’interno della quale la scheda relativa dà le
caratteristiche essenziali della biblioteca che abbiamo cercato. Ad esempio, mostra i fondi librari,
le notizie di orari di apertura, e così via. Per cui è uno strumento utile per l’utente delle
biblioteche.
MANUS: che sta per MANOSCRITTO, ed è uno schedario o un catalogo, dei principali manoscritti
che le biblioteche italiane possiedono in alfabeto latino. Anche questo è un servizio utile per chi si
occupa di manoscritti.
BIBLIOTECA DIGITALE: consiste nella riproduzione digitale delle opere principali che le biblioteche
italiane possiedono e che ritengono così importanti e rappresentative all’interno del patrimonio da
metterle in rete. In queste biblioteche possiamo trovare dei cataloghi bellissimi riprodotti
digitalmente.
INTERNET CULTURALE: tutti questi servizi si trovano anche all’interno di questo progetto che serve
a mettere a disposizione i dati agli utenti. Sono esempi intelligenti che la tecnologia mette a nostra
diposizione.
CATALOGHI STORICI: anche qui le biblioteche italiane, o almeno quelle storicamente più
importanti, fanno la riproduzione digitale dei cataloghi storici (dell’800, del 700 ecc.), e la mettono
in rete. Per cui si può vedere le schede del catalogo storico relativo, ad esempio, all’Accademia
dell’Arcadia che si trova nella biblioteca di Roma. Di ogni scheda cartacea riesco ad avere da casa
la versione digitale accesso remoto, senza recarmi fisicamente a Roma.
Tutto questo rientra nei servizi dell’ICCU che sono molto importanti per gli studiosi poiché
consento sempre l’accesso remoto ai documenti.
L’ICCU offre questi servizi, però, uno dei più importanti è quello delle informazioni bibliografiche,
cioè i criteri utili per la catalogazione dei bibliotecari.
Le RICA REICAT sono divise in 3 parti, la prima è la parte relativa alla scelta dell’intestazione, la
seconda relativa alla forma dell’intestazione, e la terza relativa alla descrizione.
La terza area, in realtà è superata dal fatto che esistono delle norme non più di carattere
nazionale, ma internazionale che di fatto super di gran lunga la descrizione delle RICA REICAT.
Infatti, negli ultimi tempi, sono le RICA REICAT a adeguarsi alle norme internazionali.
NORMA GENERALI DELLA RICA REICAT:
1. Un’opera o parti di essa si scheda sotto il nome dell’autore : questa norma è importante
poiché un’opera con autore incerto può essere comunemente attribuita, per elementi in
comune, a differenti autori. In questo caso, quando si ha un’attribuzione certa, è possibile
fare delle schede secondarie per altri autori.
“La Bella Alsaziana” viene attribuita comunemente ad Antonie Bret, a cui si fa la scheda
principale. Da altri autori invece l’opera viene attribuita a Villaret a cui quindi si fa invece
una scheda secondaria.
2. Se il nome non compare sul frontespizio ma si ricava all’interno del libro o da fonti esterne,
l’opera si scheda ugualmente sotto il nome dell’autore e si fa una scheda secondaria per il
titolo.
“Padiglione cancro”, scritto da Solzenicyn. Ai tempi in cui venne scritto non era prudente
scrivere il proprio nome, venne pubblicato inizialmente come romanzo di anonimo
sovietico. Nonostante questo, si ricava il nome da una nota dell’editore. Essendo un’opera
anonima si fa la scheda secondaria sotto il titolo, e quindi sotto la lettera P, mentre la
scheda principale sotto il nome.
3. Un’opera attribuita ad un autore diverso dal reale si scheda sotto l’autore reale, ma si fa
anche la scheda secondaria per l’altro autore. “I Canti di Ossian” sono un’importante opera
dello scrittore scozzese James Macpherson. L’opera fu pubblicata per la prima volta in
modo anonimo; in questo primo volume erano stati raccolti antichi canti, attribuendoli ad
un leggendario cantore bardo chiamato Ossian. Si tratta perciò di un abile falso letterario.
La scheda principale non sarà fatta sotto Ossian ma sotto Macpherson e quella secondaria
sotto Ossian.
4. Annuari conosciuti più con il titolo e meno con l’autore, in questo caso, si schedano sotto il
titolo. “La guida d’Italia del Touring club italiano” ha un autore ma, siccome si ha la
sensazione che pochi lo conoscono, si fa la scheda principale per l’opera e secondaria per
l’autore.
5. Opere con attribuzione incerta o controversa si schedano sotto il titolo, mentre scheda
secondaria viene intestata all’autore al quale l’opera viene generalmente attribuita o
eventualmente ad altri.
6. Se l’opera è scritta da 2 o 3 autori si fa scheda principale per il primo autore citato nel
frontespizio e scheda secondaria di richiamo per gli altri. Da 4 in poi l’opera viene
considerata ANONIMA e si scheda sotto il titolo, più una scheda secondaria di richiamo per
il primo autore citato sul frontespizio e una secondaria per il curatore (se c’è). Quando
parliamo di 2 o 3 autori, ci riferiamo ad autori che hanno la stessa valenza e responsabilità.
In caso contrario, si fa una scheda principale per chi ha una responsabilità maggiore e
secondaria per gli altri.
7. Per le opere alle quali hanno partecipato più autori, ma sul frontespizio c’è solo un nome,
ci si comporta così: “Grande dizionario della lingua italiana” è un’opera molto importante,
fatte da decine di volumi molto grandi, poiché a differenza dei dizionari comunemente
usati che si occupano della lingua d’uso, quest’opera si occupa di riportare tutte le voci
usate dagli scrittori italiani, anche nei secoli passati, e oggi in disuso. L’opera fu diretta da
Salvatore Battaglia, ma è frutto del lavoro di decine di persone. Al Battaglia si attribuisce la
scheda principale.
8. Quando un’opera ha un redattore e autore diverso: un’opera redatta da materiale, fornito
da un autore e presentata come sua, si scheda sotto l’autore e scheda secondaria per il
redattore, se figura nel frontespizio.
9. Può accadere che il redattore venga presentato come autore e in questo caso si scheda
sotto il redattore: Dacia Maraini “e tu chi eri? Interviste sull’infanzia”. In questo caso
Maraini è la redattrice dell’opera poiché ha fatto le interviste, ma non sono suoi testi.
L’opera è presentata come sua per cui la scheda principale sarà sotto Maraini.
CONTRIBUTI SUBORDINATI
1. Opere che sono pubblicate con commento o saggio ovvero la presenza di un curatore .
“Dante Alighieri, la divina commedia a cura di Cesare Garboni”. La scheda principale sotto
Alighieri e la secondaria sotto Garboni. Questo quando il contributo del curatore è
secondario all’opera stessa. Può accadere infatti che il lavoro del redattore sia più
importante della stessa opera; in questo si farà una scheda principale al redattore e
secondaria all’autore: Giuseppe Scarpat “La lettera 65 di Seneca”. In questo caso la parte
più importante sarà la riflessione non la lettera stessa.
2. Le traduzioni. Si fa una scheda secondaria per il traduttore. Il nome del traduttore viene
spesso inserito nella seconda o terza pagina in piccolo e significa che l’editore non gli dà
molto peso. Se il nome figura sul frontespizio allor avrà un ruolo importante e questo
accade quando c’è l’intenzione d’arte, ovvero il traduttore è rinomato. Si fa anche scheda
secondaria al traduttore. Esempio Shakespeare, Otello traduzione di Salvatore Quasimodo.
3. Edizioni rivedute, accresciute o abbreviate. Differenza tra edizione e ristampa con la
ristampa che riproduce il testo così com’è mentre l’edizione rappresenta sempre qualcosa
di nuovo. Tra le nuove edizioni ci possono essere sempre quelle rivedute ovvero riviste e
corrette. Queste edizioni si schedano sotto l’edizione dell’opera principale e si fa scheda
secondaria per il curatore della nuova edizione. Esempio Alessandro Manzoni, i promessi
sposi. Riduzione e commento a cura di…
4. Riassunti, adattamenti e rifacimenti. In questo caso schedano come opere indipendenti e si
fa scheda secondaria per l’autore originale. Esempio Orlando Innamorato, Matteo Maria
Boiardo, rifatto di Francesco Berni.
5. Raccolte di documenti. Serie di documenti raccolti da qualcuno con scheda principale sotto
il titolo e secondaria sotto il curatore. Esempio Documenti della rivoluzione palestinese a
cura di Eugenio Polizzi
6. Compilazioni. Esempio sono le antologie scolastiche. La scheda principale sotto il nome del
curatore.
7. Pubblicazioni di enti collettivi. Autori possono essere enti e per ente collettivo si intende
qualsiasi organizzazione, istituzione, imprese o gruppo di persone che abbia un nome con il
quale sia formalmente indentificato. Sono autori per le opere di carattere amministrativo,
normativo, documentario, che siano espressione della sua attività.

19/04/2021

Riprendendo dalla lezione precedente…


L’ente collettivo viene schedato sotto l’ente quando ci troviamo di fronte a documenti che
esprimo direttamente “il pensiero”, la posizione di quell’ente su un determinato tema. Ad
esempio, gli statuti regolamenti di quell’ente vengono considerati come autore di quell’ente
stesso. Invece ci sono delle opere che non si schedano sotto l’ente collettivo quando quell’opera
non è espressione dell’attività di un ente ma è di carattere intellettuale (i 50 anni della fiata 1899-
1949, dal contenuto non risulta la responsabilità collettiva dell’ente il cui nome però non è
riportato sul frontespizio). Questo è un elemento importante perché l’opera di un ente collettivo
possa essere attribuito all’ente stesso. Tra gli enti collettivi figurano le autorità politico-territoriali,
per cui le costituzioni, le leggi, i decreti, le ordinanze, i codici si schedano sotto il nome del relativo
stato o altra autorità politica o territoriale. Ad esempio, Costituzione della Repubblica italiana la
sceda va fatta sotto Italia perché la Costituzione è un testo che si riferisce alla legge costituiva dello
Stato stesso, oppure il regolamento dell’igiene del comune di Roma va sotto Roma: ci troviamo di
fronte ad un altro ente politico territoriale a carattere locale. Anche le autorità politiche territoriali
rientrano nella categoria di ente collettivo e quindi possono essere in alcuni casi considerati e
ritenuti come autori di queste opere stesse. (RICORDA: tutto ciò riguarda la scelta
dell’intestazione)

La forma dell’intestazione: l’esigenza principale del catalogatore è che le intestazioni debbano


essere UNIFORMI. Per le intestazioni di uno stesso autore (che può essere ente collettivo o la
persona fisica) si adotta sempre la stessa forma del nome. Quando si adotta la stessa forma del
nome parliamo di intestazione uniforme. Dagli altri nomi o forme si fa una scheda di rinvio.
-Gli autori personali: Bodoni Gianbattista (editore del ‘700 che ha lasciato un segno importante
per l'eleganza delle sue edizioni destinate a famiglie illustri tanto da attribuirgli il titolo di
"tipografo dei re" e "re dei tipografi" e per l'invenzione e introduzione di caratteri che hanno presi
il nome proprio da lui: i caratteri bodoniani) possiamo trovarlo o scritto tutto attaccato o Giovanni
Battista, anche qui abbiamo l'esigenza dell'intestazione uniforme che vale sia per il cognome sia
per il nome. Le regole ci dicono di usa sempre Bodoni, Gianbattista e non Bodoni Giovanni Battista.

-Un autore si scheda sotto il nome con cui è prevalentemente identificato nelle edizioni delle sue
opere nel testo originario, ad esempio Paolo Diacono (storiografo del Medioevo) va indicato sotto
Paulus Diaconus perché è la forma principale usata nelle sue opere. Il nome costantemente usato
nelle pubblicazioni è da preferire anche se non si tratti del nome reale o nella forma originale.
Quest'ultima ha la precedenza rispetto alle altre però si può preferire il nome non reale quando
non è conosciuto, ad esempio Pietro Metastasio (il nome reale era Pietro Trapassi, quindi ha un
nome d'arte) o Alberto Moravia (pseudonimo di Pincherle).
-Perifrasi o espressioni tradizionali con le quali alcuni autori vengono comunemente conosciuti:
anche in questo caso vengono considerate il nome dell'autore a tutti gli effetti come l'Anonimo
Genovese o Veronese (indica un autore non conosciuto ma l'aggettivo genovese rinvia ad un
personaggio concreto e quindi viene equiparato ad un nome e un cognome).

Ci possono essere delle varianti ortografiche per indicare il nome di un autore e quando questo è
conosciuto sotto diversi varianti, si preferisce la forma più comune nell'uso corrente. Ad esempio,
ci possono essere nella mia biblioteca diverse edizione de Il Principe di Niccolò Machiavelli del 500,
700, 800...per cui posso avere sul frontespizio di queste diverse edizioni forme diverse del nome:
Macchiavelli (pronunciato erroneamente), Macchiavello, Machiavelli e Machiavegli. Queste sono
varianti ortografiche che si riferiscono solo ed esclusivamente alla forma del cognome, tutte
queste vengono eliminate e si preferisce la forma corrente più utilizzata.
-nomi di autori che presentano delle varianti consistenti nella sua maggiore o minore completezza
e in questi casi si preferisce la variante, la forma più completa. Ad esempio, alla voce Dante deve
essere preferita quella più completa ovvero Alighieri Dante
-Varianti che dipendono dalla maggiore o minore completezza del nome, ad esempio si possono
avere un'edizione della Divina Commedia dove sta scritto Dante e un'altra dove sta scritto Dante
Alighieri. In questo caso va scelta la forma più completa perché la lista delle sue opere la
troveremo sotto la A.
-se il nome reale figura solo eccezionalmente o è stato abbandonato dall'autore per un altro nome
si preferisce usare quest’ultimo (Carlo Collodi in realtà si chiamava Carlo Lorenzini, questo
cognome è stato usato dall'autore stesso raramente oppure Italo Svevo che in realtà si chiamava
Ettore Schimtz ma il suo nome reale l'ha usato solo nelle prime opere).

