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La locandiera

La locandiera è la più importante delle commedie di Goldoni ed è rappresentata anche oggi a teatro. De
Sanctis più volte sottolinea come Goldoni nel teatro abbia fatto ciò che Galileo ha fatto nella scienza.
Di fatto la locandiera, rappresentata per la prima volta nel 26 dicembre 1752 al sant’angelo, quindi il secondo
giorno di natale, è la commedia che più di tutta rappresenta la riforma del teatro goldoniano. Generalmente
nella sua impostazione pare essere una commedia semplice, così si dice in critica teatrale, nel senso che
rispecchia le caratteristiche della commedia tradizionale:
- è divisa in tre atti
- Rispecchia le unità aristoteliche, di cui abbiamo parlato per tasso, ossia unità di tempo perché tutta la
vicenda si svolge nel corso di una sola giornata, unità di luogo ossia la locanda come è palesato dal titolo,
di cui abile padrone è mirandolina e unità di azione.

Ambientata a Firenze perché in questa commedia il ceto aristocratico viene guardato pariniamente nei suoi
tic, nei suoi vizi, quindi gli aristocratici in questa commedia non fanno per nulla una bella figura: parodia,
ironia.
Aristocratici trattati con ironia e quindi ambientata a Firenze affinché gli aristocratici di Venezia, che
facevano parte del suo pubblico, non si sentissero toccati nel vivo da questo sguardo ironico e questa critica:
soluzione di comodo. Aristocratici che non solo partecipavano al teatro ma addirittura lo finanziavano.

Unità di azione: tutta la vicenda si innesta su un’unica grande azione, che è la seduzione. Quindi abbiamo la
nostra protagonista, la locandiera, che ha l’obiettivo di sedurre un uomo, un cliente, ossia il cavaliere di
Ripafratta. Dunque tutta la vicenda ruota attorno a questo percorso che la locandiera compie per irretire il
cavaliere.

Considerazione sul titolo: la locandiera.


Il titolo di per sé è importante perché già nel titolo abbiamo la messa a fuoco di due aspetti alquanto rilevanti
nell’ideologia goldoniana, due aspetti e figure sociali che Goldoni intende rivalutare: la donna e la mentalità
borghese perché la locandiera è una affarista, una commerciante. Mirandolina non sarebbe bastato, sarebbe
stato un titolo riduttivo intitolarla con il nome eponimo. Quindi attraverso il titolo "la locandiera” vengono
espressi entrambi i titoli sociali che decide di rivalutare: donna e affarismo borghese imprenditoriale.

La locandiera si apre con la presentazione di due personaggi: marchese di Forlipopoli e conte di Albafiorita.
Governano luoghi di per sé poco importanti e il nome è altisonante anche dall’effetto ironico: si noti la
ripetizione di po. Fin dai nomi questi personaggi rivelano la loro personalità, che è una personalità pomposa,
superba, ma nel contempo priva di contenuto. Sono personaggi che fanno leva sulla spocchia nobiliare, sul
proprio titolo, sui loro meriti, sui loro onori, ma di fatto sono vacui, non hanno nulla da dare di vero. Sono
due personaggi che più che essere goldonianamente carattere, sono caricature, tipi, maschere.

Atto primo, scena 1


Rispetto: aristocratici che esprimono due tendenze aristocratiche diverse. Marchese fa leva sul suo titolo, sul
suo prestigio, sul fatto che gli si debba portare rispetto in quanto privilegiato all’interno della società. In
nome di questo rispetto mette avanti il suo titolo, il suo prestigio, la sua antica tradizione.
Il conte invece fa leva sul denaro, è espressione di una nobiltà più recente, che ha comprato il titolo nobiliare.
Quindi tra i due il più ricco è il conte e vi è una frase in cui emerge questa differenza “si conte! Contea
comprata.”.
Marchese fa parte della nobiltà decaduta, dato che ha dovuto vendere il marchesato, dunque fa leva sul
generico rispetto.

Marchese punta sulla sua protezione: mirandolina ha bisogno della mia protezione. Tutto il suo ego, tutta la
sua vana gloria si reggono sul presupposto che lui possa proteggere una donna. Il conte invece potrà dire: io
a mirandolina posso comprare, fare dei regali, portare degli oggetti.

