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I GENERI LETTERARI E LE L O R 0 LEGGI SCRITTE E NON SCRITTE

NELLE LETTERATURE CLASSICHE

L . E. Rossi

sua cuique proposito lex, suus decor esf


Quint. 10.2.22

1 PREMESSA (LIMIT1 D E L L A PRESENTE RICERCA)

Parlare delle leggi dei generi letterari antichi nel giro di una breve trattazione, come qui
mi propongo di fare, pub sembrare d a una parte impresa ambiziosa, essendo i l tema troppo
vasto; dall’altra pub sembrare impresa del tutto inutile, essendo i l tema apparentemente
familiare e ovvio.

Alla prima obiezione vorrei rispondere denunciando fin da principio i limiti, o meglio
i I ‘genere’ s t e s s o della prestazione. Si tratta di una visione panorarnica, necessariamente
priva di numerosi dettagli, che dovrebbe segnare, almeno per me, le linee di una ricerca
futura in questo carnpo, fatta da una angolazione lievemente diversa d a quella che 6 stata
in us0 finora. Una semplice proposta, quindi, 0,meglio, una serie di proposte. Molto
di quello che dirb 2 stato gih detto, sia pure per lo p i t in contesti differenti: ma nei
riferimenti bibliografici e nell’accennare ai problemi mi atterrb ad un criterio ‘arbitraria-
mente selettivo e non sempre dichiarerb i l mio debito verso altri. Quest’ultimo apparirh
comunque evidente, anche’se qualche volta lo ignorerb io stesso; e otterrb i l vantaggio
di non appesantire troppo l’esposizione con un apparato erudito, che, in un argomento
come questo, non potrebbe mai essere esauriente. Necessariamente, per di p i t , i primi
risultati di una simile ricerca saranno in gran parte provvisori: e s s i avranno bisogno di
essere ulteriormente controllati, verificati, eventualmente accresciuti. Quello che
m’incoraggia alla redazione 6 il fatto che le idee qui esposte hanno gih avuto ascoltatori
pazienti e benevoli, che hanno contribuito non poco a renderle p i t chiare’. Della
esposizione orale’, di cui offro qui una parziale rielaborazione, saranno peraltro rimasti
alcuni pregi, ma anche forse molti difetti.

L a risposta alla seconda obiezione s a r i p i t complessa e articolata. In realth l’im-


portanza predominante del genere letterario per le letterature classiche in generale, e per l a

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greca arcaica in particolare, e fatto a tutti ben noto. L e leggi c h e governano le opere
di letteratura sono in origine un prodotto per gran parte spontaneo d e l l a situazione storica,
nel s e n s o piu largo, in cui opera l’autore. All’origine le opere letterarie nascono d a l l a
p r e c i s a ‘richiesta’ di un pubblico c h e vuole determinati tipi di produzione per determinate
o c c a s i o n i ed e s i g e c h e certe ‘attese’ s i a n o soddisfatte. P a s s i a m o in rapida r a s s e g n a i
generi piu importanti: l’epica narrativa, l a cosiddetta epica d i d a s c a l i c a , I’elegia e i l
giambo, la lirica monodica, la lirica corale religiosa e ‘secolare’, i l teatro, la storia,
l’oratoria. P e r alcuni di e s s i l a nostra conoscenza d e l l a situazione s t o r i c a in cui na-
scono e fioriscono e del tutto soddisfacente: per esempio, per i l teatro conosciamo
piuttosto bene I’Atene del V secolo, l a - s o c i e t a che chiedeva un determinato tipo di
spettacolo, i l mod0 in cui si svolgevano i concorsi drammatici, i gusti e le reazioni del
pubblico di fronte alle varie soluzioni prospettate dagli autori. Ma, per esempio, c h e
c o s a sappiamo dell’epica omerica? P o s s i a m o utilizzare la testimonianza, interna ad
Omero s t e s s o , su Femio e Demodoco, immaginandoci c h e I’epica f o s s e intrattenimento
di s o c i e t a regali e ristrette? 0 I’epopea omerica, nella forma in cui l’abbiamo, appar-
tiene gia ad una f a s e in cui l’epica e r a diventata passatempo del popolo, com’era
sicuramente a1 tempo del c i c l o e com’d oggi p r e s s o quei popoli c h e hanno i cantastorie?
E passiamo a considerare Esiodo: per che pubblico ha scritto l a s u a opera piu problema-
tica, l e Opere e i giorni? Si tratta di un manuale per l’agricoltura d e s t i n a t o ai suoi
compaesani beoti o di uno scritto maralistico-parenetico indirizzato a1 fratello P e r s e ?
0 di altro ancora? Abbiamo toccato i due estremi, quanto a condizionamenti storici, i I
genere che conosciamo meglio e quelli c h e conosciamo peggio, per i quali forse non
troveremo mai r i s p o s t e soddisfacenti. In mezzo si situano gli altri, per i quali l’infor-
mazione non e abbondante, ma 2 sufficiente o almeno agevolmente integrabile. Prendiamo
i l ‘campionario’ pindarico. Troviamo gli epinici, che erano scritti su commissione di
grossi borghesi, a b b a s t a n z a ricchi d a permettersi lo sport in un’epoca in cui e s s o non
e r a ancora professionale, o addirittura di personaggi di stirpe regale: tali composizioni,
d e s t i n a t e com’erano quasi sempre a una f e s t a pubblica a l l a quale i l popolo partecipava
in m a s s a , non sfuggivano all’interesse d e l l a m a s s a s t e s s a , ed intenclo dire con questo che
I’avvio e r a dato, s i , d a l gusto dei committenti, ma c h e e s s i non potevano prescindere dai
gusti d e l l a societh in cui vivevano e alla quale non erano certo in grado di dettar legge
completamente (ed d ovvio c h e , qui in particolare, ci Sara d a far distinzione fra regione
e regione, fra c i t t a e citth: penso, per Pindaro, alle differenze fra i committenti princi-
peschi di Sicilia e i vari altri ambienti d e l l a Grecia propria in cui operb, Atene, Egina
etc.). Tralasciamo qui le altre composizioni secolari, sempre prodotte per occasioni
concrete, come per esempio i I simposio. La lirica religiosa a s u a volta (inni, peani,
ditirambi etc.) veniva commissionata d a l l e amministrazioni cittadine e rispondeva forse
p i t direttamente ancora a l l e e s i g e n z e del pubblico: e qui bisognerebbe per di piu distin-
guere f r a le composizioni strettamente cultuali e quelle letterarie (pensiamo a quanto
importante questa distinzione s i a , per esempio, per i l ditirambo). Inutile dilungarci qui
s u l l e occasioni per cui venivano scritti l’elegia e il giambo, la lirica monodica; s u l l e
e s i g e n z e a cui rispondevano i logografi e gli storici fino ad Erodoto (con Tucidide si
sente l’influenza di un ambiente nuovo, e nell’impianto dell’opera e n e l l a s c e l t a del tema);
sull’oratoria, che, nel IV secolo, 2 forse l’ultimo vero e proprio genere strettamente legato
ad un pubblico nel s e n s o antico e c h e sopravvive, nelle s u e pur recentemente f i s s a t e
forme canoniche, praticamente a tutti gli altri.

L a problematica c h e abbiamo qui panoramicamente p a s s a t a in r a s s e g n a d familiare


agli studiosi e i l sottoporla a nuovo e s a m e sarebbe giustificabile solo d a parte di chi
f o s s e in grado di sfruttare s u s c a l a totale le recenti acquisizioni dell’antropologia, d e l l a
storia economica, d e l l a storia in generale. Vorrei qui solo aggiungere c h e il chiarire

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perche e come certe esigenze si siano via via determinate e imposte agli autori k compito
che lasciamo agli storici; e che delicato k soprattutto i l distinguere quanto venga real-
mente ‘imposto’ d a un pubblico e quanto s i a prodotto delle singole scuole poetiche o
delle personalita creatrici, capaci anche di una autonoma autodisciplina compositiva, e
capaci cosi di influire a loro volta sul gusto stesso dei loro pubblici. Questione di
misura, che lo storico risolvera secondo la sua vocazione: k certo, comunque, che la
Grecia arcaica fa pendere i l piatto della bilancia dalla parte del pubblico. Ma k allo
storico della letteratura che spetta la ricostruzione delle leggi formali a cui gli autori
obbedivano. Ricordiamo, per esempio, i l ‘codice’ tematico dell’epinicio: Kcrip&, ,u38os,
yvwpq. Per la letteratura arcaica tali leggi s i devono ricavare d a un e s a m e i n t e r n o
delle opere s t e s s e , in mancanza di concrete testimonianze esterne: e la storia dei nostri
studi k per gran parte proprio la faticosa riconquista di queste leggi. Giovera ricordare
i principali di tali elementi di caratterizzazione: la t e m a t i c a ovvero i c o n t e n d ,
la s t r u t t u r a ovvero la disposizione delle parti e le dimensioni, la 1 i n g u a
ovvero i l dialetto e i l livello stilistico, ed infine il m e t r o ; si aggiungano l a m u s i c a
e la d a n z a , quand’esse sono presenti.

L a diversa compresenza e i l dosaggio di tali elementi d a alle opere letterarie del


l’antichita quella particolare fisionomia che ci porta ad assegnarle ad uno o ad altro genere
letterario. Ci porta, ho detto: ma in questo itinerario critic0 siamo stati preceduti dagli
antichi, e non solo dai grammatici piu tardi, ma anche dagli autori s t e s s i , che ben cono-
scevano le regole del genere in cui si accingevano a comporre. II derivare gli elementi
del nostro giudizio sulle opere di letteratura solo dalle opere s t e s s e pub comportare
qualche pericolo: pib sicuro k farci guidare, almeno inizialmente, dnlle formulazioni
critiche degli antichi, beninteso quando il materiale in questo senso non ci manchi
completamente. 2

Non va dimenticato, del resto, che i l tipo di considerazione per generi, che appare
oggi cosi ovvio, ha lungamente sofferto, specialmente in Italia, della dittatura culturale
di Benedetto Croce, che negava valore al genere per la valutazione dell’opera, relegandolo
in un secondo tempo tutt’al p i t al ruolo di ‘pseudoconcetto’ filosofico. Era una reazione,
certo necessaria, agli e c c e s s i della critica positivistica, che in maniera pericolosamente
meccanica aveva recepito la teoria dei generi d a una lunga tradizione di cultura, che,
attraverso i l medioevo e I’umanesimo, aveva creato i nuovi ‘codici’ nel rinascimento e
l i aveva trasmessi agli accesi polemisti delle querelles e al romanticismo t e d e ~ c o . ~
Ma opere vigorose come la Europuische Literatur und lateinisches Mittelalter (1948) di
Ernst Robert Curtius hanno riportato anche d a noi I’interesse su questo campo d’indagine,
che in realta la filologia c l a s s i c a non aveva mai ignorato: k dell’immediato ieri la p i t
o meno esplicita polemica anticrociana di una personalita come Giorgio Pasquali5 e
bastera ricordare l’influenza duratura che ebbero per le nostre discipline i famosi corsi,
redatti nella Encyclopudie, di August Boeckh, 6 che dominb gli studi sull’antichita
classica dal principio a oltre la meta del secolo scorso.

Ora, s e le costanti morfologiche delle opere letterarie ci fanno certi, ieri come oggi,
dell’esistenza di leggi, quello che invece k incerto o per lo meno poco chiaro - e che
non mi pare sia stato fatto mai oggetto di ricerca autonoma ed estensiva - k quale vita
le leggi s t e s s e abbiano avuta nel periodo, che appare lungo, in cui non erano state ancora
fissate indipendentemente per iscritto; quale fosse la coscienza che gli autori ne avevano;
quando precisamente, a seconda dei diversi generi, siano state ‘codificate’; e soprattutto
quale s i a stato di volta in volta lo s c o p o di tali codificazioni e quali ne siano state
le c o n s e g u e n z e per I’attivita creatrice. In altre parole, i l cammino dalle 1 e g g i

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n o n s c r i t t e a l l e I e g g i s c r i t t e k s t a t o lungo, diverso per i singoli generi
e non s e n z a importanti conseguenze per la s t e s s a produzione letteraria. Quello che si
k dimenticato iroppo s p e s s o k c h e i I genere letterario e r a una categoria e s s e n z i a l e d e l l a
s t e s s a e s t e t i c a a n t i c a , categoria c h e h a avuto vita ed influenza complesse e d
articolate. E significativo che una gran parte di quella critica filologica che non h a
ignorato i generi l i abbia assunti esclusivamente come categoria p r o p r i a , m o d e r n a
di giudizio: i generi sono hegelianamente per Boeckh, per esempio, d e l l e categorie imma-
nenti ( l a p o e s i a , rappresentata d a e p o s l i r i c a dramma, a cui corrisponderebbero, per l a
p r o s a , storia filosofia oratoria).’ E solo indiretta (ma, entro t a l e limite, certamente
cospicua) pub e s s e r e l ’ u t i l i t a , per noi c l a s s i c i s t i , d e l l a forte r i n a s c i t a d’interesse per i
generi p r e s s o l a critica letteraria recente e recentissima. Essa si rivolge infatti all0
studio di opere moderne, s p e s s o restringendosi addirittura alla letteratura d’una lingua o
d’un complesso politico-sociale determinato, o magari a un ristretto numero di generi di
maggior s u c c e s s o attuale (il romanzo, per esempio), come tali p i t utili a servir d a ‘reagenti’
per I’intelligenza d i sviluppi storici o per I’esegesi di situazioni s o c i a l i . Di t a l e critica
sarebbe utile fare un consuntivo per quanto riguarda i l tema specific0 dei generi. C i
contenteremo qui d e l succinto ma lucido panorama offerto qualche anno f a d a P e t e r Szondi,8
c h e , accanto a l l a negazione crociana (nata come reazione alla hegeliana “Historisierung
der Gattungspoetik”, per la quale “Lyrik, Epik, Dramatik werden a u s systematischen
Kategorien zu historischen”), ricorda d a una parte la posizione diametralmente opposta
a Hegel rappresentata d a l l a ipostatizzazione a s t r a t t a d e l l e tre categorie nei Grundbegriffe
der Poetik di E m i l Staiger (1946), per cui ‘Lyrik’, ‘Epik’, ‘Dramatik’ diventano ‘lyrisch’,
‘episch’, ‘dramatisch’; e dall’altra l a maggior f e d e l t i alla storia (sempre nel quadro dello
storicismo tedesco) che k a l l a b a s e soprattutto di un Lukhcs (Die Theorie des Romans
era d e l 1914; p i t importante per noi k Der hzstorische Roman, del 1957). Ma gli sviluppi
recentissimi annunciano, in questo campo, frutti p i t ricchi ancora: mi riferisco all’in-
t e r e s s e predominante per questioni d i forma c h e , dalla riscoperta dei formalisti r u s s i ,
arriva alla critica letteraria ispirata, in maggiore o minor misura, allo strutturalismo.
I generi letterari hanno qui un ruolo protagonistico e , considerati come un ‘ s i s t e m a di
segni’, riscuotono e riscuoteranno ampio i n t e r e s s e nell’ambito d e l l a semiologia. Da
tutto questo pub venire a noi utilita indiretta, dicevo: perche i I riscoprire oggi con tanta
maggiore urgenza l a n e c e s s i t h di una considerazione per generi, t a l e d a portare ad indagare
la vitalith d i certi tipi di prestazione letteraria nelle varie culture e s o c i e t a e la c o s c i e n z a
che d e l l e leggi dei generi s t e s s i abbiano gli autori e i pubblici, non pub non condurre i I
c l a s s i c i s t a , per ovvie analogie d i situazioni storiche, a impostare lo s t e s s o problema per
I’antichita c l a s s i c a , rimeditando in luce nuova i frutti di una plurisecolare indagine filo-
logica. Giacche - indipendentemente d a l maggiore o minore valore teorico c h e ad e s s o
si voglia a s s e g n a r e - i l genere letterario k un’ i s t i t u z i o n e , c o l l a quale lo storico
d e v e fare i conti perch6 1: uno degli elementi c h e hanno influenzato I’autore e f a parte
quindi del quadro complessivo che gli compete di tracciare. 10

