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Letteratura italiana moderna e contemporanea

Prima lezione

La Modernità e il Modernismo non sono concetti sovrapponibili, anzi, indicano due concetti molto
differenti; la Modernità è un’epoca culturale e storica mentre il Modernismo è un fenomeno estetico. La
modernità comprende fenomeni estetici e letterari molto diversi tra loro.

Ci sono una serie di eventi che creano una forte cesura tra i secoli precedenti e l’inizio del Novecento:

● Seconda rivoluzione industriale

● Innovazioni tecnologiche

● Sviluppo dell’economia

● Nascita e sviluppo della moderna industria editoriale

● Nascita e sviluppo della piccola e media borghesia (consumatrice di cultura e di prodotti letterari)

● Sviluppo delle metropoli

● Baudelaire e lo Spleen

L’assetto sociale, gradualmente, andò incontro a radicali cambiamenti.

� Fausto Curi, un importante critico letterario, scrisse un’opera importante intitolata Perdita
d’aureola e a proposito di ciò:

L’aureola del poeta indica l’alta posizione di quest’ultimo nella società, si tratta di un simbolo che
contraddistingue il poeta da tutti gli altri, lo eleva. Baudelaire nel celebre ciclo degli Spleen (1855-1864)
tratta il tema dell’aureola in modo del tutto innovativo; il poeta perde la sua aureola nel fango, potrebbe
recuperarla ma decide di lasciarla dov’è per sentirsi più libero da norme letterarie e convenzioni sociali
anche se ciò gli costerà una perdita di prestigio non indifferente. Senza la sua aureola il poeta è un uomo
tra gli uomini che si aggira per le illuminate periferie parigine con l’intento di partecipare alla vita notturna
– i dandy, elegantiae arbiter, iniziano a diffondersi e ad apprezzare i divertimenti notturni. L’opera di
Baudelaire (e simili) può comprendere tutto anche e specialmente “il brutto” (entrano in crisi codici e
registri letterari) ed è proprio in questo periodo che si registra il cambiamento sostanziale che porterà al
sorgere della società moderna.

Per Crepuscolarismo (definizione inventata a posteriori dal critico Borgese che inizialmente non fu troppo
considerato) si intende una corrente letteraria sviluppatasi in Italia all’inizio del XX secolo. Alcuni dei
massimi esponenti di tale corrente letteraria sono Guido Gozzano e Sergio Corazzini. Durante il
Crepuscolarismo il ruolo del poeta cambia e insieme ad esso anche il ruolo della poesia.

Nel 1910 il critico militante (si occupava anche delle novità letterarie) Borgese dovette recensire tre libri:
Poesie scritte col lapis, Poesie provinciali e Sogno e ironia. Borgese notò che queste opere avevano delle
caratteristiche in comune, quali la tendenza a ridurre la poesia a prosa, la ricerca di un verso libero che
rompa con la metrica tradizionale e l’esclusione di un linguaggio aulico e classicista. Borgese definì le tre
opere “crepuscolari” e così nacque la “poesia crepuscolare”, così chiamata perché sviluppatasi al
crepuscolo di una stagione dei grandi poeti da Parini a D’Annunzio (poeta vate).

I poeti crepuscolari si oppongono allo stile dannunziano; la loro epoca è priva di certezze e piena di dubbi,
non è più possibile essere il poeta vate infatti, come accennato sopra, inizia la messa in discussione del
poeta e della funzione della poesia stessa. Il registro sublime viene sostituito dall’estenuazione del sublime,
la poesia tende a caratterizzarsi di colori smorzati, di silenzi… ecc.

La poesia non ambisce più all’eternità, le parole divengono effimere.

Seconda lezione

Con l’avvento del Crepuscolarismo il Sublime si tramuta in anti-Sublime così inizia quella che Sanguineti
(critico) definisce la poetica del rovesciamento.

Sergio Corazzini (1806-1907), poeta italiano appartenente al Crepuscolarismo, si sottrae al processo del
mercato editoriale (detto anche “delle lettere” da Ferretti).

Secondo Corazzini: Come la parola si approssima al silenzio, così la vita si approssima alla morte.

Corazzini non si definisce un poeta in quanto consapevole di non vivere una vita grandiosa come fece
D’Annunzio bensì una vita il cui scopo è giungere alla morte. La sua poetica è caratterizzata dall’uso del
verso libero, dall’estenuazione del sublime, della litania sacra (per dare una cadenza cantilenante allo scopo
di rendere la sua poesia la morte della poesia stessa), ecc.

In uno dei suoi componimenti, intitolato Bando, egli mette letteralmente al bando le sue idee (come si
usava fare all’epoca con la mercanzia di vario tipo – vedi arrotino). Corazzini provoca immaginando di
svendere le sue idee al miglior offerente infatti uno dei versi della poesia è “Idee originali a prezzi normali”.
Corazzini, quindi, utilizza quello che si può definire un linguaggio crepuscolare.

Possiamo fare un collegamento tra le opere pittoriche degli artisti impressionisti, snobbati dalla società in
quanto ritenuti dalla critica ufficiale e quindi dal mercato dell’arte e i poeti crepuscolari, snobbati dal
mercato delle lettere.

Un altro poeta crepuscolare degno di nota è sicuramente Gozzano. Uno dei suoi più celebri componimenti
è La signorina Felicita, facente parte dell’opera Colloqui (1911, quando il Crepuscolarismo era già maturo –
1909 primo manifesto futurista). La signorina Felicita è un poemetto caratterizzato da un andamento
narrativo in cui notiamo l’elemento mnestico (Gozzano fa uso ricordi finzionali), il procedimento retorico
antifrastico (ironia) e l’utilizzo dell’istituto metrico tradizionale.

Gozzano declina le figure femminili al passato, infatti diceva: “Non amo che le rose che non colsi”, egli tratta
di un passato non più realizzabile nel presente. Felicita, donna immaginata da Gozzano come protagonista
per il suo poemetto, è una donna basica, banale, ignorante e rozza ma nonostante ciò lui (che rappresenta
l’intellettuale) se ne innamora (ironia). Felicita abita a Villa Amarena, un’abitazione seicentesca la cui
facciata è coperta dal granoturco messo a seccare (le facciate delle ville erano tanto sfarzose quanto nobile
era la famiglia che le abitava, erano quindi simbolo di potere e prestigio).

Gozzano rimpiange il passato ormai perduto dove colloca la poesia che ritiene ormai irrecuperabile ed è
costretto a vivere in un prosaico presente volto all’utile e al guadagno.

Il padre di Felicita si presuppone fosse usuraio e vedeva di buon occhio l’intellettuale in quanto sperava in
un matrimonio vantaggioso per sua figlia.

Felicita è l’anti-modello che si oppone agli antichi canoni di bellezza femminile e la dichiarazione d’amore
che l’intellettuale fa a Felicita è fittizia e antifrastica.

La vita letteraria è sterile, messa come su un binario morto.

Ci sono elementi comuni tra Crepuscolarismo e Futurismo:


● Processo riduzione dell’Io – la soggettività va in crisi

● Cambiamenti spazio-temporali

● Sconfessione del Sublime

● L’opposizione ai modelli canonici (ad es. di D’Annunzio, Pascoli, ecc.)

Curi (studia il Crepuscolarismo, il Futurismo e anche Palazzeschi) nella sua opera Perdita d’aureola è vicino
alla Neoavanguardia italiana e propone di introdurre operazioni di avanguardia (fa riferimento a Walter
Benjamin, Angelus Novus).

Terza lezione

Curi, critico letterario che mosse i primi passi verso la Neoavanguardia, lesse Walter Benjamin e scrisse
Perdita d’aureola. Sanguineti (Dantista, docente universitario, critico letterario, ecc.) riteneva che Corazzini,
Gozzano e Palazzeschi avessero qualcosa in comune: la poetica del rovesciamento del Sublime.

Gozzano gioca sul paradosso del fare poesia sostenendo la fine di questa. Gozzano mostra la sua presa di
coscienza per quanto riguardavano la frattura tra arte e vita e la nostalgia per il passato.

Aldo Palazzeschi, il cui vero nome era Aldo Giurlani scrisse varie opere:

● 1905 I cavalli bianchi → Opera crepuscolare che Palazzeschi stampò in proprio presso la tipografia
Aldino a Firenze.
● 1907 Lanterna → Opera crepuscolare che Palazzeschi stampò in proprio presso la tipografia Aldino
a Firenze.
● 1909 Poemi → Opera del tardo Crepuscolarismo (anch’essa stampata in proprio) fa da cerniera che
registra il passato e lo divide dai temi futuristi. Marinetti, dopo aver letto l’opera, scrisse a
Palazzeschi per complimentarsi con lui.
● 1919 L’incendiario → Opera pubblicata dalle Ed. Futuriste di Poesia di Sam Bonelli e ripubblicata
nella sua II ed. nel 1913.

Chi sono? di Palazzeschi - analisi di Curi

Con i crepuscolari, compreso Palazzeschi, si hanno l’esautoramento volontario della poesia e del poeta e la
funzionalizzazione della poesia; l’esautoramento e la negazione sono propedeutici al cambiamento. Il poeta
diviene un saltimbanco capace di far ridere ma anche riflettere, mette in crisi norme, codici precostituiti e
convenzioni sociali, è quindi una figura eversiva.

E lasciatemi divertire di Palazzeschi

La performatività e la declamazione orale sono caratteristiche tipiche della produzione futurista e quindi
anche di Palazzeschi. Il gradiente di sperimentazione è alto, infatti Palazzeschi usa numerose onomatopee
che stabiliscono un rapporto di tipo mimetico tra scritto e realtà. Palazzeschi decide di disintegrare il
linguaggio per crearne uno nuovo.

Il suono della parola è il significante sonoro (onomatopee). Palazzeschi fa uso consapevole di un linguaggio
volgare e provocatorio, fa riferimento al brutto e al basso letterario. Nel componimento poetico I fiori,
infatti, il poeta si trova in un giardino dove passeggia solitario e si sente chiamare da dei fiori; la rosa è una
prostituta, il ciclamino un pederasta, ecc. possiamo quindi notare un arrovesciamento volgare e un
costante ribaltamento del Sublime. Il riso è legato al basso e al corporeo.

Il processo di "carnevalizzazione" della realtà corrisponde al livellamento della società. Curi,a tal proposito,
riprende ciò che sostiene Bachtin il quale scrisse un saggio su Rabelais.
Quarta lezione

Palazzeschi fa da cerniera tra Crepuscolarismo e Futurismo (tra i quali non c’è uno steccato invalicabile
bensì una certa permeabilità). Egli mette in crisi le convenzioni sociali con il suo fare da buffone che suscita
una risata di riflessione.

1909: Il primo manifesto fu preparato da Marinetti che lo collocò a livello internazionale su Le Figaro; il
manifesto avrà un’eco internazionale e in ragion di ciò verranno inaugurate molte mostre al riguardo.

Il movimento futurista è un movimento interdisciplinare, abbraccia più arti. Il gruppo dei futuristi ha una
ricaduta sociale, vuole dare il suo contributo in quanto movimento organizzato intenzionato a cambiare
qualcosa nella società. I futuristi individuano una linea poetica da seguire e un programma ben preciso da
seguire. I crepuscolari e i modernisti hanno punti in comune ma non si riconoscono in un gruppo come i
futuristi, non si propongono come un insieme di persone con lo stesso obiettivo.

L’azione dell’avanguardia prevede un’opposizione netta rispetto alla tradizione. Gli sperimentalisti invece
non sono troppo chiusi rispetto alla tradizione ma guardano ad essa con intento di innovarla, integrarla,
sperimentare novità.

Le caratteristiche specifiche dell’avanguardia sono state studiate sotto un aspetto teorico. L’avanguardia è
legata alla prima metà del 19 secolo (Futurismo, Surrealismo e Dadaismo sono le principali avanguardie).

Poggioli → avanguardie primo novecentesche caratterizzate dall’azione di un gruppo che si presenta come
tale e agisce nel sociale attraverso testi programmatici, obiettivi precisi, opposizione al sistema politico,
sociale ed economico vigente, si oppongono alla tradizione e alla società liberale e capitalista che andava
affermandosi, si oppongono al prodotto di massa l’avanguardia propone un intervente per prospettare un
cambiamento della società - Pound è sperimentalista (Vorticismo), non propone una cesura con la
tradizione, propone di prendere il meglio della tradizione e integrarla con il nuovo.

