Sei sulla pagina 1di 10

Carlo Goldoni

1 . La vita di Carlo Goldoni

Carlo Goldoni, uno degli autori teatrali più noti e importanti

della storia, è stato un uomo appassionato, mosso da un

grande ingegno e tormentato da due nature contrapposte

fra loro: il bisogno di pace e di stabilità da una parte,

l’assoluto desiderio di viaggiare, conoscere e fare, dall’altra.

Questa personalità ha portato a dei risultati importantissimi

nell’ambito del teatro settecentesco che esce riformato

dopo le nuove idee introdotte da Goldoni.

L’esistenza di quest’uomo, poi, ruota intorno a Venezia, sua

città natale, che nel Settecento si trova ad attraversare una profonda decadenza.

Carlo Goldoni nasce a Venezia il 25 febbraio del 1707, da un padre medico affettuoso e piuttosto inquieto,

atteggiamento questo che, come anticipato, caratterizzerà anche la personalità dell'autore.

Segue il padre a Perugia e poi a Rimini iniziando gli studi di filosofia che lo annoiano terribilmente: già da

ragazzo, infatti, la passione per il teatro è forte tanto da indurre Carlo Goldoni a fuggire da Rimini per seguire

una compagnia di attori. La sua vita prosegue attraverso momenti di grande instabilità in cui alterna fughe e

vagabondaggio allo studio della filosofia e della giurisprudenza. Una svolta fondamentale arriva quando,

trovandosi a Genova, Carlo Goldoni entra in contatto con il capocomico Giuseppe Imer del teatro veneziano di

San Samuele: al suo seguito si trasferisce di nuovo e stabilmente a Venezia e comincia a comporre le prime

opere teatrali. È un periodo però, ancora inquieto, dove alterna l’attività di scrittore a quella di giurista e ai

vecchi studi intrapresi.


1.1 Il teatro a tempo pieno

Nel 1748 Carlo Goldoni firma finalmente un contratto con Girolamo Medebach, impresario di un altro teatro

veneziano, il Sant’Angelo, e da questo momento Carlo Goldoni diventa a tutti gli effetti uno scrittore

professionista, legando indissolubilmente il suo lavoro al gusto del pubblico teatrale.

Sono anni di intensissima produzione artistica: Goldoni scrive commedie in un numero altissimo – di questo

periodo sono L'uomo prudente, La vedova scaltra, La putta onorata, Il cavaliere e la dama, La buona moglie, La

famiglia dell'antiquario e L'erede fortunata - mette in scena spettacoli curando ogni dettaglio della

rappresentazione e molti dei suoi lavori confluiscono in raccolte che lui stesso di preoccupa di curare. Sembra

che finalmente abbia trovato la sua dimensione ideale!

In questo periodo le idee di Goldoni lo portano ad un graduale ma deciso distacco dagli schemi della commedia

dell’arte, modificando a poco a poco le abitudini sia degli attori che del pubblico e avviandosi definitivamente

verso quella che conosciamo come riforma del teatro di Carlo Goldoni.

Nel 1753 l'autore rompe con Medebach per passare al teatro San Luca che offre al commediografo un

contratto economicamente vantaggioso e presso cui sperimenta nuovi temi, nuove storie, divenendo celebre in

tutta l’Italia settentrionale e all’estero.

Questi anni si stagliano sullo sfondo di una situazione culturale vivacissima: Venezia conta ben quattordici

teatri che si contendono i migliori attori, le migliori commedie e soprattutto si contendono, senza esclusioni di

colpi, il consenso del pubblico. Nascono aspre polemiche fra uno scrittore e l’altro e Carlo Goldoni si troverà

prima rivale di Pietro Chiari e poi, molto più aspramente con Carlo Gozzi (importante scrittore all’epoca che

parteggia per la commedia dell’arte contro le riforme goldoniane) che lo accusa di immoralità, volgarità e cattivo

gusto.
1.2 Gli ultimi anni di Goldoni a Parigi

Carlo Goldoni si trasferisce così a Parigi, accogliendo la proposta di lavorare come autore teatrale. A Parigi,

però, sono ancora abituati a vedere il teatro italiano come la commedia dell’arte e il nuovo modo di far teatro di

Carlo Goldoni lascia gli spettatori confusi. L’autore si trova a dover ricominciare di nuovo a lottare per le sue

idee e torna ad alternare il lavoro di scrittore con altri incarichi più remunerativi come, ad esempio, quello di

insegnante di italiano presso la famiglia reale francese.

