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il dispotismo illuminato

La storiografia ottocentesca (per primo il tedesco Wilhelm Georg Friedrich Roscher nel 1847)
formulò questa categoria con la denominazione di “assolutismo illuminato” per indicare l’attività di
governo di alcuni sovrani europei che nel corso del XVIII secolo – e soprattutto nella seconda
metà del secolo – si ispirarono o dichiararono di ispirarsi a una parte del pensiero illuminista per
riformare, dall’alto e senza mediazioni, la vita dei loro stati. Il significato originario della parola
riforma riguardava la sfera religiosa e indicava la nuova forma, cioè un rinnovamento Della
chiesa inteso come ritorno alla semplicità e alla purezza delle origini. Nel 700, l’idea di riforma
perde i suoi connotati religiosi e assume il significato moderno di mutamento politico e sociale.
Infatti il termine indica un provvedimento attuato allo scopo di migliorare, riorganizzare, rinnovare
una situazione , un’istituzione o un ordinamento non più rispondenti alle esigenze all’idee del
tempo. Si parla di riforma elettorale, riforma scolastica, riforma giudiziaria. Generalmente le
riforme vengono introdotte dei sovrani o dei governi (cioè dall’alto) in forma graduale e seguono
percorsi legali e pacifici; per questo aspetto si differenziano dalle rivoluzioni, che sono invece
tentativi di mutamento radicale e immediato, in genere compiuti dal popolo (cioè dal basso)
ricorrendo anche alla violenza. Dalla metà dell’Ottocento il concetto di dispotismo illuminato è
entrato nella discussione storiografica acquistando grande rilevanza, in particolare in seguito a
un’ampia indagine comparativistica coordinata dalla Commissione Internazionale delle Scienze
Storiche negli anni Trenta. In senso stretto teorici di una forma consapevole ed esplicita di
dispotismo illuminato furono gli esponenti della fisiocrazia. Convinti che il mondo fosse
regolato dalle leggi oggettive della natura, che si devono conoscere e rispettare, i fisiocratici
attribuirono ai sovrani il compito di avvicinare la legislazione positiva alle leggi naturali rivelate
dalla ragione. Il sovrano deve quindi esercitare le proprie prerogative nella loro pienezza, senza
tollerare separazioni di potere che indebolirebbero l’incisività di un’attività riformatrice tesa a
promuovere il benessere dei membri della società nel suo complesso. Nell’opera L’ordine naturale
ed essenziale delle società politiche (1767), il fisiocratico Le Mercier de La Rivière teorizzò la
distinzione tra dispotismo arbitrario, basato sull’opinione e quindi negativo e riprovevole, e
“dispotismo legale di un ordine essenziale”, che è la più ampia e compiuta forma di governo
immaginabile. Analogamente Dupont de Nemours in Dell’origine e dei progressi di una nuova
scienza (1768) rifiutò democrazia, aristocrazia e monarchia elettiva esaltando la monarchia
ereditaria, l’unica forma di governo “semplice e naturale”, in cui il sovrano può essere despota nel
senso positivo del termine. La Cina rappresentò per i fisiocratici il modello di stato retto secondo i
princìpi del dispotismo legale. Nella cultura dell’Illuminismo le critiche al concetto di dispotismo legale
furono decise e ne limitarono la fortuna e l’influenza. P.-H. d’Holbach, ad esempio, scrisse nel
Sistema sociale (1773) che il dispotismo legale è una contraddizione in termini. Nessun sovrano
illuminato europeo nel corso del Settecento si avvicinò al modello del “despota legale” cinese. Come
fenomeno storico il dispotismo illuminato rappresentò il tentativo dei sovrani europei di modernizzare
e razionalizzare l’apparato statale coinvolgendo il sostegno attivo di un’opinione pubblica favorevole
all’Illuminismo. Comune alle politiche del dispotismo illuminato fu il tentativo di rafforzare lo stato nei
confronti sia della chiesa cattolica sia dei poteri tradizionali dei ceti, concentrando l’autorità nelle mani
del sovrano e dei suoi funzionari e commissari e aumentando la capacità di prelievo fiscale a favore
dell’amministrazione statale. Le politiche dei sovrani illuminati differirono assai nello specifico, così
come i loro rapporti con le idee e gli uomini dell’Illuminismo.
LE AREE MAGGIORMENTE COINVOLTE furono la Russia, la Prussia, l’Austria, la Spagna,
il Portogallo e l’Italia: Caterina II di Russia, Federico II di Prussia, Maria Teresa d’Austria furono
addirittura definiti re- filosofi Per la loro adesione all’Illuminismo e per il sostegno garantito ai filosofi
ospiti nelle loro corti. In effetti sarebbe più corretto dire che questi sovrani crearono il mito del despota
illuminato con la complicità dei filosofi: i sovrani, infatti, erano interessati a dare lustro le loro riforme
avvalendosi degli elogi e dei più importanti filosofi di all’ora; E questi non disdegnavano i favori con
cui venivano ricevuti a corte ed altro canto sapevano che i monarchi erano il tramite indispensabile
dei loro progetti. In realtà, anche se molte riforme corrispondevano alle tesi dei filosofi, furono
soprattutto le esigenze concrete a determinare le scelte dei sovrani. In primo luogo rafforzare
l’autorità dello Stato su poteri particolari della nobiltà e della chiesa in questo senso il dispotismo
illuminato fu semplicemente una fase del processo di formazione dello stato moderno, che non
intaccò significativamente l’antico regime.Gli obiettivi principali delle riforme furono:

la riorganizzazione dell'apparato burocratico, al fine di rendere l'amministrazione dello Stato più


razionale; in questo campo, particolarmente importante fu l'istituzione del catasto, cioè di un registro
dell proprietà immobiliari;

l'aumento delle entrate fiscali, con il tentativo di imporre la tassa-zione anche alla nobiltà e al clero;

il giurisdizionalismo, ossia l'estensione della giurisdizione dello Stato sulle Chiese nazionali. Nella
sostanza i sovrani cercarono di assumere il controllo del clero locale e di sottrarre alla Chiesa
proprietà e antichi privilegi (come la manomorta, che impediva la vendita dei beni ecclesiastici, o il
diritto d'asilo, che vietava la cattura di chiunque fosse rifugiato nei conventi e nelle chiese); inoltre,
tentarono di acquisire il controllo della cultura e dell'istruzione, all'epoca quasi interamente nelle
mani della Chiesa.La politica giurisdizionalista fu accompagnata da una violenta polemica contro gli
ordini religiosi che investì soprattutto i gesuiti. Accusati di essere al servizio di Roma e di tramare
contro lo Stato, i gesuiti vennero espulsi da molti Paesi. Nel 1773, la pressione delle corti europee
indusse papa Clemente XIV addirittura a sopprimere l'ordine (che sarebbe stato però ricostituito nel
1814). La radicalità degli obiettivi delle riforme fu respinta in genere dai ceti popolari che difendevano
la religione tradizionale. Ovviamente le resistenze più forti vennero, però, dalla nobiltà e dal clero che
si vedevano privati di antichi privilegi. Ciò determinò spesso il fallimento delle riforme. Fu questo il
caso della Spagna, dove la politica riformatrice di Carlo III di Borbone (1759-1788) ottenne risultati
modesti per la ferma opposizione della nobiltà e degli ecclesiastici. Ma il caso più clamoroso fu quello
della Francia. Sia Luigi XV (1715-1774) che Luigi XVI (1774-1792) furono bloccati dall'opposizione
dei ceti privilegiati. Il tentativo più importante di realizzare una politica di riforme fu avviato nel 1774
dal ministro delle Finanze Anne-Robert-Jacques Turgot che propose numerosi provvedimenti
innovativi: tolleranza per le minoranze religiose, sottrazione dell'insegnamento scolastico al clero,
estensione delle tasse agli ecclesiastici e alla nobiltà. Anche in questo caso, però, le resistenze
ebbero la meglio e Luigi XVI fu obbligato a licenziare Turgot (1776). il riformismo così falliva proprio
nel Paese da cui era partita la «primavera dei Lumi»
caterina II