Fabrizio nell’ottica della commedia


Fabrizio è uno dei personaggi secondari ma non di scarsa importanza. È l’aiutante di mirandolina, è
l’inserviente. È quindi un giovane che da molto tempo lavora alla locanda, il padre di mirandolina sul punto
di morte ha fatto promettere a mirandolina di sposare Fabrizio. Il padre aveva fatto sì che fra i due ci fosse un
tacito consenso in relazione al loro futuro matrimonio e di fatto Fabrizio è consapevole di essere il suo futuro
sposo. I due aristocratici qui notano come l’inserviente stia troppo spesso attorno alla locandiera.
Rappresenta un po’ il servitore della commedia tradizionale, ma ha un suo carattere perché apparentemente
può sembrare il classico inserviente, ma in realtà ha un suo carattere ben preciso. Lui sa che miranodlina alla
fine deve sposarlo e quindi fa valere questo suo punto di vista, si pone in maniera forte e decisa, glielo
ricorda spesso che tra loro tutto si dovrà concludere con il matrimonio, e infatti alla fine succederà che la
locandiera sposerà Fabrizio.

Scena 4
Mentre il marchese e il conte si contengono gli sguardi, il favore, le lusinghe di mirandolina, entra in scena il
cavaliere.
Il conte afferma che ci vogliono i denari, i soldi.
“Egli la protegge ed io spendo” stigmatizza i due comportamenti diversi dei contendenti.

Punto di vista del cavaliere sulle donne: Motivo inutile per litigare perché il cavaliere è la massima
espressione della misoginia ossia l’odio contro le donne, l’uomo che fa professione di odio nei confronti
delle donne con toni diretti, secchi, che non lasciano spazio a interpretazioni.
“Io le donne non le ho mai amate, mai stimate e ho sempre creduto che sia la donna per l’uomo una malattia
insopportabile.” Anafora del mai. Malattia che opprime animo maschile.
Mirandolina conoscendolo è subito portata a mettere in piedi un piano.
Stilema tipico del misogino è parlare di elementi generali, parla delle donne in generale, esprimendosi per
luoghi comuni. Parla delle donne come fossero un genere indifferenziato.

Il fatto particolare di questa commedia è che si intitola con locandiera, ma inizia con un dialogo fra due
uomini aristocratici sulla locandiera. Si dice che sia gentile, bella, è una donna di decoro, veste bene, con
pulizia, sa accogliere: presentazioni indiretta della locandiera che ne mette in evidenza le qualità migliori.
Ciò serve per stuzzicare la curiosità dei spettatori, che dopo aver sentito parlare così di questa donna, non
vedono l’ora che entri in scena e vogliono vederla, osservarla, sentirla parlare.

Marchese: pensa sempre alle tradizioni nobiliari, non pensate alla successione? Come farete a stare senza
figli, che fine farà il vostro titolo. Per lui il cavaliere non deve innamorarsi ma fare figli per avere un erede.
Conte: pensa al denaro, che fine fanno le vostre ricchezze

Scena 5
Marchese: dà una risposta procace. Mirandolina risponde sempre in modo contenuto, cercando di mettere a
bada questa procacità, modo di fare della persona garbata che non vuole dare troppe confidenze. Ha saputo
frenare gli istinti erotici del marchese. Arte che si può definire tipicamente borghese, commerciate, affarista,
di chi attraverso le proprie doti, garbo, sa far quadrare i conti comportarsi in maniera tale da non essere
sconveniente nei suoi atteggiamenti. Il padrone si deve porre in maniera garbata, non può di certo essere
sgarbato.

Proprio per non disgustare il conte, decide di prendere gli orecchini.


Cavaliere subito commenta “oh che malandrina”, il cavaliere l’ha capita che alla fine lei si è guadagnata
degli orecchini.
Cavaliere con disprezzo si rivolge a Mirandolina con “padrona”, colei che ha la locanda. Trova infatti da
ridire poiché gli è piaciuta la biancheria.