-Gli autori tradotti o adattati in lingue diverse da quella originale viene dato nella forma originale,
come Nikita Kruscev che viene nominato con la K ma in realtà la forma originale lo indica con la C.
-autori greci classici e bizantini si indicano sotto la forma latina del nome e quindi Omero diventa
Homerus.

-Per gli umanisti italiani si preferisce la forma italianizzata del nome umanistico: Biondo Flavio
(nome latino blondo floreviensis), per gli umanisti si preferisce la forma italiana e quindi faremo
vedi Biondo, Flavio. Gli autori noti comunemente in occidente con un nome basato sulla forma
latina del nome si schedano sotto la forma latina. Questo vale solitamente per gli autori orientali
(Averroè).

Ci sono dei problemi riguardo l'ordine degli elementi del nome perché ci possono essere degli
autori il cui cognome non è intero ma composto da più parti, per cui in questo caso se si tratta di
un prenome semplice e composto seguito da una classificazione quest'ultima si mette dopo
(Vittorio Emanuele III, re d'Italia), mentre Virgilio che è un nome semplice sarà Virgilius Maro
Publius. Se c'è un nome di luogo seguito dal nome in forma diretta è separato da una virgola come
Giovanni Pierluigi da Palestrina che diventa Palestrina, Giovanni Pierluigi da. Problemi analoghi
riguardano i nomi che hanno un prefisso: ci sono cognomi che hanno un prefisso separato
costituto da un articolo, preposizione o combinazione dei due, ci si regola in questo caso in
maniera diversa a seconda delle nazioni. In Francia si dà la prima posizione alla parola che segue la
preposizione (Gaulle, Charles) mentre in Italia si dà generalmente la prima posizione al prefisso
con l'accezione dei personaggi anteriori al secondo XIX con i prefissi degli, dei, del segue la forma
contraria; mi posso trovare di fronte ad un autore il cognome sia De Rossi che va schedato sotto la
D, Della Casa sotto la D, invece per i personaggi dell'800 si fa il contrario perché nei nomi antichi le
preposizioni si riferiscono alla famiglia di appartenenza (Lorenzo de Medici sarà Medici,Lorenzo
de).

-Omonimie come Alexandre Dumas (padre e figlio hanno lo stesso nome) e quindi si andrà a
specificare. Se ci sono due omonimi ma non si ha la possibilità di distinguerli aggiungendo una
qualificazione si utilizzerà la data di nascita e di morte oppure la qualifica quando è possibile.

-Nomi di autori per i quali la necessità o l'uso di qualificarsi ricorre di frequente santi, papi, sovrani
si va sempre con la qualifica: Francesco d'Assisi, Santo. I nomi dei santi si schedano sotto il
prenome (Giovanni Bosco, santo), i sovrani vengono indicati con il loro nome personale
accompagnati dal numero ordinario (Vittorio Emanuele II, re d'Italia).

-Personaggi che hanno avuto signorie in Italia si schedano sotto il casato come Ludovico Sforza.

- Gli enti collettivi si schedano sotto il nome e nella lingua con cui è costantemente o
prevalentemente indicato nelle sue pubblicazioni. Ad esempio, biblioteca Vaticana ma in realtà il
nome completo è biblioteca apostolica vaticana, per cui se c'è un catalogo pubblicata da questa
bisogna usare l'espressione completa.
la stessa regola dell'intestazione uniforme vale anche per gli enti collettivi che vengono indicati
attraverso un acronimo: il Censis (centro studi investimenti sociali)

-Autorità politico territoriali si schedano sotto la forma correntemente usata per indicare il
territorio al quale essi corrispondono come repubblica francese che si riferisce a Francia e quindi
verrà schedato sotto la F

-le opere anonime sono scritte sotto il titolo

IL COPYRIGHT
In passato, prima dell’introduzione dell’editoria, i testi si tramandavano attraverso la tradizione
manoscritta ovvero quel processo di trasmissione di testi da un originale ad altre copie. La
caratteristica era la provvisorietà dell’originale e questa era legata in parte al fatto che l’autore
spesso continuava a correggere l’opera anche quando l’aveva già consegnata a qualche copista per
la diffusione. C’è stato uno storico che a proposito delle Elleniche di Senofonte ha scritto: “Sembra
che gli scrittori antichi abbiano spesso tenuto le loro opere in revisione durante una lunga parte
della loro vita. La pubblicazione di un libro era allora un evento assai meno definito e preciso che
non sia poi divenuto a partire dall’invenzione della stampa”. Quindi, questo elemento della
provvisorietà del testo dura fino all’invenzione della stampa. Un altro elemento che contribuiva ad
evidenziare questa provvisorietà era l’analfabetismo e quindi c’era la possibilità di fare errori;
inoltre, il copista spesso modificava il testo. Tutto ciò viene ricordato da uno scrittore il quale,
parlando della tradizione manoscritta di Catullo, rende l’idea di questa trasmissione manoscritta
difficile e complicata e viene paragonata ad un cane che arriva a casa dopo una zuffa. Egli scrive:
“Ciò che Catullo aveva scritto veramente passava da un amanuense all’altro, chi ubriaco, chi
assonnato, chi senza scrupoli e quelli sobri, svegli e scrupolosi, alcuni ignoranti del latino altri
ancora peggio convinti di essere migliori latini di Catullo finché era ultimo e dopo tanto tempo
torchiato e lacero come un cane che arrivi a casa dopo una zuffa rotolò oltre la soglia del
rinascimento italiano. L’unica testimonianza sopravvissuta a 30 generazioni di incuria e di stupidità
il Codex Veronenses di Catullo andò quasi immediatamente perduto ma non prima che fosse
copiato e avesse quindi un’ultima occasione di errore. Questa copia è il testo su cui si fondano le
poesie di Catullo così come andare in tipografia per la prima volta a Venezia 400 anni fa.” Quindi,
ogni copia è un’ulteriore occasione di errore e inoltre quando ci sono amanuensi ubriachi,
assonnati compiono gli errori, quando invece si tratta di quelli che conoscono il latino o di quelli
svegli e scrupolosi commettono lo stesso gli errori. Ciò significa che se sul testo non ci sono errori e
si interviene su di esso lo si procura. L’ipercorrettismo è il frutto dell’errore di un copista colto che
pretende di correggere gli errori (in alcuni casi sono pertinenti, in altri no): ad esempio, Ecclesia
viene riportato come AEcclesia, questo autore per ritornare ad una classicità ha utilizzato la forma
sbagliata del dittongo.
È solo con l’avvento della stampa a caratteri mobili viene meno una provvisorietà in quanto fissa il
testo meglio di quanto possa fare il copista. Non si tratta di superamento completo della
provvisorietà in quanto potrebbe esserci anche la censura.
Ci possono essere anche, a proposito dei libri a stampa, di una stessa edizione due emissioni
diverse: vengono fuori da quella stessa ristampa due forme diverse di testo, ad esempio ci sono
delle copie che vengono stampate in un certo modo e altre che potrebbero non avere la
prefazione (ovviamente si tratta di casi particolari).
Con l’invenzione della stampa, si incomincia a determinare un meccanismo economico particolare:
la concorrenza. Un tipografo che decide di pubblicare un’edizione della Divina Commedia vede la
sua opera ristampata da un altro tipografo. Nasce quindi l’esigenza di proteggere e tutelare le loro
pubblicazione. A partire dal XV secolo in Europa gli editori ricorrono alle cosiddette patenti di
privilegio, cioè una sorta di monopolio commerciale che consentiva all’autore e allo stampatore il
diritto esclusivo di stampa e di vendita di un nuovo libro per un periodo di tempo determinato
dalla patente stessa. Questi privilegi avevano efficacia soltanto nella giurisdizione dell’autorità che
le aveva concessi e quindi un’efficacia limitata. Se un tipografo di Firenze del ‘500 chiede e ottiene
una patente di privilegio dal Ducato di Toscana per stampare un’edizione e chiede che nessun
altro tipografo stampi il suo stesso libro, la patente potrà valere anche per venti anni ma solo a
Firenze. Accade che ogni autore ma soprattutto ogni editore cercava di fare in modo che questo
privilegio andasse oltre lo stato in cui risiedeva. Ad esempio, Ludovico Ariosto per proteggere
l’Orlando Furioso (prima edizione stampata a Ferrara nel 1516) da qualunque edizione pirata o alla
macchia (non autorizzata) si assicurò un privilegio di Papa Leone X, uno del re di Francia che valeva
anche per il ducato di Milano e uno della repubblica di Venezia. Questo sistema dei privilegi durò
fino al XVII secolo quando si arrivò ad avere l’esigenza di avere leggi più organiche che tutelassero
l’attività degli autori e editori andando aldilà del privilegio. Si arriva allo statuto della regina Anna
del 1709 che introdusse in Inghilterra il copyright (diritto di copia) seguito poi da una legge
federale degli Stati Uniti del 1709 e dalle leggi francesi rivoluzionarie del 1791 e 1793 in cui si
riconosce l’esistenza di una proprietà letteraria e artistica. ci vogliono dei secoli che si attribuisca ai
libri e alle opere d’arte il concetto di proprietà intellettuale tipicamente borghese che riconosce il
principio dell’appartenenza di alcuni beni materiali. Fino ad allora si riteneva che il mestiere dello
scrittore fosse diverso da quello di tutti gli altri e che quindi non potesse essere retribuito come gli
altri mestieri in quanto continuava a prevalere un’antica concezione in base alla quale se il
mestiere del letterato viene retribuito significa che l’opera è mercificata e quindi solitamente gli
venivano dati riconoscimenti, premi o promozioni negli uffici statali. Questo atteggiamento
persiste in Italia nell’800 soprattutto nel meridione fino a quando, con il processo di unificazione, si
arriverà alla determinazione più moderna.

