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Carlo Goldoni

Goldoni fa una riforma al teatro, è una figura molto fondamentale che da al teatro le
caratteristiche presenti ancora oggi come per esempio il copione e i personaggi. Goldoni
nasce a Venezia nel 1707 e viene da una famiglia borghese, il padre era un medico che però
continua a cambiare città infatti lui per tutta la sua giovinezza si sposta molto. Nel 1731 il
padre muore e Goldoni deve occuparsi della madre e prendere le redini di famiglia così si
laurea velocemente in modo da poter lavorare. Si laurea in giurisprudenza e inizia a fare
l’avvocato e nel 1734 a Verona conosce un capocomico che si chiama Giuseppe Iner che gli
propone di scrivere dei testi per il teatro San Samuele di Venezia. Lui si approccia a questo
mondo del teatro e sopratutto alla scrittura, infatti inizia a sperimentare ogni tipi di genere
fino a specializzarsi nella commedia. Goldoni comincia la sua riforma in questi anni e nel
1738 scrive una commedia che si intitola “Momolo cortesan” ed è una commedia dove
scrive interamente la parte del protagonista mentre per gli altri personaggi è presente solo il
canovaccio. Nel 1743 ci sarà la prima commedia interamente scritta “la donna di Garbo”,
nello stesso anno sarà obbligato a fuggire da Venezia poiché era pieno di debiti e si
stabilisce a Pisa. Farà conoscenza con un altro capocomico che si chiama Girolamo e
lavorava al teatro di Venezia, nel 1753 torna a Venezia e in questo periodo abbandona il
lavoro di avvocato per dedicarsi alla letteratura, e vive di quello che scrive. Questo
comporta che la sua letteratura deve adattarsi alle esigenze del mercato, questa è una figura
di intellettuale diversa.
In questi anni scrive la sua opera più importante che si intitola “la locandiera” nel 1752 e in
questo modo conclude la sua riforma, i personaggi diventano unici ed è presente una
protagonista femminile. L’anno successivo smette di lavorare e passa in un altro teatro San
Luca di Venezia dove il capocomico era Francesco Vendramin fino al 1562 e in questo
periodo scrive una “trilogia della villeggiatura” si tratta di un’opera divisa in tre parti che ha
come tema la vacanza. Abbandona anche questo teatro per andare a Parigi, questa
esperienza inizialmente era fallimentare perché era abituato a scrivere per gli italiani, infatti
ci vogliono quasi dieci anni per avere successo con una sua commedia in Francia, e
successivamente andrà a fare il precettore verso la corte. In quegli anni scoppia la
rivoluzione e nell’ultimo periodo della sua vita vive in ristrettezza e nel 1793 muore in
miseria, nello stesso giorno nel quale l’assemblea gli ha riconosciuto la sua pensione. In
questi ultimi anni scrive “les memorie” nel quale racconta la sua carriera.
Goldoni non è definito come uno scrittore illuminista ma sicuramente condivideva qualche
idea, in particolare condivideva il senso della socialità quindi l’idea che gli uomini formino
un gruppo. In più nelle sue opere esalta i cittadini che si occupano della comunità e prova
antipatia nei confronti dei nobili. L’esaltazione del buon senso, quindi l’idea di concentrarsi
sui problemi concreti della vita civile, guardare la concreta realtà dei fatti.
La riforma di Goldoni:
Goldoni dice che nei due libri sui quali ha studiato sono “il mondo” ed “il teatro” e dai quali
è stato ispirato. Da una parte il mondo, quindi vivere concretamente la realtà e conoscere
una serie di persone e situazioni, dall’altra il teatro dove ci lavora e conosce perfettamente le
dinamiche e chi ci lavora. La sua sarà una riforma graduale, deve far cambiare le cose man
mano. In quegli anni c’era la commedia dell’arte in Italia, quindi c’erano delle maschere
fisse e il pubblico sapeva già come fossero, gli attori avevano un canovaccio quindi in modo
generico c’erano scritte le cose principali ma non era presente un dialogo, infatti
improvvisavano. Goldoni rifiuta la commedia dell’arte perché capisce che nel 700 non sono
più adeguate, i motivi sono due: uno è relativo alla tipo di commedia e alla recitazione degli
attori e l’altro è la verosimiglianza delle situazioni che per lui sono irrealistiche infatti lui
voleva creare delle opere che piacessero al pubblico ma che rappresentassero in modo
realistico la realtà.
