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VITA
Carlo Goldoni nacque a Venezia nel 1707 da una famiglia borghese. Il padre, medico, era uno spirito
irrequieto, sempre in movimento alla ricerca di una sistemazione economica. Goldoni quindi lo seguì a
Perugia, a Rimini, dove iniziò a studiare legge, e poi all’Università di Pavia, dalla quale venne espulso a
causa di una satira scritta sulle donne della città. Dopo anni irrequieti, in seguito alla morte del padre, si
affrettò a laurearsi in legge all’Università di Padova e ad avviarsi alla professione forense.
Nello stesso periodo, tuttavia, prese piede in lui la vocazione teatrale e, nel 1734, conobbe a Verona il
capocomico Giuseppe Imer, ottenendo l’incarico di scrivere testi per il teatro veneziano di San Samuele.
In questa prima fase di produzione teatrale si dedicò a molti generi (tragicommedie, melodrammi,
intermezzi) oltre a mettere le basi per la sua famosa riforma della commedia.
Fuggito da Venezia per i troppi debiti, tra il 1745 e il 1748 si stabilì a Pisa, dove riprese la professione
forense. Conosciuto a Livorno il capocomico Girolamo Medebac, fu da questi convinto a impiegarsi come
“poeta di teatro” presso la sua compagnia, con un contratto stabile, che prevedeva la stesura di otto
commedie all’anno, e con un compenso fisso, novità per gli scrittori di teatro dell’epoca.
Nel panorama degli intellettuali del Settecento, infatti, Goldoni rappresenta una figura nuova: egli infatti, a
differenza degli altri letterati, vive dei proventi della sua professione intellettuale, anticipando la figura dello
scrittore ottocentesco. Ciò è dovuto al fatto che Goldoni, scrivendo per il teatro, un’impresa commerciale,
scrive per una vastità di pubblico di varia estrazione sociale e sottostà solo alle leggi di mercato, in quanto i
proventi derivano dagli ingressi a pagamento del pubblico.
Lo scrivere commedie deve dunque obbedire alle leggi del mercato, alle quali Goldoni si adattò sempre con
grande disponibilità, cercando di compiacere gusti e richieste del pubblico, anticipando anche in questo una
condizione che sarà tipica dell’Ottocento con la diffusione su larga scala dei libri e testi letterari stampati.
La produzione per il teatro Sant’Angelo di Medebac durò dal 1748 al 1753, con una produzione di ben sedici
commedie nella stagione 1750-51, a seguito di un insuccesso. In questo periodo dovette affrontare anche la
concorrenza di Pietro Chiari, appassionando il pubblico e suscitando accese polemiche, talvolta sfociate
nella censura.
Nel 1753 passò al teatro San Luca del nobile Francesco Vendramin: qui sperimentò vie diverse dalla
commedia realistica, sperimentando rematiche esotiche e avventurose, incontrando le aspre critiche dei
letterati conservatori, come Carlo Gozzi.
Nel 1762 accetta l’invito a recarsi a Parigi per dirigere la Comédie italienne, dove, constatata la
predominanza della Commedia dell’Arte e la freddezza del pubblico per le novità goldoniane, l’autore
veneziano dovette adattarsi a tornare agli scenari che da tempo aveva abbandonato.
Entrato nelle grazie della corte, fu assunto come maestro di italiano delle principesse reali, ottenendo una
buona pensione. Scoppiata la Rivoluzione, nel 1792 vide essere revocata la propria pensione, in quanto
concessa dal Re. Morì, in condizioni economiche e di salute precarie, nel febbraio 1793, nel giorno in cui gli
venne nuovamente riconosciuta, per i suoi meriti nella critica alla classe aristocratica, la pensione
precedentemente percepita.
Il bisogno di una riforma si originava nel clima della cultura Settecentesca, arcadica e razionalista, la quale
ripugnava gli elementi di stravaganza e bizzarria ereditati dal Barocco.
Prima di Goldoni altri letterati toscani compirono vari tentativi di riforma ma, a causa del loro distacco dal
teatro e dalla commedia reale, questi non ebbero l’esito sperato, rimanendo solo entro i limiti della
Accademie nelle quali vennero formulate. Goldoni al contrario, essendo un uomo di teatro e conoscendo
gusti ed esigenze del pubblico, riuscì a formulare ed attuare una riforma che potesse riscuotere successo ed
essere durevole nel tempo. Come lo stesso Goldoni afferma, la sua riforma non si è tanto ispirata a precetti
e modelli libreschi, in quanto gli unici due libri da cui ha studiato sono il “mondo” e il “teatro”, sintesi della
sua intenzione di produrre testi realistici e verosimili che piacciano al pubblico.
A causa della sua volontà di rendere più verosimigliante lo spettacolo comico egli ritiene che le maschere
tradizionali non siano più utilizzabili, in quanto la sua commedia verosimile ha lo scopo di rappresentare dei
personaggi colti nella loro individualità e irripetibilità. Le maschere, invece, costituiscono dei tipi fissi, che
nascono dall’esagerazione di luoghi comuni e caratteristiche stereotipate.
Questa ricerca dell’individualità concreta, nella sua dimensione personale irripetibile, è un aspetto
caratterizzante il nuovo gusto che nasce dall’imporsi della civiltà borghese moderna (rappresentazione dei
singoli), in contrapposizione ad una tipicità astratta propria dell’arte classica e rinascimentale
(rappresentazione di categorie di individui).