Scena 9
Monologo Mirandolina.
Premessa: c’è una grande differenza di quando Mirandolina parla fra sé e sé nei pezzi che a teatro si
chiamano monologhi, e nelle parti in cui parla con gli avventori. Cambia proprio il registro, i toni, le
modalità, lo stile, rispetto alla parte i cui dialoga con gli avventori.
È franca, è sincera, è una donna che sa fare benissimo il doppio gioco e atteggiarsi.
Nel Momento in cui parla fra sé e sé nel suo monologo si esprime con un linguaggio realistico, con modi di
dire anche abbastanza volgari, concreti.
Molte volte fa riferimento a metafore gastronomiche, perché sono ciò che c’è di più realistico, abbassano il
tono della conversazione e nello stesso tempo consentono a Mirandolina di esprimersi di quello che è
veramente aldilà di tutti gli schemi e formalità usate con i suoi avventori.

Similitudine: rustico come un orso.


Mi muove la bile: mi dà la nausea, espressione realista.
Mi ci metto di picca: con questi soggetti mi ci metto di punta, altro modo di dire.

Siamo di fonte alla prima rappresentazione di una donna che vanta la sua libertà, il suo essere non sottomessa
al prestigio maschile, lei ama comportarsi onestamente e nel contempo godersi la sua libertà di vivere senza
il compromesso di alcun uomo.
Frase manifesto, che suona come una rivendicazione femminista ante litteram “tratto con tutti ma non mi
innamoro mai di nessuno.” Considero e parlo con tutti ma non mi innamoro mai di nessuno.
Contrasto antitetico della personalità della locandiera che vede nel legame amoroso una forma di costrizione.
Libertà è essere indipendente dagli uomini, innamoramento si configura come una costrizione della libertà.
Nel 700 infatti il matrimonio era un vincolo forte nei confronti di un uomo.

Mongolo di mirandolina è stato profondamente interpretato dai critici. È in questo monologo infatti che
prende avvio il progetto di seduzione, in cui abbiamo le radici, le motivazioni, le origini della machinatio
della seduzione. Ci sono le basi, i presupposti di tutto il piano che Mirandolina mette in scena.
Se ne possono ricavare tre:
- Alcuni critici leggono in questo monologo e quindi nel progetto di seduzione di Mirandolina un desiderio,
un motore narcisistico, nel senso che Mirandolina vuole sedurre a tutti i costi il cavaliere perché non
accetta che ci sia qualcuno che la ripudia. Secondo questa interpretazione alla base del suo progetto ci
sarebbe l’ego ferito. Una ferita narcisistica, c’è una tendenza vanesia, ossia di vanità, che è stata colpita
nel segno. Sostiene che parlare e trattare con lei sia un vero e proprio piacere e si stupisce che per il
cavaliere non lo sia.
- Secondo altri studiosi invece ciò che porta Mirandolina a mettere in piedi il suo piano è il desiderio di
sfida, è una donna che ama spuntarla, che ama vincere, è abituata di fatto a vincere, è la borghese abituata
ad avere successo negli affari e nel lavoro. Tutto il suo progetto secondo questa critica si muove da questo
desiderio di vincere.
- Desiderio di genere. Un’altra ipotesi critica mette in luce il desiderio di rivalsa femminile, il desiderio di
evidenziare il ruolo importante e fondamentale che le donne hanno nei confronti degli uomini. Allora
Mirandolina non sta agendo isolatamente, ma in nome di tutte le donne in generale

Scena 15
Inizia il piano di mirandolina.
È importante questa machinatio perché attraverso questo piano abbiamo una sorte di “teatro nel teatro”.
Quindi Mirandolina di fatto mette in scena la commedia nella commedia, è una peculiarità, una caratteristica
importante: si articola attraverso un teatro nel teatro, predispone una commedia dentro la commedia che lei
stessa sta recitando. Questa commedia è volta a far cadere nella sua rete il cavaliere.

Mirandolina riesce a catturare l’attenzione del cavaliere perché fin da subito si dimostra una donna diversa
dalle altre purché conosce, riconosce, ammette il fatto che molte donne siano troppo legate al giudizio
maschile, intercetta i difetti delle donne, sottolineando che dal suo punto di vista il valore più importante è la
libertà, affermando di essere libera. Il cavaliere si sente attratto da questa figura di donna non convenzionale
e che pensava non potesse esistere: Mirandolina va a toccare delle corde che per il cavaliere erano ignote,
non pensava che una donna potesse esprimersi in questo modo.

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