Sara forse utile eliminare qui in anticipo un p o s s i b i l e equivoco. R i s u l t e r a chiaro,


d a l skguito, c h e una f i s s a z i o n e s c r i t t a non rende p i t cogenti le leggi, ovvero c h e l’influsso
positivo dell’istituzione non 1: direttamente proporzionale alla s u a oggettivita. Si vedra,
anzi, c h e tende ad e s s e r vero proprio i l contrario, che, ciok, una maggiore oggettivita
pub dare influsso di segno negativo, ‘ a rovescio’. Le s c e l t e e s p r e s s i v e (e p e n s o a l l a
lingua s t e s s a ) sono tutte in una c e r t a misura ‘obbligate’, condizionate ciok d a una t r a -
d i z i o n e c h e le c a r i c a di certi contenuti o valenze e s p r e s s i v e , indipendentemente
d a l l a f i s s a z i o n e scritta di leggi. T a l i leggi d a una parte non possono e s s e r e ignorate
anche quando s i a n o non scritte, e dall’altra, anche s e codificate, possono e s s e r e superate
in virtb di una s c e l t a innovatrice, c h e svecchi dei moduli e s p r e s s i v i e l i rivolga con

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intenzione ad altre p i t o meno imprevedute direzioni. Considerazioni simili dovrebbero
essere oggi del tutto ovvie, ma vorrei portare, ad illustrarle, un esempio illuminante e
sicuramente familiare: la musica europea dalla nascita dell’espressivith strumentale
nel XVII secolo fino ai nostri giorni, per la quale la prassi compositiva k stata accom-
pagnata d a una teoria, la famosa ‘dottrina degli affetti’ o Affektenlehre. Anche qui la
teoria nasce dal consolidarsi storico di una determinata prassi, per cui per esempio una
tonalita o un ritmo hanno una loro carica espressiva, si legano, ciok, ad un determinato
‘affetto’, il che da origine a un sistema oggettivo di norme; ma in seguito la prassi potra
innovare rispetto a1 sistema normativo costituitosi in precedenza e dara alle nuove scelte
espressive un sapore particolare proprio in virtu dell’opposizione a una tradizione che
non k ignorata proprio perch6 ad e s s a coscientemente ci si contrappone. Tutto questo
non esclude successivi ritorni alla tradizione, magari attraverso esperienze ‘laterali’,
‘non canonizzate’ o popolari: come dice Sklovskij, “nella storia della letteratura l’eredita
viene trasmessa non di padre in figlio, ma d a zio a ni,pote” (quella che i formalisti
chiamavano ‘canonizzazione del ram0 cadetto’). l 1 E quello che, fra altro, vedremo
avvenire nella letteratura alessandrina.

Da quanto abbiamo anticipato, si vede come una storia delle leggi dei generi debba
cominciare fin dall’epoca arcaica, dall’epoca, cioe, in cui, come vedremo in sufficiente
dettaglio, le leggi s t e s s e non sono state ancora redatte, ma sono presenti alla coscienza
degli autori: per quest’epoca sono quindi gli autori s t e s s i che vanno interrogati sulle
leggi. Saranno redatte solo pib tardi, e in modo sistematico solo i n epoca ellenistica,
ad opera di poeti e di poeti-filologi: e a noi resterebbe solo i l compito di raccoglierne
gli sparsi materiali. E significativo che un grande studioso dell’alessandrinismo come
Rudolf Pfeiffer abbia ispirato, in anni fra loro lontani, due dei pochissimi lavori che, a
quanto so, si occupano organicamente del nostro tema: Hans Farber, Die Lyrik in der
Kunsttheorie der Antike, Miinchen 1936, che k una ordinata raccolta delle testimonianze
con un tentativo d’individuazione delle fonti per i I materiale piu tardo; e A . E. Harvey,
“The Classification of Greek Lyric Poetry”, Classical Quarterly 5 (1955) 157-75, che
k un tentativo, esemplare nel metodo, di distinguere la teoria e la terminologia alessan-
drina d a quella che era la prassi (e certamente anche la teoria implicita) dell’eta arcaica.
Questi due lavori tuttavia, come si vede anche dai titoli, si limitano alla lirica. l 2 Lo
s t e s s o Wilamowitzl3 aveva richiamato a suo tempo la necessita di raccogliere le testi-
monianze relative ai diversi generi della lirica: anche l u i aveva limitato la sua atten-
zione alla lirica. Recentissimo k , infine, i l lavoro di Severin Koster, Antike Epostheorien,
Wiesbaden 1970, ispirato d a Peter Steinmetz: e s s o ci Sara utile nel sCguito, anche perch6
la categoria ‘epos’ k per gli antichi cosi vasta da ricoprire forme assai varie. Ma molto
resta ancora da fare, chi: molti sono i generi letterari. Ed k proprio per questa ragione
che non si pub considerare senza un certo rammarico i l fatto che la monumentale History
of Classical Scholarship (Oxford 1968) di Pfeiffer stesso trascuri di affrontare in mod0
unitario i l nostro problema, dando almeno un panorama coerente del materiale. Strano:
non solo quest’opera egregia, trattando della filologia e della letteratura alessandrine,
k ricchissima di materiale in tal senso (e ad e s s a siamo e saremo largamente debitori
per lo studio di questo e di molti altri fatti), ma proprio da Pfeiffer, esemplare editore
di un Callimaco, ci saremmo aspettati una maggior sensibilita al problema. 14

Se la mia informazione non k insufficiente, appare quindi chiaro che ancora manca
una ricerca complessiva che Veda le leggi dei generi d a 1 1 ’ e s t e r n 0 , come un
dato storico autonomo, e che almeno ponga i l problema del momento, diverso per ciascuno
dei generi, in cui si s i a cominciato a redigerle per iscritto; e soprattutto, come gia si
k detto, i l problerna delle finalita delle redazioni stesse e dell’influenza sul lavoro

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creativo. Quando si parla di estetica antica, altri sono, in generale, i problemi che si
affrontano: la funzione e lo scopo della poesia, nella contrapposizione o nell’accordo
fra i I ‘giovare’ e i l ‘dilettare’, fra l’utile e i l d u k e , e ciok fra la cosiddetta tendenza
etica e quella edonistica; i l ‘mestiere’ del poeta e l a coscienza della sua missione,
che comporta il problema dell’ispirazione e della sua origine, divina o no; la verith o
meno di quello che i l poeta canta; I’inquadramento sociale del poeta e i l mod0 in cui
una realta economica e sociale lo accoglie (in altre parole: chi gli da i l pane quotidiano?); l 5
e bastera solo un accenno ai numerosi problemi connessi con una visione filosofica della
vita e della storia, come quello della contrapposizione n o i q a i ~/ w i p q a i ~ ,se ciok la poesia
s i a creazione Vera e propria o imitazione. 1 6 Nello sfondo, naturalmente, i generi letterari
non mancano: e questo & favorito dall’esistenza di una dottrina altaniente organizzata
degli s t i 1 i , dottrina che nasce perb p i t tardi, colla retorica,e d’altra parte lo stile
k solo uno degli elementi che caratterizzano i vari generi, come si & detto. Ma i generi -
ripetiamo - entrano quasi sempre i n discussione per una valutazione moderna dell’opera;
mentre andrebbero considerati come parte integrante di una teoria che, scritta o non
scritta, e sempre esistita, fin dal momento in cui i Greci hanno affrontato la creazione
letteraria colla chiara coscienza di una tradizione da seguire, fino, ciok, dall’epoca
arcaica. Insomma, quello che mi pare che manchi non & tanto una storia dei g e n e r i ,
che specialmente nel caso dell’antichita c l a s s i c a deve ovviamente identificarsi colla
storia della letteratura, quanto una storia delle 1 e g g i che hanno disciplinato i generi
stessi.

k chiaro che un solido lavoro d’insieme pub nascere solo sulla base di numerosi
ulteriori lavori monografici, sul tip0 dei pochi segnalati qui sopra. Che la presente
breve trattazione s i a solo uno schizzo non cosa che, dopo quanto ho detto all’inizio,
abbia bisogno di ulteriore giustificazione.

2 IL QUADRO DI D I D I M O - P R O C L O

I1 panorama p i t ampio, e anche relativamente dettagliato, dei generi letterari antichi,


pur limitato a quelli poetici, ci viene offerto d a Fozio nella sua Biblioteca, dove, nel
cod. 239 (318 b 21 s s . ) , riassume la Crestomazza di Proclo o almeno una parte di e s s a .
La principale distinzione b tra poesia narrativa, o meglio espositiva (SiqyqpaTiK6v) e
mimica ( ~ I ~ T ~ T I K ~dicotomia,
v ) : quindi, e lasciamo da parte i l rapport0 fra la tricotomia
platonica e la dicotomia aristotelica. l 7 Sotto la prima categoria cadono I’epos, i l
giambo, l’elegia e la poesia melica; sotto la seconda tutto i l teatro, e ciok la tragedia,
i l dramma satiresco e la commedia. Quello che richiama maggiormente I’attenzione di
Proclo & la poesia melica, particolarmente ricca di sottocategorie ( ~ T O ~ U ~ E ~ E U Tper ~ T ~ ) ,

la quale viene data una distinzione in poesie religiose o dedicate agli dei ( E ~ S ( h o d < :
inno, prosodio, peana, ditirambo, nomos, adonidio, iobacco, iporchema) e poesie secolari
o dedicate agli uomini (€15 &vepGrrouS : encomio, epinicio, scolio, canto amoroso, epi-
talamio, imeneo, sillo, treno, epicedio), mentre alcune composizioni vengono considerate
di tipo misto ( E ~ S8EobS ~ a &vepcSrrouS
i : partenio, dafneforico, tripodeforico, oscoforico,
invocazione augurale). Lasciamo qui d a parte l’ultima sottocategoria, quella dei componi-
menti chiamati ‘per situazioni occasionali’ (T& T&S rrpounlnTouoaS ~ E ~ I U T & U E I S ) , che

sembrano essere al confine fra forme di tip0 letterario e forme ancora fedeli a modelli
popolari. Fozio scrive i l suo riassunto nel IX secolo; Proclo k i l neoplatonico del V
secolo 0, p i t probabilmente, i l grammatico del 11. Certamente la dottrina che Proclo
riporta k. pib antica, e precisamente alessandrina. La distinzione fra poesia religiosa

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e secolare si trovava gia in Platone (resp. 607 a iipvous &o?s K a i kyKwpia 707s 6:ya807s,
cf. legg. 822 b). ’* Ma la fonte originaria di Proclo k sicuramente I’opera T T E ~A ~W ~ I K ~ V
TTOIT)TG?V di Didimo Calcentero, i l grammatico alessandrino del I secolo a.C. che raccoglie
e sistema circa due secoli di ricerche filologiche. I parallelismi fra Proclo e i pur scarsi
frammenti di Didimo l 9 sono troppo forti: a parte corrispondenze terminologiche, c’b anche
un impianto del tutto simile, e ciok per ogni genere ‘sono dati i principali rappresentanti
e - quel che piu c’interessa - le caratteristiche salienti (soprattutto contenuto, stile,
metro), messe in rilievo da frequenti ‘distinguo’. L a derivazione k confermata dai con-
tatti che Proclo mostra colla Vita Ambrosianu di Pindaro, anch’essa di buona fonte alessan-
drina, e strettamente vicino k anche un p a s s o di Polluce (4.52 s s . ) . 2 o Inutile ritracciare
qui una storia che ben si conosce e che oggi troviamo lucidamente esposta in Pfeiffer.
Tale impostazione del lavoro e tale ordinamento del materiale letterario risultava del tutto
naturale dopo l’opera dei primi grandi filologi alessandrini, soprattutto Aristofane e Aristarco,
che erano stati editori di testi e avevano finalizzato le loro schematizzazioni prevalente-
mente a scopi editoriali: pensiamo ai nTivaKES callimachei, schedatura universale delle
opere letterarie divise second0 i generi,Z1 e ai cosiddetti canoni, ovvero elenchi di
autori considerati classici (npai-ropEvoi, iyKpieiVTES), divisi per categorie letterarie: 22
epici giambografi tragediografi commediografi elegiaci lirici, per la poesia; oratori-
sofisti storici-geografi grammatici medici filosofi, per la prosa; e presso i Romani, fino
a Quintiliano e oltre, ai canoni di autori greci, variamente tramandati, si affiancheranno
quelli di autori latini.

Per quanto possa apparire deludente, i I quadro trasmessoci da Proclo, e risalente


a Didimo, k i l frammento piu ampio, per estensione e completezza di materiale, di un
tipo d’indagine filologico-letteraria che potremo fin d a ora chiamare d e s c r i t t i v a
e che appare a suo luogo in epoca ellenistica, un’epoca che tende a ‘tirar le somme’, a
inventariare i l patrimonio storico-letterario, facilitata nella sua distaccata razionalistica
freddezza dal fatto che praticamente tutti i grandi generi letterari non sono ormai pib forme
vive, a causa del mutato rapport0 fra l’autore e il pubblico. 23 L a cosa pih importante,
in questo momento storico, k avere una g u i d a p e r c o m p r e n d e r e le opere
del passato.

3 L’EPOCA ARCAICA: LEGGI N O N SCRITTE. MA RISPETTATE

Abbandoniamo adesso per un momento gli alessandrini, che chiaramente - d a quanto-si


k visto - scrivono le leggi, per poi tornare ad e s s i attraverso una ordinata percursio
cronologica. Domandiamoci prima di tutto: in epoca arcaica, quando la disciplina dei
generi k ancora legata ad esigenze vive, era verosimile o anche soltanto possibile che
ci fossero delle leggi scritte? In altre parole, quando Pindaro componeva i suoi epi-
nici, aveva davanti a SC un ‘manuale’ che ne contenesse le regole essenziali? Nella
Nemea IV (forse del 473) Pindaro s t a narrando le imprese di Telamone e a un certo punto
s’interrompe (33s.) dicendo: “ i l raccontare per esteso tutta la lunga storia mi b vietato
e dalla 1 e g g e e dal tempo che fugge” ( i k paKph G ’ & V ~ T E L V k p k i VE T E 8 p 6 s 11
&pa\ T ’ i m i y 6 p w a i ) . Le parole Td3poS e Td3pioS ricorrono anche altrove (01. 7.88, 13.29,
Isthm. 6.20, Pae. 6.57; importante 6 ritrovare d p o s in Call. ia. 13 (fr. 203 PfJ.41, i l che
conferma la sua qualita di termine tecnico della teoria letteraria). Che c o s a pub essere
i I TEepoS s e non la I e g g e d e 1 g e n e r e , e ciok i n questo caso dell’epinicio? E
per legge-si s a ormai che intendo I’incontro fra le richieste di un committente, le esigenze
di un pubblico e la autodisciplina dell’autore. Nell’lstmica I viene detta press’a poco