21/04/2021
L’introduzione della stampa a caratteri mobili, in realtà, definisce il testo, nella sua configurazione,
e quindi dà un assetto più duraturo nel tempo, seppure non del tutto completo, ma duraturo
soprattutto se confrontato con la provvisorietà del libro manoscritto. Abbiamo anche detto come
questa introduzione dà luogo ad alcuni problemi, legati al fatto che quando un editore decide di
pubblicare un’opera investe una certa somma (l’editore come imprenditore), qui la necessità,
soprattutto a partire dal 500 quando ormai si è compreso che il libro a stampa a caratteri mobili si
è affermato, e da questa necessità si capisce che sono necessarie delle misure per tutelare
l’imprenditorialità degli editori.
RIPETIZIONE DEL DIRITTO D’AUTORE TRATTATO NELLA LEZIONE SCORSA.
Legge del 41 in vigore ancora oggi:
ARITCOLO 1: Sono protette ai sensi di questa legge le opere dell’ingegno di carattere creativo che
appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro, ed alla
cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione: l’opera deve essere prodotto
dell’ingegno di carattere creativo o artistico, frutto dell’immaginazione, e quindi un’opera
originale, un’opera di ricerca, di studio, di approfondimento, ecc. Se non si ha l’elemento
dell’opera dell’ingegno come opera originale e creativa, questa legge non si applica. Sono altresì
protetti programmi per elaborato come opere letterarie ai sensi della Convenzione di Berna sulla
protezione delle opere letterarie ed artistiche, nonché le banche di dati che per la scelta o la
disposizione del materiale costituiscono una creazione intellettuale dell’autore: oltre alle opere
creative comunemente intese possono essere aggiunte e paragonate a quelle opere anche i
programmi per elaboratori, cioè quelle banche dati o quei programmi che hanno questo elemento
della creatività
ARTICOLO 2: In particolare sono comprese nella protezione:
1. Le opere letterarie, drammatiche, scientifiche, didattiche, religiose
2. Le opere e le composizioni musicali, con o senza parole, le opere drammatico-musicali e le
variazioni musicali costituenti di per sé opera originale
3. Le opere coreografiche e pantomimiche, delle quali sia fissata la traccia per iscritto o
altrimenti;
4. Le opere della scultura, della pittura, dell’arte del disegno, della incisione e delle arti
figurative similari, compresa la scenografia
5. I disegni e le opere dell’architettura
6. Le opere dell’arte cinematografica, muta o sonora
7. Le opere fotografiche
8. I programmi per elaboratore, in qualsiasi forma purchè originali quale risultato di creazione
intellettuale dell’autore.
9. Le banche dati
10. Le opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore
artistico
DIRITTO MORALE DELL’AUTORE
ARTICOLO 20: indipendentemente dai diritti esclusivi di utilizzazione economica dell’opera,
previsti nelle disposizioni della sezione precedente, ed anche dopo la cessione dei diritti stessi,
l’autore conserva il diritto di rivendicare la paternità dell’opera e di opporsi a qualsiasi
deformazione, mutilazione od altra modificazione, ed a ogni atto a danno dell’opera stessa, che
possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione: se scrivo un’opera o compongo
un’opera artistica, cinematografica, e così via, quest’opera non può essere modificata o deformata
e non può subire da parte di terzi tutte quelle modifiche o interventi che per l’autore possono
significare pregiudizio al suo onore e alla sua reputazione. Sono importanti proprio perché si
riconosce che nessun altro può mettere le mani sul lavoro svolto dall’autore.
Rispondendo ad una domanda con un esempio: ci sono alcuni giornali che hanno in corso tutta
una serie di avvertenze di carattere giudiziario, perché nei loro giornali utilizzano liberamente delle
foto che a volte sono coperte da copyright e questo non è possibile. Quindi anche in ambito
telematico ed informatico si tratta di una normativa che va comunque soggetta a tutta una serie di
interpretazioni e regolamenti.
DURATA DEI DIRITTI DI UTILIZZAZIONE ECONOMICA DELL’OPERA
Mentre i diritti morali riguardano l’integrità del testo, esistono anche dei diritti economici
ARTICOLO 25: i diritti di utilizzazione economica dell’opera durano tutta la vita dell’autore e sino al
termine del settantesimo anno solare dopo la sua morte: un autore può godere dei diritti
economici per tutta la sua vita e in più per 70 anni dopo la sua stessa morte: Gli eredi dell’autore
godono di diritti economici fino a 70 anni dopo della morte dell’autore. Ma in cosa consistono e
come vengono stabiliti? Vengono stabiliti in 2 grandi modalità. La prima è una modalità forfettaria,
cioè se vado da un editore mostrandogli un’opera che all’editore piace, si stabilisce un contratto.
Questo contratto prevede i diritti morali ed economici, cioè all’autore deve essere riconosciuto un
compenso per il lavoro svolto. L’autore viene considerato come un altro professionista che ha
fatto un lavoro e trattandosi di un lavoro creativo, ha diritto ad una ricompensa, come un avvocato
o un ingegnere. Quando l’editore decide che l’opera merita di essere pubblicata, nel suo contratto
si stabilisce un compenso forfettario, e una volta stabilito, l’editore acquisisce il diritto di copia. Il
proprietario dell’opera non è più l’autore, ma l’editore; Il quale è libero di pubblicare l’opera come
ritiene più opportuno; se questo contratto è stato stipulato nel 2018, sul verso del frontespizio
starò scritto “copyright, nome dell’editore, 2018”. Questo non significa che il libro deve essere
pubblicato per forza nel 2018. L’editore può comprare l’opera per levarla ai concorrenti e può
decidere di pubblicarla quando vuole. Ad esempio, il libro avrà copyright 2018 ma edizione 2020. Il
guadagno per copia venduta è un’arma a doppio taglio: in tal caso si potrebbe usare la soluzione in
percentuale, ciò significa che l’autore e l’editore stabiliscono che per ogni copia venduta va
all’autore un 5/10%, così guadagnano entrambi in proporzione. Se si ha un contratto di questo
genere, l’autore non può guadagnare nell’immediato, ma anche diventa difficile capire quante
copie sono state vendute. È molto consono rivolgersi alla SIAE che è una società che controlla le
copie effettivamente vendute (l’editore potrebbe mentire per guadagnare di più dell’autore).
Questo significa che un editore di oggi può pubblicare un’edizione dei PROMESSI SPOSI o della
DIVINA COMMEDIA poiché i 70 anni sono passati, ma non può farlo con un’opera di Pasolini o
contemporanei, prima di farlo bisogna accertarsi che siamo passati 70 anni dalla sua morte e
bisogna controllare che non ci siano degli eredi.
REPROGRAFIA ED ALTRE ECCEZIONI E LIMITAZIONI
Ma tutto questo non significa limitare la circolazione della cultura che è un bene diverso da tutti gli
altri? Questa è un’osservazione giusta che è alla base dei criteri generali che hanno ispirato questa
legge: da un lato tutela i diritti degli autori e degli editori che sono più che legittimi, dall’altro lato
questa normativa non può essere eccessivamente libera, altrimenti accade che penalizziamo la
circolazione della cultura. Deve esserci un giusto equilibro, tra la tutela dei diritti e la tutela dei
diritti alla cultura.
Esiste un settore specifico che attenua questo principio normativo: concede delle utilizzazioni
libere.
ARTICOLO 65: Gli articoli di carattere economico, politico o religioso, pubblicati nelle riviste o nei
giornali, oppure radiodiffusi o messi a disposizione del pubblico, e gli altri materiali dello stesso
carattere possono essere liberamente riprodotti o comunicati al pubblico in altre riviste o giornali,
anche radiotelevisivi, se la riproduzione o l’utilizzazione non è stata espressamente riservata,
purché si indichino la fonte da cui sono tratti, la data e il nome dell’autore, se riportato: se esiste
questa regola significa che gli articoli di attualità pubblicate sui giornali non hanno quella
caratteristica di originalità e creatività, cioè non si può paragonare un romanzo con un articolo di
cronaca. Per cui questo non è tutelato, e rende meno rigida la legislazione e la normativa.
ARTICOLO 66: I discorsi su argomenti di interesse politico o amministrativo tenuti in pubbliche
assemblee o comunque il pubblico, nonché gli estratti di conferenze aperte al pubblico, possono
essere liberamente riprodotti o comunicati al pubblico, nei limiti giustificati dallo scopo
informativo, nelle riviste o nei giornali anche radiotelevisivi o telematici, purché indichino la fonte,
il nome dell’autore, la data e il luogo in cui il discorso fu tenuto: eccezione rispetto alla regola
principale che riguarda questo caso un discorso polito e amministrativo. Ad esempio, un comizio o
il testo che il presidente del consiglio legge alla camera per ottenere la fiducia. Questo testo può
essere lontanamente riprodotto su un giornale purché si indichi il nome, il luogo e il giorno in cui il
discorso e stato pronunciato

ARTICOLO 67: Opere o brani di opere possono essere riprodotti ai fini di pubblica sicurezza, nelle
procedure parlamentari, giudiziari o amministrative, purché si indichino la fonte e , ove possibile, il
nome dell’autore: si può citare il testo o un brano di un’opera perché è utile ai fini amministrativi e
giudiziari, purché si indichi la fonte
ARTICOLO 68:
1. È libera la riproduzione di singole opere o brani di opere per uso personale dei lettori, fatta
a mano o con mezzi di riproduzione non idonei a spaccio o diffusione dell’opera nel
pubblico: posso riprodurre interamente un’opera o brani di opere per uso personale fatta a
mano, oppure con mezzi che poi non siano idonei alla diffusione dell’opera in pubblico.
Questo significa che posso riprodurre un’opera affinché non sia destinata alla diffusione,
quindi creo un danno economico alla casa editrice e all’autore.
Questo articolo è molto importante perché questa normativa è stata fatta e aggiornata proprio in
base a questa esigenza. Cioè quella di mettere un freno al mercato delle fotocopie, che è molto
diffuso nelle grandi città, soprattutto nei pressi delle università. Questa normativa e questo
articolo che va a definire il concetto delle fotocopie, è stato uno degli elementi base che poi ha
portato a questa normativa, che poi è contradditoria e pone dei problemi. Ma non possiamo
dimenticare che questo articolo è stato creato proprio a causa di questo fenomeno, perché
costituiva e costituisce ancora un grave danno per gli editori e per gli autori.
2. È libera la fotocopia di opere esistenti nelle biblioteche accessibili al pubblico o in quelle
scolastiche, nei musei pubblici o negli archivi pubblici, effettuata dai predetti organismi per
i propri servizi, senza alcun vantaggio economico o commerciale diretto o indiretto: si può
fare la fotocopia di opere che sono in biblioteche però fatta per i servizi della biblioteca
stessa. Cioè se un libro nella mia biblioteca viene richiesto da più studenti, posso
liberamente fare una copia e metterla ai servizi degli studenti.
3. Fermo restando il divieto di riproduzione di spartiti e partiture musicali, è consentita, nei
limiti del quindici per cento di ciascun volume o fascicolo di periodico, escluse le pagine di
pubblicità, la riproduzione per uso personale di opere dell’ingegno effettuata mediante
fotocopia, xerocopia o sistema: di ogni opera possiamo fotocopiare il 15% delle pagine
complessive. Questa normativa del 15% è un compromesso. Questa norma cerca di
mettere un freno alla fotocopiatura selvaggia da parte di alcuni laboratori; la legge
stabilisce che quel testo non lo puoi fotocopiare integralmente, perché vai a danneggiare
l’editore e l’autore, ma puoi farlo per il 15%.
Questa normativa del 15 % è stata fatta con lo scopo, appunto, di fermare il fenomeno delle
copisterie. Invece, questo problema non andava affrontato nelle biblioteche, e quando questa
normativa è stata varata, soprattutto i bibliotecari hanno espresso pareri contrari; a maggior
ragione le biblioteche universitarie, poiché gli studenti pagano delle tasse. Questo dà
comunque adito a tutta una serie di riflessioni ed eccezioni.
Wu ming: significa colui che non ha nome. È un nome collettivo. Un gruppo di scrittori che
lavorano come collettivo letterario, di cui inizialmente facevano parte 4 autori. Sono membri di un
gruppo diventato famoso e che si firma con questa sigla. Questo gruppo ha pubblicato una serie di
testi soprattutto in rete nei quali hanno più volte ribadito e sostenuto la loro contrarietà ideologica
al diritto di proprietà letteraria. In occasione si quella normativa che prevede il 15%, su una rivista
che era AIB notizie, una sorta di riviste o notiziario dell’AIB, nel giugno del 2002 viene fatta
un’intervista a questo gruppo di scrittori e la prima domanda riguarda proprio questa legge: il prof
ha letto la domanda e la risposta
26/04/2021
Il copyleft è la libera copia, cioè il contrario di copyright.
Sostenere il copyleft significa avere quella concezione dell’opera d’arte che sia letteraria e così via
che è frutto non dell’invenzione del singolo, ma del singolo in quanto soggetto di una collettività
più ampia, che esprime e dà vita ad un bene culturale che deve essere messo a disposizione di tutti
liberamente.
Il gruppo WUMING di cui abbiamo parlato la scorsa volta, per certi aspetti, sostiene questa
posizione, cioè la posizione di una disponibilità completa alla circolazione del sapere.
Un autore collettivo che non si riconosce nella individualità ritiene che anche ciò che viene
prodotto dalle persone è, e deve essere di tutti. Deve appartenere a tutti.
LA SCORSA VOLTA IL PROFESSORE HA LETTO UNA DOMANDA FATTA AI WUMING IN
UN’INTERVISTA; Seconda domanda fatta ai wuming nella medesima intervista:
Quali sono possibili soluzioni alternative? La risposta è che il gruppo è per la libertà di
produzione. Ritengono che se un libro viene riprodotto questo non va a danneggiare le librerie.
Nei loro libri, infatti, scrivono “è consentita la riproduzione parziale o totale dell’opera e la sua
diffusione per via telematica a uso dei lettori, purché non a scopo commerciale”. L’ultima
precisazione ha anche un significato politico, cioè un mettere in discussione il concetto borghese di
proprietà.
Wuming di fatto mette in crisi la figura stessa dell’autore come singolo individuo e di conseguenza
della proprietà letteraria in quanto tale. I wuming non fanno altro che rendere ciò che è implicito
esplicito. Secondo i wuming nessun autore inventa o scrive da solo (mette in dubbio il concetto
della creatività e di originalità). L’autore non inventa nulla, utilizza dei flussi culturali e in un certo
senso migliorano questi flussi. Questo problema non riguarda solo la letteratura, ma anche la
musica. La cultura di massa lascia il posto ad una cultura popolare in cui conta molto di più
l’esibizione dal vivo, l’autopubblicazione (basti pensare a come al giorno d’oggi è possibile mettersi
in rete su suti come youtube, e così via), ecc.
In fin dei conti importerà poco sapere chi ha scritto o composto qualcosa. Ad esempio, molti
manoscritti dell’antichità non hanno quasi mai il nome dell’autore, proprio perché nell’antichità
non era importante chi avesse scritto l’opera. Il nome e il cognome dell’autore diventano molto
importanti dall’invenzione della stampa a caratteri mobili. Nell’incunabolo, ad esempio, non
esisteva il frontespizio come lo intendiamo oggi, bensì esisteva l’incipit e alla fine l’excipit. Quando
viene introdotta la stampa a caratteri mobili, nasce il frontespizio.
Poi nasce il diritto d’autore e così via.
Il concetto di copyleft, di libertà di circolazione della cultura, si sostanzia e trova oggi nella realtà
contemporanea la massima manifestazione nella rete, e nella rete si può trovare un esempio di
cultura libera, che è Wikipedia. Wikipedia è un’enciclopedia libera, creata dagli stessi utenti che
possono anche modificare il testo. Wiki significa veloce, rapido. Quindi è un’enciclopedia libera,
veloce, rapida, fatta dagli stessi utenti. Ormai pubblicata in tantissime lingue del mondo, è
gratuita, mentre tutto ciò che è prodotto con il diritto d’autore ha un costo. Wikipedia, in realtà,
utilizza una legislazione, delle modalità, rispetto al copyright, che sono una via di mezzo tra il
copyright totale e il copyleft totale. Questa norma, questa legislazione, è la CREATIVE COMMONS.
È una modalità di trasmissione del sapere, così l’autore concede agli altri di usare quella pagina,
quel testo, e di modificarla a determinate condizioni. Tra queste modalità c’è quella che un utente
che legge quella pagina può modificarla, aggiungerla, correggerla, e così via.
Il concetto di enciclopedia libera si distacca dal concetto di enciclopedia tradizionale, come ad
esempio la Treccani, che ha un’impostazione completamente diversa. È formata da comitati,
direttori, che da un punto di vista qualitativo e scientifico dà il massimo delle garanzie, cosa che
non può dare Wikipedia.