Il marito di Caterina, lo zar Pietro III, non aveva il carattere forte della sposa e quando lei lo
estromise dal potere non oppose resistenza. Il marito di Caterina, lo zar Pietro III, non aveva il
carattere forte della zia e della sposa. Quando l’imperatrice Elisabetta morì nel 1762, fu subito
evidente che quel «bambino in un corpo d’uomo», come lo chiamava sprezzantemente la moglie,
era incapace di dirigere un impero; preferiva piuttosto dedicarsi alla caccia e inscenare
battaglie con soldatini di piombo nelle proprie stanze. Occupò il trono soltanto da gennaio al
luglio del 1762, quando Caterina, appoggiata dalla maggior parte della corte, mise in atto un
colpo di stato per prendergli il potere. Lui accettò di buon grado e domandò soltanto di ritirarsi in
una lussuosa villa con la propria amante, e che gli lasciassero portare il suo violino preferito. Gli
fu concesso, ma un mese dopo morì in circostanze poco chiare, forse strangolato per ordine
di uno degli amanti di Caterina. La zarina illuminata Dopo aver sottratto il potere al marito,
Caterina governò la Russia con pugno di ferro per quasi trentacinque anni. Benché non
fosse di sangue Romanov, diede mostra di un interesse per il suo Paese adottivo molto
maggiore di quello dello zar deposto. Il riformismo di Caterina colpì innanzitutto la Chiesa
ortodossa, a cui furono confiscate le proprietà per risanare le finanze dello Stato. Il decreto di
confisca (1764) causò la chiusura della metà dei conventi russi. Nel 1767 Caterina formò una
Commissione consultiva di 573 membri, delegati di tutti gli ordini della società, con il compito di
redigere un nuovo codice di leggi. I' «istruzione» che diede alla Commissione proponeva i più
moderni principi dell'Illuminismo: la tolleranza, la libertà di stampa, la condanna della servitù e
della tortura, la diffusion dell'istruzione. Si trattava però di un progetto troppo avanzato che venne
fermato dallo strapotere della nobiltà. Ma gli sforzi di Caterina in questa direzione non vanno
sottovalutati: in effetti, pur nell'insuccesso, il lavoro svolto dalla Commissione permise di
conoscere a fondo la realtà del Paese, l'arretratezza economica e sociale e soprattutto le
disperate condizioni.dei contadini oppressi dalla servitù. La sensibilità della zarina per questo
problem era certamente autentica ma la nobiltà le impedì ogni intervento. Alla fine, addirittura, le
circostanze imposero a Caterina di andare nella direzione opposta! Tra Il 1772 e il 1775, infatti, il
problema sociale emerse in tutta la sua gravità con una rivolta di contadini organizzata dal
cosacco Emmelian Pugacèv. Pugacèv aizzò i contadini contro la nobiltà promettendo terre e
libertà per tutti. Caterina fu costretta a inviare l'esercito e a prendere provvedimenti a favore
dell'aristocrazia russa: nel 1785 emanò la Carta della nobiltà con cui riconfermò il servaggio e i
privilegi nobiliari. Si trattava di provvedimenti ben lontani dalle tesi illuministe,ma era il prezzo da
pagare per ottenere la collaborazione dei nobili.

Da giovane era stata educata da tutori francesi, conosceva le idee dell’Illuminismo e


corrispondeva con pensatori del calibro di Voltaire e Diderot. Iniziò ad ammodernare il
Paese e a porre le basi per una monarchia parlamentare, ma nessuna delle due operazioni fu un
successo e allo scoppio della rivoluzione francese lei ritirò tutto, timorosa che la situazione
potesse ripetersi anche in Russia.Se in politica interna non ebbe fortuna, le andò meglio con gli
affari esteri. Sotto il suo comando la Russia si estese su tutti i fronti, prendendo spazio nel
Baltico alle spese della Polonia e ottenendo uno sbocco sul mar Nero sottratto all’impero
ottomano. Fu così che l’impero russo divenne la potenza egemonica dell’Europa orientale.
La zarina favorì anche l’immigrazione di professionisti qualificati dall’Europa – soprattutto da
Paesi di lingua tedesca –, grazie ai quali riuscì a importare la modernizzazione tecnologia e
ideologica del secolo dei lumi, ma gettò anche i semi di problemi che il Paese si sarebbe
trascinato dietro per il resto della sua storia: l’integrazione di un immenso numero di etnie e
culture in una struttura rigidamente plasmata a misura della Russia europea.Questo
conflitto iniziò a emergere in parte già durante il regno di Caterina, soprattutto sul piano religioso.
La religione di stato era stata tradizionalmente la fede ortodossa e le altre confessioni (per
lo più cattolicesimo, protestantesimo ed ebraismo) erano soggette a restrizioni più o meno
severe; agli ebrei andava peggio che a tutti gli altri, perché legalmente erano trattati come
stranieri. L’imperatrice, che non era per nulla devota, tentò di secolarizzare lo stato, ponendo
il clero sotto il controllo imperiale ed espellendo la religione dalle scuole. Di fatto, fu la Chiesa
ortodossa a sentirsi più mortificata, abituata com’era a ostentare una forte influenza: le sue
terre furono estromesse e il suo potere notevolmente ridotto.Le riforme della sovrana non
diedero i frutti sperati perché, se pure aveva soppresso i privilegi di alcuni gruppi su altri, tuttavia
questi continuarono per lo più a comportarsi come società separate, con scarsi contatti tra
loro. Le dimensioni immense dell’impero e la ridotta rete di comunicazioni su gran parte
del territorio fecero il resto. Solo nella parte europea della Russia, e soprattutto a San
Pietroburgo, giunsero le idee illuminate dell’imperatrice e la modernizzazione, e ciò aprì una
breccia insanabile tra la capitale e il resto dell’impero. In fondo il titolo della zarina non era
“imperatrice e autocrate di Russia”, ma “di tutte le Russie”.