Gli anni della Rivoluzione Francese portano a un capovolgimento delle istituzioni e Carlo Goldoni perde ogni

sicurezza economica. Morirà in piena miseria nel 1793.

2 Carlo Goldoni e la riforma del teatro

2.1 Poetica goldoniana : il teatro e il mondo

Carlo Goldoni scriveva, nella prefazione alla prima sua raccolta di commedie del 1750, che la sua maggiore

fonte di ispirazione l'aveva trovata in due “libri”: il libro del Mondo e il libro del Teatro.

Dal primo di questi “libri”, l'autore afferma di poter leggere e trarre tutto il materiale necessario per creare

situazioni, personaggi, avventure legati alle esperienze concrete della vita. Non c’è nulla di inventato o di

surreale nel teatro di Goldoni, passioni costumi e mode sono ripresi direttamente dalla vita vera e messi in

scena.

Dal secondo “libro”, quello del Teatro, Carlo Goldoni riprende le tecniche, i trucchi e le strategie che servono

agli attori e allo scrittore di commedie per suscitare la meraviglia e il riso nel pubblico.
2.2 Carlo Goldoni e la riforma del teatro

Sulla base delle idee appena descritte si aggiunge poi uno scontro con i due modi

di far teatro al suo tempo che portano Carlo Goldoni a ripensare (e mettere in

atto) un cambiamento nel modo di rappresentare le opere teatrali.

Da un lato era molto in voga la commedia dell’arte, un tipo di teatro popolare che

si avvicinava ai gusti del pubblico basso. Dall’altro lato, invece, sussiste ancora

un tipo di teatro aristocratico che trovava spazio solamente in salotti privati, nelle accademie e nelle corti.

Carlo Goldoni adotta i seguenti atteggiamenti e cambiamenti:

• Ripristina l’importanza del testo letterario a teatro contro l’improvvisazione propria della commedia dell’arte.

Scrive i testi integralmente e gli attori dovranno quindi seguire un copione. Non sono però testi aulici e

pomposi come quelli del teatro aristocratico o del melodramma: il linguaggio è schietto, rapido, utilizza

spessissimo il dialetto e non in funzione caricaturale (cioè non per prendere in giro i personaggi “popolani”).

• Vengono abolite le maschere e sono invece preferiti dei personaggi caratterizzati psicologicamente. Non

vengono messe in scena le maschere che rappresentano ognuna un tipo prestabilito e i personaggi hanno

modo di mostrarsi attraverso le più diverse sfaccettature psichiche. Anche una commedia, in questo modo,

nasconde degli echi drammatici: in una storia allegra e buffa vengono ad inserirsi dei conflitti interiori nei

protagonisti e l’individuo riesce così ad essere caratterizzato pienamente in tutte le sue sfaccettature reali.
3 Un esempio della commedia di Carlo Goldoni: La locandiera

Introduzione

La locandiera è una commedia in tre atti di Carlo Goldoni, composta nel 1751, al termine della collaborazione tra

il commediografo e il teatro Sant’Angelo, e messa in scena all’apertura della stagione di carnevale 1752-1753.

La trama verte attorno al personaggio della locandiera Mirandolina, che, aiutata dal cameriere Fabrizio, si trova

a doversi difendere dalle proposte amorose dei clienti dell’albergo da loro gestito nei pressi di Firenze. Al

centro delle vicende c’è sempre la vigile e smaliziata intelligenza di Mirandolina, che sa far prosperare la sua

attività commerciale e mettere in scacco l’altezzoso cavaliere di Ripafratta, uno dei suoi pretendenti.

La locandiera è considerata uno degli esempi più riusciti della “commedia di carattere” goldoniana, con cui

l’autore veneziano capovolge e rinnova la tradizione della Commedia dell’Arte.