Caratteristiche primo manifesto futurista

● Uso prima persona plurale (Noi) che caratterizza il prologo (prima parte del manifesto che si
presenta come il racconto dell’avventura di un gruppo di amici che di notte notano i cambiamenti
della città/società).
● L’automobile è il simbolo della modernità - le strade delle città, di notte, sono illuminate da
lampioni elettrici, ci sono innovazioni elettriche tra cui i forni delle navi che possono compiere
tragitti più lunghi (lo stesso per le locomotive), tram, ecc.
● Marinetti utilizza un linguaggio simbolista che ricorda il decadentismo per mettere in risalto i
cambiamenti della città/società .
● Il prologo si conclude con l’automobile lanciata a tutta velocità che finisce in un fosso fangoso.
● I movimenti operai e gli scioperi di massa si collocano in questo periodo.
● Il poeta trova una nuova funzione, diversa dalla precedente; il poeta è interprete della modernità.
● Il DINAMISMO è l’elemento centrale, cardine, del movimento futurista. Il principio dinamico è il
fulcro del futurismo.
● La Nike di Samotracia è la rappresentazione del bello secondo il canone estetico della tradizione (si
trova nel museo del Louvre, alla sommità dello scalone principale) - la velocità soppianta il canone
estetico del bello tradizionale (che partiva dalla civiltà greca e poi latina fino ad arrivare
all’attualità). Lo spazio e il tempo sono le coordinate di cui ci serviamo per descrivere l’attualità, ciò
che ci accade.
● La misurazione del tempo in secondi, minuti ed ore attraverso l’orologio è del tutto convenzionale.
Stessa cosa vale per la misurazione dello spazio attraverso il sistema metrico decimale. La nostra
percezione della realtà è dettata dalla convenzione sociale. Stravolgere la convenzione sociale era
l’obiettivo dei futuristi.
● I futuristi vogliono rendere veloci e scorrevoli le loro opere, DINAMICHE (ad es. omettendo la
punteggiatura e tutto ciò che rallenta).
● I futuristi vogliono porsi al di fuori delle istituzioni sociali dell’arte (musei, biblioteche, accademie,
ecc.).
● Sanguineti definisce aporia dell’avanguardia il fatto che i futuristi si oppongono alla circolazione
commerciale dell’arte MA per farlo utilizzano dei prodotti che contestano l’istituzione arte MA
questi prodotti devono essere conosciuti e per esserlo devono circolare, essere lanciati sul mercato
(anche con un ingente apparato pubblicitario). Marinetti e i futuristi criticano le nuove tecnologie
ma se ne servono per contestarle.
● Le pubblicità di oggi come quelle di allora si servono dello shock per suscitare curiosità nel pubblico.

Dipinti tra Futurismo e Impressionismo

● Lampada ad arco, G. Balla (1911) - la luce elettrica diffusa dalla lampada offusca il chiaro di luna - il
dipinto esplica il manifesto futurista Uccidiamo il chiaro di luna. Il dipinto è composto da filamenti
colorati che si irradiano per l'ambiente circostante. Le Moulin de la Galette di Renoir non
rappresenta la realtà in modo mimetico, la realtà è deformata secondo due direttrici diverse. La
realtà viene deformata e non rappresentata in maniera mimetica perché la fotografia, una volta
affermatasi, rappresentò una rivoluzione. La pittura era l’arte deputata a trasmettere la memoria
iconografica, infatti tutte le famiglie nobiliari si facevano fare il ritratto (Medici). la ritrattistica
costituiva un ramo fondamentale dell’arte iconografica e lo stesso valeva per i paesaggi. Gli
impressionisti si occupavano di catturare l’impressione dell’attimo fugace, del momento, studiando
lo spettro ottico, i colori.
● Dinamismo di un cane al guinzaglio, G. Balla (1911) - La realtà è deformata in base al dinamismo e
non ai colori. Niente è statico, tutto è in movimento. Fino a prima dei futuristi l’arte ha sempre
rappresentato la staticità, l’immobilità pensosa. In pittura rappresentare il movimento non è
semplice. Balla ricorre alla duplicazione delle immagini per dare l’idea di movimento; il colore non è
steso a campiture piene bensì a puntini, filamenti. Soffici è un personaggio poliedrico, critico,
scrittore, pittore, poeta… un operatore culturale. Egli fondò La Cerba, rivista importante del primo
‘900. Soffici era aggiornato sulla scena artistica internazionale, scrisse vari articoli negativi su La
Voce e La Cerba riguardo al Futurismo. I futuristi sono accusati di catturare l’attimo fuggitivo
mentre i cubisti sono accusati di staticità.
● La strada entra nella casa, U. Boccioni (1911) - La lezione cubista è evidente; il Cubismo si sviluppa
circa contemporaneamente al futurismo.
● Automobile in corsa, G. Balla (1913) - L’automobile non è riconoscibile, viene rappresentato il
paesaggio in movimento dando l’idea delle ruote che muovono, viene rappresentato l’impalpabile
attraverso linee forza, linee trascendentali.
● La materia, U. Boccioni (1913) - In origine si trattava del ritratto di sua madre, abbastanza
riconoscibile. Intorno alla madre esegue ulteriori ritratti e il ritratto della madre risulta deformato.
L’uso del colore è quello dei post impressionisti. Le mani giunte della madre sono il punto focale del
dipinto ed intorno a lei compenetrano più piani.
● Natura morta spagnola, P. Picasso (1912) -

Quinta lezione

La sensibilità futurista (II manifesto futurista, )

La sintassi viene distrutta, il rigore viene meno, le frasi non saranno più costruite a regola d’arte. La
comunicazione acquisisce una rapidità telegrafica.
● I nessi sintattici e la consecutio temporum vengono abbandonati
● Il verbo viene coniugato all’infinito
● Uso delle onomatopee (espansione del linguaggio verso il significante sonoro e visivo)
● Abolizione dell’aggettivo e dell’avverbio
● Abolizione della punteggiatura, sostituita (in parte) da segni matematici che servono a dare la
direzione del discorso.

Immaginazione senza fili (III manifesto futurista, )

L’analogia è una figura retorica di grande importanza (Dino Campana e Ungaretti ne fanno largo uso).
Marinetti, per immaginazione senza fili, intende la libertà assoluta delle immagini o analogie espresse con
parole slegate e senza fili conduttori sintattici e senza alcuna punteggiatura. Si tratta di una metafora
estremizzata alla quale possiamo paragonare la similitudine ma bisogna tener presente che analogia e
similitudine non sono affatto la stessa cosa in quanto l’analoga paragona due termini appartenenti a due
campi semantici ben differenti tra loro. “L’analogia è l’amore profondo che collega le cose distanti,
apparentementi diverse e ostili. Solo per mezzo di analogie vastissime … ”

Parole in libertà (IV manifesto futurista, 1912)

Dune (1914)

Tavole parolibere

● Après, la Marne (1915)


● Fumatori, F. Cangiullo (1914)
● Zang, Tum Tumb, Marinetti (1914)
● Guerrapittura, C. Carrà (1915)

I libri futuristi

● Dinamo-Azari, F. Depero, Depero futurista, Milano (1927)


● Litolatte, Tullio D’Albissola (1932)

La Voce è una rivista che costituisce un luogo di incontro per giovani intellettuali e un terreno di confronto
per la nascita di nuove idee.

Lacerba nasce a Firenze nel 1913 per opera di Ardengo Soffici e Giovanni Papini, i quali inizialmente erano
diffidenti nei confronti della novità futurista. Gino Severini, pittore, insieme a Palazzeschi fissa un incontro
alle Giubbe Rosse tra milanesi e fiorentini che finì in una rissa. Mentre sono al commissariato di polizia
trovano un accordo e così le futuriste tavole parolibere vengono integrate su Lacerba. Papini sosteneva che
le tavole parolibere erano un regredire anche se Boccioni non sosteneva lo stesso. Papini e Soffici erano
restii alla direzione del Marinetti, il quale era molto rigido sulla strada da prendere.

Alla vigilia dell’ingresso in guerra dell’Italia nella Prima guerra mondiale Lacerba si pone come interventista,
Palazzeschi invece si discosta dalla parte interventista.

Dino Campana muove i primi passi all’interno della Voce (fondata da Prezzolini e Papini tra il 1908-13) e in
Lacerba.

Espressionismo

L’espressionismo è un movimento europeo di origine tedesca, impiegato per definire gli artisti del Die
Bruke fondato a Dresda nel 1905. L’espressionismo è carico della soggettività, dell’interiorità di colui che
ritrae la realtà per come la vede, tendendo alla forte deformazione visiva e al forte uso di contrasti.

C’è attenzione alla corporeità e alla visceralità, riferimenti a maschere, burattini e allo sdoppiamento dell’Io.
Campana inizia a frequentare le Giubbe Rosse (frequentato da artisti e intellettuali), il Paszkowski (luogo più
signorile), il Gambrinus (luogo famoso per la vita notturna, frequentato da Vasco Pratolini, dove un tempo
c’era il cinema - provvisto di una botola dove scorre un fiume attraversabile in barca) e il caffè S. Marco.

Arrivato a Firenze Campana scrive un libro di poesie che vorrebbe pubblicare con Valecchi, così lo consegna
a Soffici. Il più lungo giorno, manoscritto di Campana, venne perso da Soffici e così fu ritrovato e stampato
solo nel 1971 (per fortuna). La leggenda vuole che Campana riscrisse tutto il libro e lo intitolò I canti orfici
che stampo presso la stamperia Ravegli, poi lo distribuì scrivendo fantasiose dediche (e a chi gli stava più
antipatico lo distribuiva strappandone alcune pagine).

I canti orfici rimandano alla musica, al canto e quindi alla poesia (in antichità in Grecia e presso i latini la
musica e il ballo accompagnavano la poesia). I canti sono detti orfici poiché fanno riferimento a Orfeo
(emblema della poesia, poeta per antonomasia, riesce a commuovere gli Dèi inferi con il suo canto -
purtroppo per tornare sulla Terra con Euridice non deve voltarsi per assicurarsi che lei sia lì, purtroppo si
volta ed Euridice sparisce - Orfeo si dice che impazzì e che fu sbranato dalle baccanti durante i riti dionisiaci)
e all’orfismo (che ne evidenzia il carattere esoterico, misterico, divinatorio).

In Dino Campana abbiamo la degradazione della forma del poeta, egli è rappresentato con tratti deformati
e deformanti, tratti espressionisti, orfici. Il carattere di fondo perturbante caratterizza le opere di Campana,
infatti c’è come un’attesa di un qualcosa che non giunge mai a rivelazione. L’oblio, la notte, la scoperta,
ecc. sono alcuni dei tratti della poetica di Campana.

L’invetriata, Dino Campana - analisi

L’ambiente interno ha una finestra dalla quale entra una luce - lo scenario esterno è indeterminato, non c’è
una denotazione cronologica, fuori è una sera fumosa d’estate. C’è una confusione tra interno ed esterno
sia per quanto riguarda l’ambiente sia per quanto riguarda l’interiorità del poeta. La ripetizione e la
variazione sono caratteristiche tipiche della poesia e della musica. Campana si caratterizza per la ripetizione
ecolalica del suono, come se fosse una nenia, una canzone primordiale.

Il testo (che non presenta uno schema metrico fisso e si compone di versi liberi) presenta una fitta trama di
figure retoriche. Eccone alcune:

● “Dall’alta invetriata mesce chiarori nell’ombra” (v. 2): “mesce” è una personificazione e una
metafora, poiché attribuisce caratteri e comportamenti umani a un elemento inanimato e allo
stesso tempo crea un gioco di rimandi per cui la sera, che fa penetrare il suo chiarore nell’ombra
della stanza appare come una persona che versa del liquido in un contenitore.
● “suggello ardente” (v. 3): metafora del profondo e lacerante dolore che brucia
● “chi” (vv. 4 e 5): ripetizione che rende l’affanno e l’insistenza delle domande del poeta ("chi ha?",
“chi è?”), a loro volta simbolo di domande più grandi, che resteranno prive di risposta.
● “c’è” (vv. 6, 7, 10 e 11): epifora + fatta eccezione per il “c’è” presente al v. 10, seguito da una
virgola, costituiscono tutti un enjambement con il verso successivo.
● “Nella stanza” (vv. 6 e 7): anafora
● “una piaga rossa languente” (vv. 7 e 11): metafora che paragona la luce rossa che si esaurisce a una
ferita sanguinante. A un secondo livello, simbolico, la sera ferita rappresenta l’animo stesso del
poeta, lacerato dalla luce rossa della sofferenza.
● “bottoni di madreperla” e “la sera si veste di velluto” (v. 9): metafora, che allude al colore cangiante
delle stelle e all’oscurità compatta della notte, che tutto ricopre.
● “E tremola la sera fatua: è fatua la sera e tremola” (v. 9): chiasmo, che rovescia sintatticamente i
due verbi.
La poesia è tramata da allitterazioni e particolarmente insistite sono le vocali e e a, che aprono i versi e
rendono la dolcezza del tramonto, ma anche le consonanti s e r, che con il loro stridio sottolineano invece il
dolore insito in quella dolcezza

Camillo Sbarbaro

● 1911, Resine
● 1914, Pianissimo (a voce bassa, riferimento sonoro, opposizione ai toni alti delle Laudi
dannunziane)
● 1920, Trucioli (ciò che rimane dalla lavorazione del legno, scarti, l’idea dello scarto, di un qualcosa
che resta ai margini è un elemento tipico della poetica di Sbarbaro che ritroveremo anche in
Montale)
● 1960, Scampoli

Il soggetto lirico è un vagabondo che vaga per la città, relegato ai margini della realtà, incapace di entrare in
comunione con il mondo, immerso in una disarmonia rappresentata dall’aridità, dall'inerzia e dallo
sdoppiamento dell’io. L’uomo è anonimo e percorre le vie di una città allucinata e grottesca, il poeta si fa
spettatore di sé stesso e si guarda vivere dall’esterno.