Immagine tratta dal torchio e le lettere. È il


frontespizio di una cinquecentina pubblicata a Venezia nel 1516, lo possiamo leggere dalla
didascalia. Questo frontespizio è il prototipo del frontespizio, poiché ancora molto diverso dal
frontespizio che intendiamo noi. Rispetto a quello moderno, manca la casa editrice. Si ha, invece, il
titolo e il nome dell’autore. Notiamo però che il carattere cambia, il titolo è scritto in carattere
gotico, che veniva usato soprattutto dai primi inventori della stampa. Si ha quindi il passaggio dal
carattere gotico, al tondo umanistico “italiano”. All’inizio, quindi, tutti i libri vengono stampati con
il carattere gotico. Rispetto al frontespizio moderno, mancano anche l’editore, la città e l’anno.
Viene dato grande spazio all’immagine, che costituisce una vignetta (la vignetta era una
illustrazione racchiusa in una cornice di carattere vegetale, solitamente le viti, per questo
vignetta). Al centro di questa vignetta troviamo Apollo, il Dio delle arti in generale, che suona uno
strumento musicale che è una lira da braccio, simile all’odierno violino. Vicino ad Apollo, sedute, ci
sono delle figure femminili, che sono chiamate Muse, cioè delle semi-divinità. Anche le muse
suonano degli strumenti, ma non a corde, a fiato e a percussione. Questo ha un significato ben
preciso, cioè stabilisce una gerarchia, tipica della cultura rinascimentale che si basava sugli
strumenti musicali. Cioè c’erano alcuni strumenti ritenuti nobili, che erano quelli a corte, e altri
ritenuti inferiori, che erano quelli a fiato e a percussione.
Si ricorda ancora rapporto tra musica, letteratura e suono. Il termine lirica, per esempio, si riferisce
allo strumento della lira, ma anche al fatto che nell’immaginario greco non si immaginava una
poesia senza essere accompagnata da musica.
Ai piedi c’è dell’acqua, ma non è una piscina, ovviamente. È la fonte di Parnaso. Il Parnaso era un
monte che nella mitologia antica era considerato il monte dell’ispirazione. Su questo monte si
poteva trovare una fonte d’acqua alla quali ci si poteva abbeverare per trovare un’ispirazione.

Questo è un altro frontespizio, che ha lo stesso una cornice intorno, ma con motivi vegetali, con
fiori e foglie. Si ha il titolo, che è uguale alla prima, ma ha diversa edizione. Bari 1535. La figura è
un suonatore di liuto, sempre uno strumento a corda, e anche qui si ha un’immagine bucolica
tradizionale, e si sottolinea ancora una volta il rapporto tra musica e poesia. Poi troviamo Cupido,
il Dio dell’amore, intendo a colpire il liutista, da bendato. Questa incisione sul legno (tipico del
periodo) viene definita IL LIUTISTA INNAMORATO. Ci troviamo di fronte ad un’immagine che per
alcuni aspetti richiama la versione veneziana, ma per altri se ne distacca. Anche questa immagine
va ad inserirsi in quella che chiamiamo civiltà cortigiana e civiltà rinascimentale.
Abbiamo le versioni del 1516 e del 1535 a confronto, e come possiamo notare, il frontespizio è
ancora in via di definizione, non ha ancora assunto le caratteristiche e le forme fisiche del
frontespizio che intendiamo noi oggi.
COLOFON O COLOFONE corrisponde all’explicit del manoscritto. Mentre nel manoscritto si ha
come fine “qui finisce il libro di”, nel colofone si ha “fine di stampa…” con giorno, mese e anno
specifico.
Google books è una biblioteca digitale. L’Europa ha pensato a qualcosa del genere che fosse
espressione della cultura europea, ma mentre google books è solo una biblioteca digitale, quella
che viene chiamata EUROPEANA è un sito che raccoglie la cultura europea, ma non solo quella
libraria. Su questo sito troviamo tutte le informazioni dei paesi che aderiscono all’Unione Europea,
ma di ogni genere, che sia letteratura, poesia, musica, arte, spettacolo. Ogni nazione può scegliere
cosa inserire in modo da rappresentare a pieno la propria cultura e la propria tradizione.

INTRODUZIONE DEL TEMA DELLA DESCRIZIONE DEL DOCUMENTO RELATIVO ALLE ISBD
Abbiamo parlato delle RICA e delle REICAT, ma per quanto riguarda l’intestazione nella scelta e
nella forma. Per quanto riguarda la terza area, quella della descrizione, abbiamo detto come le
RICA/REICAT sono superate da regole di descrizione del documento, che non sono più di carattere
nazionale, ma internazionale. Abbiamo detto come queste ISBD sono delle regole proclamate e
definite che servono a introdurre un linguaggio uniforme, regole che vanno incontro alla necessità
di scambiare i dati tra i cataloghi di diverse nazioni, che viene definito una sorta di metalinguaggio.
Quando si è posto il problema di trovare un linguaggio comune a tutti i bibliotecari del mondo,
c’era la possibilità di scegliere come lingua unitaria l’inglese, che di regola è la lingua più diffusa al
mondo. Invece, si è scelto un metalinguaggio, cioè un linguaggio che riesca a superare le divisioni
linguistiche rinunciando persino alla lingua più diffusa al mondo.
Ma in che modo si ottiene il metalinguaggio? Si ottiene lasciando le lingue originarie nelle quali i
libri sono scritti e utilizzando dei segni di punteggiatura convenzionali che indicano con esattezza la
suddivisone della descrizione. Al di là della lingua diversa che viene adottata, questi segni
convenzionali danno un significato ben preciso a tutto ciò che viene immediatamente dopo quel
segno.
Esistono delle regole di carattere generale ISBD (G)
ISBD (M) PER IL MONOGRAFICO
ISBD (R) PER LE PUBBLICAZIONI IN SERIE E LE COLLANE
ISBD (CM) PER IL MATERIALE CARTOGRAFICO
ISBD (PM) PER LE PARTITURE MUSICALI
ISBD (A) PER I LIBRI ANTICH
ISBD (NBM) PER IL MATERIALE NON LIBRARIO
ISBD (ER) PER LE RISORSE ELETTRONICHE
Le regole di carattere generale suddividono la descrizione del documento in aree o fascette (o
faccette??). L’uniformità deriva dal fatto che tutta la descrizione non viene messa insieme, ma
viene suddivisa appunto in aree. Ogni area viene introdotta da un segno particolare che ne indica
l’inizio e la fine.
LE AREE:
PRIMA AREA: area del tiolo e delle indicazioni di responsabilità
SECONDA AREA: area di edizione
TERZA AREA: area del materiale di cui è fatto il documento
QUARTA AREA: area di pubblicazione, produzione e distribuzione, nome dell’editore, dove e come
il libro viene pubblicato e distribuito
QUINTA AREA: area della descrizione fisica, con illustrazioni ecc.
SESTA AREA: area della collezione o collana
SETTIMA AREA: area delle note
OTTAVA: area dei numeri identificativi
Diciamo solo che la terza area, in realtà, non viene specificata, ma da 8 si riducono a 7.
Ogni area, ad esclusone della prima, è preceduta da un punto, da uno spazio bianco, da un trattino
e di nuovo spazio bianco. Quando all’interno di una descrizione troviamo questo segno, possiamo
capire che quel documento è stato fatto con le ISBD.

28/04/2021
PARENTESI SUL RAPPORTO LIBRI-ANIMALI
I libri hanno una serie di rapporti con il mondo animale ma anche con il mondo vegetale; questo
perché il supporto scrittorio di cui l’umanità si è servita per secoli, è stata la pergamena, cioè pelle
di animali. Quindi il libro per diversi secoli, finché poi non viene introdotta la carta (che ha origine
vegetale), è strettamente legata come materia prima al mondo degli animali.
La parola libro-liber deriva dalla corteccia dell’albero, che in realtà è stata la prima forma di
materia prima del libro con il papiro. Ricapitolando, abbiamo da un lato la pergamena come
supporto animale, e dell’altro il papiro come supporto vegetale. Questo rende possibile la
realizzazione del libro. Quindi il rapporto libri-animali è molto stretto e storicamente importante.
Anche quando viene introdotta poi la carta come libro, dato che la carta è un materiale più fragile
rispetto a quelli usati in precedenza, tutti i fogli che componevano i libri erano ricoperti, come una
sorta di protezione, dalla pergamena. Questo rapporto libri-animali continua al di là del codice
medievale e del codice pergamenaceo e continua non solo con la protezione della pergamena.
È inoltre un rapporto non sempre pacifico; da un lato, gli animali offrono la materia e il supporto
scrittorio, dall’altro però, alcuni animali o animaletti sono insidiosi, come ad esempio il tarlo. Ci
stanno tutta una serie di animali che creano dei problemi ai libri, per cui il mondo dei libri e delle
biblioteche è anche un mondo che ha dovuto fare i conti con questa realtà, cioè con la presenza di
animali nocivi.
Anche i roditori sono degli animali nocivi per i libri; tuttavia, nelle nostre librerie e biblioteche non
sono per niente diffusi grazie ai veleni e alle prevenzioni che sono state inventate, ma anche grazie
alle condizioni igienico sanitarie. Nel passato non esisteva una biblioteca o libreria dove non ci
fosse la presenza di topi e roditori. Questo perché i topi si nutrono della pergamena, della carta e
del legno degli scaffali. Oggi gli scaffali sono quasi tutti in metallo, ma in passato erano in legno.
Questa immagine “negativa” del topo finisce in ambito informatico, perché il mouse non è altro
che l’immagine moderna e digitale del topo.
Abbiamo poi un’immagine metaforica del “topo da biblioteca”, e così via. La presenza del gatto in
biblioteca, nel passato era un metodo di combattimento naturale contro l’insediamento dei tipo.
RITORNANDO ALLA SCORSA VOLTA
Stavamo parlando delle ISBD e del metalinguaggio
Elenco dei segni di punteggiatura che si devono usare:
1. Punto, spazio bianco, trattino, spazio bianco. Indica l’inizio e la fine di un’area (tranne nella
prima area perché è inutile indicare l’inizio se è la prima in assoluto)
2. La virgola e il punto, non preceduti, ma seguiti da uno spazio. È un linguaggio molto rigido e
standardizzato che anche gli spazi vanno rispettati
3. Due punti e punto e virgola, lo slash, il segno di uguale, il segno di più, le parentesi tonde,
quadre e i tre puntini di sospensione, che vanno tutti fatti precedere e seguire da uno
spazio
Iniziamo ad esaminare le singole
Prima area: area del titolo e delle indicazioni di responsabilità. Che cosa si intende per titolo? Il
titolo è composto dal titolo proprio di un libro, che può anche essere accompagnato dal
complemento del titolo o sottotitolo. Il complemento del titolo è preceduto dal segno di due
punti.
Mentre, il segno di uguale precede l’eventuale titolo parallelo. Il titolo parallelo si ha quando un
libro viene tradotto e quindi la seconda versione del titolo è preceduta dal segno di uguale.
La responsabilità intellettuale primaria viene sempre preceduta dallo slash, quindi nelle ISBD il
segno di slash indica e precede immediatamente l’autore ritenuto più importante. Se invece gli
autori sono due o tre, il secondo autore che è un autore alternativo, in questo caso, dopo il primo
autore, il secondo darà preceduto dalla virgola. La virgola separa due o tre autori alternativi tra di
loro, quindi precede un autore ritenuto secondario ma effettivamente NON secondario. Cosa
diversa invece se si tratta di un autore effettivamente secondario, ad esempio il curatore. In
questo caso, bisogna utilizzare un segno di punteggiatura che distingue l’autore alternativo da
quello effettivamente secondario. Verrà preceduto dal segno di punto e virgola. Ovviamente il
curatore è l’esempio più classico di responsabilità secondaria, però ci può essere anche un
traduttore, un disegnatore, un grafico, e così via.
Le opere collettanee, quelle composte da più di 3 autori, verranno schedate sotto il titolo e dopo il
titolo avremo, slash e la citazione di tutti gli autori, ma non può avvenire sempre, poiché può
essere realizzato da molti autori, in quel caso è sufficiente mettere il primo autore citato sul
frontespizio seguito dai tre puntini di sospensione e tra parentesi quadra in corsivo scritto et. Al.
Che sta per altri. Significa che questo libro è stato scritto dal primo autore citato da altri.

Seconda area: area dell’edizione. Abbiamo detto come l’edizione può essere in diverse tipologie,
dicendo che di un libro possono esistere diverse edizioni, e che a partire dalla seconda edizione in
poi, questo va segnalato. E quindi troverete a questo proposito l’indicazione che va fatta con il
numero arabo (3a ed., ecc.). c’è da dire che in alcuni casi si deve riportare la responsabilità relativa
all’edizione.
Esempio: 5a ed. / riveduta corretta e ampliata con note di Antonietta Landi
Possiamo trovarci di fronte una semplice edizione, che verrà indicata solo con 5° ed. invece
possiamo trovarci di fronte ad altre edizioni aggiornate e ampliate, dove bisogna riportare una
responsabilità intellettuale.