L’intento di Goldoni non era di scrivere delle commedie migliori, ma nasce da una volontà
di rinnovare la commedia perché non andava più bene per i suoi tempi, sono due tipi diversi
di teatro e rispondo alle esigenze di due diversi periodi storici.
La prima differenza è il periodo storico, la commedia dell’arte aveva avuto il suo momento
di splendore nel periodo del Barocco, siamo nel 600 dove c’era l’eccesso e tutto ciò che è
sfarzoso. Nel 700 invece domina il classicismo quindi il buon gusto e la semplicità, quindi il
pubblico richiede delle opere che siano più attinenti alla realtà ed una comicità meno
volgare.
La seconda differenza è quella dei personaggi, nella commedia dell’arte ci sono le maschere
quindi i tipi fissi, come per esempio arlecchino che era sempre il servo sciocco, quindi il
pubblico sapeva già chi aveva difronte. Goldoni decide di creare i caratteri cioè dei
personaggi unici che hanno delle loro specifiche caratteristiche e che appartengono ad una
determinata classe sociale ed in ogni commedia i personaggi cambiano, quindi c’è un po’
più di verosimiglianza.
La terza differenza è il supporto di studio, nella commedia dell’arte c’era il canovaccio dove
c’erano scritte delle indicazioni generiche sulla trama e dovevano improvvisare quindi
avevano una grandissima libertà di recitare. Goldoni decide di scrivere un copione dove ci
sono scritte tutte le battute ma anche l’ambientazione, quindi gli attori devono imparare a
memoria il copione e recitarlo.
La quarta differenza sono gli intrecci, nella commedia dell’arte ci sono queste situazioni
stereotipare come il lieto fine che miracolosamente tutte le cose tornato apposto. Goldoni si
basa sulla realtà e scrive vicende nuove che possono essere verosimili dove non si arriva a
conclusioni affrettate, il finale è coerente con lo svolgimento. Ovviamente cambia anche la
comicità, nella commedia dell’arte è morto buffa e volgare sicuramente adatta ad un
pubblico poco colto, mentre quella di Goldoni è più misurata che si doveva adattare ad un
pubblico borghese non più popolare, quindi era presente del tuo gusto. Se la commedia
dell’arte aveva come obbiettivo il divertimento al contrario la commedia di Goldoni
intratteneva il pubblico ma c’era anche un intento più pedagogico.
L’ultima differenza è quella dello stile e del linguaggio, si può parlar del plurilinguismo
poiché si utilizzavano dei dialetti, era un linguaggio portato all’estremo. Per Goldoni si
parla di uni-linguismo, infatti le sue opere sono scritte sempre in una lingue che può essere
l’italiano, il volgare oppure il francese.
Le commedia di Goldoni possono essere di due tipi:
1. Di carattere, quindi avere al centro un personaggio del quale si cerca di delineare in
modo approfondito e attraverso di lui si cerca di dare un certo tipo di insegnamento.
2. Di ambiente quindi al centrano c’è un personaggio ma si vuole rappresentare bene un
ambiente sociale.
I motivi che hanno spinto Goldoni a portare avanti la sua riforma in maniera graduale, e
possiamo individuare tre ostacoli che Goldoni si è trovato difronte.
1. Gli attori, all’epoca avevano il loro ruolo fisso e potevano dare luogo a tutta la loro
originalità improvvisando. Inizialmente non apprezzano la riforma perché dovevano
cambiare totalmente il loro lavoro, così Goldoni decide di scrivere un canovaccio più
dettagliato che vincoli gli attori per poi passare a scrivere tutta la parte del protagonista
come copione mentre lascia tutto gli altri personaggi all’improvvisazione, infine qualche
anno dopo scriverà un’intero copione. Inoltre per aiutare gli attori cerca di scrivere delle
opere che si adattino bene a loro che conosceva già.
2. Il pubblico, lui aveva una necessità che le suo opere piacciano perché viveva solo di
quello così man mano inizia ad eliminare le maschere, la comicità volgare, le situazioni
stereotipate. Toglie tutti i caratteri della commedia dell’arte ma gradualmente in modo
che il pubblico si possa abituare, questa strategia si è rivelata vincente.