Vi è una sensazione di angoscia dovuta all’impossibilità di sottrarsi alla legge meccanicistica che provvede
alll’incedere del ciclo naturale di nascita e morte al quale l’uomo non può sottrarsi. L’unica possibilità di
trascendere questi angusti limiti si trova nella comunione con la natura o nel piacere sessuale. L’uomo è
condannato all’esistenza.

Sesta lezione

Le riviste sono slogan importantissimi per comprendere il panorama letterario che riguarda poesia, prosa e
critica, infatti le riviste principali La Voce e Lacerba saranno chieste all’esame.

L'espressionismo (come l’impressionismo e il futurismo) si basa sulla deformazione della realtà.

Camillo Sbarbaro

La poetica di Sbarbaro comunica la stanchezza di vivere, la vuota aridità dell’esistenza, l’angoscia


dell’impossibile sottrarsi alla necessità della nascita

I momenti di piacere ci sono ma sono sporadici, poco duraturi. Spesso risiedono nel piacere sessuale.

Taci, anima stanca di godere

Il registro è medio, quotidiano, vicino al parlato. Vi è una diminutio nel registro dello stile (che si individua
in Pianissimo). Tale poesia è incipitaria della raccolta e quindi introduce la marca stilistica di tutti i
componimenti della raccolta.

Lo sdoppiamento del soggetto poetico, l’io poetico parla alla sua anima, il dialogo è come se fosse tra due
persone differenti. L’anima non ha parole, non si esprime perché è caratterizzata da una condizione di
inerzia vitale. L’anima è incapace di godere e soffrire, è anestetizzata, rassegnata a qualsiasi stimolo vitale.
L’anima non prova nemmeno rimpianto per una giovinezza miserabile, non prova rabbia, non prova
speranza e neppure noia. L’anima è incapace di vivere e d’agire. In Sbarbaro abbiamo la negazione del
trascendentale, la realtà fenomenica è quel che è, è ciò che vediamo, non esiste alcun principio che da
senso alla realtà che si staglia dinanzi ai nostri occhi, Per Sbarbaro la realtà cade leopardianamente
all’interno della legge meccanicistica senza un fine ben preciso che governa in maniera ineluttabile. Il
mondo non è in grado di affascinare e stimolare il soggetto, il mondo è un gran deserto, il mondo è un
deserto (riconducibile alla poetica dell’arido vero leopardiano MA solo per quanto riguarda questa poesia e
poesie simili NON per tutta la poetica di Sbarbaro - è necessario contestualizzare!).

Modernismo → Inizialmente in relazione al radicale bisogno di svecchiamento e di fondazione del nuovo


rappresentato in Gran Bretagna dall’imagismo (no avanguardia) di Pound dal vorticismo (no avanguardia,
guarda alla best tradition da Saffo ai contemporanei) e dall'esperienza artistica degli uomini del 1914. Poi il
modernismo ha iniziato ad indicare movimenti europei, extraeuropei e addirittura planetari proponendo
varie tipologie di poetiche differenti tra loro.

Bergson è un filosofo molto importante da tenere in considerazione per una più completa visione del
panorama letterario del ‘900. Secondo il filosofo non si ha un tempo che può scorrere secondo una linearità
cronologica, il tempo non è più quello oggettivo della scienza bensì quello soggettivo della coscienza (ad es.
nell’opera La coscienza di Zeno il tempo non è lineare, i fatti sono narrati secondo l’ordine dei ricordi del
protagonista Zeno). Il soggetto, come il tempo, non è più unitario bensì frammentario e scisso (Pirandello,
Uno, nessuno e centomila), diviene quindi complicato parlare di identità e lo è identificarne una, ci si chiede
se sia possibile farlo.

Non si sa precisamente quale fosse l’atteggiamento dell’avanguardia nei confronti del modernismo… Alcuni
sostengono che fossero due facce della stessa medaglia mentre altri sostengono l’opposto. Fatto sta che tra
Avanguardia e Modernismo ci sono differenze sostanziali:

● Avanguardia → Rapporto di cesura con la tradizione


● Modernismo → Innovazione all'interno della tradizione
● Avanguardia → Dichiara di essere un movimento e una scuola organizzata su scritti programmatici
● Modernismo → Non è un movimento
● Avanguardia → Vuole cambiare la società, ha un obiettivo

Ungaretti

Quando si parla di Ungaretti non si parla di ermetismo! Ungaretti insieme a Montale possono al massimo
essere considerati maestri della generazione ermetica.

Ungaretti nasce ad Alessandria d’Egitto da genitore lucchesi. Legge le riviste La voce e Lacerba e avvia un
carteggio epistolare con Prezzolini, Papini e Soffici.

Si trasferisce a Parigi, frequenta circoli letterari e artistico conoscendo De Chirico, Savinio, Modigliani,
Severini, Palazzeschi, ecc. Frequenta la Sorbona e ha a che fare anche con Bergson. Torna in Italia abilitato
ad insegnare e inizia a pubblicare su Lacerba.

Ungaretti ha radici plurime, è egiziano, ha una cultura francese, origini italiane… è una personalità plurima,
così decide di arruolarsi in Italia al fine di trovare una sua propria patria. Per Ungaretti partecipare alla
Prima guerra mondiale aveva un significato profondo di ritrovamento della sua identità.

Pubblica ad Udine presso lo Stabilimento grafico friulano la prima edizione de Il porto sepolto nel 1916

Cronologia -

Il porto sepolto comprende 32 poesie che presentano tutte l’indicazione del luogo e della data. La struttura
dell’opera è diaristica, ci consegna quindi un diario composto di istantanee di guerra che fotografa le
esperienze di quei momenti. Ad ogni modo le poesie de Il porto sepolto hanno avuto una lunga gestazione
(testimoniato dai carteggi avuti con intellettuali come Carrà, Prezzolini, Papini, Soffici, ecc.) e non sono solo
“poesie di guerra”. Tale raccolta, calibrata nella struttura, è varia, modificata più volte.

● La prima poesia contiene un epigrafe in memoria a Moammed Sceab


● La poesia finale dedicata ad Ettore Serra (che rese possibile l'edizione de Il porto sepolto)
● La seconda poesia è eponima al libro
● La penultima poesia è Italia e da l’impressione della ricerca dell’identità e della patria

Settima lezione

In memoria

Le parole hanno un rilievo visivo. Ungaretti scrive le parole come se incidesse su una pietra, scalfendola. Da
un punto di vista stilistico il verso è libero, slegato. La punteggiatura è assente. Questi elementi provengono
dalla sperimentazione delle avanguardie. Il porto sepolto è una raccolta sperimentale che accoglie alcune
innovazioni che provengono dalla cultura avanguardista ma al contempo recupera l’importanza della
tradizione lirica. La poesia ha valore mnestico, ha la funzione di tramandare.

Mariano

Si tratta di un viaggio conoscitivo all’interno dell’abisso verso un mistero che si pone incomprensibile. Della
poesia resta “quel nulla di inesauribile segreto”. Il segreto che si cela nel profondo della nostra anima è
incomprensibile e perciò inesauribile.

Italia

Il poeta è “un grido unanime” poiché riesce a farsi espressione della condizione di precarietà esistenziale di
una collettività. Il poeta è un uomo frutto di una serie di innesti culturali; la sua identità culturale è un mix
di più culture.

Commiato

Si tratta di un componimento che mette in evidenza la poesia in quanto tale. Alla poesia è attribuito un
compito generativo e nominativo rispetto alla realtà. La poesia è mondo, umanità, la vita d’un uomo,
dell’intera collettività.

I fiumi

Dismissione dell’individualità alla ricerca di un momento che supera la condizione di fragilità esistenziale, la
condizione di disarmonia, in vista di una possibile armonia con l’universo. Il bagno assume una
connotazione sacrale, rituale, battesimale. L’io diventa parte della natura, si riconosce in qualcosa di
grande. In Campana ci sono la condizione di disarmonia tra il sé e la realtà e la tensione verso la ricerca di
un mistero che possa condurre all’armonia

Elementi in comune con l’imagismo tramite l’haiku (cioè un componimento poetico nato in Giappone nel
XVII sec. composto da tre versi per complessive diciassette more, cioè sillabe)

● Presentazione diretta dell’oggetto (fenomeno della natura)


● L'immagine è colta in un istante di tempo
● Espressione essenziale e concisa
● L’immagine è collegata ad una sensazione e ad un complesso emotivo
● Mattina: m’illumino / d’immenso (scambio tra soggetto e oggetto (è un po’ come se a sorgere fosse
il poeta) - Si ha inoltre un prolungamento del suono attraverso la “L” e la “M” che presuppone un
lavoro sul significante tipico delle sperimentazioni avanguardiste)
● Soldati: Si sta come / d’autunno / sugli alberi / le foglie (Le foglie rappresentano una condizione
esistenziale)
Lind’oro di deserto (maschera della commedia dell’arte che rappresentava l’amore)

Viene rappresentata l’alba (un momento topico della poetica ungarettiana). In L’Allegria il sole che sorge
nella poesia Lind’oro è descritto attraverso analogie insistite e sinestesie. Quando la nebbiolina del mattino,
in campagna, si alza, viene descritta da Ungaretti “dondolo di ali in fumo mozza il silenzio degli occhi”.

Ottava lezione

Classicismo moderno e metafisica (il periodo tra le due guerre)

Alcune delle più importanti riviste che si diffusero in quel periodo:

● La Raccolta (1918-1919, direttore: Giuseppe Raimondi)

Ungaretti vi pubblicò Atti primaverili e d’altre stagioni

● La Ronda (1919-1923)

Rivista molto importante del periodo tra le due guerre, molto patriottica. Il comitato direttivo era
costituito da Cecchi, Bacchelli, Baldini, Montano, Barilli e Saffi. Dal 1920 Cardarelli e Saffi assunsero
la direzione della rivista.

Vincenzo Cardarelli vi pubblicò Prologo in tre parti in cui era affermato che l’arte non aveva funzioni
particolari ma funzione in sé; il classicismo moderno è complesso, a doppio fondo, non un mero
calco della tradizione.

De Chirico vi pubblicò Classicismo pittorico.

● Valori Plastici (1918-1922)

Si tratta della rivista della metafisica. Il direttore era Broglio e i collaboratori Carra, Savinio (fratello
di De Chirico) e De Chirico. Savinio vi pubblicò Fini dell’arte in cui precisava che per classicismo non
si intende il ritorno a forme precedenti bensì il raggiungimento alla realizzazione di un pensiero e di
una volontà artistiche che esigono la novità di espressione.

De Chirico vi pubblica Il ritorno al mestiere che conclude con la frase: “Pictor classicus sum”.

Alcuni dipinti di De Chirico

● De Chirico, L’enigma dell’oracolo

Sulla sinistra vediamo una statua senza testa che sembra “guardare” alla vastità dell’infinito spazio
che le si staglia innanzi. Lo spazio architettonico è geometricamente limitato ma al contempo
suggerisce spazi infiniti. Il dipinto fa riferimento ad un’atmosfera sospesa in cui un enigma da
svelare rimane taciuto. Vediamo un recupero degli elementi della classicità (edificio antico, statua
antica, tende tipiche di un teatro). Il dipinto suggerisce la presenza di qualcosa che va oltre, che
turba, qualcosa di fantastico e misterioso da risolvere.