75
la s t e s s a c o s a ( b o s s . ) : “di raccontar t u t t o . . . m e lo v i e t a la breve misura dell’inno”
24
(vdtv-ra F ’ ~ ~ E ~ I .T .I1E ~. .v .. 11 . . . ixpaipE’iTai ppaxb ~ ~ T P O’&wv V 11 ij1.1~05). Del r e s t o
Pindaro, insieme con l e frequenti ben note allusioni al suo ‘mestiere’ e al modo come lo
e s e r c i t a in confront0 cogli altri, ha anche d e l l e notazioni strutturali minute, come nel
I’Olirnpica VI dove al principio (Iss.), dopo l a b e l l a immagine architettonica c h e rappre-
s e n t a l’epinicio, afferrna c h e l’inizio d e v ’ e s s e r e “splendente d a lontano” (hpxowkvov
F’+you -rrpoowvov 11 x p i 8kpw Tqhauyks). 2 5 E non solo Pindaro coltivava molti altri
generi d e l l a p o e s i a corale di cui ovviamente conosceva le leggi, ma nel frammento di un
treno (fr. 139 Sn.) ne fornisce addirittura un elenco, dandone per di p i t alcune caratte-
r i s t i c h e : meana, ditirambo, lino, imeneo, ialemo.26 C’k d a credere che queste leggi
f o s s e r o gia scritte e che Pindaro l a v o r a s s e con un manuale? Direi che questo k e s c l u s o
proprio d a l fatto delle frequenti riflessioni s u l l a p o e s i a e s u l l a tecnica c h e compaiono
nelle composizioni poetiche e di lui e di altri poeti,27 come s e proprio le p o e s i e f o s s e r o
la s e d e piu naturale (e certamente unica!) in cui parlare di queste c o s e , coinvolgendosi
anche in appassionate polerniche personali. Nell’epoca a r c a i c a i npO5 TOV 6Elva - le
opere polemiche che in e p o c a e l l e n i s t i c a saranno trattatelli in prosa - sono proprio i
carmi. D’altra parte, anche in mancanza di opere tecniche specifiche, tacere d e l l e leggi
non si pub: ogni opera c h e le ignori k condannata a l l ’ i n s u c c e s s o , e s s e sono l’espressione
pih chiara del legame col pubblico. E quale s i a l a parte piu qualificata di q u e s t o pub-
b l i c o abbiamo gia visto: si tratta, in e p o c a arcaica, dei rappresentanti dell’alta cultura,
d e l l a finanza, del potere politico. Una p i c c o l a oligarchia, a cui si contrappone una
e l e t t a schiera di artigiani del verso, educati a l l a tecnica ed eletti a questo d a n a s c i t a
o d a contatti coll’ambiente elevato. D a chi hanno imparato Simonide, Pindaro, Bacchilide
a scrivere epinici, e prima di loro d a chi aveva imparato Alcmane a scrivere parteni ?
Si k trattato sicuramente di un ‘apprendistato di bottega’. Hanno imparato dai loro imme-
diati predecessori e contemporanei, dal contatto diretto coi loro committenti, magari
a s s i s t e n d o loro s t e s s i a l l e f e s t e , religiose e profane. C e lo dice bene Bacchilide (Pae.
5.1 s.): “l’uno impara dall’altro, c o s i in antico come oggi” ( ~ T E ~ Oi< S ~ T ~ P O0096s
U 11 TC)
Tf v a h a i ~6 T E v b ) . C’k qui una d e l l e p i t belle affermazioni del s e n s o d e l l a tradizione,
d e l legame ad un p a s s a t o c h e non s i r i n n e g a , 2 8 anche s e qualche volta q u e s t a tradizione
& s e n t i t a come un p e s o , come nel famoso frammento di Cherilo d i Samo (fr. 1 Kinkel):
“ b e a t o chi poetava in antico, chC e r a pih libero; ora tutto k regolato d a ferree leggi’‘.29
Ma si t r a t t a di recusationes compiaciute, d a l l e quali traspare I’orgoglio dello (qhos
p o e t i c 0 . 3 ~ Riportiamo parole di van Groningen: “Ainsi s’accumulent petit a petit une
foule d’observations d e detail transmises e t p r e c i s e e s d e generation en generation j u s q u ’ a
c e qu’a un moment donnk on l e s combine en un systkme”. 31 Ne i I poeta aveva bisogno
di un manuale n o r m a t i v 0 , come vedremo che parzialmente avverra in seguito, ne
il pubblico a v e v a bisogno di un manuale d e s c r i t t i v 0 , come abbiamo gia visto per
I’eth ellenistica: troppo legati sono gli uni e gli altri a un costume letterario che deriva
d a l l a vita s t e s s a . Abbiamo qui ben p i t c h e un semplice argumentum ex silentio dato
d a l l a s o l a mancata sopravvivenza di fonti: avremmo torto a considerar perduto quello c h e
ogni verosimiglianza porta a considerare come mai e s i s t i t o .

Abbiamo parlato dell’arcaismo maturo. Ma in epoca pib a r c a i c a ancora, in cui la regola-


mentazione dei generi appare ugualmente rigorosa, ancora pih improbabile e I’esistenza
di manuali. Pensiamo a1 nomos citarodico di Terpandro, che nel VII s e c o l o introduce a
Sparta l a prima ‘legge’ 0 K a T d r a T a a i g musicale e a l l e parti d e l l a composizione, rigidamente
fi s s a t e : c ~ p x a ,METapXa, KaTaTpovci, PETaKC(TaTpOTT&,bwqahbs, oppayis, i-rrihoyos. 3 2 E
anche i l ditirambo presenta fin d a epoca arcaica una regolamentazione p r e c i ~ a :l’unica ~~
difficolth k qui l a distinzione fra i l ditirambo cultuale e quello letterario, ma k chiaro che
i l second0 k in qualche modo legato a1 primo.

76
C’k perb chi pensa che l’esistenza di manuali di tecnica letteraria s i a d a considerarsi
possibile, anzi probabile, almeno per la fine del periodo che stiamo considerando. 3 4 Laso
di Ermione, i l maestro di Pindaro per la musica, avrebbe scritto per primo un T E P ~C ~ O U U I K ~ ~ S
h 6 y o ~(Suda s.v.), il che proverebbe I’esistenza del genere manualistico, distinto dall’in-
segnamento orale e dalla pratica diretta. Siamo di fronte a un manuale, non c’k dubbio, 3 5
ma consideriamo che si tratta qui di un campo che dai greci s t e s s i veniva ritenuto.stretta-
mente legato alla scienza, e precisamente alla matematica (dai Pitagorici in poi, s i a pure
in diversa misura) e che in ogni caso la musica presentava per gli antichi, cosi come pre-
senta per noi oggi, aspetti ben pih - direi - prepotentemente tecnici che non la letteratura.
Nel corso del V secolo c’e una ricca fioritura di manuali tecnici: quello di Policlkto sulla
scultura, di Parrasio sulla pittura, di Agatarco sulla scenografia, di Anassagora e di Demo-
crito sulla prospettiva, di Ippodamo di Mileto sulla costituzione politica e sull’urbanistica,
di Metone sul calendario.36 Senza contare i l fatto che man mano, col nascere dell’interesse
storico e col raffinarsi della tecnica storiografica, sorge un nuovo tipo di ricerca letteraria
che possiamo definire s t o r i c a , per contrapporla a quelle che p i t sopra abbiamo defi-
nite n o r m a t i v a e d e s c r i t t i v a . Nasce I’interesse per lo stabilimento della
cronologia, assoluta e relativa, e per i l npCi~05E G P E T ~di
~ espedienti e forme. 37 Giova
qui ricordare la figura di quello che le fonti ci danno come i I primo storiografo della lettera-
tura e della musica insieme, Glauco di Reggio (V secolo), figura centrale e poco cono-
. ~ c i u t a . L~ a~ lista potrebbe continuare con opere come i KapwoviKai di Ellanico, le
notizie storico-letterarie date d a Erodoto (5.67, sulla tragedia) etc. Sembra chiaro che
la riflessione sulla letteratura si concreti all’inizio in opere storiche, e che se di manuale
si vuol parlare si dovra parlare di manuale storico: per le opere normative e descrittive
dovra passare ancora qualche tempo. Da una parte i l tip0 di ricerca storica c’interessa
qui di meno, in realta solo per l’assegnazione piu o meno estrinseca e tradizionale delle
varie figure di poeti a determinati generi (epici, lirici, giambografi etc.); e dall’altra
siamo ormai in pieno V secolo e stiamo cosi passando all’epoca che chiameremo classica
per contrapporla alla prima, I’arcaica, e alla terza, l’ellenismo. Possiamo concludere
la considerazione della prima assegnandole la formula “ 1 e g g i n o n s c r i t t e ,
m a r i s p e t t a t e ”; e possiamo anticipare per la seconda la formula “1 e g g i
s c r i t t e e rispettate”.

4 L’EPOCA CLASSICA: LEGGl SCRITTE E R I S P E T T A T E

L a seconda epoca, che facciamo arrivare fino ad Aristotele, k per noi di particolare
interesse. Assistiamo a due fenomeni in stretta relazione fra loro. Alcuni generi si
estinguono, come la grande lirica corale (Pindaro muore intorno al 438 e nei suoi ultimi
anni k ormai un sopravvissuto); altri nascono e raggiungono in breve un ruolo di primo
piano, come la tragedia, la storia, l’oratoria. L’epica k sempre coltivata, naturalmente:
ma le diverse reazioni di gusto di fronte a un ‘omerico’ come Antimaco fanno capire che
e s s a non tiene pih quel posto di primo piano che aveva in precedenza; e del resto c’era
stata la polemica dei filosofi contro lo .stesso Omero. Dall’altra parte assistiamo all’inizio,
non subito e non sempre sistematico, della ‘codificazione’ delle leggi. Che cosa poteva
contenere I’opera di Sofocle T E P ~xopoJ, di cui c’informa la Suda? Ci si dice che era
un’opera i n prosa scritta contro Tespi e Cherilo, ma niente apprendiamo sul suo contenuto.
Era un’opera sulla tragedia in generale? Sofocle ci viene dato dalle fonti biografiche
come I’inventore di una serie di espedienti tecnici (il terzo attore, quindici coreuti invece
di dodici, scioglimento del singolo dramma dalla tetralogia, ‘scenografia’), anche se per
alcuni di e s s i ci sono dubbi sulla veridicita delle fonti: c’era materiale comunque sufficiente

77
per un lavoro s u l l a tecnica t e a t r a l e . 0 si trattava solo di problemi tecnici del coro e
d e l l e parti liriche? E che s e n s o p r e c i s 0 poteva avere l a polemica? P i t problematici
ancora sono alcuni p a s s i d e l l e Rune d i Aristofane. T u t t o Aristofane e ricco di notazioni
di c r i t i c a letteraria, preziose per noi c h e cerchiamo di ricostruire i l g u s t o del pubblico
dell’epoca. Ma a l l a nostra ricerca potrebbero i n t e r e s s a r e soprattutto alcuni accenni, i l
cui significato non k s t a t o ancora del tutto chiarito. In ran. 862 Euripide d a , come ele-
menti costitutivi d e l l a tragedia, “ l e parti r e c i t a t e , le parti cantate, i nervi d e l l a tragedia”
( ~ & ~ r T& q , pkhq, T& vEJpa ~ 3 TpayvFiaS):
5 c’k sotto una schematizzazione teorica gia
formata d e l l e parti d e l dramma? E , in questo c a s o , che cosa sono T& vEGpa ~ ~ TpayvFiaS? 7 5
I1 mito, l’intreccio narrativo, oppure si tratta di un’apposizione ai due elementi precedenti?
L’ultima ipotesi k s t a t a decisamente rifiutata d a Eduard Fraenkel, c h e h a giustamente
voluto salvare il tricolon, e recentemente C a r l o Ferdinand0 R u s s o , s u l l a b a s e di importanti
paralleli interni e di un p a s s o d i Erodoto (2.48) e uno di Platone (legg. 644 e), h a proposto
d’interpretare T a v E J p a . . . come “ i fili d e l l a T r a g e d i a ” , i fili, ciok, che fanno muovere i
personaggi, immaginati come marionette (personaggi, movimento s c e n i c 0 piL regia nel
s e n s o p i t ampio, cioe).39 Ma piu di questo non possiamo dire, anche se chiediamo aiuto
al v . 1114, dove i l coro incoraggia gli spettatori a partecipare a1 giudizio che si deve dare
dei due tragici: gli spettatori, infatti, sarebbero competenti, perche “ c i a s c u n o , avendo
i1 suo libro, k in grado di capire giusto” (piphiov T ’ ? X W W ‘ ~ K ~ U Tpave&vEi O ~ T& F E E L & ) .
Che c o s ’ e r a questo PipXov ? Un manuale di poetica e di e s t e t i c a , come alcuni credono, 40
oppure ‘libri’ in generale, per significare che gli spettatori non sono degli analfabeti?
Oppure le opere di E s c h i l o e di Euripide (cf. v.52s.), s u cui gli spettatori possono con-
trollare quello c h e si d i c e s u l l a s c e n a ? L a natura dell’allusione aristofanea ci impli-
cherebbe anche nel problema, che d a l l a Einleitung in die griechische Tragodie di Wilamowitz
ad oggi h a gih una lunga storia, del libro nel V secolo e d e l l a s u a diffusione. 41 P o s s i a m o
solo dire c h e l ’ e s i s t e n z a di leggi scritte k , a questo momento, per lo meno probabile. P e r
avere un s i s t e m a organizzato, c h e ci s i a conservato, dovremo aspettare l a fine del I V
secolo colla Poetica di Aristotele: ma sono proprio le frequent1 allusioni polemiche di
lui a dei predecessori c h e ci pon’gono i l problema dell’humus su cui i l suo insegnamento
k n a t o . 4 2 Si sa c h e n e l l a Poetica si p a r l a solo di epos e soprattutto di teatro: sostan-
ziaimente ignorata k la lirica (ad e c c e z i o n e di ditirambo e nomos), e mi pare che i l fatto
sia s i g n i f i ~ a t i v o . ~L~a lirica b ormai morta d a tempo nelle sue forme originarie e
Aristotele volge i l suo i n t e r e s s e a generi c h e conservino un certo grado di vitalith. L e
s u e intenzioni appaiono chiare, e d k questo c h e f a di lui un anello fondamentale nello
sviluppo degli studi: l a s u a opera (ed k gran perdita quella del n ~ pTi ~ O I ~ T eGdW ella
sezione s u l l a commedia) vuol e s s e r e a mio parere nello s t e s s o tempo s t o r i c a ,
riallacciandosi all’interesse storico e antiquario risvegliatosi d a almeno due secoli;
d e s c r i t t i v a , per l a illustrazione d e l l e f a s i anteriori e per lo studio scientific0
d e l l a f a s e v i s s u t a ; e infine n o r m a t i v a , volta a dirigere, ciok, l a produzione ulte-
riore di generi c h e vengono sentiti come ancora vivi, come appunto I’epos e i l teatro,
anche se sono vicini al loco tramonto: 44 e d e proprio la s e n t i t a n e c e s s i t h , o anche sol-
tanto utilita di queste norrne c h e ci conferma quello che sappiamo per altra via, come ciok
perfino la tragedia s t i a soffrendo un c a l o di vitalith, s t i a diventando a n c h ’ e s s a una s p e c i e
di relitto.

E qui c h e diventa importante i l problema a cui accennavamo in principio, quello degli


s c o p i delle trattazioni. Dovremmo e s s e r e in grado, s p e c i e d a questo momento in poi,
di seguire due vie convergenti, i cui risultati s’illuminerebbero a vicenda: d a una parte
mettere a l l a prova di un’indagine e s a u r i e n t e la ‘resistenza’ dei vari generi nel gusto dei
consumatori, e ciok valutarne la vitalith; dall’altra riuscire a capire a quali finalith
d o v e s s e r o servire le codificazioni corrispondenti ai vari generi. b chiaro c h e una

78
impostazione descrittiva si adatta ad un genere morto, mentre una normativa sarebbe in
funzione di una pratica ancor viva, o che, nonostante tutto, si vuole mantenere ancora in
vita. Abbiamo visto che in epoca arcaica la viva prassi non richiedeva alcun sussidio
normativo, dato i l particolare rapport0 fra autore e pubblico; e che nel IV secolo la nascita
di un sistema normativo per la tragedia coincide colla sua decadenza (certo la si voleva
tenere in vita, come elemento tradizionale di una polis per rifiutare l a cui decadenza non
era sicuramente necessario appartenere a circoli reazionari a oltranza). 45 Ma in questo
momento ci si presenta un sistema chiaramente normativo, precettistico per almeno un
genere vivo, anzi addirittura sorto da poco e gih in pieno fiore: 1 ’ o r a t o r i a . Non
dimentichiamo che nell’epoca che stiamo considerando, l a seconda, k in atto un profondo
rivolgimento nella situazione storico-sociale. I1 nostro orizzonte k ristretto adesso pra-
ticamente alla sola Atene, ma questo ci permette di andare pib in profondith, data la
ricchezza della documentazione che abbiamo. La polis ateniese, dal suo sorgere fino
alla crisi che s i manifesta alle soglie dell’et‘a ellenistica, ci mostra una partecipazione
di pubblico che mai era s t a t a cosi compatta e soprattutto cosi e s t e s a , e l a tiagedia del
V secolo ne era stata tipica espressione. Ma k solo nel IV secolo che I’oratoria arriva
al massimo di successo e di diffusione. L a sofistica aveva fatto della cultura un bene
acquistabile e fruibile da tutti: e s s a era diventata un indispensabile bene di consumo e
I’oratoria ne diventava il veicolo p i t importante, colla ricchezza delle sue forme. Penso
soprattutto all’oratoria politica e a quella giudiziaria. I’horno ~ O V U Sche s i dava alla poli-
tics e il cittadino comune che esercitava il mestiere dell’avvocato o che, nella molte-
plicita dei rapporti giuridici che nascevano d a una societa in espansione commerciale,
aveva bisogno di assistenza legale, non erano pib nelle condizioni degli arcaici, che pro-
ducevano in pochi per un pubblico omogeneo sempre, ma p i t ristretto. L a formazione di
una t e c n i c a diventa adesso fatto di tutti, si devono trovare urgentemente altre vie,
pib veloci, a tutti aperte. Isocrate aveva inaugurato la sua scuola di retorica nei primi
anni del IV secolo, ma il suo sistema non sembra fosse ancora definito in un trattato:
resta ancora affidato all’insegnamento vivo, e il tono didattico compare qua e l h nelle
sue orazioni. 46 Ebbene, a ‘soddisfare un bisogno universalmente sentito vengono i ‘codici’
del nuovo genere, le T i p a t bqTopiKai o Arti retorzche, che, in diversa misura sistematizzate,
sono gih dei sofisti: ma i campioni pib antichi a noi conservati‘completi sono la Rhetorica
ad Afexandrum e la Retorica a r i ~ t o t e l i c a . ~Specie
~ quest’ultima si presenta, nell’impianto
e nelle formulazioni, n o r m a t i v a quant’altra opera mai, e precisamente per un g e n e r e
v i v o e in pieno fiore. L a necessith della divulgazione k solennemente affermata d a
Aristotele fin dall’inizio, e viene fatta derivare dalla s t e s s a generale u t i 1 i t h per
t u t t i i cittadini: . . . TT a v T E s T ~ ~ T OTIV& V ~ E T ~ X O U U I V txppolv rscil. dialettica e

retorica] . TT ci v T E s yixp pkxpt T I V ~ S Kai i&&v Kai h k x a v h6yov Kai tx:.rroho+iueat