3. Il governo di Venezia era un governo dei pochi ed erano tutti nobili, e Goldoni voleva
mettere in scena dei vizi dei nobili ma non poteva farlo. Così decide che tutti i nobili
rappresentati nelle sue commedie non siano mai veneziani in modo da mettere le mani in
avanti, nella Locandiera sono rappresentati tre nobili ma nessuno dei tre si rivelerà di
Venezia nonostante sia ambientata li.

La Locandiera

Questa commedia viene messa in scena nel 1753 mentre Goldoni lavorava nel teatro
sant’angelo con la compagnia Medebac. Viene ambientata a Firenze nella locanda di
Mirandolina, lei è la protagonista e si presume che l’attrice fosse un amante di Goldoni.
Mirandolina è la proprietaria della locanda e pur essendo donna, poiché il padre morendo le
ha lasciato l’eredita ed insieme a Fabrizio un servitore, riesce a gestire tutto. In questa
locanda soggiornano spesso dei nobili, in particolare due nobili sono innamorati di lei che
sono Marchese di Forlipopoli e il Conte d’Albafiorita. Gli altri personaggi sono un cavaliere
di Ripafratta che odia le donne e Ortensia e Dejanira che sono due attrici che vengono
scambiate per delle donne nobili.
Nella primo atto (prima scena) vengono caratterizzati i due nobili che stanno litigando per la
donna poiché entrambi sono innamorati, sono due diversi tipi di nobili. Da una parte il
Marchese che è nobile di sangue ma che è decaduto e non ha più soldi infatti può proteggere
la donna al contrario del Conte che non è nobile di nascita ma che è ricchissimo e suo
garantire alla donna denaro. Inoltre si viene a sapere che lei sta provenendo da sola alla
locandiera poiché il padre è morto e viene introdotto un’altra personaggio, Fabrizio che i
due nobili pensano che venga guardato di buon occhio dalla donna.

Atto I
Nella prima scena il Marchese di Forlipoli e il Conte di Albafiorita si dichiarano entrambi
innamorati della locandiera: Mirandolina. Il Marchese cerca di conquistarla attraverso la sua
nobiltà e la sua protezione, mentre il Conte cerca di attirare la sua attenzione tramite costosi
regali. Ai due si unisce un terzo: il Cavaliere di Ripafratta il quale snobba i due compagni
per il loro puerile interessamento verso la donna e li invita a fare come lui, al quale le donne
non fanno né caldo né freddo e per niente al mondo perderebbe la sua libertà con il
matrimonio. Quando giunge Mirandolina, il Conte le regala degli orecchini ornati da
diamanti. La locandiera cerca di rifiutare, ma alla fine cede accettando il dono. L’unico a
rimanere indifferente al fascino di Mirandolina è il Cavaliere che, per non sopportarla più,
se ne esce dalla stanza ordinandole di fargli avere biancheria più fine.
Scioltasi la compagnia inizia un piccolo monologo della donna nel quale si prende beffa dei
suoi spasimanti e decide di voler conquistare per gioco il cuore del Cavaliere a lei ostile. Per
dare il via al suo intento decide di portargli di persona la biancheria richiesta.
Entra dal Cavaliere Mirandolina, egli è contrariato che gli abbia portato di persona la
biancheria ed è convinto che lo faccia per attirare la sua attenzione. La locandiera si difende
dicendo che ogni volta che fa bene il suo lavoro i clienti credono che lo faccia per interesse
e tutti, lusingati, le fanno la corte, ma lei, ribadisce, lo fa solo per fare bene il suo lavoro e
quegli uomini sono solo degli effemminati, perché lei non cederebbe mai la libertà della
nubiltà. Prosegue dicendo che il Cavaliere è il primo uomo che si comporti come tale e
seguitando in questo modo riesce a trovare il suo favore e a strappargli l’invito di poterlo
andare a trovare ancora.
Entrano in scena nuovi personaggi: Ortensia e Dejanira le quali pur essendo commedianti si
segnano alla locanda come dame. Mirandolina capisce subito l’imbroglio e promette di
chiudere un occhio. Entra nella stanza anche il Marchese che vanitosamente sfoggia un
prezioso fazzoletto, che dona a Mirandolina. Le false dame invitano il Marchese per il
pranzo. Arriva però il Conte con una preziosa collana in diamanti che regala a Mirandolina
che con finta titubanza accetta. Il Conte invita a mangiare Ortensia e Dejanira, che accettano
mandando a monte il pranzo con il Marchese.