● De Chirico, L’enigma d’un pomeriggio d’autunno (1910)

Gli elementi architettonici sono perturbanti, le proporzioni non sono rispettate (anche quelle tra le
ombre e gli oggetti che le proiettano). Si nota la reificazione delle persone presenti nel dipinto e il
paesaggio sembra immobile e sospeso in attesa di una qualche rivelazione (L’ora della rivelazione di
Nietzsche è una lezione importante del periodo)

● De Chirico, L’enigma dell’ora


Offre un'impressione di sfasamento prospettico che perturba la visione dell’osservatore.

Carlo Carrà scrive l’opera Pittura metafisica a Milano (con Ungaretti e Savinio - Ungaretti portò a Valecchi il
manoscritto di PIttura metafisica insieme al suo manoscritto Allegria di naufragi) e fu pubblicata nel 1919
da Vallecchi. Carrà si troverà in disaccordo con De Chirico sulla concezione della metafisica.

Ungaretti scrive Verso un’arte nuova classica. Prefazione alla seconda ed. del Porto sepolto, “Il popolo
d’Italia” (1919).

Soffici da intellettuale cosmopolita diviene fervente nazionalista.

Le caratteristiche principali del periodo:

● Rapporto con la tradizione → Recupero della lezione dei classici in rapporto con la modernità,
recupero delle forme della tradizione (es. verso trad.), recupero del mito
● Nuova concezione del tempo → Immobilità, stasi → enigma, mistero, rivelazione, epifania

Montale

Eugenio Montale nacque nel 1896 a Genova e muore nel 1981 a Milano. Egli durante la una vita rimase a
Genova per molto, ha una particolare formazione ligure inerente non all’ambito umanistico bensì alla
ragioneria e alla musica (canto). Montale partecipa alla guerra nel 1917 e conosce Sergio Solmi. Pubblica le
sue prime poesie su “Tempo” e nel 1927 si trasferisce a Firenze dove vivrà fino al 1948. Lavorò presso la
casa editrice Bemporad e poi come direttore al Gabinetto di Vieusseux (dal 1929 al 1938) dopodiché venne
licenziato per non essersi iscritto al partito fascista. Il Gabinetto Vieusseux è un’istituzione storica che
deriva il suo nome da Vieusseux e che ha visto e continua a vedere numerosi dibattiti, presentazioni, ecc. (è
situato in Piazza Strozzi); a Vieusseux è collegato l’archivio contemporaneo Bonsanti (altro personaggio di
spicco) dove sono depositate le lettere di Irma Brandeis e Montale. Nel 1948 si trasferì a Milano e lavorò
presso il Corriere della Sera (con cui aveva già lavorato).

Le opere principali di Montale

● Gli ossi di seppia (1925)


● Le occasioni (1939)
● La bufera e altro (1956)
● Satura (1971)

Tra una raccolta e l'altra non passarono troppi anni; Montale anticipava alcuni testi in plaquette, piccole ed.
che anticipavano piccoli componimenti prima dell'uscita del volume.

Prima parte del libro Ossi di seppia → C’è un datato saggio di Mengaldo in cui viene presa in considerazione
l’opera di Montale (da studiare i primi tre cap. I. Genesi e storia, II. Strutture, III. Temi) - la cronologia è da
leggere per saper contestualizzare - la bibliografia è da considerare

1925: I ed. Gobetti (Torino) comprende componimenti tra 1921 e 1924

1928: II ed. con introduzione di A. Gargiulo (Torino, Ribet) che comprende sei poesie in più scritte tra il 1926
e il 1927 e che presenta delle differenze strutturali interne rispetto alla precedente ed.

Il titolo originariamente era Rottami dopodiché Montale optò per Ossi di seppia perché:

1. Faceva riferimento alla condizione di felicità naturale (gli ossi galleggiano sul mare)
2. Gli ossi sono scarti, frantumi, rottami che il mare getta sulla riva (scarnificati dal mare) - opposizione
tra terra e mare
Il titolo procede in continuità con la tradizione ligure (Boine: Frantumi, Sbarbaro: Pianissimo, Trucioli,
Scampoli) in riferimento alla “poetica dello scarto”.

Nona lezione

Montale - Ossi di seppia

Montale utilizza principalmente il verso endecasillabo, scrive quartine e fa uso di rime al mezzo, assonanze,
consonanze, ecc. Montale recupera gli istituti metrici della tradizione e li rinnova (possiamo osservarlo in
Ossi di seppia). Montale fa riferimento al tempo della coscienza e del soggetto (correlato con la filosofia di
Bergson). Il tempo della stasi è il preludio della rivelazione di un mistero che si cela dietro la realtà.

Montale in più interviste definisce gli Ossi di seppia e le Occasioni come canzonieri, cioè come dei libri di
poesia dotati di una loro differenza strutturale, individuando tra l’altro un raccordo interno tra i primi tre
libri (Ossi di seppia, Occasioni, Bufera ed altro). All'indomani della pubblicazione dei Satura Montale
riassume il senso della sua produzione così: “Ho scritto un solo libro, di cui prima ho dato il recto, ora do il
verso”.

Montale utilizzò il corsivo per alcune poesie: quelle incipitali (come In limine) e quelle di congedo (come
Riviere). Ecco le prime opere di Montale:

● Ossi di Seppia
● Mediterraneo (poemetto diviso in otto movimenti, dall’accordo al disaccordo con il mare)
● Meriggi ed ombre
● Riviere

Dopo aver composto gli Ossi di seppia Montale si avvicinò al contingentismo di Boutroux che conobbe
meglio di Bergson. Immanenza e trascendenza.

In Limine (poco prima dell’estate 1924)

Strofa 1

● Godi → Il verbo è all’indicativo o all’imperativo, ad ogni modo, è sottinteso il pronome personale tu.
Godi sta per sii felice, vivi con pienezza.
● il vento → Entra in una zona chiusa, limitata, circoscritta in un limite (richiama il titolo)
● pomario → Si tratta di un latinismo e quindi di una parola che non appartiene all’uso comune
(Montale usa un lessico ricercato) deriva da pomerium (confine sacro della città di Roma) e indica
un frutteto (luogo dove affonda un morto viluppo di memorie)
● reliquiario → Montale intende un contenitore di reliquie (sacre perché tramandano la memoria di
qualcosa), cioè frammenti luttuosi di passato.

Strofa 2

● Il frullo → Movimento vorticoso (tipo quello delle ali degli uccelli quando questi iniziano a librarsi in
volo).
● grembo → In riferimento alla generazione della vita.
● un crogiuolo → Contenitore in cui venivano mescolati gli elementi durante i processi alchemici; si
tratta del luogo della trasformazione e della mescolanza e si riferisce alla vita.

Strofa 3
● Un rovello → Circoscritto nella realtà del pomario, si tratta di un riferimento all’esistenza
circoscritta entro le ferree leggi della natura. Il rovello quindi è la vita in quanto tormento, mistero.
● muro → Questa parola fa rima con futuro (ultima parola della strofa), si nota un parallelismo a
livello di significato (il muro in contrapposizione al futuro).
● Se procedi → Cioè se continui il cammino e la ricerca senza arrenderti all’inesorabilità del muro e
alla inesplicabilità del rovello.
● tu → Il pronome è enfatizzato poiché è posto all’inizio del verso e si trova a metà del
componimento.
● fantasma → Si tratta di un riferimento alla dimensione della trascendenza, il fantasma è
l’apparizione del miracolo, la prova dell’esistenza di un mondo oltre a quello terrestre. Il fantasma è
la rappresentazione figurativa dell’intersezione tra immanenza e trascendenza, rappresentativo di
una speranza di accedere al mondo dell’oltre.
● le storie, gli atti → Cioè il passato, ciò che è stato già fatto e già vissuto, ciò che non si può cambiare
e che si annulla nello scorrere del tempo lasciando spazio agli avvenimenti futuri.

Strofa 4

● Cerca → In correlazione con Godi della prima strofa


● maglia rotta → La possibilità miracolosa di scampo, di salvezza.
● rete → Replica l’immagine di prigionia già evocata dal muro.
● ora la sete mi sarà lieve, meno acre la ruggine → Montale scrive sete per desiderio e ruggine per
risentimento, infelicità.

Il futuro è visto come emblema della legge di necessità che governa la realtà.

Decima lezione

Non chiederci la parola (10 luglio 1923)

La poesia non presenta un vero e proprio titolo (come accade per quasi tutti i componimenti che fanno
parte di Ossi di seppia), la poesia è conosciuta per il verso incipitario (Non chiederci la parola che squadri da
ogni lato).

1. Strofa

Il primo verso si apre con una negazione: non chiederci la parola: l’animo è informe e perciò
impossibile da squadrare e ridurre entro i limiti. La parola che squadri da ogni lato l’animo nostro
non esiste ed è in chiara antitesi al forte modello della parola dannunziana.

2. Strofa

In questa strofa emerge la fortuna dell’uomo che sicuro di sé e del mondo esterno che lo circonda
percorre la strada della sua vita senza preoccuparsi; anche la sua ombra, cioè la sua anima, l’altro
che ha in sé, lo spaventa. L’ombra rappresenta il contrasto tra negativo e positivo, tra pieno e
vuoto.

3. Strofa

La strofa si apre con una negazione proprio come nella prima strofa. In quest’ultima strofa viene
meglio precisato quanto detto nella precedente; il lettore non può domandare al poeta un
messaggio rivelatore, nemmeno una parola piena, bensì qualche storta sillaba oppure un
frammento di parola. L’immagine del ramo secco suggerisce l’aridità così come il muro scalcinato
della strofa precedente.

Il mondo come volontà e rappresentazione di Schopenhauer


Per Schopenhauer si potrebbe accedere alla vera “realtà della realtà” squarciando il velo di Maia ma ciò
non è possibile così -

Forse un mattino andando (luglio 1923)

1. Strofa

Per un attimo il poeta ha la vertigine della consapevolezza voltandosi. Il miracolo è negativo,


diverso da quello presente in altri componimenti dell’opera.

2. Strofa

Il poeta coglie per un attimo la realtà apparente che lo circonda, dopodiché, velocemente tutto
assume di nuovo le consuete e fittizie sembianze di una realtà ingannatrice.

→ Il poeta si pone il problema di quel quid oltre la realtà

Montale e il correlativo oggettivo

Spesso il male di vivere (probabilmente nel 1824)

1. Strofa

Il male di vivere viene rappresentato attraverso una serie di immagini terrestri contraddistinte da
aridità.

2. Strofa

“Bene non seppi” dove bene è una divina indifferenza. Le differenze vanno progressivamente verso
la dimensione dell’alto (meriggio, nuvola, falco)

Meriggiare pallido e assorto (1916, corretto nel 1922)

1. Strofa

Il verbo è usato all’infinito (infinito acronico riferito al soggetto) per introdurci in una condizione
temporale indefinita dando una sensazione di dilatazione temporale.

Il muro indica il limite, il confine entro cui è circoscritta l'esistenza. La parola rovente rimanda
all’aridità. Sono presenti assonanze e consonanze che riproducono l’assolato paesaggio ligure
descritto.

2. Strofa

Viene descritto il paesaggio ligure (veccia: bassa vegetazione selvatica) e si fa riferimento alle
formiche e alle biche che creano.

3. Strofa

Il verbo osservare fa riferimento alla dimensione visiva mentre palpitare a quella auditiva. La
visione del mare è sempre positiva.

4. Strofa

La realtà è invalicabile e ciò ci viene comunicato attraverso il paesaggio caratterizzato dalla


presenza di aguzzi cocci di bottiglia lungo il muro.
Paesaggio, Ungaretti (Sentimento del tempo)

La prima idea fu elaborata nel 1920, poi rielaborata nel 23 e poi anche negli anni successivi

C’è da dire che in questo periodo il poemetto in prosa gode di maggior fortuna rispetto alla
poesia.Ungaretti collega il paesaggio a dei momenti della giornata che a loro volta sono collegati a delle
sensazioni e dopodiché alle tappe della vita dell’uomo.

● Mattina → infanzia/adolescenza →Primavera →Allegria


● Meriggio → maturità/pienezza dell’essere →Estate → Sentimento del tempo
● Sera → inizio del declino → Autunno → Dolore
● Notte → vecchiaia/morte → Inverno → Terra promessa

Cigola la carrucola del pozzo (1924 forse)

1. Strofa

L’idea è quella di attingere alle profondità della memoria da cui si concretizza un’immagine

2. Strofa

Il passato si deforma e si fa vecchio. La memoria si inceppa, non ricorda tanto, non riporta alla luce
la storia dandocene una visione unitaria, conseguente. La memoria è quasi più oblio che ricordo, è
intermittente. Tale aspetto è centrale nell’opera Occasioni.