Kai KaTqyopdv ’Eyx~tpofiutv(54 a 4 ss.). k il quadro della nuova societh, come l’abbiamo
delineato sopra! E poi: “alcuni fanno questo a casaccio, altri fondandosi su una dispo-
sizione e una pratica; ma tantq vale O ~ T &Kai 6 6 4 T O I E ? ~ ” (ibld. 6 ss.; cf., poco pib
oltre, T ~ X V ~$yov
S d v a i ; e cf., per la dialettica, top. 101 a 2 5 s s . ) . Nell’Atene del IV
secolo serve ormai un manuale che s i a a disposizione dei moltissimi, che sono poi la
totalith dei cittadini, che devono imparare a parlare in pubblico. L e Retorlche sono i
primi veri e propri manuali divulgativi. 48

k questa un’epoca, come si k detto, in cui molti generi nascono. Siamo in un momento
in cui salgono le azioni della prosa, e per molti generi si tratta di una specie di ‘tradu-
zione’ dalla poesia alla prosa. Non sappiamo quale grado di organizzazione sistematica
avessero, altrove, gli sparsi accenni che troviamo in Isocrate: nell’Evagora (9-11) si
parla dell’elogio in prosa di un contemporaneo, 4 9 nel TIE$! T ~ SCNTI~LIUEWS(45s.) della
storia letteraria, della storia politica e di nuovo deII’FbatvoS celebrativo (Abyoq . . .

19
‘ E A A ~ v I K o ~ Ks a i T O A I T I K O ~ S K C X ~r r a v q y u p i K o 3 s ) ; notevole che dichiari espressamente
questi h o y o u ~come ~ ~ O I O T ~ ~. O. TO?$ U ~ VET&
. K a~i ~buepc?v
~ O U U I K ~ T E T O I ~ ~ ~ V O I come
~,

eredi, ciok, e quasi nuova versione della grande lirica del passato.

Se vogliamo in questo period0 tracce d’interesse teorico per la lirica, oltre che per
epos tragedia commedia, dobbiamo cercarne sparsi accenni in Platone. so Abbiamo gia
visto come la distinzione fra lirica religiosa e secolare, sicuramente anteriore a lui,
sopravviva in Didimo-Proclo. Interessante notare che, parlando di generi lirici, come
in legg. 700 b ss., prenda occasione alla determinazione di caratteristiche dei generi da
una misoneistica reazione di fronte agli arbitri dei contemporanei, che mescolano un
genere all’altro (nav-ra €15 .rrdtvTa U U V ~ Y O V T E ~ )ignorando le severe prescrizioni che la
tradizione ha fissate per la musica. Anche qui Platone k intellettualista, antistorico
e conservatore e i l suo s i direbbe un atteggiamento di precettistica ovvero n o r m a t i -
v i t h p e s s i m i s t i c a .51

e
Quello che importa ormai mettere in rilievo che in questa seconda epoca le leggi
sono r i s p e t t a t e , come gih nella prima, e che, diversamente dalla prima, tendono
a fissarsi p e r i s c r i t t 0 , pur con variabile grado di sistematicita. T a l e tendenza
si sviluppera nell’epoca successiva: ma k fin d a adesso che la riflessione sulla poesia
e sulle sue forme p a s s a dalla penna del poeta a quella del teorico puro.

5 L’EPOCA ALESSANDRINA : L A DOCUMENTAZIONE

L a terminologia di Platone,e quella che egli rispecchia, sono in p i t d’un particolare


diverse d a quella degli alessandrini, e fanno intravedere differenze anche di sostanza
nella considerazione dei generi. 52 Ed eccoci cosi di nuovo alla terza epoca, l’epoca
dominata dalla filologia dei grammatici. I1 fatto che e s s i siano spesso anche poeti da
un valore speciale alla loro attivith teorica: l’inventario del patrimonio tradizionale k
fatto con pietas di epigoni devoti. Ma i vecchi generi sono morti, la societa e di nuovo
cambiata: non piu i p o c h i legati d a un vincolo sociale determinato (le societa arcai-
c h e ) , non pih i m o 1 t i integrati in un vasto contest0 politico-sociale (la polis),
bensi i p o c h i s s i m i legati da una tecnica che diventa un mestiere, la filologia,
e d a una passione, la poesia in un senso p i t modern0 e vicino a Voi. In altre parole:
la letteratura k ‘consumata’ d a quelli s t e s s i che la producono. E questa un’epoca di
leggi universalmente scritte e lo scopo che p i t salta agli occhi k quello della d e s c r i -
z i o n e . Gli antichi vanno capiti, prima di poterne curare l’edizione, e s e ne descri-
vono le strutture. Eccessivo appare l’atteggiamento di Pfeiffer (History, cit. p. 183),
quando afferma che “indeed the whole classification of lyric poems was determined by
the needs of the editor, not by any older tradition of poetical theory or artistic practice”.
Sembra quasi una giustificazione per aver tralasciato, come dicevamo all’inizio, i l nostro
tema. Direi, invece, che il criterio classificatorio (non certo improvvisato) e le necessita
editoriali dovevano coincidere. Le suddivisioni, fra autore ed autore per assegnarli alle
diverse categorie e interne ad e s s i per distinguere i vari generi (edizione di Pindaro) o
i vari metri (edizione di Saffo), dovevano pur rispondere a un’idea delle forme che i filo-
logi alessandrini si fossero fatta: e strano sembrerebbe un atteggiamento volutamente
arbitrario, quando ben piu naturale dovrebbe apparire un’adesione i l pib possibile fedele
ad una tradizione storico-critica solida ed e s t e s a come quella che abbiamo cercato di
delineare qui sopra. Che poi tale adesione non riuscisse perfetta, come abbiamo richia-
mato a proposito della terminologia, sarh dovuto ad incomprensioni e a catacresi del

80
tutto episodiche, di cui talvolta sono addirittura identificabili I’origine e il cammino. 5 3
Non c’k dubbio: anche nel camp0 della critica letteraria una tradizione si k gih formata
ed e s s a viene rispettata, come ovvio corollario del rispetto della tradizione letteraria.
Fin dall’inizio dell’epoca di cui ci occupiamo, e quindi p i t di due secoli prima dell’opera
di Didimo, numerosi sono i segni del costituirsi di una koine‘ critico-letteraria, avviata
dalle prime grandi personalith di poeti-filologi, nella quale non c’k posto per innovazioni
autoschediastiche. L a critica letteraria di cui stiamo per trattare si riattacca tutta p i t
o meno direttamente ad Aristotele, n6 si vede soluzione di continuith in fatto di metodi
e di procedimenti.

E bene ripetere che la prima esigenza, come premessa all’attivita editoriale ‘a tappeto’
(Aristofane di Bisanzio), fu proprio quella della classificazione, che b poi la forma p i t
elementare della descrizione (i TivaKES di Callimaco). Senza dubbio una funzione di
primo piano fu svolta dal primo allievo di Aristotele, d a Teofrasto, ma dei suoi due T T E ~ ~
T O I ~ T I K ~ ~ Se del suo KwpwFiaS non siamo in grado di dir nulla. 5 4 L a scuola aristc-
telica s’interessb attivamente alla storia letteraria,55 e questo fu di gran peso per tutta
la filologia alessandrina, pur s e una parte di e s s a si pose in atteggiamento di polemica
nei confronti del Peripato.56 Non ci k comunque in alcun mod0 chiaro quale delle
diverse impastazioni della Poetica aristotelica dominasse le varie opere di critica, di
cui spesso ci sono tramandati soltanto i titoli: ricorderemo i l ~ r ~ IpT i O ~ ~ T ~K Ka i ~TGV
S
Troiq-rGv di Eraclide Pontico (fr. 166 Wehrli), 11 ~ r ~ aa-rdpwv
p i di Cameleonte (fr.37 Wehrli),
il m p i I T O I ~ ~ ~ ~ Te Wi lV~ r ~ ITOI~TGV
p i di Prassifane, scolaro di Teofrasto (fir. 11-17 Wehrli),
il n ~ piaclpoTroibv
i di Lisania di Cirene, maestro di Eratostene (Pfeiffer pp. 146 n. 1, 153
e n. 3), il ITEP~~ E ~ O I T O I ~ diV Euforione ed Istro, di poco anteriori ad Aristofane (Pfeiffer

p. 183). Inutile continuare qui ad elencare nomi e titoli, visto che questi ultimi s i ripe-
tono: basta pensare che tutta questa dottrina si riversa nell’opera di Didimo, dal quale
il nostro panorama era cominciato. 5 7 N6 k i l c a s o di occuparsi qui dei filoni di critica
che s i occupano di Troiqpa, ~ r o i q oei ~TroiqTiS, cosi come li vediamo rispecchiati nell’Arte
poetica di Orazio, e ugualmente lasciamo d a parte considerazioni su correnti stoiche ed
epicuree: k che, tra i molti temi dell’estetica antica, c’interessa qui solo quello delle
leggi dei generi.

Fra le opere dei critici, sarebbe per noi utile poter distinguere fra trattazioni descrit-
tive e trattazioni storiche: questo k praticamente sempre disagevole, vista la scarsita
o addirittura la mancanza dei frammenti, ma che i l primo tipo, quello descrittivo, e s i s t e s s e
ed avesse notevole diffusione k certo per numerosi indizi. Interessante, per esempio, la
vicenda dei termini ~ E X ~ Ke A~ Su ~ I Kcosi ~ ~ com’b delineata d a Farber: il primo sarebbe
usuale nella Kunsttheorie, I’altro nella storia second0 Dzchterpersonlcchkeiten.5 8 k,
per di p i t , significativo per una classificazione per generi il fiorire fra i grammatici
alessandrini di una letteratura come quella sulla hEI<is K W ~ I K e~ ,ciok ricerche s u lessico
proprio di un genere determinato: a tal tipo di studi aveva dato inizio gih Aristotele
nella sua Poetica, quando indicava i nomi composti come tipici del ditirambo (59 a 9 ,
cf. rhet. 1404’a 33, 05 b 35, 06 b 1 ) , s 9 le ‘glosse’ come tipiche dell’epica (59 a 9 s . ,
61 a 10, cf. rhet. 04 b 23, 06 b 3), la metafora come tipica del giambo (59 a 10) e dell’e-
sametro (59 b 36). Anche qui fioriva sicuramente tutta una letteratura volta a chiarire
nello s t e s s o tempo, come accadeva nella Poetica, origini e strutture, che dalla perduta
trattazione aristotelica (forse conservata parzialmente nel Tractatus Coislinianus) arriva
fino ai tardi T T E PKwpr+GiaS
~ dei bizantini.60 L e stesse Antologie epigrammaqiche, che
cominciano gia nel 111 secolo, 61 presuppongono un’attivita classificatoria. E strano
che d a alcuni si s i a voluta diminuire I’importanza di una figura, che certo fu centrale,
come Apollonio b E ~ G O Y ~ ~ ~e ~ciok
O S ,‘il classificatore per generi’, bibliotecario dopo

81
Aristofane: 6 2 si k voluta limitare l a s u a attivita ad una sistemazione d e l l e odi meliche
divise per ‘armonie’ musicali (dorica, frigia, lidia etc.), second0 una testimonianza del-
I’Etymologiczmi Magnum. 6 3 Ma gli scoli a Pindaro (ad Pyth. 2 , inscr., p. 3 1 . 8 ~ Drachm.) ~. ci
informano c h e prese posizione per la c l a s s i f i c a z i o n e d e l l a P i t i c a I1 (ne s o s t e n e v a la natura
di ode p i t i c a , nel quadro di una a c c e s a polemica critica); e d’altra parte, p o s t o c h e asse-
g n a s s e ‘etichette’ musicali, strettamente regolate d a l l a dottrina dell’ethos musicale, non
avrebbe potuto farlo se non a v e s s e preventivamente stabilito l a natura, e c i o t il genere,
d e l l e composizioni. Insomma, siamo di fronte a una ingente operosita c l a s s i f i c a t o r i a , che
arrivera fino all’ ovopaToh6yoS di E s i c h i o Illoustrios di Mileto (VI secolo) e , attraverso
lui, fino a l l a Suda.

L e caratteristiche dei generi dovevano e s s e r e d e s c r i t t e , direi, capillarmente, come si


vede d a Didimo-Proclo e dagli altri r e s t i sopravvissuti a1 naufragio di q u e s t a c l a s s i f i c a -
zione. Chi ha pratica di scoli ricorderh quante volte, per esempio, negli scoli teocritei
si parla di e t h o s del dialetto dorico (suono degli alpha etc.), considerato particolarmente
adatto a creare I’atmosfera bucolica (e non e certo qui i I c a s o di additare l a goffaggine
di s i m i l i procedimenti critici). Ogni genere dovra anche avere un suo determinato tip0
di dizione, di E r v k y v w a i ~ ,come ci prescrive Dionisio T r a c e (p. 6 . 8 ~Uhlig): ~ . “ l a tragedia
va r e s a in tono eroico, l a commedia col tono di tutti i giorni, l’elegia flebilmente, l’epos
in tono sostenuto, l a p o e s i a lirica con intonazione musicale, i lamenti in mod0 abbandonato
e gemebondo” ( . . .‘iva T{V piv Tpayc@iav Gpw‘iKdS & v a y v d p E v , T ~ V6 ; Kwp@iav
P I ~ T ~ KT&~ 6;~ khEyETa
s, AiyupGS, -rb 6i ?nos E ~ ~ T O V W T{V S, 6i hupiKiv n o i q a i v k p p ~ h d ~ ,
~ y o ~ p G ~ ) .Perfino la v e l o c i t a di lettura, i l tempo di dizione
6; O ’ ~ K TO USh p ~ i p k v wKai
(Erywfi) v a regolato a seconda del genere. 64 D a questi pochi cenni si vede quanto utile
sarebbe una raccolta di testimonianze in questo s e n s o p r e s e d a gramniatici, d a s c o l i a s t i ,
d a lessicografi, d a retori anche tardi.65 C i sarebbe d a estrarre una immensa quantith
di materiale anonimo, veicolo per0 di una tradizione c o s c i e n t e di se e t e n a c e . Non t d a
escludere c h e una simile raccolta ci aiuti a ricostruire qualcosa dei preziosi manuali
perduti di quest’epoca. 6 6 Sarebbe comunque una g r o s s a impresa, superiore a l l e forze
di un singolo.

