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Alfieri

La vita
Alfieri nasce ad Asti nel 1749 da una ricca famiglia aristocratica. Studia a casa fino all’età di nove
anni, finché non entra nell’Accademia Reale di Torino, una scuola militare i cui studenti sono
destinati ad essere avvocati o militari, seppur la qualità dei docenti fosse bassa. Dopo otto anni esce
dall’Accademia come militare e suddito del Regno di Sardegna, sebbene non fosse un incarico
impegnativo.
Questo periodo è segnato da una forte solitudine che si ripercuote nei tratti del carattere dell’Alfieri
maturo: la sua autonomia, il disinteresse per ogni tipo di gerarchia e il gusto per la ribellione.
Alfieri è paragonabile a colui che Parini chiama “giovin signore” nel Giorno, lui infatti è un ragazzo
ricco che non ha bisogno di lavorare per vivere e di conseguenza occupa il suo tempo con dei
passatempi futili.
Dal punto di vista intellettuale apre i propri orizzonti interessandosi ad altre culture, infatti dal ‘66 al
‘72 viaggia molto per l’Italia e per l’Europa. Tornato in Piemonte, inizia a farsi una cultura leggendo
opere di illuministi francesi e di autori classici.
Parte nel ‘69 in Inghilterra, più precisamente a Londra, dove si stabilisce per quasi un anno e dove ha
una storia d’amore che non andrà a buon fine con una nobildonna del posto. Se ne va quindi in
Spagna e in Portogallo dove conosce Tommaso Valperga di Caluso che sarà per lui un amico che lo
aiuterà con la carriera letteraria.
Ritorna in Piemonte, ma non sa ancora cosa vuole fare da grande: non essendo amante delle
gerarchie esclude tutto ciò che le riguardasse, e decide così di fare la bella vita a Torino. Pian piano si
interessa sempre più al mondo letterario e inizia così a scrivere: scrive dapprima una tragedia
“Antonio e Cleopatra” che ebbe successo a tal punto da rendersi conto che quella sarebbe stata la sua
strada, ma prima decide di perfezionare la sua cultura nell’ambito, studiando vari classici.
Sente però il bisogno di andarsene via dal Piemonte, quindi va in Toscana dove fa pratica con
l’italiano (lui parlava solo in francese e in piemontese). Qui, a Firenze, conosce la contessa d’Albany,
già sposata ma con la quale avrà ugualmente una relazione.
Nel mentre rinuncia al suo titolo di suddito del re di Sardegna, cedendolo alla sorella.
Lascia la città per via dello scandalo dovuto alla sua relazione con la contessa e si rifugia ad Alsazia,
sempre con lei, per qualche anno. In questo periodo continua a scrivere alcune delle sue opere più
importanti.
Alfieri inoltre assiste alla Rivoluzione francese e dapprima ne è contento, a tal punto da scrivere
un’ode dedicata ad essa. Essendo nobile però, ha delle ripercussioni dal punto di vista materiale,
inoltre vede la violenza sanguinosa usata al suo interno: di conseguenza il suo umore e la sua
posizione politica cambiano diventando più moderati.
Fugge così da Parigi, auto esiliandosi a Firenze con la sua donna: non vuole più fare nuove
conoscenze, perde interesse per la politica e si dedica alla letteratura. Muore, quindi, isolato.

Le idee, la poetica
Le sue opere sono un conflitto tra libertà e costrizione che viene rappresentato in esse attraverso la
lotta tra tiranno e antitiranno, risolvibile solo con la violenza. Alfieri lo spiega in termini politici,
ma in realtà rappresenta la sua visione dell’esistenza umana che è in conflitto.
È sempre stato un ribelle: grazie alla tragedia esprime questo tratto del suo carattere. Lui sostiene
infatti, che un letterato deve essere libero, proprio come gli eroi protagonisti delle sue tragedie.
La maggior parte della sua opera è autobiografica per due fattori:
1. era un genere di successo in quegli anni
2. vuole ricercare tratti eroici all’interno della sua vita: ne fa un’analisi giungendo alla
conclusione di essere un ottimo uomo.
Alfieri è l’autore tragico italiano più importante: è un autore di teatro ma è quasi impossibile da
mettere in scena le sue tragedie per via degli argomenti trattati che interessano un pubblico colto, ma
anche per il suo stile difficile da recitare. Secondo Alfieri infatti erano adatte a letture da “camera”,
per esempio nelle case degli aristocratici, e non ad essere recitate.

Gli scritti poetici


Gli scritti politici sono caratterizzati dal rifiuto dei sistemi politici e di potere dell’Antico regime, e
dal bisogno di essere liberi. Alfieri non è appassionato di politica, però la considera un fatto privato
dato che la sua attenzione va principalmente alla violenza che può essere esercitata sul singolo
individuo. Lui sostiene la libertà senza nessuna politica concreta; inoltre detesta la nobiltà (seppur
ne fa parte) ma allo stesso tempo è contro al popolo che vede come rischio di tirannia.
• Troviamo questa ambiguità nel trattato Della Tirannide, pubblicato a Parigi dopo la
rivoluzione. È formato da due libri: nel primo la tirannide viene analizzata come forma di
governo, poiché secondo Alfieri chi ha il potere legislativo non può avere anche quello
esecutivo; nel secondo invece analizza il suddito del tiranno e il modo in cui può ribellarsi ad
esso.
• Anche nel trattato Del principe e delle lettere viene affrontato il tema della libertà
individuale, analizzando più nello specifico il rapporto tra governanti e intellettuali. Il primo
libro si concentra sul mecenatismo (assumere un letterato che scrive per un determinato
individuo); il secondo è dedicato ai letterati che non vigono della propria libertà basandosi
sulla sua esperienza personale.