3. Strofa

La distanza tra l’io e l’immagine riflessa nell’acqua del secchio diventa incolmabile. Petrarca fece
vivere Laura tra passato e presente, nel ricordo; con Montale questo meccanismo si inceppa poiché
la memoria non è più qualcosa di positivo e non funziona in maniera lineare.

Undicesima lezione

Tema della memoria/ricordo

Crisalide, Meriggi e ombre

Nel titolo della raccolta tornano i temi topici del meriggio e dell’ombra (tale sezione inizialmente era
intitolata solo Meriggi). Montale nella revisione della seconda ed. non segue una determinata cronologica
ma segue la linea di una continuità romanzesco narrativa simile a quella presente negli Ossi di seppia dove
viene narrata la storia della ricerca dell’animo informe dell’uomo il quale non può avere un’identità unitaria
e priva di dubbi. La figura del poeta è colui che ha la consapevolezza della condizione di crisi dell'identità e
anche esistenziale che lo attanaglia, il poeta si rende conto del nulla che sta dietro all’inganno della realtà
fenomenica; questo tipo di poeta è tipico della tradizione simbolista (cfr. Campana). Il simbolista è colui che
sa cogliere l’aspetto inconsueto della realtà consueta, colui che sa percepire un mistero.

Meriggi e ombre si apre con un componimento intitolato Fine dell’infanzia e ciò ci fa comprendere l’uscita
dal periodo dell’infanzia del poeta il quale utilizza Arsenio (personaggio inventato dell’autore).
La terza sezione è aperta dalla poesia Crisalide riguardante il tema della memoria, del varco, della
possibilità del miracolo poi negata (vista nella poesia In limina) e risale al 1924 (Meriggi e ombre raccoglie
componimenti del 1924, 1926 e una del 1928).

Crisalide richiama un’immagine forte, quella della trasformazione, della metamorfosi. Il tema cardine è
ancora una volta quello del rapporto tra le ferree leggi dell’universalità e la libertà individuale dell’uomo.

Analisi del componimento

Sono presenti parallelismi con la poesia In limine riguardo al concetto della vita che irrompe in uno spazio
chiuso. Il poeta è come in attesa di un miracolo; il meriggio è il solare avvenimento verso cui egli protende.
limbo squallido delle monche esistenze →Questa espressione registra un’impossibilità della piena
realizzazione esistenziale che rimarrà sempre un tentativo incompiuto.

Tutto ciò che pare un prodigio è un prodigio fallito; si tratta dello scacco esistenziale. L’Io ha natura
informe.

L’ora febbrile del meriggio, il sole caldo, termina e dà spazio alle nubi, si ricade nell’ombra e avviene lo
scacco esistenziale.

Casa sul mare (1924)

Probabilmente dedicato a Paola Nicoli. Il topos è quello della memoria come viaggio.

La carrucola e il pozzo fanno riferimento all’andamento del ciclico del tempo che si ripete inesorabilmente.
Il viaggio concreto è metafora della fine della vita, il viaggio dell’esistenza. Il mare increspato dalle onde ha
una parte che emerge, cioè gli avvallamenti (conche) prodotti dalle onde. L’ora del meriggio è l’ora del
torbido in cui si compie il destino esistenziale. La spirale che si svolge all’infinito è l’immagine attraverso la
quale si descrive il tempo che si ripete, l’alternanza del giorno e della notte, l’incedere inesorabile del
tempo regolato dalle ferree leggi che muovono l’universo.

Dopo Casa sul mare è presenta una poesia intitolata I morti che indaga il tema della zona liminare tra vivi e
morti in cui entra in gioco anche il tema della memoria poiché i morti sono tenuti in vita dalla memoria dei
vivi. Difficile è capire quali siano i veri pronunciati dai vivi e quali quelli pronunciati dai morti; si crea una
dimensione liminare in cui abbiamo i morti che vengono convocati in vita dai vivi i quali vivono una vita
contrassegnata dall’incertezza. In merito a ciò possiamo pensare a Dubliners di Joyce il quale scrive il
racconto I morti i quali sono vivi nella memoria dei vivi in una zona intermedia (una sorta di limbo) che
comprende tanto i vivi quanto i morti.

Epifania → rivelazione, qualcosa di significato ulteriore che si palesa in un attimo e che torna alla memoria
spalancando un significato ulteriore nel presente per poi svanire tra le dita non riuscendo a formalizzarsi.

Un ricordo che squarcia il presente e porta un significato ulteriore è presente ne I morti di Joyce: Siamo nel
periodo di Natale e si tiene una festa alla quale sono invitati Gabriel e sua moglie i quali abitano lontano e
decidono di fermarsi in albergo. Il marito aspetta la moglie all'ingresso ma lei si ferma sulla scala
all’improvviso e proprio in quel momento il tenore suona una vecchia canzone inrlandese: la moglie piange
poiché la canzone porta alla moglie un ricordo che incide sul presente. Gabriel scopre che la moglie aveva
uno spasimante che tutte le sere le cantava quella canzone - il ragazzo morì di polmonite e ciò sconvolse la
moglie creandole un trauma.

Il ricordo spalanca dei territori di indagine di domande - il ricordo è una memoria involontaria che agisce sul
presente. Il giovane uomo viene convocato nella vita di Gabriel e sua moglie diventando in qualche modo
protagonista.
Incontro (1926, conclude la raccolta Meriggi e ombre, viene aggiunta nella seconda ed. del libro)

Tale poesia dà la conclusione al romanzo autobiografico degli Ossi di seppia.

Dal componimento emergono due visioni della città: una espressionistica (2 e 3 strofa - descrizione simile
alla città di Sbarbaro - uomini incappucciati camminano per la città come alghe) e una

Nella 5 strofa notiamo la donna che si trasforma in una sorta di metamorfosi vegetale; si tratta di un breve
miracolo, incerto e inconsistente (cfr. Clizia ne Le occasioni - portatrice di valori etici e morali).

La natura può garantire una possibilità di armonia tra l’Io e il mondo mentre la città invece è un luogo di
smarrimento.

Dodicesima lezione

Le occasioni

● 1939 → I ed.
● 1940 → II ed. (accresciuta di pochi testi)

Comprende poesie composte da dal 1928 al 1940 più del 1926. Nella raccolta Montale dà ampio spazio
all’utilizzo di oggetti-emblema e per quanto riguarda il trattamento del tempo fa spesso ricordo all’epifania
che si connota come “ricordo involontario”.

Montale collabora con la rivista Solaria la quale prevedeva un’apertura molto importante alla letteratura
europea.

Montale recupera la lezione classica e lo stile petrarchesco i quali si sentono maggiormente rispetto ai
componimenti di Ossi di seppia. La recensione/saggio dedicata a Figure e canti di Saba, Montale fa
riferimento a come la voce dei classici possa rinascere in Saba e in generale nei poeti contemporanei; da
una parte si ha quindi un classicismo deteriore definito da Montale e non solo come neoclassicismo
(periodo fascista), dall'altra si ha la voce dei classici che appunto rinasce nei poeti contemporanei, tant’è
vero che Montale definisce quest’ultimo tipo di classicismo con il termine di classicismo sui generis/quasi
paradossale (paradossale nel senso che, in def. ossimorica di classicismo moderno si guarda ai classici ma
contemporaneamente si è proiettati verso qualcosa di nuovo).

Concezione del tempo - epifania

Tiziana De Rogatis osserva come l’epifania si può trovare in:

● Le intermittenze del cuore di Proust


● Le epifanie di Joyce
● I momenti d'essere di Woolf
● Le illuminazioni di Elliot

L’epifania è una memoria involontaria che si attiva a causa di un’occasione-spinta spesso rappresentata da
oggetti che hanno funzione di emblemi.

La figura della donna è importante in quanto rappresenta l’occasione incarnata (secondo De Rogatis); la
donna è sempre in bilico tra presenza e assenza laddove la sua presenza ritorna magicamente ma solo per
frammenti, ad esempio, oggetti che si caricano di una eternità d’istante (coesistenza di quotidiano: tutto nel
tempo e di assoluto: fuori dal tempo).

Le occasioni sono giocate sull’opposizione e sul rapporto dialettico tra due ambienti: quello interno e quello
esterno. Spesso l’interno è un luogo sentito come protetto, l’esterno è il luogo da cui proviene la minaccia.
Bergson ha una duplice concezione del tempo: c’è un tempo della vita e un tempo della coscienza
(quest’ultimo è un groviglio)

● Collana di perle →
● Valanga →

Bergson fa un interessante discorso sulle immagini in relazioni al ricordo (cfr. Cigola la carrucola nel pozzo);
Bergson concepisce la materia come un insieme di immagine, un immagine è qualcosa che sta a metà tra
concreto e immaginario (Es. da Sartre, L’immaginario 1947→ l’immagine è situata a metà strada tra la cosa
e l’immaginazione - Paul è un mio amico e in sé la sua persona, è mia amica; la sua foto è la
rappresentazione del mio amico Paul e come lo è la foto lo sono anche un racconto su di lui, un suo dipinto,
ecc. - se io penso a Paul potrebbe materializzarsi nella mia mente l'immagine di Paul e lo statuto di
quell’immagine nella mia testa è una via di mezzo tra la cosa in sé e la sua rappresentazione). L’immagine si
situa a metà tra la cosa e la rappresentazione poiché da un lato è un’esperienza percepita dal corpo nel
momento presente e nella sua materialità, dall’altro la percezione motoria richiama alla mente una
memoria più profonda. Bergson percepisce il ricordo come un mix tra spirito e materia, il ricordo partecipa
di due nature: quella materiale e quella spirituale.

Accenni riguardo alla struttura de Le occasioni:

Le occasioni hanno una struttura simile a quella degli Ossi di seppia: si ha una poesia incipitaria, alla sezione
degli ossi corrisponde quella dei mottetti. Le occasioni non presentano la ricerca dell’Io come negli Ossi di
seppia, la fisionomia del racconto è maggiormente sfaldata, c’è meno tendenza al romanzo autobiografico.

La casa dei doganieri (1930, fa parte della plaquette del 1932)

La donna non ricorda. La bussola va all’avventura, non ci sono più punti di riferimento e il calcolo dei dadi
infatti non torna. Probabilmente la donna è morta, appartiene al passato e quindi altro tempo frastorna la
sua memoria. La donna non tiene più il filo, essendo morta, così il poeta tiene un capo del filo da solo senza
possibilità di svolgere il ricordo.

Il carnevale di Gerti (1928, fa parte della plaquette del 1932 e fa il paio con Dora Markus)

La donna è in carrozza e sta attraversando i Lungarni il giorno di Carnevale. Il ricordo che la donna ha del
suo paese si tinge di tinte favolose. Viene ricordata da Gerti un’usanza di Capodanno della sua città secondo
la quale si fondeva il piombo per poi metterlo in acqua fredda e osservare la forma che il metallo avrebbe
preso poiché avrebbe significato un particolare pronostico per l’anno nuovo. A questo punto all’interno
della bolla del ricordo il tempo si confonde, si frammischia e Gerti non capisce se è Gennaio o se è Febbraio,
se è quindi Capodanno o Carnevale. Gerti vive un ricordo nato nell’occasione del Carnevale.

Negli Ossi di seppia era come se si cercasse davvero di scavalcare un muro per raggiungere un’altra
dimensione mentre ne Le occasioni il tempo viene come “bucato” durante i disguidi del possibile attraverso
i quali il tempo viene percepito come eterno.

Tredicesima lezione

Le Occasioni

● I ed. → 1939
● II ed. accresciuta → 1940 - contiene i componimenti dal 1928 al 1940 più due componimenti del
1926 (Vecchi versi e la prima parte di Dora Markus)
● La casa dei doganieri e altri versi (Firenze, Vallecchi, 1932) → comprende La casa dei doganieri,
Cave d’autunno, Vecchi versi, Stanze e Carnevale di Gerti
Dora Markus è importante poiché è un componimento che precisa la figura femminile insieme alla poesia
Carnevale di Gerti.

Le occasioni hanno delle caratteristiche che tendono al romanzo come l’approfondimento della figura
femminile multipla e sfaccettata ma anche il viaggio, elemento molto importante, costitutivo.