A chi o b i e t t a s s e c h e troppi sono i generi letterari di cui qui non si f a parola, si


potrebbe rispondere non solo invocando i limiti d e l l a presente trattazione, ma ricordando
anche c h e molti sono i generi le cui regole ci sono note solo attraverso l e opere s t e s s e :
ma certo la teorizzazione doveva e s s e r e molto e s t e s a . Occorre fare comunque attenzione
a non dare dignith di genere indipendente a quello che gli antichi sentivano non p i t c h e
come una sottospecie di un genere piu ampio: e quello che accade per l’epica didasca-
l i c a , s e n t i t a sempre come una sottospecie d e l l a piu ampia categoria dell’epos. 67 Ma
k chiaro di quanta utilita sarebbe per noi i l poter rispondere, naturalmente solo per la
seconda e la terza e p o c a , alla seguente domanda: quando i l tale autore si mette a1 lavoro,
oltre a l l a tradizione letteraria d e l genere nel quale si accinge a comporre, ha d i fronte
a se anche una letteratura teorico-critica sull’argomento? E quale influenza pub quest’ul-
tima avere e s e r c i t a t o s u di l u i ? E quello c h e , necessariamente solo per s o m m i c a p i ,
ci proporremo fra poco di stabilire per un autore come Teocrito.

Fondandoci s u l l a costituzione di una t e r m i n o 1 o g i a , possiamo chiederci


come veniva designato i l concetto di genere letterario. 6 8 Un termine solidamente
affermato, pur c o n qualche sfumatura, sembra e s s e r e E 7 6 o 5 , come si vede per e s .
d a P l a t . legg. 700 b s s . (E‘i6q I J O U U I K ~ S ,$605 $6fjs, ~ k h o u s ) ;Ar. a.p., init. ( m p i noiq-
T I K ~IT+^ ~ TE K a i T ~ ~Vi 6 G va h ? % . . ., anche s e poi la parola prende altri valori): Procl

chrest. ap. Phot. bib!. p. 320 a 7 , 21 (E‘i6q T T ~ pS ~ h i ~ f 6605 j ~ , G6fjs; cf. 15): Et>,m.A!.

82
2 9 5 . 5 3 ~ (~k. la testimonianza su Apollonio ~ i 6 0 y p a q o,~v. n. 63): Men. Rhet. p. 3 3 1 . l s . S ~ .
(E‘i6q b q ~ o p i ~ i j ~In ) . Athen. 619 ab addirittura la poesia bucolica e chiamata 6605. Nota
k poi la storia del termine ~iSljhhiov,nato da 660s = ‘composizione poetica’ presso gli
scoliasti alessandrini (e va ricordato che gih in Isocr. 15.74 $605 vale ‘composizione
oratoria’, e ciok ‘orazione’). Che anche y 6 v o veniva usato i n maniera pressochh
sinonimica ci k chiaro da Ar. rhet. 58 a 33, 36 (cf. Procl. chrest. up. Phot. bibl. p.321
a 34, accanto all’uso di 66os, v. sopra); e v. anche Ps. Plut. mus. 1134 c (yivos ~ i j s
T T O I ~ ~ D E ~ S ) Qualcosa
. di mezzo fra ‘genere’ ovvero ‘tipo’, ‘tema’, ‘stile’ esprime i 6 E‘ a
(Ar. ran. 384, Isocr. 2.48, cf. il titolo stesso, nepi i 6 ~ i j v di , Ermogene; v. Ernesti S.V.
E‘i6q); il p i t vicino al valore ‘genere letterario’ k Ar. a.p. 49 b 8 ii a p p i ~
i6ha.69 In
Antiph. fr. 191 K. sembra che tale valore venga alla parola TT o i q p a (paKdrpi6v ’EUTIV
1-rpay+%a~lI,noiqpaK a T k T I ~ ~ V T ’ .. .). E bene lasciar d a parte T p 6 TT o 5 , che coinvolge
un ben chiaro valore musicale, alle volte difficilmente distinguibile dallo ‘stile’ letterario,
legati come sono tutti e due i valori al genere letterario stesso. 7 0

6 L’EPOCA ALESSANDRINA’: LEGGI SCRITTE E NON RISPETTATE


( I POETI E L A ‘NORMATIVITA A ROVESCIO’)

Ma presso gli alessandrini filologia e poesia sono strettamente unite, ed k venuto i l


momento di chiederci in qual mod0 la cosi rigorosa descrizione di una letteratura per
gran parte ormai morta possa i n f 1 u e n z a r e le forme spesso nuove che si vengono
creando. Si tratterebbe di un effetto che va al di Ih degli scopi immediati delle tratta-
zioni. In altre parole: il codice letterario, che nasce con funzione prevalentemente
d e s c r i t t i v a , ha anche una sua funzione n o r m a t i v a implicita? Direi di
si, anche s e qui, per buona parte degli alessandrini, parlerei di una Vera e propria
‘ n o r m a t i v i t h a r o v e ‘ s c i o ’, ovvero negativa. L’epoca ellenistica k I’ultimo
momento di quello che k un miracolo costante lungo tutto i l corso della letteratura greca,
e ciok la capacith di innovare conservando .singolarmente integri gli elementi tradizionali.
Questa terza epoca scrive le leggi, si, ma per violarle. Sembra quasi che I’analisi
accurata dei generi classici venga fatta apposta per violarne meglio le leggi. Vorrei
caratterizzare quest’epoca colla formula “ 1 e g g i s c r i t t e e n o n r i s p e t -
t a t e ”. Ed k proprio come annunciavamo in principio: in qucsta voluta contrapposizione
di fronte ad una tradizione.secolare emerge un rispetto e una pietas per la tradizione
s t e s s a . Ci sarh.solo da notare che il procedimento k di natura estremamente intellet-
tualistica: i l lavoro di ‘smontaggio’, operato dalla teoria (reso agevole, ciok, dalla
accurata descrizione), k seguito nella prassi degli autori d a un complicato lavoro di
‘rimontaggio’, che mette insieme gli elementi strutturali p i t disparati. E di questa
n u o v a n o r m a t i v i t h c’k anche i l teorico, che k i l Callimaco del Giambo XIII.
Non p i t la rigida evocativith dei vari dialetti: si pub usare lo ionico, il dorico, i l “dia-
letto misto” (ia. 13.18); non pib la specializzazione in un genere solo, che era stata
la regola quasi universale finora: 71 “qual dio ha ordinato che twscriva pentametri,
tu versi epici, tu tragedie?” (30-2). E Callimaco metterh in pratica lui .stesso tali
nuovi e rivoluzionari precetti, che in realth non sono la liberazione dai vecchi nel ‘senso
che ad essi si contrappongono ordinando I’opposto: userh il dorico nei due ultimi inni,
pratichera un PO’ tutti i generi, dandone anche un campionario, ricco per argomenti e
per metri, proprio nel libro dei Giambi, espressamente ispirato alla nohuEi6EIa di un
precursore, Ione di Chio (ia. 13, dieg.); e il libro dei Giambi sara i l padre dei numerosi
Gedichtbuther o ‘raccolte di poesie diverse’ della letteratura posteriore greca e latina. 7 2
Scriverh addirittura due epinici in distici elegiaci (frr. 383, 384 Pf.) e uno in trimetri
giambici (ia. 8); un inno, i l V, Per i lavacri di Pallade, -Sara anch’esso in distici, oltre

83
che in dorico. Ma forse i l ‘delitto’ piu grave k l a trasformazione del genere piu sacro,
73
l’epica, c h e , rinnegata una s u a fondamentale legge strutturale, l a grande dimensione,
diventa l’epillio: e questa novita h a l a s u a giustificazione, che k teorizzata, p i t che
nel prologo degli &[ma, nell’ Inno ad Apollo e nell’epigramma 28 Pf.

Chi c r e d e s s e c h e un t a l e atteggiamento quasi lusivo di fronte agli elementi forniti


d a l l a tradizione f o s s e un’assoluta novita, sbaglierebbe. P e r certi artifici operati g i a ,
per esempio, d a Aristofane n e l l a s e v e r a cornice formale d e l l a commedia a n t i c a (elementi
tradizionali s o p p r e s s i o trasformati, con conseguente frustrazione d e l l ’ a t t e s a del pubblico;
etc.) & s t a t a u s a t a la f e l i c e e s p r e s s i o n e Spiel mit den Formen; 7 4 e s t a t o notato c h e
C r i z i a k I’unico s o f i s t a che mette parte d e l l a . s u a dottrina in versi; 75 e gli esempi potreb-
bero aumentare. Ma del primo non dobbiamo dimenticare i I legame col pubblico, per cui
c ’ t sempre d a credere che un f a t t o di spettacolo sia sempre in qualche modo ‘richiesto’
e si fondi s u e s i g e n z e concrete; del second0 si potrebbe meglio dire c h e si tratta di una
‘controrivoluzione’, di un ritorno, ciok, all’arcaica filosofia in versi. Nuovi non sono i
procedimenti, in e t a ellenistica: k lo spirit0 c h e k nuovo. Quello che c o l p i s c e k , come
gih dicevamo, I’intellettualismo d e l l e s c e l t e , l a loro quasi a s s o l u t a arbitrarieta. Fra
i molti fatti c h e tradiscono la loro natura di piu o meno spinto virtuosisnio, e che si
presentano in quantith ad ogni lettore d e l l a letteratura a l e s s a n d r i n a , 7 6 ce n’k comunque
forse solo uno che si p o s s a paragonare a l l e liberta aristofanee, ed k anch’esso legato
al costume teatrale, c h e in e t a e l l e n i s t i c a continua ad e s s e r vivo, pur con leggi e s c e l t e
sue particolari: e non k un c a s o che si tratti del dramma s a t i r e s c o , una d e l l e forme p i t
interessanti e purtroppo meno conosciute d e l l a letteratura greca, che proprio in e t a tarda
p r e s e n t a una sorprendente vitalita, andando .evidentemente incontro ai gusti di un nuovo
pubblico. Gih a cavallo fra l a seconda e la t e r z a epoca c’era s t a t o i I Centaur0 di Chere-
mone, c h e Aristotele n e l l a Poetica (47 b 21) chiama ~ L K T T !bacy%6ia ~ i~ ~ & V T G W TGV ~ ~ T P O V
e Ateneo (608 c) 6pEWa T ~ O ~ ~ ~ E T P7 7O V .Ma pib i n t e r e s s a n t e k i I misterioso Agen, i I cui
autore sarebbe s t a t o un certo Python di C a t a n i a o di B i s a n z i o oppure lo s t e s s o Alessandro
Magno e c h e d a Ateneo (50 f , 596 d) viene chiamato UaTWpiKtbV 6p6pa o aa-rwpiKov 6papdr-
T~OV : i I dramma e ambientato storicamente con personaggi reali, fornendo un ambiente
simile a quello d e l l a commedia con tutto I’armamentario di satira personale, ma i I tutto
in p r e s e n z a d i un coro di satiri. 7 8 Abbiamo qui contaminazione fra dramma s a t i r e s c o
e commedia antica: e qualcosa di simile troveremo in piena e t a e l l e n i s t i c a nel Menedemo
di Licofrone ( s a t i r a ad un filosofo contemporaneo), mentre nel Dafni o Litierse di Sositeo
(Eracle c h e uccide i I mostro e libera Dafni) avremo contaminazione con elementi roman-
z e s c h i (ricerca e liberazione dell’amato) e forse anche c o l l a tematica bucolica (il perso-
naggio di Dafni). 7 9

Abbiamo parlato di contaminazione, ovvero di m i s t i o n e d e i g e n e r i ,


quella che in pagine fondamentali di Wilhelm Kroll k chiamata Kreuzung der Gultungen. 8 0
E vorrei chiudere con un breve panorama del comportamento ,di T e o c r i t o di fronte
ai generi tradizionali e del modo con cui r e a l i z z a i nuovi. E uno degli esempi piu illustri,
forse iI piu illustre, dell’influenza del nuovo codice. T e o c r i t o pub venir sentito (e c o s i
t s u c c e s s o s p e s s o a critici frettolosi) come p o e t a spontaneo, semplice, ma k forse proprio
quest’apparenza a tradire la s u a estrema raffinatezza. Lasciamo qui d a parte i l problema
di quello c h e sembra e s s e r e un genere nuovo, la p o e s i a bucolica. Z 1 Quello c h e piu
c o l p i s c e in lui e proprio la mistione d e i generi. I1 carme I V , / pastori, si p r e s e n t a in
forma di mimo (dialogo, ma privo di parte amebea), mentre l a tematica e l’ambiente richia-
mano i l carme bucolico. II VI, / bucoliasti, k nello s t e s s o tempo e p i s t o l a p o e t i c a ( 2 )
e idillio bucolico n e l l a forma dell’agone. L’XI, i l Ciclope, comincia di nuovo come
e p i s t o l a , contiene iin canto bucolico d’amore (19ss.) e si conclude come un carme bucolico,

84
con una parola-chiave, credo, in questo senso (80s. ’E -ir o i tt a I v E v T ~ ’hpw-ra). V I1
XIII, l’lla, comincia ancora una volta come epistola e prosegue (16ss.) come un epillio
(in dorico nell’epos, per giunta!). I1 XVI, L e Cariti, e i I XVII, i l 7oleme0, sono degli
encomi in esametri e i I XVI k ‘stat0 recentemente interpretato come un Bettelgedicht
ovvero ‘poesia d’accattonaggio’, un genere popolare che troviamo, in diversa misura
stilizzato, nell’lresione, nel chelidonismo, nel coronisma. 8 2 I1 XVIII, I’Epitalamio di
Elena, comincia col tono narrativo dell’epillio, per passare poi (9ss.) al vero e proprio
canto di nozze. II XXVIII, la Conocchia, .si presenta come un carme di una certa dimen-
-sione, per giunta in asclepiadei maggiori e in eolico, mentre i l contenuto avrebbe richie-
s t o le caratteristiche di un breve epigramma dedicatorio in distici; e I’epigramma vero
e proprio, a sua volta, pub presentare - fatto del tutto nuovo, data la novith della tema-
tica - materia bucolica, com’k nel caso degli epigrr. 1-6.S3 Comunque.si voglia inter-
pretare i l VII, le Talisie, per il quale la definizione di idillio bucolico sarebbe imperdona-
bilmente restrittiva, resta valida l’osservazione di Mario Puelma, che ci vede una delle
variazioni alessandrine del Programmgedicht, come nel prologo degli a’iiia e nel mirno
VIII di Eroda. 84 I1 111, il K G ~ O Spresenta
, poi un fatto singolare: la ‘traduzione’ i n
ambiente campestre di un fatto eminentemente cittadino come i I K C I ~ O Spresentato , qui
nella forma del mapaKhcrvdeupov.85 Ma i I vero e proprio ‘scandalo’ k i l XXII, i Dioscuri,
n& credo che la c o s a . s i a comunemente tenuta nel debito conto:86 i generi contaminati
sono qui addirittura tre, I’inno. (I ~ ~ w ~ oformula
~ E v innodica
, comune, cf. 25s.), I’epillio
(27ss., l a parte narrativa) e infine l a poesia drammatica (in realth vicina al mimo). II
v. 54, .infatti, k i l primo intervento di Polluce, introdotto d a un .rrpoah.rr~val v. 53; ma
i l v.55, la prima risposta di Amico, k d a t a ’ s e n z a formula di ‘dire’ ed k.seguita nientemeno
che d a una sticomitia lunga altri diciotto versi. 8 7 Pot& qualcuno forse pensare che la
parte narrativa non .sia d a considerarsi un epillio, bensi che tenga i l luogo della narrazione
tipica degi’inni om,erici maggiori: si eliminerebbe cosi uno dei tre generi. Ma a dirci
che ha voluto aggiungere al pastiche anche il vero e proprio genere epico narrativo 6
Teocrito stesso, quando, alla fine del carme (212ss.), confronta l a ’ s u a poesia, di dimen-
-sioni ridotte quali gli sono consentite dalle ‘sue possibilith (&s i p b &KOS ~ G . r r a p x ~ i )proprio
,
coll’epica, .sia che si tratti dell’lliade s i a dei Canti c i p r i i . 8 8

Ma la contaminazione perseguita con p i t - s o t t i l e tenacia k quella fra modi e forme


della poesia recitativa e modi e forme della poesia lirica. Gia i I secolo scorso, con
Gottfried Hermann alla .testa, aveva cercato simmetrie di tipo propriamente strofico (espe-
diente della metrica lirica) nella poesia esametrica dei vari tipi (che k stichica, i n quanto
recitativa). L a Strophenjagd ha una sua storia89 ed ha avuto conseguenze di rilievo
nella critica del testo, non tutte accettabili. In verita, s e in un autore tale ricerca k
almeno inizialmente giustificata, questo autore e certamente Teocrito, anche s e non si
pub essere certi che cercasse simmetrie esatte fra le ‘strofi’: penso al refruin nei primi
due carmi (anche il refrain di Cat. 64 non k simmetrico); notevoli simmetrie, p i t o meno
evidenti, si trovano ancora nei primi due e nel Ill ; altre sono assai meno evidenti, e
aveva torto Hermann, e con lui chi lo ha,seguito, a volersene servire per espunzioni o
denunce di lacune. Che cos’k tutto questo, s e non la volonta di presentare virtuosi-
sticamente la strofe, forma della poesia lirica, in carmi esametrici, e ciob recitativi? Del
resto tale contaminazione assume forme ancora p i t raffinate. L’agone bucolico, che
nella realth della vita dei campi era certamente in forme liriche p i t o meno libere, 90
viene presentato anch’esso in carmi esametrici (V, VI e i non autentici VIII, 1x); ugual-
mente i l canto bucolico non strettamente agonistico o non strettamente amebeo ( 1 . 6 4 ~ s . ;
7 . 5 2 s s . , ,96ss.; etc.); ugualmente altri canti di tipo popolare: nel I1 carmi incantatori;
in 3 . 6 ~ s i. l KG~CIOS in veste di -rrapaKhcrvoieupov ; in 1 0 . 2 4 s ~ .e in 1 1 . 1 9 s ~ .canti d’amore;
ancora in 1 0 . 4 2 s ~ .il Litierse, un canto di lavoro e precisamente di mietitori; in 1 5 . 1 0 0 s ~ .

