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Editore S.p.A.
Cesare Molinari
© 1972, 1982, Arnoldo Mondadori
Editore, Milano
© 1996, Gius. Laterza & Figli Storia del teatro
Prima edizione 1996
Diciassettesima edizione 2008
.Editori Lctterza
null'altro che una notazione, incompleta naturalmente, ma non per que
sto meno obbligante. E i termini musicali non sono usati a caso. Questa
· illusione è durata a lungo. Ancora Adolphe Appia, uno dei maestri della
moderna regia, sosteneva che l'autore (e parlava dell'autore del Wort
tondrama, cioè del dramma wagneriano di parole e di musica) avrebbe
dovuto inserire una quarta linea nel suo spartito, la linea cioè descritti
va dei movimenti degli attori. Essa ha del resto un fondamento reale,
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non foss'altro perché gli autori spesso sapevano per quale tipo di scena
e di recitazione scrivevano. Ci sono lunghi momenti della storia del teatro
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nei quali lo spettacolo costituisce una struttura forte. Così ad esempio Capitolo primo
il no giapponese, dove scenografia, assetto, costumi, e la stessa coreo
1:' grafia sono descrivibili in termini generali, le singole realizzazioni costi IL TEATRO DEI POPOLI PRIMITIVI
tuendo delle prevedibili varianti. Così accade anche nella commedia
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italiana del Rinascimento, anche se in termini molto più lati.
Ma la conseguenza è diversa da quella immaginata, perché il testo Dedicare ai «primitivi» il primo capitolo di una storia del teatro può
non contiene lo spettacolo in quanto lo crea, ma in quanto lo spettacolo, significare che si considera questa storia e, in generale, quella della cul
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o meglio il suo schema, precede il testo e lo condiziona, così come il ge tura e della civiltà come svolgentesi su di una univoca linea di sviluppo
nere letterario precede e condiziona dal punto di vista formale la singo dalle supposk«origini» sino al provvisorio culmine della piena contem
la opera. Questo tipo di rapporto biunivoco non è costante: il legame poraneità. Con ciò implicitamente si ammette da un lato che questo svi
di prevedibilità fra testo e spettacolo si è completamente perduto nel luppo coincide con il progresso della tecnica, ossia della capacità da parte
teatro moderno e non esisteva affatto in quello medievale. In ogni caso dell'uomo di dominare e sfruttare le forze della natura, e dall'altro che
però esso richiede proprio la conoscenza di quell'idea di spettacolo do in qualsiasi momento dello sviluppo umano sono presenti in esse, come
minante nei singoli momenti della storia. E in qualche misura giustifica nei cerchi del fusto di un albero tagliato, tutte le sue fasi. Perciò il «pri
anche la riduzione spesso operata (in parte anche qui) della storia dello mitivo», che pur vive nello stesso anno in cui noi ora viviamo, non ha
spettacolo a storia dello spettacolo drammatico. una sua storia, ma rappresenta il primo gradino di quella scala che ha
al suo vertice la civiltà occidentale. Ora, questo criterio di misura e di
valutazione del progresso umano è lecito, come infiniti altri, ma è del
pari arbitrario e parziale. In particolare esso ci impedisce di riconoscere
come le società, la cui struttura esteriore è in scarsa misura soggetta a
mutamenti, si rinnovino pur esse profondamente sia dall'interno, sia per
reciproci contatti, così che nelle forme mimiche e rappresentative dei
pigmei troviamo rappresentato sia il negro bantù sia l'esploratore bian
co, che non possono certo essere originari di quella cultura. Ma proprio
questo criterio di valutazione può impedirci anche, e sarebbe assai più
grave, di comprendere patrimoni di cultura e di umanità, che per essere
differenti dal nostro non sono per questo meno validi o meno nobili.
Riconoscere questi valori, non nell'assurdo tentativo di fermare in no
me loro il progresso della nostra civiltà, ma per fecondarla nel confron
to con altre diverse, è stato il merito di grandi correnti culturali moderne
- non ultima, come vedremo, l'avanguardia teatrale - oltre che, natu
ralmente, della nuova scuola etnologica che riconosce il suo grande an
tecessore inJean-Jacques Rousseau, per il quale non a caso il teatro doveva