Terza area: non c’è viene saltata


Quarta area: in questa area si indica il luogo di pubblicazione, punto e virgola, altro luogo di
pubblicazione, perché ci possono essere delle case editrici che hanno un luogo di pubblicazione
diverso rispetto alla sede centrale. Oppure è stato stampato in un luogo diverso, e va indicato.
Quindi sarà luogo di pubblicazione virgola eventualmente l’altro luogo poi due punti e il nome
dell’editore

Il nome dell’editore va generalmente abbreviato, soprattutto quando l’abbreviazione del nome


non comporta nessun equivoco. Per cui possiamo avere più editori, cioè ci sono quelle che
vengono definite co-edizioni. La presenza di più editori spesso si verifica quando due editori di
nazioni differenti si interessano ad uno stesso libro e decidono di pubblicarlo.
In questo caso sarà: Primo luogo, due punti Laterza, poi punto e virgola, Parigi (ipotizzando che il
secondo editore è francese) due punti e l’editore parigino.
Può accadere che nel libro non figuri il nome dell’editore e allora si mette una parentesi quadra e
si scrive s.n. in corsivo minuscolo, che indica che appunto non c’è un editore. A questo proposito è
importante che, sia nella scheda bibliografica che ad esempio in una tesi di laurea, l’abbreviazione
s.n. ci sia, perché altrimenti sembrerebbe una mancanza di attenzione o semplicemente
un’omissione
Può essere anche senza luogo oltre che senza nome. In questo caso tra parentesi quadre si mette
s.l. e poi due punti s.n.
E poi ancora, per quanto riguarda la data di pubblicazione; per data di pubblicazione, di solito si
intende la data che generalmente quasi sempre si trova sul frontespizio, o sul verso del
frontespizio. Anche in questo caso, se non c’è, bisogna ripiegare sull’anno di copyright. Se non c’è
neanche il copyright, si ripiega sull’anno di stampa, che troviamo nel colofon o colofone in
corrispondenza dell’ultima pagina.
La data di stampa di riferisce proprio al momento in cui il libro è stato materialmente stampato in
una tipografia.
Può accadere che la data la si ricavi dalla dedica. Un libro può avere una dedica (esergo, che deriva
dal greco e significa “fuori dall’opera” e fa parte del paratesto. Un libro è costituito dal testo, e dal
paratesto, che comprende tutto ciò che sta intorno al teso); in questo caso si può aggiungere “data
desunta dalla dedica”
Oppure, il catalogatore attraverso l’esame del libro e di tutti gli elementi che lo compongono, può
capire che il libro è stato pubblicato ad esempio nel 1965. Se il catalogatore ne ha il sospetto ma
non ne ha la certezza, può scrivere tra parentesi quadre l’anno seguito da un punto interrogativo.
Può essere anche che il catalogatore è sicuro che il libro è stato pubblicato nel 1965 però non può
specificare l’ultima cifra dell’anno. Per cui andrà a scrivere tra parentesi quadre 196? Senza
specificare l’ultimo numero.
Area quinta: è l’area della descrizione fisica. Ovvero è l’area nella quale viene descritto il libro nelle
sue caratteristiche essenziali. Caratteristiche che possono essere: consistenza, numero delle
pagine, illustrazioni, tavole, formati, lunghezza, e così via.
Tra queste caratteristiche, quella fondamentale è sicuramente il numero delle pagine. Ad esempio
se troviamo 289 p. significa che il libro è formato da 289 pagine. Possiamo trovare anche XV in
numero romano seguito da 289 p. , questo significa che si hanno 15 pagine di prefazione, e quindi
il libro è composto da 15 pagine + 289 pagine.
Oppure possiamo avere: XV, 282, 25 carte.
“Carta” indica le pagine non numerate
Questo significa che l’ISBD prevedono la possibilità di individuare al massimo 3 sequenze di pagine
diverse; se sono più di 3 si scrive “paginazione varia” , per indicare che ci sono più di 3 sequenze di
pagine con numeri, lettere, ecc.
Se bisogna indicare le tavole, si indicano in pagine o carte; se le tavole sono numerate si riporta
alla fine dell’estensione l’ultimo numero della sequenza di pagine o di carte anche nel caso siano
raggruppate insieme; se non sono numerate vanno contate come carte anche se sono stampate in
entrambe le facciate e il titolo si registra tra parentesi quadre.

Le dimensioni son importanti. In passato esistevano delle espressioni particolari per indicare le
dimensioni del libro, che poi sono chiamate da noi formato. Il formato del libro veniva espresso
con dei termini particolari.
Nelle schede fatte molto tempo fa, sia quelle manoscritte che quelle a stampa, possiamo trovare
un’espressione del tipo “in folio”, oppure “in quarta”, “in ottava”, “in sedicesima”.
Ma che cosa indicano questi termini?
“in folio” è il formato più grande del libro, che equivale più o meno agli atlanti geografici che si
usavano anni fa. Era costituito da un foglio di stampa interno che si metteva sotto il torchio e si
piegava una sola volta.
Poi c’è “in quarto”, in ottavo, in sedicesimo e in trentaduesimo. In trentaduesimo indica il numero
maggiore di piegatura del foglio. Più il foglio è piegato, più il libro è piccolo. Questo sistema di
indicazione del formato viene superato da un altro sistema, che poi è quello attuale, che è la
misura dell’altezza della legatura del libro parallelamente al dorso arrotondato per eccesso. Nel
senso che se un libro è alto 19,2 cm si arrotonda a 20 cm.
Questo avviene quando il libro ha un formato tradizionale dove l’altezza è superiore alla base, ma
molto spesso può verificarsi il contrario. In questo caso, ad esempio nel caso di un album
fotografico o un volantino, si ha una indicazione diversa, che sarà 20x30
Può accadere che insieme al libro ci sia del materiale allegato. Che cosa intendiamo per “materiale
allegato”? intendiamo un cd, una carta geografica, una mappa concettuale, una penna usb ecc.
Quindi una parte della pubblicazione la cui stampa è avvenuta nello stesso tempo di quella
cartacea, ma che è fisicamente separata. Gli allegati devono essere predetudi dal segno +, e poi la
specificazione di cosa si tratta.
Sesta area: area della collezione o della collana. In realtà si indica il nome proprio della collezione,
cioè il titolo che l’editore ha attribuito alla collana. Ma perché le collane sono importanti? Perché
dà al libro un valore aggiunto.
Questo valore aggiunto è dovuto dal fatto che un libro che è inserito in una collana prevede un
doppio filtro, cioè passata al vaglio dell’editore ma anche al vaglio del direttore di collana, che ha
una responsabilità scientifica. Il direttore di collana convalida l’opera che la ritiene valida da essere
inserita nella collana.
A differenza del direttore di collana, il direttore di un giornale ha una responsabilità civile e penale.
Questo significa che il direttore di un giornale si assume la responsabilità qualora venga pubblicata
una notizia priva di fondamento; questo può avere responsabilità civile e penale. Al contrario, il
direttore della collana ha una responsabilità scientifica, nel senso che se il libro che viene
pubblicato in realtà non è poi così bello, il discorso finisce sul giudizio del lettore.
In questo caso va indicato il titolo della collana ed eventualmente della sottocollana. Ad esempio
gli Oscar della Mondadori hanno delle sottocollane. Dopo il titolo va indicata la responsabilità, cioè
il responsabile scientifico. Generalmente il direttore non viene indicato perché la direzione può
cambiare nel tempo e quindi, se si indicano persone o enti diversi, si può creare confusione nel
lettore. È necessario indicare ciò quando il titolo della collana è troppo generico e potrebbero
esserci due collane con lo stesso nome, allora si aggiunge “diretto da…”
Si aggiunge il codice di riconoscimento della collana. Così come i libri hanno un codice di
riconoscimento che è l’ISBN, le collane hanno un codice di riconoscimento specifico la cui sigla è
ISSN che sta per International Standard Serial Number. Dopo aver indicato questo codice, si indica
il numero che il volume ha all’interno di questa collana.
Tuta la sesta area è racchiusa tra parentesi tonde.
Settima area: area delle note. Area nella quale si vanno a riportare tutta una serie di indicazioni
che non sono state inserite nelle rispettive aree, per non appesantire eccessivamente la
catalogazione e la descrizione del documento. Nell’area delle note si indicano delle particolarità
che possono essere inserite all’interno del testo.
Se si ha un estratto, si scrive “estratto da” si sottolinea che questa pubblicazione non è assestante,
ma è stata tratta da un volume miscellaneo.
Oppure una nota potrebbe essere la “riproduzione faxsilimare di …” si segnala nelle note proprio
per non appesantire troppo la descrizione vera e propria e quindi ci sono altre note che possono
essere relative al contenuto, alla bibliografia, alla tiratura del libro, e così via.
In questa area, il disordine non è previsto o tollerabile. Le note vanno indicate in ordine di
successione, che deve rispecchiare l’ordine relativo delle aree. Cioè se si ha una nota dell’area 4,
bisogna indicare prima quella e poi un eventuale nota dell’area 5. Ecc. ecc.
Ottava area: area dei numeri identificativi. Dove per numeri identificativi di una monografia non
possiamo che indicare l’ISBN. Ovviamente l’ISBN non è presente in tutti i libri. In questa area si può
indicare anche il prezzo del libro, oppure si può indicare una particolarità: se non ha prezzo ed
distribuito è gratuitamente, allora abbiamo che il testo fa parte della letteratura grigia.
03/05/2021
L’importanza dei giornali e della loro lettura
Quando parliamo di informazione, parliamo di qualcosa di diverso dalla formazione. Informazione
e formazione sono due cose diverse, due aspetti legati al mondo della lettura e al mondo delle
biblioteche, ma due aspetti diversi. È vero, infatti, che nelle grandi biblioteche esiste un settore
specifico che si chiama EMEROTECA: è quella parte specifica delle biblioteche in cui sono
conservati i giornali. Il giornale è un periodico, cioè un documento che viene pubblicato
periodicamente. In questo caso, il quotidiano ha il periodo di tempo più breve rispetto a tutti gli
altri, ma è considerato a tutti gli effetti un periodico. Questo corso tratta di giornali, perché c’è un
rapporto tra i giornali e i libri. Questo rapporto non dipende solo dall’emeroteca parte di
biblioteca, ma dipende anche dal fatto che i giorni riservano uno spazio chiamato TERZA PAGINA.
La terza pagina è una particolarità specifica del giornalismo italiano, che fu introdotta per la prima
volta nel 1901; per cui si tratta di un metodo nuovo e una novità in generale del mondo
giornalistico italiano, che lo differenzia poi dal mondo giornalistico del resto del mondo.
Ma perché si chiama terza pagina? Perché in origine, nella pagina numero 3 del giornale, si
trovava la pagina culturale. Il numero della pagina stessa fece sì che venne chiamata terza pagina.
Questa pagina era dedicata alla cultura, al teatro, ai libri, ai resoconti di viaggio. Per gli scrittori
italiani, soprattutto del 900, fu una importantissima innovazione poiché, ad esempio, pubblicavano
a puntate nei quotidiani alcuni articoli che poi sono stati messi insieme e hanno dato vita a libri
molto fortunati. Tra questi autori troviamo importantissimi scrittori e poeti come Pierpaolo
Pasolini, Gabriele D’annunzio, Luigi Pirandello, e così via. Per cui alcuni degli autori più importanti
della nostra storia sono legati alla terza pagina. La terza pagina non fu una sottovalutazione. Nel
corso del 1901 nasce questa idea che poi si afferma in diversi giornali come il Corriere Della Sera e
altri; quindi, più che una sottovalutazione, fu una Intuizione. Nel senso che i giorni avvertirono
questa esigenza di dare spazio alla cultura. Questa intuizione fu molto importante poiché in realtà
è un tentativo di avvicinare i lettori di libri al giornale. Questo tentativo si manifesta nell’offrire la
possibilità a scrittori di fama, che con la loro firma posso dare prestigio al giornale stesso, di
pubblicare degli articoli che gli permisero di guadagnare qualcosa. Anche qui troviamo il problema
di scrittore che avevano bisogno di conquistare nuovi spazi di lettura (c’è tutt’ora) per poter in un
certo senso, conquistare quell’autonomia economica che ai tempi era molto importante per uno
scrittore. Il fatto che molti scrittori famosi scrivono sul giornale significa che fiutano e sfruttano la
possibilità di avere notorietà ma anche profitto economico.
Ad oggi, il nome della terza pagina viene presentato sui giornali in modi diversi, ad esempio
possiamo trovare “Pagina di cultura”, “Cultura e Spettacolo”, “Attualità e Cultura”, e così via.
Questo perché con il passare del tempo è cambiato il concetto stesso di cultura che ad oggi, ad
esempio, comprende anche temi di attualità. Da un punto di vista culturale le terze pagine o le
pagine di cultura, sono importanti sia per il bibliotecario che per gli studenti, ma anche per i
professori, poiché all’interno delle terze pagine sono presenti delle RECENSIONI.
Che cosa si intende per recensione? Per recensione, si intende un testo scritto da un giornalista
che collabora con il giornale, ma anche da un critico, un docente universitario, che recensisce un
libro in maniera critica, che sia positiva o negativa. (la differenza che c’è tra la recensione e
l’abstract, è che l’abstract è una sorta di riassunto del contenuto del libro, che ha uno scopo
commerciale e di conseguenza non può essere negativo). Se si sfoglia una pagina culturale,
possiamo venire a conoscenza di nuove pubblicazioni di libri che possiamo poi acquistare. È quini
uno strumento importante per l’aggiornamento culturale e bibliografico.
PLURITA’ DELL’INFORMAZIONE
Non esiste un’informazione obiettiva; non esiste l’obiettività da parte di nessuno. Esiste, però,
l’onestà intellettuale, cioè la serietà e l’onestà di un giornalista che, indipendentemente dai suoi
condizionamenti ideologici ed editoriali, deve sforzarsi il più possibile di raccontare gli eventi e gli
episodi così come si sono effettivamente svolti. Quindi, non esiste l’obiettività completa e assoluto,
ma esistono uomini con delle idee che hanno dei condizionamenti. I condizionamenti del
giornalista sono maggiori, per quanto riguarda l’Italia, proprio perché come abbiamo detto nelle
prime lezioni, esistono degli editori impuri (cioè quegli editori che non sono unicamente impegnati
in questo campo. Ma sono degli imprenditori che decidono di investire una parte dei loro risparmi
nel mondo dell’editoria.
La crisi attuale dei giornali cartacei deriva da una serie di fattori differenti. Tra i primi fattori
abbiamo la diffusione dei giornali digitali, che di fatto hanno influito e stanno influendo tutt’oggi
nella crisi dei quotidiani; basta pensare al fatto che giornali come La Repubblica o Il Corriere Della
Sera, fino a non molti anni fa, avevano una tiratura di 800mila copie (per tiratura si intende il
numero delle copie effettivamente stampate), mentre attualmente viaggiano sulle 200-300mila
copie. Questo avviene proprio per la diffusione dei giornali digitali che in altre nazioni del mondo,
come in Inghilterra o negli Stati Uniti, avvenne ancora prima rispetto a quando avvenne in Italia.
La diffusione dei giornali digitali ha, in realtà, degli aspetti positivi: ad esempio il fatto che il
giornale cartaceo ha un costo, mentre quello digitale può essere consultato gratuitamente su
internet; altri esempi sono la consultazione da remoto, la consultazione simultanea e
l’aggiornamento delle notizie. Il concetto di informazione viene stravolto dal “tempo reale”, con il
quale le notizie vengono riportate sul giornale digitale. Questo discorso vale anche per quanto
riguarda il giornale televisivo e radiofonico; che, anche se hanno dei tempi più stretti rispetto al
giornale cartaceo, non avranno mai l’immediatezza che può avere il giornale digitale. Un’altra cosa
positiva del giornale digitale è la possibilità di inserire, oltre alle immagini che troviamo nel
giornale cartaceo, dei video, dei suoni, delle musiche, delle gif, dei link. Quindi abbiamo a
disposizione una serie di linguaggi che non abbiamo a disposizione con un giornale tradizionale. Se
è vero tutto questo, è anche vero che il giornalismo digitale è un giornalismo che non sempre
riesce ad entrare nel merito delle questioni. Questo significa che non è un giornalismo di
approfondimento, cosa che è il giornale cartaceo. Infatti, tutti noi abbiamo bisogno di
approfondire le notizie, di capirne il significato, di comprendere le dinamiche degli eventi.
Per essere pubblicato, un giornale deve avere un direttore responsabile, e deve essere iscritto
all’ordine della provincia, in cui poi il giornale viene stampato. Il direttore di un giornale è
responsabile a livello civile e penale degli articoli che vengono pubblicati ogni giorno.
Tutto ciò, recensire, scrivere articoli, presentare un resoconto di viaggio, e così via, significa
occuparsi di temi di carattere culturale con un taglio possibilmente e altamente divulgativo.
Nell’articolo di giornale non ci sono le note, come ci sono nei libri, quindi si evita di inserire aspetti
che sono propriamente accademici. Il discorso pubblicitario, invece, è importante sia per i giornali
cartacei che per quelli digitali, perché ovviamente la pubblicità è uno dei sistemi che aiuta il
mondo dell’informazione in generale. In Italia, senza pubblicità e sostegno degli editori, non
potrebbero esistere i giornali.
Come abbiamo già detto, il direttore di un giornale deve essere scritto alla sede regionale
dell’ordine dei giornalisti, che fu introdotto durante il regime fascista, che ancora oggi fa discutere;
molti infatti, vorrebbero che questo ordine venisse abolito. Per ricoprire questo ruolo è necessario
essere giornalista professionista, o pubblicista. Per diventare un giornalista professionista bisogna
fare un certo percorso di studi e superare determinati esami; per diventare giornalista pubblicista
bisogna collaborare per un certo tempo con alcune testate, e pubblicare un certo numero di
articoli. La figura del giornalista che si aveva una volta, era una figura che orientava l’opinione
pubblica, il pensiero dei lettori; adesso, invece, questa figura sta venendo meno, poiché il mondo
del giornalismo è cambiato; ad esempio, ci sono dei giornalisti che non hanno un rapporto diretto
con l’organo di stampa e pubblicano o mandano articoli dietro compenso.
Un altro aspetto importante da ricordare è che ci sono giornalisti di diverso tipo: ci sono giornalisti
che fanno parte della redazione di un giornale; inviati che sono giornalisti che lavorano nella
redazione, ma ci sono anche dei giornalisti che non pubblicano direttamente gli articoli e fanno
parte dell’agenzia di stampa. Un’agenzia di stampa, è un’agenzia composta da un gruppo di
giornalisti che hanno il compito di raccogliere le notizie ma che, anziché pubblicarle, le inviano
direttamente ai giornali. Molto spesso sentiamo la frase “Arriva in questo momento una notizia
importante…”, significa che l’agenzia di stampa rende nota una notizia e la trasmette ad una
testata giornalistica. Il lavoro che sta dietro l’agenzia di stampa viene fatto in riunioni di redazione.
È essenziale avere degli inviati; anche se ad oggi il numero di inviati è stato ridotto, è necessario
avere un inviato in grandi città come New York, Londra, Tokyo, ecc. Esistono poi anche gli inviati
regionali che si occupano delle notizie delle singole regioni.
La riunione di redazione avviene quando il direttore responsabile della testata e i capiredattori (la
redazione si divide in settore, il capo di ogni settore è il caporedattore. Esempio di settore è lo
sport, la cucina, l’economia, la moda, ecc.), si riuniscono ogni mattina e fanno una prima riunione.
Nel corso della prima riunione si discute prendendo in esame e in considerazione tutto ciò che è
stato scritto, e si confronta ciò che hanno scritto gli altri giornali. In questo modo si capisce cosa è
andato bene e cosa è, invece, andato male, tirando alla fine un bilancio. Nel pomeriggio avviene
una seconda riunione dove si decide la scaletta, cioè l’ordine delle notizie.
Prima pagina tipo:
troviamo la testata in alto; il testo è suddiviso in colonne (generalmente tutti i testi sono suddividi
in colonne anche quelli che non sono nella prima pagine).
L’importanza di un articolo è determinato dal numero di colonne di cui è composto. Si può scrivere
un articolo di 3mila battute, si manda alla redazione e il redattore può scegliere di distribuirlo in
modo diverso. In altre parole, l’articolo può essere distribuito su una sola colonna, iniziando in alto
e finendo in basso; ma vuol dire anche che questo stesso articolo può essere distribuito su 2
colonne, o su 3 colonne. In questo caso, il numero delle battute è uguale, ma cambiano le colonne.
Il risultato, in questo modo, cambia. Il titolo risulta diverso, perché si allarga in orizzontale e
diventa più grande. Se a quelle 3 colonne viene aggiunta poi una foto che occupa due colonne,
quello stesso articolo occupa in assoluto 5 colonne (3 di testo e 2 di immagine). In questo modo si
può trasformare un piccolo articolo in un grande articolo: ma dipende dalla redazione, poiché è la
redazione che decide quanto spazio dare a un determinato articolo.
Generalmente, il titolo di apertura può essere preceduto dall’occhiello (un titolo più piccolo) e un
catenaccio (un titolo più grande che serve a chiarire e dare qualche notizia in più rispetto al titolo e
l’occhiello). Ci sono alcuni giornali che spesso utilizzano una grande foto da inserire nella prima
pagina; questa foto, che occupa quasi tutta la pagina, è chiamata FOTO-NOTIZIA, che è vicina al
concetto di catenaccio.
L’apertura (NON SONO SICURA SI TRATTI DELL’APERTURA, MA NON SONO RIUSCITA BENE A
CAPIRE IL TERMINE, IL PROFESSORE PARLAVA TROPPO VELOCE), che sta a sinistra, è importante
perché viene affidato o al direttore del giornale oppure a un nome prestigioso di un collaboratore.
Si distingue dagli altri articoli perché esprime non tanto il pensiero del direttore o di chi firma, ma
esprime la linea politica del giornale stesso. Sull’altro lato, sulla destra, ci può essere un articolo di
spalla, che è anche di notevole importanza perché si trova in una posizione notevole, di evidenza
del giornale stesso.
Un’altra cosa importante da ricordare è che in questo caso, la pagina viene divisa in tre fasce
orizzontali che corrispondono al TAGLIO ALTO, TAGLIO CENTRALE e TAGLIO BASSO. Queste fasce
rappresentano una gerarchia delle notizie, chiamata anche scaletta. Le notizie in alto sono più
importanti rispetto a quelle centrali e quelle in basso.
Tutto questo avviene per il giornalismo anche televisivo e radiofonico. Anche qui la scaletta
funziona in questo modo secondo questi principi.
Gli articoli che sono messi in prima pagina, generalmente non finiscono in prima pagina, ma
vengono solo annunciati per poi terminare nelle pagine interne; questo è un sistema per attirare
l’attenzione dei lettori. Ma esistono anche altri sistemi, come lo strillo o il richiamo: cioè quel
rettangolino che compare nel taglio centrale, dove non si ha neanche l’inizio dell’articolo, ma solo
il titolo, che serve a incuriosire il lettore. Un termine utilizzato in questo ambito è CIVETTA,
l’articolo civetta, che è un articolo che serve a richiamare l’attenzione dei lettori; così come si usa
questo termine per le locandine che spesso troviamo in edicola dove viene dato il titolo di un
articolo contenuto al suo interno.
Nel taglio basso troviamo un’inserzione pubblicitaria. Spesso abbiamo la vignetta