85
un inno invocatorio; in 24.7-9, infine, viene c o s t r e t t a nella prigione esametrica addirittura
una ninna-nanna, e i I virtuosismo ci e r e s o piu p a l e s e d a l fatto che forse e proprio q u e s t a
la testimonianza piu fedele c h e abbiamo di un genere popolarissimo e certo largamente
diffuso quant’altro mai, come si vedrebbe d a un’analisi dettagliata (anafore, rime, parole-
chiave). 91 II procedimento si p r e s e n t a in Teocrito in maniera particolarmente raffinata,
ma e caratteristico di tutta l a p o e s i a alessandrina. Va ricordata qui l a brillante intui-
zione di Friedrich Leo,92 c h e h a chiarito definitivamente la ragione per cui alcuni versi,
gia in uso tradizionale, acquistano in e t a a l e s s a n d r i n a un nome nuovo, c h e si riferisce
ad un E ~ P E recente T ~ ~ (archebuleo, gliconeo, f a l e c e o etc.). l a l i versi erano s t a t i u s a t i
dai poeti piu antichi nel libero contest0 d e l l a strofe lirica e vengono u s a t i a d e s s o in suc-
c e s s i o n e s t i c h i c a , come s e si t r a t t a s s e di versi recitativi: questo, e non altro, k lo €6-
pqpcr. L e o e r a partito dalla ‘stichizzazione’ plautina di misure liriche; e I’ultimo p a s s o -
I’adattamento recitativo, c i o e , anche d e l l a t e c n i c a costruttiva interna del verso - Sara
compiuto d a Orazio, c h e imporra ai suoi versi lirici, s i a n e l l a strofe s i a nelle s u c c e s s i o n i
stichiche, d e l l e incisioni regolari, che sono anch’esse caratteristica tipica del v e r s o
recitativo. 93

Siamo p a s s a t i cosi ai poeti latini. E i l nostro d i s c o r s o potrebbe o r a continuare


considerando le loro soluzioni, c h e fin dagl’inizi sono di tanto vicine a quelle dei poeti
alessandrini. Ricordo qui i lavori di Scevola Mariotti su Livio Andronico (1952), Nevio
(1955) ed Ennio (1951; 2 1963), recentemente sintetizzati in un articolo: 94 Ennio sarebbe
addirittura p i t contaminatore di un Callimaco, 95 s e n z a contare che i romani arcaici, veri
poligrafi nel campo dei generi letterari, recepiscono a l l a lettera la fine d e l l e specializza-
zioni, c h e Callimaco aveva predicata nel suo Giambo X I I I . Potremmo considerare, per
la teoria e l a p r a s s i , Lucilio e Accio; per la teoria Varrone, Cicerone, Quintiliano,
Suetonio, a non dire d e l l a ricca informazione c h e , s u l piano del gusto letterario, ci viene
d a autori come Petronio. P e r le sottili e ‘mimetizzate’ soluzioni di un Orazio e di un
Properzio avremmo inizialmente la guida delle b e l l e pagine, piu volte qui richiamate, di
Wilhelm Kroll. 96 Ma non dimentichiamo c h e ci eravamo proposti semplicemente d’impo-
s t a r e un capitol0 d e l l a teoria e s t e t i c a antica, quello d e l l e leggi dei generi Ietterari: i
latini varieranno le soluzioni pratiche, ma non daranno sostanziali apporti nuovi a l l a
teoria. 97 In realth, per completare l a trattazione del nostro tema, sarebbe importante
non tralasciare un campo, c o s i strettamente legato aIIa Ietteratura, in cui norme - scritte
o non scritte - e p r a s s i - fedele o ribelle a l l e norme s t e s s e - s’intrecciano in c o s t a n t e
dialettica: quello d e l l a musica, colla s u a secolare dottrina dell’ethos. Ma i 1 nostro
d i s c o r s o i: gia troppo lungo e , in un certo s e n s o , troppo ‘aperto’: h a gih p o s t o troppi
problemi, lasciandone molti insoluti, ed k forse tempo di chiuderlo e di ricominciare a
riflettere almeno s u alcuni di e s s i .

I 00153 Koma,
V i a Aventina 24

NOTE

2.3.1970; E . W. Handley,
1 Per l’invito un grazie cordiale ai miei ospiti: C . F . R u s s o , Bari 28.2 e
Londra 28.5.1970; H. Lloyd-Jones, Oxford 1.6.1970; P . Fedeli, K. Muller e M. Puelma, Friburgo/
Svizzera 3.6.1971; T h . Gelzer e 0. Gigon, Berna 7.6.1971. A loro e a tutti gl’intervenuti anche
un ringraziamento per le critiche e i contributi. Devo molto anche a Gian Biagio Conte, Scevola
h4ariotti, Gregorio Serrao e Vincenzo Tandoi.

86
2 Fra le caratteristiche sopra elencate, quella che k s t a t a maggiormente studiata - quasi sempre
come categoria moderna - & la lingua. Ma anche qui molto resta da fare: v., per l e Gattungs-
sprachen del greco, il quadro pessimistic0 di H. Happ, Glotta 45 (1967) 84 n. 1 (alle opere da
lui elencate aggiungerei almeno un libro fondamentale, G. Bjorck, D a s Alpha impururn und die
fragische Kunstsprache, Uppsala 1950; e in genere gli studi degli s v e d e s i , come A. Wifstrand,
L . Bergson etc.). Non mancano alcune ricerche s u fatti minuti, ma importanti per la caratteriz-
zazione dei generi: per e s . T h . Wendel, Die Gesprachsanrede im gr. Epos u. Drama der Bliite-
z e i t , Stuttgart 1929; R. Fuhrer, Formproblem-Untersuchungen zu den Reden in der friihgr. Lyrik,
Miinchen 1967; e maggior conoscenza dei livelli s t i l i s t i c i in rapport0 a i generi potrebbe chiarirci
la estensione relativa di fatti come la elisione e la sinalefe (v. R F l C 97 (1969) 4 3 3 s s . , spec.
440s.). Bisogna ricordare, inoltre, l’opera e l’insegnamento di Eduard Fraenkel, la cui sensi-
b i l i t i a1 livello linguistic0 e s t i l i s t i c o (sia nel greco s i a nel latino) & s t a t a sempre uno dei suoi
caratteri dominanti di studioso. Per il latino v. H. Happ, Glotta 45 (1967) 60-104 (panorama a
p. 8 5 s . ; a p. 86 n. 2 Happ annuncia uno studio p i t ampio) e , data la differenza col greco, le
critiche ad Axelson di G. Williams, Tradition and Originality in Roman Poetry, Oxford 1968
p. 7 4 3 s s .
Quanto a1 tema specific0 del dialetto, il primo studio scientifico, fondato sull’evidenza
linguistica (oggi ovviamente invecchiato), 6 H. L. Ahrens, Ueber die Mischung der Dialekte
. 181: “Der Grund l i e g t . . . in
in der gr. Lyrik, K l . S c h r . I , Hannover 1891 r18521 p. 1 5 7 s ~ (p.
.
dem Umstande, . . d a s s mit den Klangen bestimmter Dialekte sich die Eindriicke ihrer eigentiim-
lichen Dichtungsweisen fur jedes hellenische Ohr untrennbar verbanden und s e l b s t durch ein
l e i s e s Anschlagen der Saiten eines j e d e s Dialektes sympathetisch erweckt werden konnten”).
Per musica e danza s i d i il c a s o che praticamente nulla ci k noto direttamente, in mod0
che la nostra conoscenza p a s s a necessariamente attraverso la teoria antica: per l’ethos musi-
c a l e fondamentale il lavoro d i H. Abert (1899) e v. da ultimo quello di W. D. Anderson (1966,
rist. 1968); per la danza e la distinzione fra tragedia, commedia e dramma s a t i r e s c o ( h k k i a ,
K6p6a<, aiKivviS) v. L . B. Lawler, The Dance of the Ancient Greek Theatre, Iowa City 1964,
Interessante l’isolamento di un ‘ e t h o s del gesto’ da parte di F. Lasserre, “MimCsis e t
mimique”, A t t i // Congr. internaz. Dramma antico, Siracusa 1967, Roma 1970 p . 2 4 5 s s . (e dai
lavori di G. Capone, 1935 e di A. Spitzbarth, 1946 s i potrebbe tentare un primo spoglio dell’e-
videnza data dagli s c o l i a1 teatro).

3 V., in proposito, l e vivaci pagine di M. Barchiesi, Maia 12 (1960) 2 4 7 s s . Mario Fubini, Critica
e poesia, Bari 1956, spec. p. 1 4 3 s s . resta fedele a Croce, pur mostrandosi s e n s i b i l e a esigenze
nuove, e accentua il carattere di “semplici strumenti” dei generi e la loro “provvisorieti”
(p. 147; avvicinandosi a Dewey, p. 2 5 4 ~ s . ) .

4 I1 miglior lavoro sulla storia dei generi nella cultura europea k Irene Behrens, Die Lehre von
der Einteilung der Dichtkunst vornehmlich vom 1 6 . b i s 1 9 . Jahrhundert. Studien zur Geschichte
der poetischen Gattungen, Beihefte zur Zeitschrift fiir romanische Philologie, H. 92, Halle / Saale
1940. V. anche K. Borinski, D i e A n f i k e in Poetik u. Kunsttheorie. Von Ausgang d e s klas-
sischen Alterturns b i s auf Goethe u . Wilhelm von Humboldt, 1.11, Leipzig 1914-24; B. Weinberg,
A History of Literary Criticism in the ltalian Renaissance, I. 11, Chicago 1961. Bibliografia
ulteriore anche in Wellek-Warren, cit. oltre (n. lo), a1 cap. 17.

5 Per i l complesso atteggiamento di Croce di fronte all’antichith c l a s s i c a v. da ultimo P. Treves,


Crocr e l’antico, in Lezioni crociane, Univ. di Trieste, Fac. di Lettere e Filosofia, 1967 p . 4 5 s s .
Da parte di Pasquali un certo ‘cedimento’ s u l l a questione dei generi in Stravaganze quarte e
supreme. Venezia 1951 (ristamp., Firenze 1968) p. 2 2 s . [1929].

6 A. Boeckh, Encyclopiidie und Methodologie der philologischen Wissenschaften, hsg. v. E. Bratuscheck.


2 . Aufl. besorgt v. R. Klussmann, Leipzig 1886. Come si apprende dal Vorwort di Bratuscheck,
i ventisei semestri dei corsi metodologici d i Boeckh s i distribuirono nel period0 1809-1865.

7 Boeckh, Encyclopiidie, passim. I generi co!rispondono a categorie immanenti (p. 1 4 4 s s . ; “nach


der geistigen Auffassungsweise”, p . 648). E mess0 per di pi; l’accento s u l Nationalcharakter
(per e s . p. 128), oltre che sull’individualiti dell’autore (p. 1 2 4 ~ s . ) . Ma anche uno storico cos;
sensibile e poliedrico come Boeckh, che giustamente affermava su piano teorico (pur in contrad-
dizione colle premesse) e s s e r e le caratteristiche d e l genere stabilite “ i n steter Riicksicht auf
d i e lebendigen historischen Verhaltnisse” (p. 143) ed e s s e r e fondamentale il riconoscimento

87
dello Zweck dell’opera (pp. 131s., 144), non arrivb a studiare il rapporto concreto che lega le
leggi dei generi alle varie situazioni, o meglio occasioni storiche.

8 P . Szondi, Theorie d e s modernen Dramas, Frankfurt/Main 1963 ( 11956) p. 10s. Sul libro, e
sulla s u a importanza per la teoria moderna dei generi, C . C a s e s , Saggi e note di letteratura
tedesca, Torino 1963 p. 330ss. (introduzione a l l a traduz. ital.).

9 I formalisti russi rappresentano un momento nuovo d’interesse per i generi. Avendo ad oggetto
di considerazione la letteratura r u s s a , domina presso di loro l’interesse per la narrativa e le
s u e categorie, ma importanti sono le aperture sulla tecnica del verso, non senza rilevanza per
la teoria dei generi s t e s s i . V. 1 V. Erlich, Russian Formatism, ‘1954 (pi; votte ristamp. e
trad. in ital., Milano 1966) e Thkorie de la littkrature, 1965, antologia a cura di T . Todorov
(trad. in ital., Torino 1968): interessante, qui, la fine dell’ultimo saggio di Tomagevskij e
quello di B. Ejchenbaum s u l “metodo formale”. Per lo strutturalismo possiamo ricordare,
fra l e formulazioni pi& estensive e recenti, T h . A. Sebeok, in Style in Language, edito dallo
s t e s s o , Cambridge/Mass. 1960 s p e c . p. 221s.; R . Jakobson, ibid. p. 357s.; E. Stankiewicz,
in P o e t i c s . . . [I], T h e Hague 1961 s p e c . pp. l l s . , 16s. Un’applicazione specifica a l l a
ballata romantica, con osservazioni teoriche, in C z . Zgorzelski, ibid. p. 689ss. Recentissimo
k T . Todorov, Introduction h la littkrature fantastique, P a r i s 1970 s p e c . p. ~ s s . ,c h e , tra l’altro,
polemizza contro i tentativi d e l tutto astratti di costruire una nuova classificazione (‘archetipale’)
dei generi di N . Frye, Anatomy of Criticism, Princeton 1957 (trad. in ital., Torino 1969). Sempre
di Todorov v . anche Poktique in Qu’est-ce que le structuralisme?, Paris 1968. Per un panorama
italiano v . I metodi attuaii della critica in Italia, a cura di M. Corti e C . Segre, Torino 1970, s p e c .
pp. 336ss. (C. Segre), 414 (bl. Corti). Importanti osservazioni s u l rapporto generi-autore in C . Segre,
I segni e la critica, Torino 1969 p p . 7 2 , 87ss., 89ss. e p a s s .

10 “ T h e literary kind i s an ‘institution’ - a s Church, University or State i s an institution. It


e x i s t s , not a s an animal e x i s t s or even a s a building, chapel, library, or capitol, but a s an
institution e x i s t s . One can work through, express oneself through, existing institutions,
create new ones, or get on, so far a s possible, without sharing in polities or rituals; one can
a l s o join, but then reshape, institutions.” (R. Wellek- A. Warren, Theory o f Literature, 1949,
e pi& volte ristamp., cap. 17, prendendo da Harry Levin).

11 Cit. d a Erlich, op. cit. cap. XIV. L a s c i o qui da parte la dottrina etica della musica antica o
Ethoslehre (v. n. 2), a l l a quale peraltro accennerb in fine, a causa della s u a natura completa-
mente diversa da quella della musica moderna. Qualche anticipazione in tal s e n s o h o data
in Atene e Roma 14 (1969) 42-6.