Il carattere “borghese” della commedia goldoniana è ascrivibile alla sua condizione sociale, alla sua
provenienza dal ceto medio alla sua collocazione professionale ma anche al contesto Veneziano, forte di un
ampio pubblico borghese dovuto alla propria tradizione mercantile, che amava veder rappresentare sé
stesso, la propria psicologia e i propri principi etici sulle tavole del palcoscenico.
I “caratteri” goldoniani non sono però individualità tra loro isolate, bensì personaggi radicati in un contesto
sociale molto concreto e delineato, che incide sulla loro conformazione psicologica. Secondo Goldoni,
infatti, i sentimenti, i vizi e le virtù degli uomini assumono fisionomie diverse in base al contesto in cui si
presentano, come affermato nella prefazione de La donna prudente.
Le commedie goldoniane, quindi, ricostruiscono ambienti sociali colti in tutte le loro componenti, e possono
essere convenzionalmente distinte, in termini quantitativi, in commedie di “carattere”, in cui è
maggiormente preponderante la caratterizzazione di uno o più personaggi, e in commedie di “ambiente”, in
cui sono maggiormente preponderanti caratterizzazioni di tipo ambientale.
Il rapporto dinamico e realistico delle caratteristiche particolari dei personaggi con l’ambiente circostante è
uno degli elementi che porranno la letteratura di Goldoni come innovatrice all’interno del contesto
Settecentesco. La rappresentazione della realtà fornita nelle commedie goldoniane, tuttavia, manca ancora
della profondità che sarà propria del realismo ottocentesco di Manzoni e Verga, in quanto Goldoni di rado
riesce a cogliere la tragicità dei conflitti che si agitano nella cosciente o che lacerano il tessuto sociale.
Nell’analizzare la riforma goldoniana, non si può di certo giudicarla con l’opinione di Goldoni, il quale
riteneva che la sua riforma improntata ai valori illuministi fosse una restaurazione della dignità del teatro
rispetto alla volgarità e alla banalità in cui era scaduto con la Commedia dell’Arte.
La forma teatrale di Goldoni, infatti, non va messa a paragone con la Commedia dell’Arte, in quanto si basa
su caratteristiche diametralmente opposte, rispondenti a due diverse civiltà, e quindi a diverse esigenze da
parte del pubblico. Nella concezione di Goldoni, che puntava a descrivere con minuta particolarità vari
aspetti dell’uomo e del mondo, l’improvvisazione diventava quindi pratica obsoleta e inaccettabile.
Nel condurre la sua battaglia contro la degenerata Commedia dell’Arte Goldoni incontrò ostacoli e
difficoltà: innanzitutto da parte degli attori, che si ritrovarono impreparati ad una concezione del teatro così
mutata, successivamente da parte del pubblico, non abituato ad assistere ad uno spettacolo privo di
maschere e con intenti mutati, e di conseguenza degli impresari, che avevano paura di perdere i propri
profitti in conseguenza dello scetticismo del pubblico. Goldoni, tuttavia, riuscì a vincere a poco a poco tutte
le resistenze degli attori, degli impresari e del pubblico, grazie al fatto che attuò la propria riforma in
maniera graduale, dapprima accrescendo gradualmente le parti scritte, tarate sulle competenze specifiche
dei personaggi, poi eliminando le maschere.
L’unica limitazione che persistette fu rappresentata dalla nobiltà veneziana la quale, in particolare negli
ultimi anni di esistenza della Serenissima, si fece sempre più restrittiva nei confronti della libertà di
espressione degli autori. Goldoni, quindi, per ovviare a questo problema, in caso di critiche alla nobiltà,
dovrà ambientare le proprie commedie in città diverse da quella veneziana, con personaggi diversi da quelli
veneziani.
La commedia è un ottimo esempio per esemplificare gli aspetti principali della riforma goldoniana quando
questa era ancora in graduale corso d’opera: Mirandolina conserva legami con la servetta della Commedia
dell’Arte, a livello dell’azione scenica si possono rinvenire espedienti che rimandano alla suddetta
commedia, come il duello tra il Cavaliere e il Conte. Tuttavia, proprio la presenza di questi legami evidenzia
la profonda differenza che intercorre tra la Commedia dell’Arte e la Commedia goldoniana.
Come già affermato nei caratteri generali della commedia di Goldoni, l’autore non si limita a delineare
psicologie individuali, ma le colloca anche in un preciso contesto sociale. La Locandiera offre infatti uno
spaccato della società contemporanea veneziana (ambientata a Firenze per non avere problemi con le
autorità locali), ambientato in una locanda, luogo per eccellenza ricco di persone di varia estrazione sociale.
I tre nobili sono la rappresentazione di tre tipi di nobiltà diversa: quella decaduta, di sangue, che vuole
comunque continuare ad esercitare i propri presunti poteri; quella di recente acquisizione che, non
potendosi vantare del legame di sangue, punta tutto sull’aspetto economico. VI è poi la figura del Cavaliere,
che è quella del nobile che disprezza gli appartenenti alle classi subalterne e li tratta come oggetti,
costantemente dall’alto in basso.
Mirandolina è invece l’esempio del mercante, del borghese, attento ai suoi interessi, abile ed energico.
Il cameriere Fabrizio è invece l proletario inurbatosi dalla campagna che, pur amando sinceramente
Mirandolina, spera di sposarla anche per fare il salto di classe.
Le due attrici non sono collocabili in una classe sociale definita, ma sono descritte con minuzia di particolari
e realismo confrontate con le attrici comiche del periodo di Goldoni.
Questo campione di società che si muove tra le scene della commedia permette a Goldoni di analizzare
criticamente la società contemporanea e i costumi sociali, grazie ad una capacità di osservazione e
descrizione pungente, che non lascia spazio ad alcun tipo di indulgenza.