04/05/2021
Riprendendo il discorso della scorsa volta sui giornali:
Anni fa, alcuni giornali promuovevano la pubblicazione di volumi in serie, ad esempio, Il Corriere
Della Sera iniziò ad allegare al giornale, con un prezzo favorevole, dei classici della letteratura. Una
volta data l’impostazione complessiva del giornale, ogni caporedattore ritorna nella propria
sezione, e definisce la successione delle pagine e il giornale può andare in stampa. Generalmente i
giornali vanno in macchina in delle grandi rotative, che sono delle macchine enormi e gigantesche,
in tarda serata. Questo aspetto della tarda serata è importante perché, fino a non molto tempo fa,
si verificava un problema che ora esporremo. Innanzitutto va detto che le grandi testate di
carattere nazionale andavano in macchina diverse ore prima dei giornali locali, regionali o
sovraregionali. Questo perché, ovviamente, i giornali nazionali hanno la necessità di coprire tutto il
territorio nazionale, compreso le isole. Accadeva, però, che un giornale locale con una copertura
territoriale limitata, aveva la notizia dell’ultima ora che invece non risultava nelle grandi testate
nazionali. Questo non perché non avessero ricevuto la notizia dall’agenzia di stampa, ma proprio
per il problema dell’orario di stampa. Questo problema rientrava in una logia di concorrenza fra le
grandi testate e quelle locali o regionali. Ad un certo punto, soprattutto in quel periodo d’oro della
stampa cartacea, quando Corriere e Repubblica pubblicavano moltissime copie, pensavano di
recuperare ulteriori lettori recuperando gli spazi tradizionalmente occupati dai giornali locali. In
altre parole, pensarono di fare una maggiore concorrenza verso i giornali locali aprendo delle
redazioni nelle città più importanti del territorio nazionale, introducendo il dorso locale. Fanno
l’edizione nazione e per ogni provincia e regione inseriscono 10 o 15 fogli dando vita al dorso
Napoli, dorso Bari, dorso Catanzaro, ecc. Tutto questo rientrava in questa logica, quella di sottrarre
lettori ai giornali locali come la Gazzetta del Mezzogiorno ecc.Questo progetto fino ad un certo
punto ha dato gli esiti sperati, ed è servito ad aumentare la concorrenza tra i giornali, che è
sempre una cosa positiva che serve a stimolare ulteriormente i giornalisti, sia quelli delle redazioni
locali che quelli delle redazioni nazionali.
Un altro elemento che andò in questa direzione, è il fenomeno delle edizioni teletrasmesse. In una
pagina del giornale ci sono i dati di carattere amministrativo; troviamo l’indicazione della sede
centrale, amministratori delegati con i nomi che fanno da punto di riferimento importanti, i dati
relativi al direttore responsabile e i capi redattori, e così via. Troviamo poi l’iscrizione alla
prefettura, la tiratura e l’EDIZIONE TELETRASMESSA.
Ma cosa significa? Proprio per evitare il problema a cui facevamo riferimento prima, cioè il ritardo
delle grandi testate rispetto alle locali, si è trovata una soluzione di questo genere. Cioè sia
Repubblica che Corriere programmano il giornale nella sede centrale e poi con un sofisticato
sistema a distanza (che può essere telefonico e non solo), teletrasmettono a distanza
l’impaginazione definitiva del giornale nelle regioni del territorio nazionale. E per cui, la copia del
Corriere Della Sera o della Repubblica che noi acquistiamo in edicola non è stata pubblicata a
Roma o Milano, ma è stata concepita e ideata lì in formato digitale, ma materialmente stampata in
uno stabilimento topografico ad esempio a Bari.
Questo sistema riduce di molto i tempi di confezione e soprattutto distribuzione del giornale. Per
cui, con questo sistema, anche i giornali nazionali riescono a chiudere il giornale più tardi di
quanto lo facessero prima perché con questo sistema il problema viene risolto.
Un altro aspetto sul quale soffermarci è il confronto tra testate di giornali diversi ma dello stesso
giorno, così per verificare le differenze che ci possono essere. Questo ci darebbe l’idea di come le
diverse testate dello stesso giorno con stesso articolo di apertura sono simili, oppure totalmente
diverse. Queste differenze ci fanno capire come di un evento o un episodio non c’è un’unica
versione, ma ce ne sono diverse, con diverse interpretazioni. Questo rientra nel concetto
dell’impossibilità dell’obiettività, ma dall’altro lato è sintomo di democrazia, di pluralità di idee.
Finché si potrà fare il confronto tra testate diverse con diverse versioni dello stesso episodio,
possiamo stare tranquilli. Non possiamo stare tranquilli, invece, quando vedremo tutti gli articoli
uguali, poiché ci sarebbe una stampa di regime.
Ad esempio, sia per quanto riguarda un grande evento storico che per quanto riguarda un piccolo
incidente avvenuto sotto casa, se persone diverse dovrebbero descriverlo e raccontare la dinamica
in sé e per sé, nonostante l’evento sia lo stesso, avremmo delle versioni diverse. Questo perché
ognuno di noi ha una sensibilità differente che ci permette di insistere su un aspetto piuttosto che
su un altro. In altre parole, l’evento esiste ed è quello, ma cambia il modo in cui i giornalisti o gli
storici lo descrivono. Fino a quando si ha la possibilità di avere più resoconti, tanto di guadagnato.
Molto spesso pensiamo che il linguaggio giornalistico sia semplice rispetto a quello del letterato,
dello scrittore e del poeta; riteniamo che il giornalista abbia uno stile e un linguaggio semplice,
senza l’uso delle metafore ad esempio. In realtà non è così, poiché anche nel linguaggio
giornalistico ci sono termini e metafore.
Esempi di termini usati nel linguaggio giornalistico che sembrano semplici ma in realtà sono
metafore:
TESTATA: indica la parte superiore del giornale, ma in realtà viene utilizzata anche per indicare la
parte superiore di un edificio, di un letto, di una macchina.
CORRIERE: la presenza di questo termine nella testata dei giornali deriva dal fatto che, in passato,
a partire dal 500 in poi, soprattutto durante la guerra dei 30 anni, il termine corriere veniva
utilizzato per indicare una persona, ma generalmente un soldato, che trasmetteva le notizie da
una parte all’altra. L’origine di questo termine è molto antica ed era un ruolo fondamentale ai fini
della guerra. Da qui la presenza di questo termine nel mondo del giornalismo ma, come ben
sappiamo, questo termine è tornato spessissimo nel nostro linguaggio quotidiano per indicare
quelle persone che consegnano i pacchi delle aziende nelle varie località.
GAZZETTA: numerose testate riportano questo termine. È un termine metaforico poiché con
“gazzetta”, a Venezia, a metà 500, si indicava una moneta particolare che raffigurava su un verso la
giustizia e sull’altro il leone di San Marco; con questa moneta era possibile acquistare una copia
del giornale.
IL RESTO…DEL CARLINO: deriva da un’analoga iniziativa editoriale fiorentina “il resto del sigaro”.
Nelle tabaccherie veniva venduto il giornale insieme ad un sigaro. I tre puntini si rifanno ad un
modo di dire locale “dare il resto del carlino” che significava regolare i conti.
CORSIVO: un carattere di stampa che nel gergo giornalistico è un pezzo polemico che deve essere
breve e particolarmente incisivo.
ELZEVIRO: era, ed è, per certi aspetti, un pezzo della terza pagina che è scritto con un carattere
diverso rispetto a tutti gli altri; questo perché si tratta di una parte della terza pagina in cui viene
raccolta l’élite, che rinvia ad un carattere particolare che fu introdotta da una dinastia di editori
olandesi, gli elzevier, che hanno operato per tanto tempo in Olanda
Molto importante è anche il rapporto tra i giornali e i colori.
Il conciliatore, famosa rivista pubblicata a Milano nella prima metà dell’800, fu il segno e
l’emblema della cultura risorgimentale milanese; veniva chiamata anche “foglio azzurro”, proprio
perché era stampato su una carta azzurra. Esempi attuali sono la gazzetta dello sport che viene
chiamata “la gazzetta rosa” proprio per la carta rosa sulla quale è stampata.
I colori sono importanti anche per descrivere le diverse tipologie di articoli: cronaca nera, cronaca
rosa, cronaca bianca, cronaca gialla.
Sono nate poi delle immagini metaforiche che si riferiscono al giornale nella sua complessità.
HEGEL disse: la lettura del giornale al mattino è la preghiera dell’uomo moderno
PIERO GOBETTI disse: un buon giornale è l’autobiografia di una nazione
PAOLO MURIALDI disse: il giornale è uno specchio imperfetto deformate della realtà
Un liberale alla fine del 700 disse: la stampa è il quarto potere (dopo quello legislativo, esecutivo e
giudiziario)
Esiste poi una metafora del giornalista come cane da guardia della fattoria del cittadino.
(il professore è tornato a parlare di termini metafora)
VELINA: erano le notizie inviate dal ministero della cultura popolare durante il regime fascista alle
redazioni dei giornali perché diffondessero il pensiero unico del regime dittatoriale.
Nel linguaggio giornalistico esiste poi il termine COCCODRILLO, che è un pezzo di giornale, un
articolo, che viene scritto per una persona molto anziana di cui si prevede una morte imminente.
Esiste poi un’immagine che riguarda IL CAVALLO DI RITORNO: dove per cavallo di ritorno,
nell’antichità, si indicava un argomento polemico, una sorta di vendetta oratoria. Nel linguaggio
giornalistico indica, invece, una notizia che ritorna al luogo dove aveva avuto origine dopo un
lungo giro. In altre parole, una notizia che parte da una fonte e poi ritorna alla stessa fonte alla
quale era partita.
BUFALA: dove per bufala oggi si intende una fake news, quindi una notizia falsa. Questa
espressione è legata ad un modo di dire “menare per il naso come una bufala” che significa
portare a spasso il lettore con l’anello attaccato al naso. Dalla bufala o dalla fake news, ci può
salvare il confronto con tutti gli altri. Quando leggiamo una notizia che non ci convince, la cosa
migliore da fare è sentire delle versioni diverse.
Dopo questa parentesi al giornale e al giornalismo, torniamo al programma, in particolare al
catalogo per soggetti; soprattutto per quanto riguarda le monografie, ma può riguardare anche i
periodici.
Il bibliotecario è tenuto ad inserire in questo catalogo le voci di soggetto, o descrittori, che
descrivono il soggetto o l’argomento di un libro. La catalogazione per soggetti può essere fatta
anche per i periodici; ma soggettare i periodici comporta del tempo, la necessità di avere del
personale, che molto spesso non c’è. Per cui è d’obbligo fare la catalogazione per soggetto dei libri
e, se c’è la possibilità, anche dei periodici. Non è possibile quasi mai soggettare i periodici, in
generale il bibliotecario è tenuto a fare una scelta. I criteri per scegliere e selezionare i periodici
oggetti di soggettazione possono essere: per titolo, per livello della pubblicazione e per contenuti
degli articoli
Per titolo: non potendo soggettare tutti i saggi che si trovano nelle riviste, si decide si soggettare
solo quelli contenuti nelle riviste con il titolo più nobile.
Catalogare per soggetto i periodici è molto importante, perché molti lavori di carattere scientifico
vengono pubblicati sulle riviste anziché sui libri; questo perché il tempo di pubblicazione di una
rivista è generalmente più breve di quelli di un libro.
Selezione per livello: cioè individuare le riviste che secondo me hanno un livello superiore rispetto
all’altro al di la del titolo, e mi baso sul livello scientifico delle riviste.
Per contenuti: cioè vado a soggettare solo i saggi contenuti all’interno di periodici e di riviste ma
scegliendone il contenuto. Cioè se la mia biblioteca è comunale di pubblica lettura, piuttosto che
fare la soggettazione per una rivista molto prestigiosa di livello, la faccio di riviste meno note ma
che posso avere maggiore risposta da parte degli utenti della mia biblioteca.