12 Per la quale v. anche l’introduzione a H. Weir Smyth, Greek Melic P o e t s , London 1900.

13 Cit. da Harvey, art. cit. p. 157.

14 Merita menzione anche il quadro tracciato dalla Behrens, op. cit. ( n . 4 ) pp. 1-32 (Die A n t i k e ) :
ma la filologia alessandrina k praticamente ignorata (procede per grossi autori, s e n z a porsi
gran che il problema delle fonti) e per di pih trascura I’aspetto morfologico dei singoli generi
(SUO scopo k principalmente quello d’inseguire le tre grandi categorie dell’epico, del dramma-
tico e del lirico attraverso l’estetica europea). Di s c a r s a u t i l i t i k invece J . J . Donohue, The
Theory o f Literary Kinds. Ancient Classifications o f Literature, Dubuque / Iowa 1943. Utile
& il panorama di J . Stroux,“Die Anschauungen vom Klassischen im Altertum”, in Das Problem
d e s Klassischen und die Antike (hsg. v. W. Jaeger), Stuttgart 1933 p. l s s . ; e , p i t specifico,
P . Steinmetz, “Gattungen und Epochen der griechischen Literatur in der Sicht Quintilians”,
Hermes 92 (1964) 454ss. = Rheforica, Hildesheim 1968 p. 451ss. La Wissenschaftliche Buch-
gesellschaft di Darmstadt annuncia M. Fuhrmann, Einfiihrung in die antike Dichtungstheorie.

15 Su questo problema, affacciatosi da non molto all’orizzonte degli interessi di studio dei filo-
logi, v. F. Lasserre, “ L a condition du pokte dans la Grkce antique”, Etudes de Lettres (Univ.
de Lausanne) 5 (1962) 3 s s .

16 Per I’estetica arcaica v. G. Lanata, Poetzca pre-plntonica. Testimonianze e frammenti,


Firenze 1963 (con commento). Per le epoche s u c c e s s i v e non k il c a s o di dar qui bibliografia.

17 I1 problema k ancora aperto: v. i commenti di A. Gudeman, Berlin u. Leipzig 1934 e di D. W.


L u c a s , Oxford 1968 ad Ar. a.p. 48 a 20 s s .
18 A. Severyns, Recherches sur la Chrestomathie de Proclos, 11, Likge-Paris 1938 p. 114.

19 Didymi Chalcenteri. . . fragm. . . . coll. e t disp. M. Schmidt, Leipzig 1854 p. 3 8 6 ~ s .


20 Harvey, a r t . cit. p. 159; Farber, op. cit. I p. 18.

21 Pfeiffer, op. cit. p. 127ss., cf. pp. 152, 160, 181, 218.

22 0.Kroenert, Canonesne poetarum scriptorurn artificum per antiquitatern fuerunt?, D i s s . Koenigs-


berg 1897; Pfeiffer, op. cit. p.207, richiama giustamente il fatto che la parola ‘canone’ con
questo valore risale a Ruhnken (1768).

23 V . , per il fatto in generale del rapport0 col pubblico, G . Williams, op. cit. (n. 2), cap. 11 (The
Poet and the Community). A p. 35 la felice caratterizzazione del poeta alessandrino: “They
.
took the forms of poetry. .and used them as moulds which could shape and even suggest
their own poetic ideas. In doing this, they treated the relationship t o real occasions a s part
of the convention: s o they composed hymns to the gods, without any idea of performing them,
or they wrote epitaphs, without any idea of inscribing them on a gravestone, or they wrote
symposiastic poetry, without having any real drinking-party in mind.”

24 Per questi p a s s i pindarici v. C . M. Bowra, Pindar, Oxford 1964 p. 196; G.Norwood, Pindar,
Berkeley and L o s Angeles 1956 p. 167. Anche nell’epica s i pub riconoscere coscienza di
leggi compositive (l’ordine narrativo?): v. il ~6up05hoi6fj5 o K . E‘-rrkwv in 0 489, Parmenide,
Democrito (S. Koster, op. cit. pp.5, 24). Interessante l’ipotesi di--R.Di Donato, Ann. Sc.
Norm. Pisa S.11 38 (1969) 267 n. 121 : in €I492 pEs&prlOi indicherebbe una deviazionq dal
1”‘ordine normale d e i canti” (e sarebbe da mettere in relazione con a 10 drp60av).

25 T. B. L. Webster, CQ 33 (1939) 170.

26 Pindaro ha anche notazioni eurematologiche: fr. 70 b, 71, 125 Sn. (A. Kleingiinther, n p d ~ 0 5
E ~ P E T ~ Leipzig
~S, 1933 p. 136).

27 F r a i pochissimi frammenti che c i s o n rimasti d i Pratina c e n’k uno (PMG 713. ii) in cui il
poeta faceva una chiara affermazione polemica di ordine morfologico-formale (le composizioni
di Xenodamo sarebbero s t a t e da considerarsi iporchemi, e non peani).

28 Second0 D. Pinte, AntClass 35 (1966) 459ss. Bacchilide (10.35-45) c i fornirebbe il primo


catalog0 conservato di generi letterari c h e ambisca a una certa completezza: poesia lirica,
ovvero epinici; poesia religiosa; poesia erotica; didattica agricola e pastorale. Parole
come ~ 0 9 6 5rroi~iho5
, e Bvpbv &<civ farebbero chiaro che c’era anche una gerarchia di
valori.

29 Choeril. fr. 1 Kinkel:


& p & K U P , &TI5 Z l l V KElVOV Xp6VOV ’i6pi5 &Ot6?5,
MOUU&WV e E p & W W V , 6T’&KfiPUTO5 Vl? ? T I hEipChV‘
VGV 6 ’ 6 d~v -~r a 6 & a u ~ a i’&oval , 62 TT E i p a T a Tkxvai,
i j u T a T o i &UTE 6pCI~ouKaiahEinCIpee’, oir& WTJ E D T ~
T T & V T ~T r a n T a i v o v T a veo[vy& &ppa -rrEA&uai.

Cf. l’atteggiamento, anch’esso di cosciente orgoglio, di Antiph. fr. 191 K., dove & detto che il
poeta tragico k pih fortunato perch6 ha la strada segnata, mentre il comico deve ‘inventare’
tutto di SUO.

30 L’esigenza di originalid, addirittura come richiesta di un pubblico, appare a i primordi della


letteratura greca: a 351 s.
TiV )‘&p h o i d ~ vp 6 h h O V )ETl1KhEiOUU’6V~pGXTOi
9~ 1 ~5~ K O U ~ V T E U
VU ~ T & T ~&pqi~Lhq~ai.
EW

E i poeti arcaici introdurranno I’esigenza in prima persona, come Pratin. PMG 710 06 y&
dhalciupkvav ixpdv, ixhh’&cr~aqovp a T c l j o v .

31 B. A. van Groningen, La composition [itthraire archai’que grecque, Leiden 1960 p. 22.

89
Questo libro k r i c c o di efficaci osservazioni s u i generi e s u l legame col pubblico (per e s . p p . 2 2 s s . ,
98, 3 8 8 s . ; etc.).

32 Proprio dalla, morfologia del nomos, cos‘i evidentemente retta da regole, van Groningen ( o p . cri.
p. 22) evince l’antichith delle regole s t e s s e in generale.

33 Harvey, art. c i t . p. 173.

34 Di tal parere k per e s . Webster, art. c i t . p. 170s.. che evince l’esistenza del manuale letterario
dall’esistenza del manuale musicale di Laso.

35 G . A. Privitera, Laso di Ermione, Rorna 1965 p . 3 7 ~ .

36 Webster, art. cit. p. 1 7 0 s . ; E . G. Turner, Athenian B o o k s in the F i f t h and Fourth Centuries B.C.,
London 195 1 p. 18.

37 Kleingunther, op. c i t . (n. 26) pp. 2 3 ~ . 1, 3 5 ~ ~ .

38 G. I-. Huxley, GRBS 9 (1968) 4 7 s s .

39 Ed. Fraenkel, Beobachtungen z u Aristophanes, Roma 1962 p. 173 n . 3 ; C . F. Russo, Aristofane


autore d i teatro, Firenze 1962 p. 3 2 3 s . (e Greece & Rome 13 (1966) 9 n. 1).

40 hl. Pohlenz, GGN 1920 p. 142ss. = K l . Schr. 11 p. 4 3 6 s s . pensava a un manuale di Gorgia come
fontc per la terminologia critico-letteraria delle Rune. Oggi l’ipotesi non trova fortuna (v.
hl. Gelzer, R E , Supp1.-Bd. 12 (1971) col. 1491); ma Pohlenz s t e s s o , Hermes 84 (1956) 7 2 s .
= K1. Schr. I1 p. 5 8 5 s s . si era in gran parte ricreduto.

41 Wilamowitz credeva di poter ricostruire gih per il V secolo una civilth editoriale simile a l l a
nostra; ma v., da ultimo, E . G. Turner, op. cit. (n. 36), s p e c . p. 16ss.; B. A. van Groningen,
Mnem. 16 (1963) l s s .

42 Sulle fonti della Poetica v. W. Kranz, Stasimon, Berlin 1933 p . 4 s s . e il coinmento di Gudeman,
cit. p. 9 s s .

43 Ma non certo nel s e n s o che s i k voluto vedere da alcuni: per es. A. Rostagni, Arte poettca d i
Orazto, Torino 1930 p. xli ss. pensa che la lirica ma1 s i sarebbe prestata a l l a distinzione forma-
contenuto, facendo cos‘l di Aristotele un modern0 influenzato dall’estetica idealistica! Direi
che l’accenno in 60 a 7 sulla ‘spersonalizzazione’ del poeta s i a significativo: il parlare in
prima persona sarebbe la negazione della mimesi (qualcuno ha cercato di negare valore a1 p a s s o ,
affermando che non s i parla di lirica: certo, si parla di epos, ma ugualmente importante k l’e-
sclusione della prima persona per l’epos!). La lirica interessa ad Aristotele s o l o per alcune
notazioni storiche: ditirambo e nomos (cap. I), a cui vanno aggiunti gli yoyoi autoschediastici,
G ~ l v o i , iylccbpia (48 b 27, cf. 23). La lirica era gih diventata fatto letterario, elemento di
remota tradizione gih nel corso del IV s e c o l o (Wilamowitz, T e x t g e s c h i c h t e der gr. Lyriker,
Berlin 1900 p. 14 e n . 5 , che cita Alex. fr. 135 K., dove, nella biblioteca, k a s s e n t e la lirica).

44 11 rapport0 di Aristotele colla prassi tragica del s u o tempo (T. B. L . Webster, Hermes 82 (1954)
2 9 4 ~ s . )k problematico, visto che di tale prassi conosciamo cos’i poco. Per esempio, il s u o
alto apprezzamento dell’Edipo re, che a s u o tempo non aveva ricevuto il primo premio, deriva
sicuramente da un mutato atteggiamento di gusto. Buone notazioni sull’argomento in E. M.
Craik, CQ 20 (1970) 9 5 s s . Notevole k , fra l’altro, il s u o insistere sulle reazioni del pubblico
teatrale: a . p . 49 a 8 , 51 b 2 5 s . , 53 a 3 3 s s . e tutto il c a p . 26; pol. 42 a 18 s s . (cf. P l a t . legg.
658 e); cf. tale interesse anche in Hor. a . p . 98, 100, 153-5, 190, 223s., 225s. etc.

4 s Viene in mente August0 col s u o programma politico-letterario di restaurazione del teatro latino,
c o s i come lo vediarno trasparire in Orazio (A. La Penna, Orazio e l’ideologia del principato,
Torino 1963 p. 1 5 4 s . (1950)), anche s e la situazione era politicamente ben diversa.

90
4 6 Da alcune testimonianze che parlano di T E ‘ X V ~ o Tixvai (L. Radermacher, Artium scriptores,
Wien 1951 p. 1 5 3 ~ s . s) i k voluto credere che e s i s t e s s e una Retorica isocratea. F. Solmsen,
Die Entwicklung der aristotelischen Logik u. Rhetorik, Berlin 1929 p. 2 0 4 s s . (v. anche 215 n. 1)
riteneva che la polemica aristotelica all’inizio della Retorica (01 T&s T i p a s T d V h6yov U W V T I ~ ~ V T E ~ )
fosse rivolta proprio contro il manuale di Isocrate. Ma tali ipotesi sembrano tutte da scartare,
v. Munscher, RE 9 . 2 (1916) ~ 0 1 . 2 2 2 4 ; W. Kroll, RE Supp1.-Bd. 7 (1940) col. 1049.

47 La Rh. ad A l e x . fu per lungo tempo creduta aristotelica, ma oggi la s i attribuisce per lo pih
ad Anassimene d i Lampsaco e la s i colloca poco dopo la meth del IV secolo. Quanto a pre-
cedenti manualistici, le polemiche dell’inizio della Retorica aristotelica ( e ricordiamo anche
P l a t . Phaedr. 266 d T& kv TOTS PiPhioig 70x5 m p i h6ywv TkXvqS y~ypcrp~kvois) c i documentano
una ricca fioritura del genere, che Aristatele s t e s s o aveva,studiato nella s u a T E X V ~ Va w v a y w ~ ,
fr. 1 3 6 s . Rose (0. Navarre, E s s a i sur la Rhbtorique grecque avant Aristote, T h k s e P a r i s 1900,
spec. p. 2 5 5 s s . : Trasimaco, Teodoro di Bisanzio, L i s i a , Iseo, Callippo, Anassimene). Impor-
tante per la formazione di Aristotele l’opera d i Teodette d i F a s e l i d e , d i cui egli s t e s s o avrebbe
fatto una u u v c r / o ~ ,fr. 1 2 5 s s . Rose. In A. Burckhardt, Spuren der athenischen Volksrede in
der alten Komodie, D i s s . Base1 1924 vengono ipotizzate, gih per la fine del V secolo, raccolte
di Rede-Anfiinge (rpooipia) e Rede-Schliisse (irrihoyoi), redatte per Lehrzwecke.

48 I1 Prof. A. Momigliano mi fece osservare che questi manuali potevano e s s e r e anche destinati
a maestri di relorica, il che k del tutto possibile, anzi probabile, anche se non documentabile,
a causa d e l poco che sappiamo della scuola del V e del IV secolo. Ma il fatto non cambierebbe
la natura sostanzialmente ‘mediata’ del contatto fra autore e pubblico.

4 9 Gih i sofisti praticavano tale forma prosastica, ma non solo per i contemporanei, come notava
Platone ( s y m p . 177 b).

5 0 L a tripartizione della poesia in Pipqais, 6iiyrlais e 6i’&pqoTkpov k i n resp. 393 b s s . Sui generi
letterari e l’atteggiamento conservatore di Platone v. P. Vicaire, Platon critique litthraire, P a r i s
1960 p. 2 3 6 ~ s . Harvey, art. c i t . p. 159 n. 3 ricorda che la distinzione fra lirica monodica e corale
k moderna e deriverebbe, s e n z a reale fondamento, da Plat. IFgg. 764 d-e (v. anche Farber, op. c i t .
I p. 1 6 s . e n. 1 , che riporta anche Poll. 4 . 5 2 pE‘hq X O ~ ~ K & . E chiaro che Platone parte, come s i
vede d a l contesto, d a esigenze pratiche: diversa k la formazione d e l s o l i s t a e l’istruzione di
un coro!

51 V. anche legg. 701 a colla s u a avversione per l a BEaTpoKpaTia T I S rovqp&. Interessante in Ion
5 3 4 c l’assegnazione ‘personale’ di vari generi a seconda dei vari tipi d’ispirazione della musa.

5 2 L’aver mess0 in luce questo fatto k merito non piccolo di Harvey, art. c i t . (v. R. successiva).

. 5 3 Penso, per e s . , a l l a questione di ‘scolio’ ed ‘encomio’ com’k chiaramente esposta in Harvey,


art. c i t . p. 1 6 2 s s . : progressiva restrizione d e l s e n s o d i ‘scolio’ e necessith, sentita pih tardi,
di un’altra designazione, ‘encomio’.

5 4 0. Regenbogen, R E , Supp1.-Bd. 7 (1940) col. 1532.

55 Un panorama degli s c a r s i r e s t i della letteratura critica dei peripatetici, con riguardo alla di-
stinzione d e i generi, in S . Koster, op. c i t . p. 85 n. 1 .