Alla fine, con un monologo, Mirandolina ribadisce di non aver interesse per quegli uomini
facili e si promette di concentrare le sue forze per far cadere l’ostilità del Cavaliere.
Atto II
Il servitore porta il pasto al Cavaliere ed egli manda a ringraziare Mirandolina. Parlando con
il servitore il Cavaliere viene a sapere che il Conte ed il Marchese sono a tavola con due
dame che hanno appena conosciuto. Li critica per la loro debolezza nei confronti delle
donne. Poco dopo arriva anche Mirandolina a servire il Cavaliere, i due fanno un brindisi
con un buon vino. Arriva il Marchese all’improvviso, si unisce al brindisi e si siede a tavola
con loro. Il Marchese inizia a mangiare ciò che Mirandolina ha preparato e le fa tanti
complimenti, tanto da venir schernito da Mirandolina e dal Cavaliere. Il Marchese tira fuori
una piccola bottiglia di vino, che egli definisce di alta qualità, lo offre ai presenti, ma risulta
essere “lavatura di fiaschi”. Il Marchese si vanta del fazzoletto che ha prima regalato a
Mirandolina e dichiara nuovamente il suo amore nei suoi confronti. Arriva una bottiglia di
vino di qualità offerta dal Conte, il Marchese si irrita e se ne va sdegnato (con la bottiglia).
Poco dopo se ne va anche Mirandolina.
Nel frattempo il Conte è rimasto con le due “dame”, e stanno discorrendo del Marchese. Il
Conte le convince a continuare a fingere di essere dame, e poi gli parla del suo amore per
Mirandolina. Le “dame”, venute a sapere che il Cavaliere disprezza le donne, decidono
anche loro di cercare di sedurlo. Il Conte lo manda a chiamare.
Quando arriva, il Conte, fingendo di avere un impegno, se ne va. Il Cavaliere si trova in
imbarazzo e cerca di congedarsi; dopo un breve discorso le dame rivelano la loro vera
identità, ed il Cavaliere, trascurando ogni formalità, se ne va sdegnato ed ordina al servitore
di preparare i suoi bagagli per andarsene. Mirandolina gli prepara il conto e glielo porta,
facendo finta di piangere per la sua partenza. All’inizio il Cavaliere rimane impassibile, ma
quando vede Mirandolina svenire si scioglie, e decide di non partire più. Sopraggiungono
anche il Conte ed il Marchese, ma il Cavaliere li scaccia violentemente.
Atto III
Mirandolina sta nella sua camera dove era andata per riprendersi dallo svenimento. Giunge
il servitore del Cavaliere con in dono una boccetta d’oro contenente un ricostituente.
Mirandolina assaggia il liquido ma rifiuta la boccetta d’oro. Poco dopo arriva il Cavaliere in
persona rattristato per il rifiuto del suo regalo. Mirandolina lo accusa di essere la causa del
suo svenimento e continua a rifiutare aspramente il suo regalo. Alla fine il Cavaliere dichiara
il suo amore e confessa la sua gelosia nei confronti di Fabrizio. Mirandolina non se ne cura
e se ne va. Giunge il Marchese e, dopo una breve discussioni, capisce che il Cavaliere si è
innamorato e non vuole riconoscerlo. Se ne va e al suo posto arriva Dejanira. Il Marchese
trova la boccetta d’oro e la regala alla donna, raccomandandole la massima segretezza al
riguardo. Dejanira se ne va e giunge il Conte. Entrambi decidono di andarsene in un’altra
locanda per fare uno sgarbo a Mirandolina, il Marchese viene a sapere che le due “dame”
sono solo due commedianti e corre a riprendersi la boccetta che aveva regalato.
Cambia la scena: il Cavaliere bussa vigorosamente alla porta di Mirandolina, interviene
Fabrizio per difenderla. Sopraggiungono anche il Conte ed il Marchese, quest’ultimo litiga
col Cavaliere tanto da arrivare alle armi, ma non rimedia altro che una spada rotta.
Mirandolina li vede con le armi in pugno e, spaventata, dichiara di voler sposare Fabrizio. Il
Cavaliere, tormentato dalla gelosia, se ne va.. Gli altri due nobili le fanno dei regali per il
matrimonio, me lei rifiuta, e gli chiede di andare a risiedere in un’altra locanda. I due
accettano e Mirandolina si sposa con Fabrizio.

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