Riassunto

• Nel primo atto Mirandolina, una giovane ed affascinante locandiera abituata a ricevere attenzioni e lusinghe

dai clienti, viene corteggiata da due ospiti: il Marchese di Forlipopoli, un nobile decaduto, e il Conte di

Albafiorita, un mercante arricchito che ha comprato il titolo nobiliare grazie ai suoi commerci. Anche nel

corteggiamento i due si comportano in modo conforme al proprio ruolo sociale: il Marchese è convinto che

basti il prestigio del suo titolo per conquistare l’amore di Mirandolina, mentre il Conte crede di poterla

comprare per mezzo di regali e doni. Arriva però alla locanda un terzo ospite, il Cavaliere di Ripafratta,

burbero e misogino, che si prende gioco perché insistono a dimostrare interesse per una donna (per giunta

popolana), mentre egli, preferendo di gran lunga la libertà del celibato, non si abbasserebbe mai tale

condizione. Mirandolina, offesa e stimolata dal comportamento del Cavaliere, spiega in un monologo voler di

minare le sue convinzioni, facendolo innamorare di lei. Segue quindi uno screzio tra lei e il conte sulla

biancheria dell’albergo: entrambi ribadiscono di preferire la libertà piuttosto che il matrimonio. Entrano in

scena Dejanira e Ortensia, due attrici di commedia che si fingono gran dame e che si contendono le
attenzioni del Marchese di Forlipopoli e del Conte di Albafiorita. Mirandolina ribadisce il suo progetto di

conquistare il Cavaliere.

• Il secondo atto vede quindi Mirandolina mettere in atto i suoi propositi. Durante un pranzo in cui si siedono

alternativamente a tavola i due nobile, Dejanira e Ortensia, il Cavaliere e Mirandolina, quest’ultima fa sfoggio

del proprio carattere indipendente e sincero, come quando dichiara al Marchese che il vino da lui ritenuto

eccelso è in realtà pessimo o come quando spiega al Cavaliere che anche lei disprezza la superficialità del

genere femminile. Le due finte dame provano anch’esse a sedurre il Cavaliere ma quest’ultimo, quando

scopre che sono solo attricette teatrali, vorrebbe andarsene sdegnato. Mirandolina, nell’accomiatarsi da lui,

finge di piangere e, ad un certo punto, sviene di fronte a lui. Il Cavaliere cade nel tranello della protagonista,

innamorandosi di lei.

• Nel terzo atto acquista visibilità il cameriere Fabrizio, cui il padre di Mirandolina, in punto di morte, ha

affidato la figlia. Il Cavaliere dona a Mirandolina una preziosa boccetta d’oro ma la donna rifiuta, ignorando

pure la successiva dichiarazione d’amore dell’uomo. Il Marchese smaschera la passione del Cavaliere che, in

un ultimo disperato assalto, provoca la reazione di gelosia di Fabrizio, che, innamorato di Mirandolina, la

difende. Il Cavaliere, ormai preda di quella passione amorosa che aveva sempre sfuggito, è a tal punto

furente da far scoppiare una lite col Conte, che rischia di degenerare in un duello. Mirandolina, ormai

soddisfatta per aver realizzato il suo piano, interviene annunciando che sposerà il cameriere Fabrizio: il

Cavaliere non può che abbandonare la locanda su tutte le furie, mentre il Marchese e il Conte sono invitati a

trovare un altro alloggio e a desistere dai loro propositi. Mirandolina, del resto, promette al futuro sposo di

smetterla di sedurre gli uomini per divertimento. Nel monologo finale, Mirandolina mette in guardia il pubblico

dalle abilità di una donna e dalle sue lusinghe.


Analisi e commento

La locandiera è una delle opere di Goldoni che hanno goduto di maggior fortuna critica e di pubblico e una di

quelle che meglio riassume le caratteristiche del teatro goldoniano. Si nota innanzitutto la riuscita

caratterizzazione dei personaggi che, in maniera opposta a quanto succede con le “maschere” fisse della

Commedia dell’arte, sono definiti ciascuno in modo individuale e peculiare. A svettare su tutti è ovviamente la

figura di Mirandolina: intelligente e determinata, bella e consapevole di sé, la “locandiera” ha come primo

interesse il profitto della sua attività e quindi sa sia disimpegnarsi con stile dalle mediocri tentativi di seduzione

del Conte e del Marchese e sia tener testa all’orgoglio borioso del Cavaliere, facendolo infine capitolare.

Mirandolina è così regista e attrice dell’azione scenica, tanto da rivolgersi spesso al pubblico coinvolgendolo

nella sua finzione e spiegando in dettaglio come agirà per battere il “nemico”. La locandiera si sdoppia infatti

tra l’azione e la premeditazione delle battute in controscena. Attraverso di lei, Goldoni da un lato stabilisce un

dialogo diretto con il suo pubblico e dall’altro pone in rilievo l’arma con cui Mirandolina trionfa, ovvero

l’intelligenza.