Le tragedie
Le tragedie rappresentano il genere per eccellenza di Alfieri, tanto da poterle indicare con l’etichetta
“sistema tragico alfieriano”. Esse sono tutte accomunate dalla stessa forma, contenuto e modalità di
composizione. Nonostante non fosse possibile recitarle, interessavano ugualmente i suoi
contemporanei e gli autori dell’Ottocento.
Non essendo una scelta scontata quella di scrivere tragedie all’epoca, Alfieri si confronta con il teatro
classico greco e latino, con quello classico francese e con quello tragico italiano in particolare, più
simile ad Alfieri, e la cui letteratura non era abituata né al teatro in versi, né alla tragedia che era
considerato un genere nobile.
Si paragona anche a Shakespeare ma lo reputa troppo complesso rispetto al suo teatro che invece era
più classico.
Le trame sono semplici ed essenziali, i luoghi in cui si svolgono le azioni sono descritti molto
brevemente e i personaggi secondari perdono ancor più “d’importanza”.
Le tragedie sono ambientate nel mondo antico, ma a loro volta seguono un tempo astratto; Alfieri
scelse come personaggi principali gli eroi ispirandosi all’opera di Plutarco “Vite parallele”,
scrivendo di vicende che possono essere un esempio da seguire per chi legge o guarda l’opera.
Il nucleo di queste opere è il conflitto tra un eroe negativo (tiranno) e un eroe positivo (l’uomo
libero), spesso dovuto alla parentela che li lega: molte volte sono proprio le donne a creare queste
opposizioni, e il desiderio di potere che ciascuno dei due protagonisti ha, fa scatenare la vicenda.
Alfieri però riconosce che anche il tiranno, come l’eroe positivo, può avere delle motivazioni valide
che giustificano le sue azioni, e che di conseguenza anche lui può essere un “grande”.
La maggior parte delle tragedie sono strutturate in cinque atti e in endecasillabi sciolti (non in rima),
e rispettano il principio delle tre unità di Aristotele (tempo, luogo e azione).
Il loro stile è difficile per via della forte espressività che Alfieri vuole attribuirli: esso è caratterizzato
da brachilogie (esprimersi attraverso espressioni ellittiche col minor numero di parole possibili),
neologismi, anastrofi (inversione dell’ordine abituale di due parole nel gruppo), epifrasi (aggiungere
ad una frase di senso compiuto parole che ne alterano il significato), iperbati (separare due parole
strettamente collegate dal punto di vista sintattico inserendo altre parole in modo da dare un ordine
inconsueto nella frase) ed enjambements.
Inoltre, tutte sono composte da tre fasi: quella dell’ideazione, quella della stesura e quella della
verseggiatura.
Per quanto riguarda i temi Alfieri si affidava al suo istinto, quindi raccontava soltanto di qualcosa
che lo avesse colpito veramente da un punto di vista emotivo.
• Scrive tragedie di argomento greco il cui tema principale è il contrasto tra tiranno e
avversari: ne è un esempio L’Antigone (l’unica sua opera ad essere messa in scena).
GENITORI= Edipo e Giocasta. FRATELLI= Eteocle e Polinice, RE= Creonte, FIGLIO DEL
RE= Emone.
• A questo tipo di tragedie seguono le tragedie di libertà il cui tema principale è il
tirannicidio. Vediamo Ottavia e Merope, caratterizzate da un tema affettivo-amoroso che
prevale su tutti gli altri e dalla figura femminile che è al centro di entrambe le opere. Le due
tragedie più importanti, però, sono Saul, di argomento biblico, e Mirra, il cui conflitto non è
dovuto ai classici motivi di Alfieri ma alla coscienza del protagonista.

Le Rime
Si tratta di un’autobiografia in versi i cui temi principali sono amore e politica.
• Nella lirica amorosa racconta di un amore tormentato e irrequieto
• Nella lirica politica tratta gli stessi temi delle sue tragedie, come la libertà, l’odio per le
gerarchie e l’amor di patria.
Lo stile è costituito da un tono importante, solenne, mentre la sintassi è complicata dagli
enjambements: si tratta di uno stile classico.

La Vita
All’età di quarant’anni Alfieri scrive un libro sulla propria vita: La Vita, un romanzo autobiografico
per l’appunto.
L’opera viene iniziata nel ‘90 ma nel 1803 viene ripresa e scritta completamente, per poi farla uscire
tre anni dopo.
È divisa in due parti:
1. La prima, racconta dalla nascita al 1790 ed è divisa a sua volta in quattro Epoche: Puerizia,
Adolescenza, Giovinezza e Virilità.
2. La seconda parte (Continuazione della Quarta Epoca) racconta dal 1790 al 1803.
Nella Giovinezza si parla di viaggi: la sua esperienza da viaggiatore fu dovuta principalmente dalla
sua voglia di fuggire dalla società in cui vive, infatti lui non è realmente interessato ai luoghi che
visita, non suscitano niente in lui, viaggia solo perché non riesce a stare fermo e accontentarsi di quel
che ha attorno.

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