Non si fa solo dal titolo, questo perché il titolo molte volte può essere allegorico, quindi bisogna
capire di cosa si occupa il libro nella realtà. Una volta capito il contenuto effettivo, a prescindere
dal titolo, si passa dalla soggettazione alla indicizzazione. Cioè trovare quella parola, o parole, quel
codice, che in realtà esprima nel modo più funzionale e sintetico possibile il soggetto e
l’argomento del libro. Questo si trasforma generalmente in una parola accompagnata da un
aggettivo, oppure in un codice.
La voce di soggetto deve essere la più sintetica possibile, e vanno eliminate tutte le parti inutili. Ad
esempio voce di soggetto del tipo “guerre puniche 268-146 a.c.” non è sintetica, poiché di guerre
puniche ci sono state solo quelle e allora non è necessario inserire le date. Cosa diversa se invece
si ha una voce di soggetto del tipo “guerra mondiale” poiché bisogna specificare I o II.
DIFFERENZA TRA CONSULTAZIONE DI UN CATALOGO CLASSIFICATO E UN CATALOGO PER
SOGGETTI
Una definizione importante e metaforica data da ALFREDO SERRAI a proposito di questa differenza
è: consultare un catalogo per soggetti equivale a essere paracadutati al buio, senza poter vedere il
paesaggio circostante, su una località piccola o grande della quale abbiamo fornito il nome;
consultare un catalogo classificato equivale ad imboccare un’autostrada, poi una strada statale,
poi una provinciale, fino a raggiungere la località, grande o piccola, desiderata. Il criterio di
organizzazione dei due cataloghi è diverso. Quello per soggetti è ordinato alfabeticamente, per cui
se devo fare una ricerca su Leopardi Giacomo, vado alla L e subito trovo la scheda che cerco.
Questo meccanismo fa sì che chi consulta il catalogo consulta subito la notizia, non vedo cosa c’è
prima o cosa c’è dopo, perché è ordinato alfabeticamente
Se, invece, mi trovo in un catalogo classificato, devo cercare 800, poi 810, 820, 830 e così via. Mi
avvicino alla scheda bibliografica che cerco ma gradualmente; non ci giungo subito, sapendo che
prima e dopo ci sono cose che appartengono all’ambito letterario. Sono due cataloghi semantici
che si occupano del contenuto, che è soggetto e materia, ma hanno un approccio completamente
diverso, per cui possono essere utili all’utente nel momento in cui decide di consultarli entrambi
(quando ci sono).

05/05/2021
Ultimare le nozioni a proposito del catalogo per soggetti:
Abbiamo già detto che cos’è una voce di soggetto oppure descrittore, che generalmente sono
composte da un sostantivo e un aggettivo, che questi descrittori o voci di soggetto devono essere
ricavati dal bibliotecario sul tesaurus, cioè un vocabolario dai termini controllati che non prevede
l’uso dei sinonimi (vale lo stesso principio del linguaggio uniforme); tutto questo viene fatto con il
sussidio e la supervisione del nuovo soggettario della biblioteca nazionale centrale di Firenze, che
è il tesaurus più attendibile e accreditato. A proposito di linguaggio uniforme, vale anche per il
catalogo per soggetto. In particolare, vale il principio dell’autority control; per autority control
intendiamo una lista che il bibliotecario deve considerare nel momento in cui deve introdurre una
voce di soggetto. Il bibliotecario va a vedere quali voci di soggetto ha precedentemente utilizzato
per un testo che ha lo stesso oggetto e, ovviamente, utilizza la stessa voce o lo stesso descrittore;
è, quindi, una sorta di tesaurus interno alla biblioteca che è bene che il bibliotecario faccia per
avere memoria delle voci già utilizzate e che è bene continui ad utilizzare proprio per mantenere
uniforme il linguaggio.
Concetto di stringa di soggetto: mentre fin ora abbiamo detto che l’argomento di un libro viene
espresso attraverso sostantivo e aggettivo, in alcuni casi questo ricorso a sostantivo + aggettivo
non è sufficiente; ma, quand’è che non basta una voce di soggetto o descrittore? Quando ci
troviamo di fronte a un soggetto o argomento che è molto articolato; in questo caso si ricorre alla
stringa di soggetto. Esempio: prendiamo per esempio un libro che si occupa del commercio di
vetri in Toscana nel 18esimo secolo. Questo esempio ci dà l’idea di un soggetto e un argomento
molto complesso e articolato. Per cui, in questo caso, si fa una stringa di soggetto che è costituito
da una voce articolata in più parti, che vengono messe in successione dal bibliotecario con una
logica gerarchico relazionale. Che cosa indica questo termine? Indica che hanno una relazione tra
di loro, ma sono messi nell’intestazione della scheda in un ordine che tiene conto soprattutto di
una gerarchia, cioè dell’importante delle varie parti. In questo caso, il bibliotecario fa una stringa
di questo tipo: COMMERCIO-VETRI-TOSCANA-SECOLO 18ESIMO; oppure potrebbe fare VETRI-
COMMERCIO-TOSCANA-SECOLO 18ESIMO; oppure TOSCANA-COMMERCIO-VETRI-SECOLO
18ESIMO.
Questo dipende dall’importanza che il bibliotecario attribuisce ad una parte della stringa piuttosto
che all’altra; se ritiene che l’argomento del commercio sia più importante rispetto agli altri, allora
mette commercio nella prima parte della stringa. Questo tipo di linguaggio viene definito
linguaggio PRECOORDINATO. Significa che è una successione di termini che è prestabilita dal
bibliotecario sulla base di un certo ragionamento e una certa scelta. Il linguaggio precoordinato si
utilizza con un catalogo di tipo cartaceo.
Per un catalogo elettronico, invece, il principio cambia, nel senso che il bibliotecario immette nella
memoria del computer queste stesse voci, però slegate tra di loro, senza l’ordine gerarchico di
prima. Questo significa che vengono inseriti nella memoria e quando l’utente va a fare una ricerca
con la parola “vetri”, troverà, oltre al libro che cerca, una serie di altri testi e altri libri che si
occupano di vetri ma che non hanno nessun rapporto con il commercio, o la toscana, o il 18esimo
secolo. Questo significa che avrà una risposta molto ampia, in gergo si dice che avrà un rumore
molto alto; il computer gli darà un elenco di decine di testi che non hanno quella specificità di cui
ha bisogno, per cui il catalogo elettronico prevede degli operatori booleani che sono dei
meccanismi e comandi che consentono all’utente di cercare libri specifici oppure generali. Questi
comandi sono AND, OR e NOT. Il loro compito è quello di filtrare la risposta. Nel caso del digitale si
parla di linguaggio POSTCOORDINATO.
In sintesi: nel catalogo cartaceo il libro lo trovo solo se la ricerca la faccio sulla base della prima
parte della stringa, solo seguendo l’ordine gerarchico. Nel catalogo elettronico invece trovo il testo
a prescindere dalla gerarchia della stringa, perché la risposta viene filtrata.
Differenza tra catalogo per soggetti e soggettazione: la soggettazione è l’operazione che il
bibliotecario compie per trovare il soggetto, poi abbiamo l’indicizzazione e poi infine si inserisce
nel catalogo per soggetti.
Differenza tra catalogazione e classificazione: la catalogazione è l’operazione del bibliotecario per
realizzare un catalogo, mentre la classificazione, invece, è l’operazione che viene fatta dal
bibliotecario per trovare l’ordine numerico o alfanumerico che serve a indicare la disciplina del
libro.