Scandalo a corte
Caterina fu una donna eccezionale per i suoi tempi, non solo per l’autorità che dimostrò, ma
soprattutto per la sua sicurezza. Già altre imperatrici, come la stessa Elisabetta, zia di suo
marito, avevano esercitato il potere, ma avevano sempre fatto attenzione a rispettare le forme
considerate idonee a una dama di corte. Caterina invece non sentì mai l’obbligo di dar
spiegazioni a nessuno sul suo comportamento pubblico e privato.Non nascose mai con il
pretesto di una reggenza che era lei a comandare, né volle tornare a spartire il potere con
qualcuno, malgrado la sua lunga lista di amanti. Anche in guerra si presentava davanti
all’esercito in abito militare e a cavallo, come avrebbe fatto un imperatore. E forse fu proprio
questa sicurezza la chiave del suo successo, dal momento che offriva ai suoi ministri e
ufficiali l’immagine di una leader di cui ci si poteva fidare. Alcuni nobili non erano contenti
della situazione e contemplarono la possibilità di un colpo di stato per mettere sul trono suo figlio
Paolo, a cui la madre non permise di accedere al potere finché visse, ma le loro trame non
portarono a nulla di concreto.A corte Caterina era nota come «la degustatrice di amanti», ma pur
avendone avuti molti non spartì il potere con nessuno In effetti il nome di Caterina è passato alla
storia anche per la libertà con cui si comportò nella sua vita privata. A corte era nota come
«la degustatrice di amanti», che non le mancarono mai; lo stesso erede al trono Paolo era
quasi certamente frutto della relazione con il suo primo favorito, Sergéi Saltikov, visto che
suo marito era impotente. A lui seguirono Grigori Orlov, che fu probabilmente quello che ordinò di
assassinare il deposto zar Pietro III; Grigori Potemkin, che fu il grande amore della zarina e
suo sposo in tutto meno che nel titolo; e molti altri militari e nobili. Pur provando per loro una
passione e un affetto sinceri, Caterina non gli permise mai di avvicinarsi al potere, e se
doveva allontanarli per far posto a nuovi favoriti si assicurava di ricompensarli con titoli, incarichi
e denaro.Quasi nessuno osò mai giudicare l’imperatrice in pubblico, in parte per la sua
autorità, ma anche per genuino rispetto: aveva dimostrato di saper esercitare il potere
altrettanto bene se non meglio di qualsiasi imperatore, e poteva permettersi gli stessi
capricci di cui un uomo avrebbe goduto senza critiche. Anzi, i peggiori pettegolezzi su
Caterina la Grande sorsero soprattutto in epoca sovietica, come quello secondo cui sarebbe
morta nel tentativo di farsi penetrare da un cavallo. In realtà la regina ebbe un ictus mentre stava
per entrare nella vasca da bagno il 17 novembre 1796. Lasciva la Russia sulla soglia di una
modernizzazione che non era riuscita a completare, ma avendole aperto una finestra
sull’Europa contemporanea.

TANCREDI E CLORINDA

un non so che che verrà ripreso dalla poetica leopardiana

Gli sta dando la morte, ma allo stesso tempo la salvezza dell'anima

Mesto e pio anastrofe ed iperbole

SUSPENSE SCIOLSE E SCOPRI

la vide, la conobbe, resta muto e bloccato CLIMAX ASCENDENTE

mentre moriva e ricca di vita (forte contrasto)

Come se ci fosse una cooperazione meteorologica in questo testo

Lui vivo, diviene morto dentro (forte contrasto)

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