Le donne Gerti, Dora Markus, Liuba sono accomunate dall’incertezza esistenziale, dalla cultura ebraica,
collegate al culto della mittel Europa

Le occasioni è divisa in quattro sezioni:

1. La prima sezione comprende figure di donna e immagini di paesaggi


2. La seconda sezione comprende dei mottetti di contenuto sacro e amoroso (cerca Clizia) giocati sulla
dialettica dell’assenza/presenza, dannazione/salvezza, /disvalore/valore, tenebra/luce,
immobilità/movimento
3. La terza sezione comprende un poemetto intitolato Tempi di Bellosguardo
4. La quarta sezione comprende poesie più impegnative che preludono alla Bufera (la Seconda Guerra
mondiale, evento storico e traumatico ma anche una bufera cosmico esistenziale che riguarda
l’umanità)

Le occasioni (C. De Rogatis) → Saggio di Blasucci Gli oggetti di Montale (facoltativo), l’introduzione di De
Rogatis è da fare, (titolo e poetica della raccolta, il punto sulle figure femminile e sulla civiltà assediata dalla
barbarie, l’importanza di Foscolo e Dante (non considera la componente petrarchesca), il punto facendo rif.
a Tiziana De Rogatis → classicismo moderno - tecniche stilistiche, lingua e ricezione si possono tralasciare).

Dora Markus (1926/1939)

Dora probabilmente è stata a Ravenna con il poeta ed è assalita dalla irrequietudine del suo viaggio di
ritorno a casa. La figura femminie è caratterizzata dai viaggi, dagli spostamenti, dalla irrequietudine.
L’amuleto di che Montale cita nel componimento richiama il tema dell'oggetto-emblema che rispecchia la
donna stessa - la cultura ebraica delle donne non esplicitamente manifesta.

Mottetti

Composizioni molto brevi caratterizzate soprattutto dalla alternanza tra assenza/presenza laddove
ovviamente la presenza ha connotazione positiva mentre l’assenza ce l’ha negativa. Il varco, il prodigio, è
rappresentato dalla presenza o meno della donna poiché questa è l’occasione incarnata.

Il poeta non era più la maglia rotta nella rete e non spera di trovarla per la donna bensì si concentra su un
oggetto, un pegno, un amuleto che li testimoni la presenza della donna salvifica, che appunto salva il poeta
(senza la sua presenza l’inferno è certo, la sua presenza è garanzia di senso).

Nei Mottetti si nota una geografia complessa (Ravenna, Modena, Firenze, ecc.)

La speranza è sempre nella presenza della donna, va e viene, arriva a barlumi e improvvisamente scompare.
Il poeta cerca di comprendere se la realtà che si accampa come una schermo sia qualcosa che gli preclude
per sempre la visione della donna oppure se al contrario lo schermo di immagini celi in sé uno schermo
della donna anche se quest'ultimo è labile, impercettibile deformato. La donna è spesso connessa ad
oggetti luminosi, spiragli.

Il segno è qualsiasi cosa che possa testimoniare la presenza della donna, ad esempio un raggio di sole. Il
rumore lieve d’un passo (forse proveniente da lei) testimonia la presenza della donna. L’attesa che la donna
si rivede attraverso un segno è una caratteristica fondamentale dei mottetti - questi elementi, presenti ne
Le occasioni (ma anche Il sentimento del tempo di Ungaretti) costituiscono i due modelli principali in cui si
esemplifica in gran parte il linguaggio della koinè poetica ermetica.
Dagli anni 40 fino al 47 del ‘900 il linguaggio dell’ermetismo si diffonde e istituisce un canone poetico.

La direzione della poesia, in questi anni, è molta diversa da quella della prosa. La prosa, durante il secondo
conflitto mondiale, vede il diffondersi del fenomeno del neorealismo. In ambito poetico il fenomeno del
neorealismo è molto meno esteso per cui negli anni 50 nella prosa dominano la poetica del realismo e del
neo realismo mentre in poesia a dominare è il canone ermetico che però nei primi anni 50 comincia ad
essere messo progressivamente in crisi da una linea diversa: la poetica dell’oggetto. Questa aveva il suo
capofila in Montale (Le occasioni → La bufera e altro) e nella grande tradizione anglosassone si Eliot e
Pound. Tra fine anni 40 e primi anni 50, quindi, si svolge un cambiamento importante sia per la prosa che
per la poesia.

Clizia è esplicitamente connessa alla figura della donna-angelo, della Cristofora. Un motivo esplicito dei
mottetti è il Dante delle Rime, della Vita Nova, il Dante stilnovista che tratta della donna-angela ripresa
appunto da Montale. La donna proviene dalle distanze siderali del cielo, dell’oltremondo, delle sfere celesti.
La donna angelo arriva sulla Terra per annunciare l’ora della rivelazione. Gli “uomini massa” non riescono a
percepire i segni della donna, non si voltano.

N.B. (chiarimenti a lezione)→ In Meriggi e ombre il meriggio domina come momento propizio alla
rivelazione mentre ne Le occasioni l’alternanza tra luce/ombra è parallela all’alternanza presenza/assenza -
la rivelazione è connessa alla donna (la donna è rivelazione in senso molto criptico, la rivelazione non è mai
disvelata completamente, la donna è presenza di senso) che può o non può essere presente. La donna è
connessa alla rivelazione in modo differente alla rivelazione ricercata in Meriggi e ombre.

Nuove stanze (1939)

La parola “stanze” fa riferimento a due significati: l'organizzazione metrica in cui è organizzata la canzone
(forma illustre della tradizione letteraria italiana) ma anche un luogo chiuso, interno, che è lo scenario
illustrato nel componimento.

Il fatto che sia rispettata classicamente la struttura metrica ha anche a che vedere con il tema della poesia,
ovvero un popolo che sta per essere aggredito dalla barbarie della storia che minaccia e sta per incombere
dall’esterno verso l’interno; il poeta a ragion di ciò difende la cultura di un popolo con le sue armi e cioè la
sua poesia. Il poeta attua una difesa con le armi della nostra tradizione umanistica. La protagonista del
componimento è una donna che incarna i valori etici e morali che si possono opporre alla cieca brutalità
della guerra che bussa alle porta (ecco ciò che Clizia dovrebbe fare).

Le assonanze, le consonanze e le linee al mezzo ci fanno notare che la poesia è molto elaborata.
L’immagine descritta è quella di una donna fumatrice che spegne la sua sigaretta in un posacenere di
cristallo mentre gioca a scacchi con un uomo. Il fumo della sigaretta spenta sale verso il soffitto in una
spirale di fumo che crea come delle figure che sono “osservate dalle pedine della scacchiera”.

La donna non è descritta ma sono descritti alcuni oggetti (amuleti) legati alla donna (Clizia): posacenere in
cristallo, anelli preziosi

Le forme che il fumo crea ricordano una cittadella medievale molto simile ad un’ideale città delle lettere
(cfr. Solaria titolo rivista) il miraggio creato dal fumo scompare improvvisamente perché nella stanza chiusa
entra un soffio di vento dall’esterno (attraverso la finestra) che disperde il fumo.

La tregenda (convegno notturno infernale) ha una connotazione negativa e fa riferimento ad un evento


nefasto che si sta preparando e che non conosce il potere di Clizia. Clizia sa delle cose, ha il potere di capire
la situazione.

La scacchiera tradizionalmente rappresenta la logica e la razionalità e Clizia è l’unica che riesce ad avere una
visione complessiva di ciò che sta accadendo sulla scacchiera della quale solo lei può e sa comporre il senso.
C’è però anche una scacchiera esterna, quella della guerra. Pochi hanno compreso verso quale catastrofe si
stava andando ma Clizia capisce il senso della posta in gioco.

La follia di morte è la guerra, irrazionalità cieca che porta alla morte. Tale follia non si riesce facilmente a
placare. Il lampo dello sguardo di Clizia (attraverso il quale si manifesta il suo potere) non è poca cosa, però
non è del tutto sufficiente - il poeta quindi spera in altre armi per opporsi alla guerra imminente e spera che
il caso l’assista come ha già fatto altre volte per confondere la tregenda che si prepara. Clizia viene
chiamata a difesa della nostra civiltà che sta per soccombere per la guerra.

Clizia conosce il senso della scacchiera, comprende la tragedia che si sta preparando nonostante il poeta un
tempo aveva dei dubbi - il poeta adesso spera che la donna e altri fuochi possano contrastare la bufera, la
guerra.

Nella strofa conclusiva si ribadisce la fiducia del poeta in Clizia, donna che con il suo sguardo di sfinge si
oppone alla barbarie. Lo sguardo d’acciaio di Clizia può resistere allo specchio ustorio (specchio usato per
riflettere la luce e dare fuoco a qualcosa) cioè la barbarie, la guerra. Chi si allea alla donna sopravvive grazie
alla sua capacità di resistenza.

Quattordicesima lezione

La bufera e altro (sono necessarie solo le fotocopie fornite dalla professoressa)

● 1956: I ed. Venezia, Neri Pozza


● 1957: II ed. Mondadori
● 1943(anno difficile, anno dell’armistizio): Finisterre (Svizzera, Collana di Lugano)
● 1945(dopo la liberazione): Firenze, Barbera

Da fare è l’introduzione a La bufera e altro di Niccolò Scaffai (fornita dalla prof.) il quale tratta del
“Manierismo di Montale” (ipotesi critica da scorrere velocemente). Per Manierismo di Montale si intende
l’utilizzo che il poeta fa di topoi utilizzati da altri autori nelle loro opere. Il Manierismo è una corrente della
crisi, riprende elementi, topoi, figure della pittura rinascimentali proponendoli come citazioni all’interno di
opere attuali. Montale cita sé stesso e questo processo viene spiegato e denominato appunto Manierismo
di Montale.

Spiegazione del titolo

● La bufera → fa riferimento alla guerra che è intesa sia come una vicenda storica (la II Guerra
Mondiale) sia come un evento cosmico (di sempre, di tutti, la guerra in generale).
● e altro → indica la varietà e la discontinuità di ciò che c’è nella raccolta

Il registro della raccolta è tragico ma anche talvolta elegiaco (sublime - Cizia) e talvolta comico-realistico ma
anche

Drusilla Tanzi era una giovane scrittrice sposata con Matteo Marangoni (musicista) che frequentava il
circolo di Solaria. Mentre Montale frequenta Drusilla inizia a frequentare anche Irma Brandeis (cioè Clizia)
con la quale intrattiene incontri intimi e scambi epistolari. Irma parte nel 1938 per gli Stati Uniti. Le lettere
tra Montale e Irma sono utilissime per comprendere molti componimenti del poeta.

Appena Montale si trasferisce a Milano per lavorare con il Corriere della sera incontra Maria Luisa Spaziani
(Volpe) che era una poetessa con la quale intrattenne una relazione sentimentale e un ricco scambio
epistolare.

Nella sua opera La bufera e altro le donne si alternano talvolta…

● Volpe → In direzione della terrestrità (parte autobiografica)


● Clizia → Cristofora (parte del Canzoniere)

La struttura de La bufera e altro viene redatta da Montale nel 1950 (già aveva pubblicato Finisterre) anno in
cui il poeta vinse il premio San Marino.

1. Finisterre (1940-42) titolo apocalittico allusivo alla fine del mondo, riferito alla guerra. Le poesie
risultano in continuità con Le occasioni
2. Dopo inizia a profilare quell’ “altro” che segue l’armistizio del ‘43 e profila i temi della Resistenza e
della ribellione
3. Intermezzo
4. Flashes e dediche comprende poesie datate tra il 1948-54. Molti testi si riferiscono a luoghi visitati
dal poeta durante come inviato del Corriere (compare la figura di Volpe)
5. Silvae comprende poesie datate tra il 1946-50. Originariamente questa sezione doveva intitolarsi
L’angelo e la volpe insieme alla sesta sezione ma poi è stata suddivisa in Silvae e Madrigali privati.
Le Silvae sono un genere latino utilizzato da Stazio nel tentativo di allargare il campo della lirica a
motivi non amorosi e di inserirvi tutta una nuova selva di temi spontanei e occasionali → Iride,
Clizia si annulla in DIo, l’Anguilla terrestrità.
6. Madrigali privati si tratta di un genere caratterizzato dall’aspetto erotico-individuale - le poesie
sono datate tr ail 1949-50 - in tali poesie Volpe è l’antibeatrice, il riscatto è solo individuale
7. Conclusioni provvisorie comprende i componimenti del 1953-54 ovvero Piccolo testamento
(catastrofe civiltà occidentale) e Sogno del prigioniero.

Ballata scritta in un clinica (1945)

Mosca (Drusilla Tanzi) è affetta da una malattia alle ossa che attacca la colonna vertebrale (il paziente deve
essere sottoposto a delle cure e deve essere ingessato). Il componimento fa parte della sezione Dopo

Con l’espressione “manichino di gesso” Montale ha fatto riferimento ai manichini di De Chirico.