È del resto questa, insieme con l’intraprendenza e il senso del dovere, la dote della nuova classe borghese, che

nella Venezia di metà Settecento è in piena ascesa; tutt’altra cosa rispetto all’inutilità e al parassitismo della

vecchia classe aristocratica, improduttiva ed arroccata sul superato concetto del prestigio e del rispetto del

titolo. Il dinamismo di Mirandolina è anche la dote che mette in scacco la misoginia e il carattere superbo del

Cavaliere. La conclusione della commedia è però nel segno dell’ordine: Mirandolina, pur vincente, ammette

d’aver esagerato e rientra nei ranghi con il matrimonio con Fabrizio, come le era stato consigliato dal padre

morente. Questo del resto è in linea con la finalità etica che, con un pizzico d’ironia, Goldoni indica nella

prefazione intitolata L’autore a chi legge: la storia de La locandiera deve mettere in guardia gli uomini dalle

illusioni e dagli amari tranelli che le donne sanno, con somma astuzia, architettare.
Concetti chiave

La vita di Carlo Goldoni

Carlo Goldoni nasce nel 1707 da una famiglia borghese. La passione per il teatro si affaccia presto ma il padre

tenta di farlo studiare: i periodi all'università si alternano a momenti di fuga e all'attività teatrale. Si laurea solo

nel 1731 in Giurisprudenza a Padova e, nello stesso anno, a causa della morte del padre, si trasferisce a

Venezia con la famiglia. Può essere definito anche esso un illuminista ma non tale come ad esempio Cesare

Beccaria, infatti non ha collaborato all’interno ma più un “lavoro d’animo” così possiamo definirlo, ma

sicuramente ha una grande impronta innovatrice, grazie proprio a Goldoni vi è stato un rinnovo della cultura

nell’ambito teatrale.

• Dal 1737 al 1741 dirige il teatro San Giovanni Crisostomo

• Tra il 1745 e il 1748 si trasferisce a Pisa e lavora come avvocato ma non rinuncia alla passione per il

teatro

• Nel 1748 torna a Venezia dove lavora con la compagnia di Gerolamo Medebach per il teatro Sant'Angelo

• Dal 1753 al 1762 lavora per il teatro di San Luca alle dipendenze dei fratelli Vendramin. Infuriano le

polemiche sulla sua riforma del teatro

• Nel 1762 si trasferisce a Parigi ma la sua riforma del teatro lascia perplessi i francesi che da lui si

aspettano la commedia dell'arte

• Dal 17765 al 1770 insegna italiano a Versailles tralasciando il teatro

• Torna alla sua antica passione tra il 1775 ed il 1780

• Nel 1792 gli viene revocata la pensione. Muore in povertà nel 1793
La produzione artistica di Carlo Goldoni

Goldoni nel corso della sua vita ha scritto più di 200 commedie in italiano e in dialetto veneziano. Le più

famose sono:

La donna e il garbo (1743)

La famiglia dell'antiquario (1750)

I pettegolezzi delle donne (1750)

La locandiera (1752)

I rusteghi (1760)

La trilogia della villeggiatura (1761)

La riforma del teatro di Carlo Goldoni: in cosa consiste?

Goldoni torna a dare importanza al copione che ora gli attori devono seguire scrupolosamente. Una grande

novità rispetto all'improvvisazione propria della commedia dell’arte

Abolisce le maschere che vengono sostituite da personaggi caratterizzati psicologicamente

La critica a Goldoni

Carlo Gozzi fu uno dei massimi detrattori di Carlo Goldoni. Egli lo accusa di:

Volgarità: Goldoni rappresenta la realtà ma senza l'eleganza che viene invece chiesta ad uno scrittore

Convinto che "la verità piace sempre", non seppe distinguere tra quelle verità che possono nessere raccontate

da quelle a cui invece non va data troppa visibilità

Nelle sue commedie i nobili sono ingiusti e vengono ridicolizzati, a fronte di un popolo rappresenta le virtù: una

scaltra opera di avvicinamento alla plebe


Gozzi critica il realismo del teatro goldoniano, individua la pericolosità dell'esaltare il popolo a fronte della

ridicolizzazione della nobiltà. In questo modo il teatro di Carlo Goldoni diventa quasi uno strumento

rivoluzionario.

Potrebbero piacerti anche