Adesso parleremo di una serie di strumenti utili che possono accompagnarci nel percorso di studi
sia come studenti che come docenti, anche perché come docenti ci si può trovare davanti al
bisogno di reperire delle notizie o dei dati che possono andare al di là del manuale di storia o
letteratura che si usa nelle scuole.
Indicazioni che riguardano le enciclopedie: la prima che viene in mente è la Treccani, ed è bene
sapere qual è la sua origine, come nasce e come si sviluppa. Innanzitutto, si chiama così per un
particolare motivo. Il suo nome fa riferimento all’ideatore e al promotore di questa enciclopedia,
che si chiamava Giovanni Treccani, che fu una figura importante di imprenditore, industriale,
uomo politico e studioso. A lui si deve l’idea di dare vita a un’enciclopedia che raccolga il sapere in
tutti i suoi aspetti (l’enciclopedia si basa sul concetto di sapere completo). Il titolo esatto è
Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere e Arti, che fu pubblicata tra il 1929 e il 1937. Questo dato è
importante, perché quando la consultiamo, da un lato sappiamo che stiamo consultando
l’enciclopedia più attendibile dal punto di vista scientifico, ma dall’altro sappiamo che stiamo
consultando un’enciclopedia datata a quasi un secolo fa. Questo spiega il perché se consultiamo la
voce relativa al nostro paese di nascita troviamo dei dati che non corrispondono a quelli attuali, a
meno che la ricerca che facciamo non rientri nelle diverse appendici e aggiornamenti che
l’enciclopedia Treccani ha realizzato. Inoltre, 1929-1937 è il periodico cruciale del regime fascista;
infatti, questa avventura editoriale incontrò l’interesse del regime che voleva riservare molta
importanza agli aspetti culturali, perché dominare la cultura significa controllare le idee di tutti.
Non c’è dubbio che queste date condizionano l’impianto complessivo dell’enciclopedia. La voce
Roma, ad esempio, è una voce grandissima che occupa centinaia di pagine, questo ci fa capire
l’importanza di Roma in quel periodo. Giovanni Treccani fu anche uomo intelligente, aperto a una
serie di accorgimenti, per cui riuscì anche a coinvolgere nell’iniziativa studiosi e intellettuali che se
non erano propriamente antifascisti, per lo meno erano afascisti. L’enciclopedia Treccani si
arricchisce a partire dall’anno successivo alla pubblicazione con tante appendici e aggiornamenti.
Gli avvenimenti storici e politici, soprattutto per quanto riguarda la guerra mondiale, hanno una
grande importanza che porta a dei continui aggiornamenti.
Questa enciclopedia è importante perché rappresenta il top dell’attendibilità, ha un comitato
scientifico di altissimo valore, un direttore che coordina tutto il lavoro del comitato scientifico e
inoltre, è importante, perché all’interno di questa enciclopedia troviamo voci importanti sul piano
letterario con nomi molto prestigiosi. Ad esempio la voce FUTURISMO fu curata da Marinetti, cioè
dal caposcuola del futurismo; la voce DANTE fu curata da Michele Barbi che all’epoca era il
massimo studioso di Dante; e così via.
L’enciclopedia Treccani è pubblicata dall’Istituto dell’enciclopedia italiana. Questo istituto, che è
presente in rete con un bellissimo sito da consultare, pubblicò il Dizionario Enciclopedico Italiano,
che è una sorta di sintesi, un’enciclopedia più snella, pubblicata tra 1955-1951, che è anche più
recente e aggiornato. Poi pubblicò il Lessico Universale Italiano, altro strumento importante 1968-
1981, ancora più recente. Tutta via, nonostante siano recenti, hanno degli aggiornamenti continui.
In una biblioteca di pubblica lettura non può mancare la Treccani con tutte le appendici e gli
aggiornamenti; così come dovrebbero esserci gli altri documenti di cui abbiamo parlato.
C’è da dire che questo istituto, che pubblico anche altro ma è fortemente specializzato nella
pubblicazione di opere di consultazione, ha pubblicato anche un’enciclopedia virgiliana, che è
un’enciclopedia tematica. Questa enciclopedia è composta da 5 volumi dedicati all’opera e figure
di Virgilio. Lo stesso istituto ha pubblicato un’enciclopedia dantesca, con un’appendice e
bibliografia che in diversi volumi da conto a tutti gli aspetti relativi a tutte le opere di Dante; è
realizzata da Umberto Bosco ma ogni voce è affidata a uno specialista. Entrambe queste
enciclopedie (virgiliana e dantesca) hanno una bibliografia per ogni voce che serve nel momento in
cui l’utente voglia approfondire l’argomento.
Non dimentichiamoci che anche per le enciclopedie esiste un copyright.
La cultura non deve essere del tutto estranea alla politica; un istituto come l’Istituto
dell’Enciclopedia Italiana è chiaro che ha un livello di professionalità e di cultura così alto dal
tenersi fuori da operazioni politicamente orientate in modo forte; questo ci fa capire come
possano esistere strumenti di consultazione che servono ad approfondire il livello di cultura.
Enciclopedia Einaudi: si chiama così perché pubblicata dalla casa editrice Einaudi tra il 1967-1981,
ed è composta da 14 volumi. Questa enciclopedia ha un’impostazione completamente diversa
dalla Treccani; qui si potrebbe parlare di un orientamento culturale e politico diverso, perché la
casa editrice Einaudi aveva (e forse ha tutt’ora) un orientamento culturale e politico abbastanza
delineato. Al di là di questi aspetti, la cosa sulla quale avere attenzione è il fatto che abbiamo
un’enciclopedia TEMATICA; nel senso che non c’è l’assetto tradizionale dell’enciclopedia. Per
enciclopedia con assetto tradizionale diciamo un’enciclopedia che raccolga il maggior numero
possibile di voci in ordine alfabetico come la Treccani. Invece, la Einaudi, sceglie un numero
ristretto di voci che ritiene siano più importanti e vengono sviluppate in modo molto ampio, ogni
voce è fatta di 30-40-50 pagine, con una bibliografia di approfondimento conclusiva. Significa che
se si consulta l’Einaudi per una ricerca non è detto che trovi la voce che cerco, posso anche non
trovarla. Se invece quella voce è stata registrata, trovo ben più di quello che trovo nella Treccani,
con una voce molto articolata e affidata ad un esperto. Per capire tutto questo, l’Einaudi è utile per
chi si occupa di letteratura; ad esempio possiamo trovare la voce ERMETISMO curata da Luciano
Anceschi; la voce ESPRESSIONISMO LETTERARIO E FILOLOGIA curata da Gianfranco Contini; la voce
NARRATIVA curata da Claudio Magris; POESI curata da D’arco Silvio Avalle; AVANGUARDIA curata
da Alberto Asor Rosa; STILE E DISCORSO da Cesare Segre; LETTERATURA da Franco Fortini;
METAFORA E SEGNO da Umberto Eco.
Ritornando all’Istituto dell’Enciclopedia Italiana, va detto che questo istituto, in realtà, ha
pubblicato il Dizionario Biografico degli italiani. Ma di che cosa si tratta? Si tratta di un repertorio
bibliografico, importantissimo poiché raccoglie decine di migliaia di voci; il progetto iniziale
prevedeva 40mila profili di italiani illustri; per italiani illustri significa che non è un repertorio di
letterati, ma raccoglie profili bibliografici della vita e delle opere di italiani in tutti i campi.
Possiamo trovare scrittori, poeti, attori, sportivi, storici, politici, ecc. Questo è un perfetto esempio
di opera in continuazione, che è stata iniziata nel 1960 con la lettera A, e che è in corso ancora
oggi, cioè non si è ancora arrivati alla Z.
Ma come sono state organizzate le voci? I profili sono firmati da esperti, per cui possiamo trovare
il profilo bibliografico con la vita, la formazione, ecc. Ma soprattutto le opere, che posso essere
opere d’arte, azioni, e così via in base alla persona a cui ci stiamo riferendo. A chiusura di ogni voce
c’è una bibliografia, delle note, nelle quali vengono indicate le opere realizzate dall’autore e gli
studi e le opere su di lui.
I testi che abbiamo oggi nelle scuole sono dei manuali di storia letteraria, che in realtà sono delle
sintesi, che hanno finalità didattica, scolastica. Esistono storie molto più ampie e corpose che
superano i limiti dei manuali scolastici. Tra queste letterature bisogna ricordare LA STORIA DELLA
LETTERATURA ITALIANA della Garzanti diretta da Emilio Cecchi e Natalino Sapegno.
Mentre nel manuale di storia letteraria, in un solo volume troviamo tutta la storia della letteratura,
nel manuale di Cecchi e Sapegno, un unico volume è dedicato ad un secolo specifico. Ci possono
essere dei secoli divisi in due tomi. Di questa storia letteraria di Cecchi e Sapegno esistono degli
aggiornamenti. Molto importante è anche la LETTERATURA ITALIANA, STORIA E TESI dellea
Laterza, diretta da Carlo Muscetta e pubblicata tra il 1970-1980. Il sottotitolo storia e tesi, significa
che ogni volume (complesso) ha allegato alla storia dei testi. A conclusione di ogni capitolo
troviamo una bibliografia aggiornata e complessa.
Esiste poi la STORIA DELLA CIVILITA’ LETTERARIA ITALIANA, G. Barberi Squarotti, fatta di 6 volumi
con due tomi delle appendici, con repertorio bibliografico e così via. Più recente rispetto alle altre
ed è ancora più vicina a noi è la Storia della letteratura italiana della Salerno, casa editrice diretta
da Enrico Malato.
Ci sono tante altre storie letterarie, ma bisogna ricordare in particolare la letteratura italiana
dell’Einaudi. Questo titolo differisce da quelli prima citati dal fatto che l’impianto non è storico. È
un po’ come l’enciclopedia italiana, quindi tematica; anche questa letteratura è tematica. I volumi
non seguono un percorso cronologico, ma sono legati fra di loro e i saggi presenti sono legati dal
tema. C’è un volume chiamato il letterato e le istituzioni, significa che questo volume ci occupa del
rapporto che nella storia culturale i letterati ha avuto con le istituzioni, che possono essere le corti,
il partito, le ideologie, il giornalismo e così via. Per cui in uno stesso volume posso trovare un tema
trattato in maniera trasversale. Comprende 3 volumi di storia e geografia, cioè volumi che si
occupano della storia letteraria ma in riferimento alle regioni geografiche. Ci sono altri 3 volumi
dedicati alla storia della lingua italiana; la letteratura Einaudi raccoglie la storia della questione
della lingua, con i luoghi della codificazione, la lingua scritta e parlata e il rapporto con le altre
lingue.
Biblioteca universale Rizzoli: mentre esistono dei classici della letteratura italiana, inglese,
francese, americana, esiste una biblioteca universale in cui si tratta di una collana di classici che
riguarda la letteratura universale mondiale.
Meridiani della Mondadori: raccolgono i classici più importanti della letteratura italiana di tutto il
mondo
Le riviste sono un importante strumento di approfondimento. Bisogna sapere e ricordare che ogni
settore disciplinare ha un certo numero di riviste prestigiose. Ci sono delle riviste di archeologia, di
storia, di letteratura, di filosofia, di fisica, e così via. Dovendo fare una tesi di laurea, è importante
per approfondire un argomento, consultare le riviste più importanti di quegli argomenti,
fra le riviste più importanti di italianistica si ricorda:
- GIORNALE STORICO DELLA LETTERATURA ITALIANA: fondato nel 1883, quindi è la rivista più
antica e per certi aspetti prestigiosa nell’ambito dell’italianistica che viene tutt’ora
pubblicata e sempre diretta da un nome importante della critica italiana; ogni rivista ha un
comitato scientifico
- RASSEGNA DELLA LETTERATURA ITALIANA: è recente, nasce nel 1953, ma è molto
importante per l’aggiornamento. Questo titolo, significa che questa rivista passa in
rassegna gli studi più importanti sulla nostra storia letteraria, ma dando molto spazio al
settore delle recensioni. Ogni fascicolo della rassegna italiana, ma anche di altre riviste,
sono fatte da/comprendono due o tre (di solito 2) sezioni; la prima riguarda i saggi, la
seconda (quella finale) le recensioni, cioè quei commenti che in maniera critica si occupano
della novità editoriale degli ultimi tempi.
Sfogliando un numero del giornale storico della letteratura italiana, o della rassegna, non solo
vengono a conoscenza degli ultimi saggi scritti, ma indirettamente amplio la bibliografia perché
leggendo le recensioni possono capire che è stato pubblicato un libro che può interessarmi per lo
studio che sto facendo.
Ci sono delle riviste dedicate a un solo autore. Per esempio STUDI DANTESCHI, STUDI
PETRARCHESCHI, e così via. È opportuno consultare le riviste in ambito della tesi di laurea.
Nell’ambito dell’italianistica, ci sono dei siti specializzati. Ce ne sono tanti, ma importanti sono:
- GRISELDA ONLINE (Griselda è un personaggio letterario di una famosa novella di
Boccaccio), sito coordinato da un gruppo di studiosi dell’università di Bologna. Su questi siti
possiamo trovare saggi specifici, ma anche un sito aperto alle problematiche della
didattica. Molto utile per chi un domani vorrà insegnare nelle scuole materie letterarie.
- Sito italianemo: sta per ITALIANISTICA NEL MONDO; è un sito che si chiama così perché fa
lo spoglio delle principali riviste di italianistica pubblicate in tutto il mondo. I redattori
hanno individuato le riviste di italianistica del mondo, che sono un centinaio, si ogni
fascicolo si fa lo spoglio. Cioè si individua il nome dell’autore, il titolo del saggio e di ogni
saggio viene dato l’abstract.
Posso fare una ricerca di questo tipo: vado nel sito, digito un argomento, ad esempio Leopardi, e
in tempo reale ho l’elenco dei saggi che si occupano di Leopardi. In pochi secondi si fa
un’operazione che manualmente non si può fare. Per avere queste risposte dovrei avere in una
reale biblioteca tutte le riviste sfogliarle ad una ad una per vedere quali saggi posso trovare.
Questo viene fatto dal 2000 ad oggi.

Potrebbero piacerti anche