Il bulldog (cane da tori, il toro è l’elemento connesso alla guerra che appunto è da sconfiggere) di legno
amuleto connesso a Mosca e che per lei aveva un valore scaramantico. La sveglia sul comodino ha una
particolare luce che illumina la notte e il fosforo delle lancette che richiama un po’ il flash ha un valore
positivo all’interno della poesia. Questi due elementi sono solo il poco che basta per chi vuole forzare la
porta stretta e uscire all’aperto.

Gli eventi legati alla biografia del poeta si intrecciano a quelli della storia.

Lasciando un dove ()

La poesia fa parte della sezione Flashes e dediche. Montale attraversa la manica in aereo e atterra vicino ad
una cattedrale in Inghilterra. Il nome dell’aereo era Dove (colomba).

Il bruno indica un modello di donna più terrestre, in carne ed ossa.

Iride ()

Una poesia di tipo onirico/metafisica che Montale scrisse. La donna è Iride, messaggera tra cielo e terra
(arcobaleno). La figura femminile è qualificata nella sua funzione oltremondana.

Inizio secondo modulo (Turi)


Prima lezione

Seconda lezione
I 23 giorni della città di Alba viene letto e apprezzato da Cavino che scrive a Vittorini il quale replica che lo
apprezza, tuttavia, gli ultimi capitoli non lo convincono quanto i primi e afferma di voler poi parlare con la
Ginzburg per un ulteriore confronto. Fenoglio non sapeva dell’opinione di sfumata di Vittorini, era eccitato
per l’opinione positiva di Calvino.

Fenoglio successivamente propone altri suoi racconti di partigiani alla casa editrice Einaudi (Torino).

Fenoglio scrive di star rivedendo la sua opera e spedisce ulteriori opere a Calvino, Calvino replicherà di
apprezzare particolarmente La paga del sabato (storia di un ragazzo, Ettore, che dopo la guerra non ha
voglia di adattarsi al grigiore della vita quotidiana - aveva concluso la guerra da partigiano, acclamato dal
popolo e non voleva trovare un lavoro per la famiglia povera, così, prende la via dell’illegalità per fare soldi
velocemente), I 23 giorni della città di Alba e gli altri racconti, specialmente Pioggia e la sposa - Non si
conosce ancora l’opinione di Vittorini che poi verrà convinto.

1942: Ginzburg scrive a Fenoglio che Einaudi accetta I 23 giorni della città di Alba ma successivamente ci
sarà uno scambio epistolare in cui si discute del titolo più opportuno da mandare in stampa - Fenoglio
accetta qualsiasi titolo, non gli interessa, l’importante era che la sua opera sarebbe stata pubblicata.

1950 → Einaudi pubblica 23 giorni della città di Alba

I primi 6 sono racconti di vita partigiana mentre i secondi 6 sono racconti di vita civile. Il primo dei primi sei
è appunto I 23 giorni della città di Alba.

Il lessico utilizzato all’interno dei racconti di Fenoglio è particolare, caratterizzato da gergo militaresco,
sintassi tipica del parlato, un linguaggio diretto, il linguaggio è polifunzionale.

A sei mesi dalla fine della guerra, durante lo scontro tra fascisti e partigiani, c’erano frequenti scontri e
corse alla conquista delle città; i partigiani il 10 ottobre 1944 conquistano Alba e riescono a tenerla poco,
solo 23 giorni, per disorganizzazione. I partigiani, ci suggerisce Fenoglio, hanno fatto molto ma non
sapevano fare tutto al meglio, non erano buoni, erano spesso ragazzini che nonostante fossero motivati
erano anche disorganizzati e inesperti. I partigiani non rispettavano codici di guerra/d’onore ed erano
principalmente guidati dall’odio, dalla sete di vendetta e di vittoria contro il nemico.

Alba sarà poi restituita ai fascisti che non l’avevano persa ma piuttosto ceduta per evitare scontri troppo
dannosi… Ma la disorganizzazione dei partigiani da dove deriva?

Calvino non vuole enfatizzare l’operato dei partigiani come se questi fossero eroi ma nemmeno oscurarli
come a voler comunicare fra le righe di parteggiare per i detrattori della resistenza… il suo desiderio è
quello di dirigere il quadro nel modo più realistico possibile.

L’esercito partigiano non era un esercito ufficiale bensì arrangiato dove ognuno portava quello che trovava,
quello che poteva. I garibaldini erano i partigiani rossi, poi c’erano i partigiani azzurri (badogliani) ma vi
erano molti altri gruppi di partigiani con caratteristiche ed elementi riconoscitivi diversi. Le motivazioni, da
partigiano a partigiano, erano differenti.

I partigiani erano scappati di casa che vivevano nelle campagne, chiedevano aiuto a qualche contadino e si
sotentavano di quello che trovavano anche litigando fra loro.

Fenoglio celebra l’esperienza partigiana ma descrivere quanto più realisticamente il vissuto partigiano,
partendo dall’evento che più mette in luce i limiti dei partigiani ovvero la perdita città di Alba. I partigiani si
aggirano per la città alla ricerca di copertoni e borelli dove poter vivere esperienze sessuali spesso per la
prima volta (poiché molti di loro erano minorenni).

Il secondo racconto della raccolta è L’andata. I partigiani badogliani sono i protagonisti del racconto e
portano ognuno un nomignolo legato a qualche storia pregressa. A 22 anni un partigiano è da considerare
già un uomo, a 15 invece non per forza si è inesperti poiché a quell’età grandi gesta potevano essere già
state compiute. I partigiani assumevano un atteggiamento spesso infantile ed esibizonista, era spesso una
corsa a chi riportava più velocemente i risultati migliori. La congiunzione “che” viene usata in modo molto
libero, il linguaggio scritto è il linguaggio parlato.

Terza lezione

I 23 giorni della città di Alba - il prof. continua la spiegazione dell’opera di Fenoglio

Il trucco - terzo racconto tratto da I 23 giorni della città di Alba

Il focus in questo racconto è la debolezza del partigiano. Fenoglio non vuole mettere in silenzio anche delle
comprensibili debolezze e dei comprensibili vizi; in questo racconto ci sono il sadismo, la sete di sangue,
l’importanza di vincere e di non essere quello che abbassa la testa. In questo racconto è presente l’idea che
le uccisioni non sono tutte uguali, ci sono quelle che valgono di più e quelle che valgono di me a seconda
della vittima uccisa (codardo o alla pari), vi è quindi una gara a chi riporta più vittorie e conseguentemente
chi riporta più vittorie è più forte, credibile, rispettabile.

Fenoglio scrive per comunicare che qualcosa, seppur con mille difetti, i partigiani l’hanno fatta. Tra
debolezze e atti non proprio eroici qualcosa è stato portato a termine.

Gli inizi del partigiano Raul - quarto racconto

Si tratta di un racconto di “estrazione borghese”.

Narratologia → Vengono messi in gioco elementi testuali che non esauriscono, non imbrigliano la
complessità del testo. Tra gli anni ‘60-’70 nasceva la narratologia (branca studi letterari) soprattutto in
Francia - da tener presente è il nome di Gérard Genette - il quale nel 1972 scrisse l’opera Figure III che
contiene una parte importante intitolata I discorsi del racconto

Secondo Genette le macrocategorie della narratologia sono:

● Tempo → Il quale comprende l’ordine (fabula e intreccio1) la durata (quanto può dilatarsi nel tempo
una descrizione, un evento riportato da un testo narrativo) e la frequenza (quante volte si possono
raccontare uno o più eventi una o più volte producendo un particolare effetto sul racconto 2)
● Modo → il quale comprende la distanza (ci si riferisce alla distanza sempre sfuggente che separa la
cosa raccontata dalla sua trasformazione verbale 3) e la prospettiva (risponde alla domanda: chi
vede? - si tratta di focalizzazione 4).
● Voce → Comprende il tempo (), i livelli (all’interno della trama principale si intrecciano racconti che
possiamo definire metadiegetici - si tratta di narrare all’interno di una narrazione - le narrazioni
diventano matrioske) e la persona (si tratta della differenza tra personaggio presente
(omodiegetico) e assente (eterodiegetico) dalla narrazione)

1 Fabula→Successione cronologica degli eventi di una storia, così come essa avviene nella realtà.
Intreccio→L’ordine in cui gli eventi di una storia sono presentati all’interno di un testo.

2 Una volta ciò che è accaduto una volta, tante volte ciò che è accaduto tante volte, tante volte ciò che è accaduto una
volta sola (effetto Rashomon dal film del 1950 di Kurosawa) e raccontare una volta ciò che è accaduto tante volte.
3 Racconto di parole→
Racconto di fatti→Il realismo di un testo è proporzionale alla quantità di informazioni fornite e inversamente
proporzionale.
4 Focalizzazione zero/assente→Il narratore è onnisciente e sa più di quel che sa il personaggio
Focalizzazione interna→Il narratore sa quel che sa il personaggio - può essere fissa, variabile o multipla
Focalizzazione esterna→Il narratore sa meno di quel che sa il personaggio (gialli, romanzi d'avventura)
Dalla quarta lezione alla – lezione

I 23 giorni della città di Alba

Primo racconto - I 23 giorni della città di Alba

● Luogo: città di Alba e dintorni


● Tempo: dal 10 ottobre al 2 novembre 1944
● Personaggi: i partigiani che hanno preso Alba

Vicenda: i partigiani prendono Alba e i fascisti sono costretti a scappare, ma promettono di ritornare. I
partigiani fanno quindi una “selvaggia” parata per le strade della città. Alcuni vanno in municipio, altri a
prendere benzina, altri semplicemente vanno a farsi fotografare. Il 24 ottobre la repubblica attacca, ma
verso mezzogiorno è costretta a ritirarsi e i partigiani ne catturano una buona parte. Le ronde notturne
vengono quindi triplicate perché si teme un nuovo attacco.Verso la fine di ottobre comincia a piovere e il
fiume s’ingrossa fin quasi a straripare. Si viene poi a sapere che la repubblica avrebbe attaccato non più
tardi del 3 novembre. Vengono minati alcuni tratti d’argine e allagati i prati e si scopre che su una collina lì
vicino la repubblica ha appostato cannoni. I fascisti chiedono di poter avere un colloquio con i capi
partigiani. Il colloquio si fa e i rispettivi capi non concludono nulla. Alla fine si salutano e si augurano di
rivedersi sul campo. La mattina del 2 novembre un boato sveglia tutti. I repubblicani passano il fiume e si
appostano, mentre incomincia a piovere. Attaccano prima da un lato, poi, verso le sette, da quello opposto,
combattono quattro ore, poi persero alcune trincee e alle due del pomeriggio i fascisti riconquistano Alba.

Secondo racconto - L’andata

● Luogo: la strada fino ad Alba (Neive, Treiso), e quella tra le colline nei dintorni di Alba
● Tempo: una mattinata
● Personaggi: Bimbo, Negus, Colonnello, Treno, Biagino, la sorella di Bimbo

Vicenda: i cinque partigiani si svegliano una mattina e si incamminano per Neive. Intanto parlano. Tra le
altre cose si assicurano che la sorelle di Bimbo avrebbe fatto il suo dovere all’arrivo segnalando loro il
momento giusto. Raggiungono Neive e lo superano. Si dirigono ora verso Treiso. Quando lo raggiungono si
soffermano un attimo nella piazza per riprendere fiato, poi ripartono in direzione di Alba. Per i campi
raggiungono la città e si dirigono verso la casa dove la sorella di Bimbo sta facendo da serva. Si nascondono
in un canneto dal quale la visuale verso la casa è ottimale. Aspettano per molto tempo l’arrivo di un
qualunque soldato repubblicano, ma alla fine un sergente entra nell’osteria sotto la casa della sorella di
Bimbo. Dopo poco anche i partigiani fanno il loro ingresso con le armi in pugno. Catturano il sergente e poi
escono. Marciano a ritmo sostenuto per un pezzo, poi rallentano. Ad un certo punto sentono il rumore
della cavalleria repubblicana e il sergente cerca di scappare. Viene ucciso e i partigiani si danno alla fuga.
Bimbo e Colonnello vengono uccisi subito, poi è la volta di Negus e Biagino. Negus, il più anziano, riesce a
scappare su per un pendio fangoso. Schiva le raffiche, ma ad un certo punto scivola e rotola giù ai piedi di
un repubblicano.