56 V. per es. Pfeiffer, History, c i t . p. 1 3 6 s . (Callimaco).

57 Un elenco, incompleto ma utile, di opere di critica letteraria fra Glauco di Reggio ( s e c . V a . C.)
e Didimo in M. Schmidt, Didymi. . . fragm., c i t . p. 3 8 6 s . Su Didimo v. l’ultimo capitol0 della
History di Pfeiffer.

58 Farber, o p . c i t . I p . 7 s s . , spec. 11; ripresa da Pfeiffer, History, c i t . p. 1 8 2 s . , v. n.4. Sulla


storia letteraria second0 personalith poetiche, e ciok del tip0 v ~ p TOG i Giiva, v. Pfeiffer, History,
x i t . pp. 1 4 6 , 2 1 6 s . , 222, 2 3 9 , 2 5 9 , 264, 275 (il lemma manca nell’ Index).

5 9 Interessante a questo proposito il Pap. Hibeh 1 7 2 , che ha s o l o epiteti composti (Pfeiffer, History,
c i t . p. 9 2 n. 1): forse parte delle tiTaKToi yhdauai di Filita? Fondamentale l’attivitd lessico-
grafica di Aristofane di Bisanzio, con distinzione dell’uso epico, lirico, drammatico, per di pih

91
con interessi dialettali (Pfeiffer, History, cit. p. 201)., Per tutte queste categorie della Poetica
cf. rhet. 111.2.

60 Dalla Retorica e dalle Etiche aristoteliche, cos’i come da Teofrasto (Caratteri), discende anche
la teoria antica s u l l a cosiddetta commedia d i mezzo (che k distinzione moito posteriore ad Aristotele)
e sulla commedia nuova: utile il panorama di F . Wehrli, Motivstudien zur griechischen Komodie,
Zurich u. Leipzig 1936, passim e s p e c . p. 12ss.

61 F. L a s s e r r e , RhM 102 (1959) 222ss. (sul P . Brit. Mus. Inv. 589).

62 Pfeiffer, History, cit. p. 184.

63 Etym. M. 2 Y 5 . 5 3 ~ ~ .&60yphq0~’ ’AnohAdv105 <16oyp&qos, h ~ 1 6 f~i6 q u i 5b v kv T?J ptph100fi~r;l


T h E ’i 6 q T o 15 E ’i 6 E u I ’E TT k v E I p E v . T&S y&p 6oKoGuaS TG?V +66v A d p i o v pkAo~
’ ~ X E I Vh i T b a 0 T b [scil. E T 6 o 5 3 U U V ~ ~ ~K aE i , @puyiaS Kai AvGiaS, picohu6iuTi K a i lami,

64 Vorrei rimandare qui a1 mio Metrica e critica stilistrca, Roma 1963 pp. 8 6 s . , 8 8 s s .

65 La bibliografia e s i s t e n t e in questo campo non k abbondante. Ne d b qualche voce: G. Lehnert,


De schotiis a d Homerum rhetoricis, D i s s . Leipzig 1896; R. Griesinger, Die iisthetischen
Anschauungen der alten Homererklurer. . ., D i s s . Tubingen 1907; M. L . Von Franz, Die iisthe-
tischen Anschauungen der Ilias-Scholzen, D i s s . Zurich 1945; A. Trendelenburg, Grammaticorurn
Graecorum de arte tragica iudiciorum reliquiae, Bonn 1867; W. Eggerking, De Graeca urtis
tragicae doctrina, imprimis de a f f e c t i b u s tragicis, D i s s . Berlin 1912; etc. Prezioso k l’indice
grammatico-retorico agli scoli all’lliade di J . Baar (Baden-Baden 1961).

66 Spunti utilissimi in tal s e n s o veirebbero da M. Fuhrmann, Das systematische Lehrbuch, Gottingen


1960, che fa notare la persistenza, attraverso i s e c o l i , di schemi e procedimenti nella compiia-
zione dei manuali.

67 W. Kroll, R E 12.2 (1925) col. 1 8 4 2 ~ s . ; Koster, op. cit., passim e s p e c . p. 124ss.: c’6 piuttosto
da vedervi una differenziazione s t i l i s t i c a , come yCvos A E T T T ~ ) rispetto
~ ad Omero, e fu certo
questo c h e impose Esiodo come modello agli alessandrini ‘callimachei’ (E. Reitzenstein, in
Festschr. R . R e i t z e n s t e i n , Leipzig u. Berlin 1931 p . 4 l s s . , sulla base di Call. epigr.27 Pf.).
Lo s t e s s o sembra avvenire per la poesia bucolica (v., oltre Koster, Th. G. Rosenmeyer, T h e
Green Cabinet, Berkeley and Los Angeles 1969 p. 14s.) e per I’epillio (W. Allen j r , T A P A 71
(1940) l s s . ne nega anche l’esistenza come sottospecie dotata di caratteri distintivi - a torto,
direi; J . F . Reilly, ClassJourn 49 (1953-54) l l l s s . rintraccia il primo apparire della parola
‘epillio’ nel nostro significato storico-letterario in un lavoro di Moriz Haupt del 1854). Un
problema a parte rappresenta, com’k noto, l’elegia. Pub qui interessare che la parodia era
s t a t a studiata, evidentemente come genere a s d , da Polemone d’Ilio, che ne faceva risalire
l’origine a Ipponatte (Pfeiffer, HisYory, cit. p. 249). Trascuriamo qui generi, pur teorizzati,
c o m e l’epistola etc., per rimanere nei limiti c h e c i siamo proposti.

68 Devo l’introduzione di questa sezione terminologica a un’osservazione del Prof. E. G . Turner.


I l e s s i c i mi sono s t a t i d i s c a r s o aiuto e il materiale k tutt’altro che completo.

69 I1 significato di ‘stile’, o genericamente ‘tipo d i . . .’, k a t t e s t a t o anche per &Go5 (Isocr. 13.17,
Rhet. ad A l e x . 41 b 9) e per y&os (Ar. ran. 946s. ~b yivos. . . TOG FpdrpaToS).

70 V. per e s . , s u TpayiKbS ~p&ros, Sudu S.V. ’Apiwv, A. W . Pickard-Cambridge, Drth. Trag. Corn.,
Oxford 21962 p. 99.

71 In etA c l a s s i c a la specializzazione, nel campo del teatro, era perfino degli attori (attori tragici
e attori comici): la c o s a & resa certa e dalla documentazione sulle rappresentazioni e sugli
attori e da Plat. resp. 395a ( J . B. O’Connor, Chapters in the History of Actors and Acting in
Ancient G r e e c e . . ., D i s s . Princeton, Chicago 1908 p. 39ss.).

72 W. Kroll, Studien z u m Verstundnis der romischen Literafur, Stuttgart 1924, s p e c . p. 225ss.


Fondamentale per la critica e la composizione letteraria in Callimaco k M. Puelma Piwonka,
L u c i l i u s und Kallimachos, Frankfurt/Main 1949; per la v a r i e t i e rnistione dei generi nei Giambi
v. C. M. Dawson, Y C S 11 (1950) lss.

92
73 Per Callimaco v. Koster, op. c i t . pp. 119, 121; per l a teoria aristotelica del ~ ~ K Oepico
S ibid.,
spec. pp.55, 6 6 , 71 (cf. spec. a.p. 4 9 b 12 s s . , 6 2 a 18 S S . ) .

74 Th. Gelzer, RE, Supp1.-Bd. 12 (1971) col. 1 5 2 1 s .

75 Pfeiffer, History, c i t . p.55. E non e s i t b a sostituire il pentarnetro col trimetro nel distico
elegiac0 (fr. 2 . 2 D3), s i a pure per inserire un nome proprio, come notava Efestione.

76 Cercida di Megalopoli (111 sec.) presenta la s u a filosofia parenetica in forme meliche, in dialetto
letterario dorico e nello s t i l e del ditirambo nuovo (Kroll, Studien, c i t . pp.210, 2 4 2 ~ s . :anche
Orazio, per e s . c a m . 2 . 2 , 2 . 1 0 , 2 . 1 8 , 3 . 2 4 , ma ha molta pib scioltezza d i stile); Castorione di
Soli cornpone il s u o lnno a Pan in trimetri, per di p i t con virtuosismi metrici (metra limitati da
fine di parola) notati da Clearco (fr. 88 Wehrli) che lo cita (Kroll, Studien, c i t . p. 209 n. 13); nei
XPOVlKdr d i Apollodoro di Atene troviamo i l trimetro (qui, a detta della fonte, lo Ps. Scimno, la
ragione b pratica: pksp?. . . T @ K W ~ I K ~.. . E6pVqp6VEVTOV; Pfeiffer, History, c i t . p. 2 5 4 s . ) ; etc.

77 P. Guggisberg, Das Satyrspiel, Diss. Zurich 1947 p. 138.

78 Guggisberg, d i s s . c i t . p.140. B. Snell, Scenes from Greek Drama, Berkeley and Los Angeles
1964 p p . 9 9 s s . , 1 1 8 s s . fa una seducente proposta d i rinnovamento della cronologia e del legame
cogli avvenimenti storici (process0 e fuga di Arpalo); ma v. le obiezioni di H. Lloyd-Jones,
Gnomon 3 8 (19663 1 6 s .

7 9 Guggisberg, d i s s . cit. pp. 1 4 1 s . , 1 4 2 . C’era anche un dramma di Sositeo che attaccava il


filosofo Cleante (fr. 3 Steffen2; Guggisberg p. 143). Sul dramma s a t i r e s c o in generale tornerb
in altra s e d e , anche per chiarirmi meglio quale possa e s s e r e s t a t o l’apporto, nel s e n s o della
contarninazione, dei tragediografi del V secolo (si pensi all’A k e s t i come esempio di ibrido
fra tragedia e dramma satiresco). Alla storiografia ellenistica (penso soprattutto a Duride di
Samo) e a1 s u o pathos schiettamente ‘drammatico’ s i pub far qui solo un accenno.

80 Kroll, Studien, c i t . p. 2 0 2 s s . (specialmente per i poeti latini, ma con preziosi riferimenti ai


modelli greci). Solo in parte utile ancora i l vecchio Ph.-E. Legrand, Etude sur Thkocrite,
Paris 1898 p . 4 1 3 s s .

81 V. n. 6 7 . Sicuramente, su piano letterario, la poesia bucolica b creazione di Teocrito: vorrei


rimandare a SlFC 4 3 (1971) 2 4 s . , dove l a ‘invenzione’ teocritea & ricavata dallo sviluppo, c h e b
immediatamente posteriore, di una ‘maniera’ bucolica; ma v. soprattutto, ora, G . Serrao, Problemi
di poesia alessandrina. I. Studi su Teocrito, Roma 1971 p . l l s s . , s p e c . 4 8 , che mi pare abbia
dimostrato e s s e r e Teocrito s t e s s o , nelle T a l i s i e , a rivendicare a s d lo EGpqpa.

82 R . Merkelbach, RhM 95 (1952) 3 1 2 s s . Ultimamente G . Wills, CQ 2 0 (1970j 1 1 2 s s . vi vede un


adattamento di Bettelgedicht a scopo privato, come in Phoen. Coloph. fr. 2 D3.

83 Kroll, Studien, c i t . p. 207.

84 M. Puelma, M H 17 (1960) 163.

85 E Teocrito conosceva bene il K G ~ Ocittadino


S ( 2 . 1 1 8 s s . , 7 . 1 2 2 , 14.47). Penetrante l’analisi
del 111 di U. Ott, Die Kunst d e s Gegensatzes in Theokrits Hirtengedichten, Hildesheim 1969
p. 1 7 4 s s . Sul K B ~ Ocome
S fatto cittadino e sulle s u e forrne v. Maia 23 (1971) loss. La pointe
si trovava subito, all’inizio: 3 s . ~i ~ ’ o ~ K E ‘TOOTO
T~ KaT’6vTpov 11 napKOnToiaa KaAETS,. . .; La
porta o finestra, da cui usualmente si fa capolino, b sostituita qui d a l l a . . . grotta! I1 XXV
lion k autentico, ma b documento prezioso della fortuna della maniera teocritea: sulla mistione
di elementi epici e bucolici v. G. Serrao, / I carme X X V del corpus teocriteo, Rorna 1962. Sul
XXVI Legrand, Etude, c i t . p. 4 2 4 s i dornanda s e k “un hyrnne vdritable ou un pastiche d’hyrnne”.

86 In L. Deubner, NJb 4 7 (1921) 3 7 5 s . g i i la chiara individuazione dei tre generi, pur s e n z a precisa-
zioni. Deubner propone tra l’a’ltro (p. 3 7 6 ~ s . )la formula di sakrale Solomimen (Mischung von
Hymnus und Mimus) per Call. hymn. 2 , 5, 6 .

87 Gregorio Serrao mi propone di vedere in alcune caratteristiche della sticomitia (ripetizioni etc.j
un’allusione ad un quarto genere, I’agone bucolico.

93
88 Wilamowitz, Textgesch. der g r . Bukoliker, Berlin 1906 p. 1 8 2 s s . ; c f . Gow. W . Allen j r , T A P A 71
(1940) 17 e n. 57 considera impossibile distinguere l’epillio dail’inno narrativo (ma v. n. 67).
A. H. Griifiths mi ha fatto notare che il virtuosismo teocriteo potrebbe far pensare a posteriorith
rispetto ad Apollonio (2.1-97): Teocrito farebbe ‘variazioni’ s u un modelio. Questo conferme-
rebbe quanto ha visto per il XI11 e affermato anche per il XXII G . Serrao, Helikon 5 (1965) 494.3s.
(ora in Problemi, cit. p. 1 0 9 s s . ; v. anche p. 10). Non credo possa ancora convincere A. Kohnken,
Apollonios Rhodios u. Theokrit, Gottingen 1965.

89 G. Hermann, D e arte poesis Graecorurn bucolicae, Leipzig 1849 = Opusculu VIII p. 329ss.
Una breve storia della Srrophenjagd in A. Ludwich, Homerischer Hymnenbau. . ., Leipzig 1908
p. 3 8 s s . (Ludwich cercava simmetrie meno regolari ma pih complicate, fondate sull’interpreta-
zione simboiica dei diversi numeri: la s u a si pub definire una Z a h kn j a g d ) . Gih Boeckh,
Encyclop., cit. p. 244 s i poneva in posizione critica di fronte alla strofizzazione totale; per
Teocrito v. l’equilibrato atteggiamento di Wilamowitz, Texlgesch. d . gr. Buk., cit. p. 1 3 7 s s . (nd
da trascurare & Legrand, Etude, cit. p.386ss.I.

9 0 Christ-Schmid 2.1 (1920) p. 184 e n. 4: ce lo proverebbe il canto pastorale V a K p o i 6 ~ 6 ~ 5 ,


MEvahKa (I’MG fr. 850). Dubbi sull’esametro come veste originaria g i i in Legrand, E t u d e , cit.
p . 4 2 2 ~ . K r o i l , Studien, cit. p.204 nota anche che “Mimen im Hexameter sind eigentlich ein
Und in g’’ ,

91 I. Waern, Eranos 58 (1960) I S s .

92 F. Leo, D i e plautinischen Cantica und die hellenistische Lyrik, Berlin 1897 p. 6 1 s s . I materiali
gih raccolti in 0. Leichsenring, De metris Graecis quaestiones onomatologae, D i s s . Greifswald
1888.

93 V. RFIC 94 (1966) 1 9 5 s s . (su Orazio p. 195s.).

94 Sc. Mariotti, Belfagor 20 (1965) 3 4 s s .

95 Sc. Mariotti, Lezioni su Ennio, Torino 21963 p. 1 3 0 s s . ; v . anche Maia 5 (1952) 273 SS.

96 Kroll, Srudien, cit., s p e c . p. 202ss. G. B. Conte, Maia 20 (1968) 241 ss. mette in rilievo, per
Lucano, “l’inserirsi di una t e m a t i c a drammatica in una f o r m a epica che nelle
linee generali 6 ancora quella tradizionale” e ne dA giustificazione storica.

97 Pur restando il problema, e s u l piano della teoria e s u quello delle realizzazioni nella prassi,
d i due generi c h e a Roma s i presentano con caratteristiche di originalith: la satira e l’elegia.

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