Terzo racconto - Il trucco


● Luogo: una cascina appena fuori Neviglie, poi il rittano sotto Caffa
● Tempo: un pomeriggio
● Personaggi: René, Moro, Giulio, Napoleone,

Vicenda: i soldati di René prendono un soldato e lo rinchiudono in aperta campagna. Su una macchina
Giulio e Napoleone discutono su a chi tocca fucilare il prigioniero. Moro intanto sorride. Aprono la cascina
dove è rinchiuso il prigioniero e, dopo averlo guardato, si incamminano parlando verso il rittano sotto Caffa.
Moro però resta a fare la guardia alla macchina e raccomanda agli altri due di farsi trovare pronti all’arrivo
di Renè con il prigioniero. Giulio e Napoleone arrivano assieme in cima alla collina, poi scendono. Ma
quando arrivano al rittano, si accorgono che ci sono due soldati intenti a ricoprire una fossa. Giulio e
Napoleone gli chiedono che cosa è successo, e loro rispondono che Moro aveva già provveduto a fucilare il
prigioniero. Protestano per un attimo, poi tornano alla macchina.

Quarto racconto - Gli inizi del partigiano Raoul

● Luogo: Castiglione delle Langhe, casa di Sergio P., e la caserma di Castino


● Tempo: dalla mattina fino alla mattina del giorno dopo
● Personaggi: Sergio P.(Raoul), una sentinella, Marco, Jole, Kin

Vicenda: Sergio P. ha 18 anni e vuole arruolarsi nei partigiani, così una mattina parte verso la caserma con
in tasca la sua nuova pistola. Ha in mente di darsi il nome di battaglia Raoul. Arriva alla caserma verso le
dieci e chiede ad una sentinella di vedere il comandante Marco. Gli viene detto di andare in Comune e lui si
incammina subito. Una volta arrivato entra e si trova in una stanza con tre porte. Ne apre due e si trova
davanti a stanze polverose. Alla terza trova Marco con una ragazza. Viene arruolato e viene subito mandato
a far prova di tiro con gli altri. Dopo un po’ di tempo nel quale Raoul era intento a osservare gli altri, si
avvicina Sgancia e gli propone lo scambio tra la sua vecchia pistola con due caricatori e quella di Raoul, che
aveva invece un solo caricatore. Raoul, imbarazzato accetta e, dopo un po’, viene a sapere che la ragazza
che era con Marco si chiama Jole e vive in caserma con loro. Poi tutti insieme si dirigono verso la caserma,
dove c’erano già Marco e Jole. Mangiano e poi Sgancia e Kin si mettono a discutere su temi politici e Raoul
ascolta attentamente. Quando Jole rientra dopo che era stata in bagno con un partigiano e si siede sul
tavolo, Raoul si alza ed esce dalla caserma. Cammina per i campi e rimpiange di essersi arruolato. Ripensa
alla mattina passata con la madre, allo scambio della pistola con Sgancia ed è quasi sul punto di tornare a
casa. Ma alle sei decide di tornare in caserma. Cena con tutti gli altri e alla sera gli tocca il primo turno di
guardia. L’essere solo e armato gli fa provare una bella sensazione e non si preoccupa quando vede che il
cambio arriva in ritardo. Quando però arriva lui scende nella stalla a dormire con gli altri. Dopo qualche
difficoltà si corica, ma non gli riesce di prendere sonno. Si addormenta molto più tardi e sogna che la
repubblica entri e li fa tutti prigionieri. La mattina si sveglia e, quando racconta agli altri del sogno che ha
fatto, si mettono a ridere.

Quinto racconto - Vecchio Blister

● Luogo:la caserma, il tragitto e il luogo della fucilazione


● Tempo: dalla mattina fino al pomeriggio dello stesso giorno
● Personaggi: Blister, il più anziano tra i partigiani, Morris, il capo, il Capitano, superiore a Morris, Set,
partigiano nemico di Blister, e i commilitoni

Vicenda: Blister, ubriaco, la sera prima era andato da un civile e gli aveva chiesto ospitalità. Dopo aver
bevuto una bottiglia di marsala era uscito e, percorso un chilometro, era andato in un’altra casa per bere
qualcos’altro. Bevuti tre bicchieri di grappa, ha sparato per diletto ad un lume. Il padrone l’ha buttato fuori
e Blister, per ripicca, ha sparato al cane. Gli altri partigiani, venuti a conoscenza dell’accaduto, lo denigrano
il giorno dopo in caserma e lui cerca di difendersi a parole. Set in particolare inveisce contro di lui. Morris
richiede una sentenza al Capitano, e quella arriva più tardi. I partigiani lo chiudono nel frattempo in una
stanzina e pranzano. A Blister viene portato un po’ di cibo, ma lui non lo mangia. Più tardi viene portato
fuori e si incammina con gli altri. Credendo che sia una burla non la prende troppo sul serio, ma, quando
arrivano a destinazione, si accorge che è tutto vero e cerca di scappare, ma viene fucilato.

Sesto racconto - Un altro muro

● Luogo: la caserma dei repubblicani, il cimitero e il tragitto tra la caserma e il cimitero


● Tempo: dal pomeriggio di un giorno fino alla mattina del giorno dopo
● Personaggi: Max, Lancia

Vicenda: Max è stato catturato e adesso si trova in una caserma fascista. Viene condotto in una cella e lì ci
trova un altro partigiano, Lancia. Iniziano a parlare e Lancia gli chiede se è garibaldino o badogliano. Max gli
risponde badogliano e allora Lancia dice che ha ancora qualche speranza di uno scambio, mentre per i
garibaldini come lui non c’è alcuna speranza. Parlano ancora un po’, fino a che non arriva il cibo. Mangiano,
poi si fa buio. Lancia riesce a dormire subito, ma Max stenta. Alla fine si lascia andare. La mattina si
svegliano e ascoltano gli altri repubblicani giocare a football. Poco dopo vengono condotti dai fascisti fuori.
Camminano molto prima di arrivare al cimitero. Una volta giunti a destinazione vengono messi faccia al
muro uno di fianco all’altro. Sente il rumore dei fucili e se la fa addosso. Vede Lancia cadere a peso morto
per terra e aspetta con impazienza il suo momento. Dopo poco si volta e, con sua grande sorpresa, i soldati
lo prendono e lo riconducono verso la città. Gli dicono che nel pomeriggio ci sarebbe stato uno scambio.

Settimo racconto - Ettore va al lavoro

● Luogo: la casa di Ettore, l’ingresso della fabbrica e il Caffè Commercio


● Tempo: dalla mattina di un giorno fino alla sera del giorno dopo
● Personaggi: Ettore, sua madre, suo padre (Carlo) e Bianco

Vicenda: Ettore ha una forte discussione con sua madre perché lei lo accusa di non voler lavorare. Lui si
difende dicendo che la sua vita è cambiata da quando è tornato dai partigiani. La madre lo implora di
trovarsi un lavoro perché ormai i soldi portati a casa dal padre non bastano più. Ettore la perdona e inizia a
preparare la tavola. Intanto lei gli ricorda che le servono soldi anche per comperare le medicine per il suo
fegato. Dopo dieci minuti arriva il padre che si dimostra molto felice: ha trovato un lavoro per Ettore come
impiegato alla fabbrica di cioccolata. La mattina dopo si avvia verso la fabbrica: quando ci arriva si nasconde
dietro l’orinatoio e osserva i duecento operai in strada e i dieci impiegati sul marciapiede in attesa del
fischio della sirena. Decide di non entrare, ma di andare da Bianco. Egli era un suo amico partigiano, che si
faceva molti soldi con lavori poco onesti. Lavorava da solo e con questi metodi si era fatto ricchissimo. Lo
trova al Caffè Commercio. Bianco accetta di assumerlo e gli dà istruzioni: Ettore sarebbe dovuto venire in
serate verso le dieci portando una pistola per far pagare a rate ad un fascista il semplice fatto di esserlo.
Torna a casa ed ha una discussione con la madre. Alle sei esce per andare al cinema. Quando torna, sua
madre gli chiede se è andato a lavorare e lui gli risponde di no. Sua madre si arrabbia, ma lui le dice subito
che aveva trovato un altro lavoro con Bianco. Le dice che è un lavoro da camionista con frequenti viaggi a
Genova, a Roma in Toscana. Lei gli chiede se è un lavoro pericoloso e lui le dice che al massimo si rischiava
di prendere qualche multa. Bianco avrebbe poi provveduto a pagarla. Così esce di casa e va al lavoro.

Ottavo racconto - Quell’antica ragazza

● Luogo: un imprecisato paesino


● Tempo: un arco imprecisato di tempo
● Personaggi: Marziano, Genio, Argentina, Agostino

Vicenda: Marziano, tornando a casa, vede una nuova ragazza e si informa da una mezzadra sulla sua
identità. Scopre che si chiama Argentina. Una sera Agostino la incontra: i due chiacchierano e lei gli
propone di entrare assieme nel bosco a cogliere i nidi. Lui rifiuta e sfugge alle sue continue richieste
fuggendo di corsa. Prima Genio e poi Marziano la accompagnano e si viene a sapere che anche molti altri
ragazzi fanno la fila per andare nel bosco con Argentina. Il giorno dopo la notte di Marziano decide che
passerà la notte con Argentina. Così fa. I giorni dopo altri ragazzi vanno alla casa di Argentina, ma lei non si
fa vedere. Si scopre poi che è tornata al suo paese, dopo essere stata sgridata.

Nono racconto - L’acqua verde

● Luogo: la bottega e il fiume


● Tempo: durante mezzogiorno
● Personaggi: un ragazzo e il bottegaio

Vicenda: un ragazzo va dal bottegaio e prende due bottiglie di aranciata e lascia anche i soldi per i vuoti
perché dice che non li avrebbe riportati. Va poi al fiume e, dopo aver bevuto un po’, si immerge nelle sue
acque verdi e si lascia trasportare via dalla corrente. Muore annegato.

Decimo racconto - Nove lune

● Luogo: un paese non definito


● Tempo: dal primo pomeriggio fino alla sera
● Personaggi: Rita, Ugo, i rispettivi genitori e i fratelli di Rita

Vicenda: Ugo ha messo incinta Rita e adesso lei deve dirlo ai suoi. Lui e lei si incontrano un pomeriggio dove
discutono e si mettono d’accordo. Alle 4 lei lo dice ai suoi. Alle 8 di sera lui accompagnato dal padre si
incammina verso la casa dell’amata, pronto a buscarle di sana pianta dai suoi parenti. Così accade, ma alla
fine la prende in moglie.

Undicesimo racconto - L’odore della morte

● Luogo: davanti alla stazione, la fontana del giardino, il bar della stazione
● Tempo: dalle otto e un quarto fino a due settimane dopo.
● Personaggi: Carlo,un ferroviere, Attilio e una ragazza (presumibilmente quella di Attilio)

Vicenda: Carlo è davanti alla stazione e sta aspettando la sua ragazza. Dopo una settimana di stenti ha
questa unica occasione per potersi rilassare un po’. Ma lei non viene e, alle nove, si incammina verso la
fontana del giardino per andare a bere. Mentre sta bevendo vede una ragazza con lo stesso cappotto giallo
della sua e spera che sia lei. Le si avvicina di corsa e fischia, ma, quando si accorge che non è lei, è già
troppo tardi: la ragazza si volta, ma continua a camminare. Gli si avvicina Attilio e lo prende per le braccia.
Carlo è stanco per la corsa e non ha forza di parlare, ma comincia a stringere per risposta le scarne braccia
di Attilio. Incomincia a sentire l’odore della morte e non parla né grida perché ha paura di ingoiarlo. Intanto
un ferroviere li osserva, ma non dice niente. Ad un certo punto Attilio molla la presa e si accascia per terra.
Se ne va al bar della stazione e ordina un cognac. In quel mentre arriva la ragazza e gli spiega che Attilio
aveva capito male. Poi se ne va. Due settimane dopo vede su un muro il manifesto mortuario di Attilio.

Dodicesimo racconto - Pioggia e la sposa

● Luogo: la casa dei protagonisti, il percorso attraverso il bosco e i prati fino alla casa della sposa
● Tempo: una mattinata
● Personaggi: un bambino, la zia e il figlio della zia

Vicenda: i tre devono andare ad un pranzo matrimoniale, ma questo è lontano e loro ci devono andare a
piedi sotto la pioggia battente. La zia è una donna severa e suo figlio e un prete senza troppa voglia e
insieme si incamminano. Ci arrivano bagnati fradici perché non avevano ombrelli. Anni dopo il figlio si
trasferisce in collina e si spreta. La zia muore per lo sdegno.

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