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L’assolutismo di Luigi XIV

Il termine «assolutismo» deriva dalla parola «assoluto», in latino ab soluto, per cui libero da
legami esterni. La definizione di assolutismo secondo il dizionario Treccani, è: Regime
politico in cui chi regna o chi governa ha potere assoluto, illimitato, e non è quindi soggetto
al controllo delle leggi o di altri organismi politici e sociali. Quindi, un sovrano assoluto può
esercitare il proprio potere in modo indipendente e privo di limiti.

Uno dei più celebri e ricordati sovrani assoluti è Luigi XIV, chiamato anche il Re Sole,
proprio per identificarsi come il centro di luce e potere della Francia del XVII secolo.
L’eccentrico monarca affermava «lo Stato sono io», segnalando la propria posizione di
onnipotenza e di superiorità rispetto ai suoi oppressi sudditi.

Luigi XIV ereditò il trono francese nel 1643, quando aveva soltanto 5 anni, per cui, i ministri
Mazzarino e Richelieu esercitarono il suo potere fino al 1661, l’anno nel quale Mazzarino
morì. Nella sua ascesa al potere, Luigi decise che il suo regno non sarebbe piú vittima di
rivolte e quindi stabilì una monarchia assoluta, dove il sovrano esercita tutti i poteri con
l’aiuto di un Consiglio di ministri (composto da uomini di fiducia ma che non appartenevano
alla nobiltà).

Secondo Luigi XIV era necessario sciogliere l’unione tra il popolo e l’aristocrazia, e perciò
trasferì la sede monarchica nella reggia di Versailles assieme ai nobili. Qui divenne il famoso
“Re Sole”, dato che rappresentava il centro di vita di Versailles, la parte piú importante
e rispetto alla quale gira tutto il resto della societá (come nel caso del Sole nel sistema
solare).

In conclusione, l’assolutismo è una forma di governo in cui il sovrano si trasforma in una


sorte di divinità che detiene nella sua totalità il potere dello Stato. Pensiamo che questo
sistema politico contrasti ampiamente con le nozioni moderne di politica, visto che, nella
contemporaneità, il potere viene suddiviso appunto per non cadere in un sistema assolutista,
che porta ad abusi, privilegi ed un mal uso generale del potere e ciò che esso comporta. Così
come afferma lo storico italiano Alessandro Barbero, l’assolutismo è “il sogno di un re”, in
quanto esso comporta un controllo totale dello Stato e i suoi apparati. Per questo motivo, il re
Sole giustamente affermava: “lo Stato sono io”.

La nascita degli Stati Uniti d’America e la carta costituzionale


La Rivoluzione delle Tredici colonie segnò l’imponente e colossale inizio di un nuovo
periodo di lotte, rivolte, e disordine sociale: l’età delle rivoluzioni liberali e democratiche,
chiamate “rivoluzioni borghesi”. Questo cospicuo fenomeno fù il primo spunto per la
liberazione dei popoli americani sottomessi dalle potenze europee e l’origine di gran parte
degli ordinamenti delle democrazie moderne contemporanee.

È fondamentale per la comprensione della Rivoluzione delle Tredici Colonie la percezione


della realtà del continente americano durante il periodo della colonizzazione, che pur essendo
ampiamente influenzata dalla cultura europea, era nettamente diversa da quella del Vecchio
Continente. La colonizzazione inglese del Nord America fù il frutto di una serie di azioni e
spinte diverse anziché un piano preordinato, dovuta a compagnie commerciali e spostamenti
di minoranze europee più o meno supportati dalla corona britannica. In questo modo, la
popolazione del Nord America si diversificò notevolmente da quella del resto del continente,
visto che l’organizzazione, le circostanze e i tempi della colonizzazione furono totalmente
distinti.

Ci fù, inoltre, una variazione tra i territori del Nord (Massachusetts, Rhode Island,
Connecticut, New Hampshire), che furono fondati dai puritani, i quali imitarono il loro
modello di vita in Inghilterra, quelli del Sud (Virginia, Maryland, Carolina del Nord e del
Sud, Georgia), che accentravano la loro intera economia nel lavoro degli schiavi nelle
piantagioni di tabacco, riso e cotone, e quelli del Centro (New York, New Jersey,
Pennsylvania, Delaware), che presentavano una struttura poco omogenea con caratteristiche
tanto del Nord come del Sud.

La colonia inglese in America nel 700 si estendeva in un immenso territorio delimitato a sud
dalla Florida (appartenente alla Spagna), a nord dai Grandi Laghi, a ovest dalla catena degli
Appalachi, e ad est dall’Oceano Atlantico, nel quale abitavano circa un milione e mezzo di
coloni (di cui un nono erano schiavi neri) e le nomadi tribù dei pellerossa, i popoli nativi.

Con rispetto al vincolo delle colonie in Nord America e la loro madrepatria, nel piano
economico esisteva una relazione di monopolio per cui l’enorme maggioranza della
produzione industriale di merci americane era destinata ai mercanti inglesi, mentre la
produzione locale era ostacolata per non ostruire il commercio britannico dentro della
colonia. Comunque, esisteva una vasta rete di contrabbando. Nel piano politico, le colonie
erano abbastanza indipendenti grazie alle assemblee legislative costituite dai cittadini.
Tuttavia, esisteva certo controllo britannico da parte del governatore e dei Consigli.

I contrasti con la madrepatria iniziarono con l’imposizione di una serie di dazi doganali e di
una tassa di bollo (Stamp Act), che causarono rivolte popolari, manifestazioni pubbliche e il
boicottaggio delle merci inglesi (lotta economica che comprendeva il rifiuto di certo prodotto
a modo di protesta). La struttura politica indipendente facilitò l’organizzazione di un intero
movimento contro queste tassazioni che basava la loro proposta nel principio
parlamentarismo britannico secondo il quale nessuna tassa poteva essere approvata senza
l’autorizzazione di un’assemblea in cui i cittadini dovevano essere rappresentati. Nel 1773
ebbe luogo un momento culmine di questa lotta: la rivolta del tè. Furono assalite delle navi
inglesi e gettato al mare il carico di te, che consisteva di una merce che solo gli inglesi
potevano vendere. La corona svolse, quindi, azioni di restrizione del potere politico delle
colonie. La protesta di esse, però, non fù silenziata: si creò un Congresso continentale che
decise di portare avanti il boicottaggio e la difesa della propria autonomia, oltre alla creazione
di un esercito comune (Continental Army) a comando di George Washington.

La Dichiarazione di indipendenza scritta da Thomas Jefferson fù approvata dal Congresso il 4


luglio 1776. Essa proclama la nascita degli Stati Uniti d’America ed espone una visione
illuminista. Durante la prima fase della guerra contro la madrepatria, prevalsero gli inglesi
che, però, furono sconfitti a Saratoga nel 1777. A questo punto, le opinioni degli europei
erano favorevoli agli americani. Si firmò, infatti, un patto di alleanza con la Francia. Il
conflitto ebbe fine con la resa di Yorktown (1781) e il trattato di Versailles (1783), mediante
il quale gli inglesi riconoscevano l’indipendenza, però solo formalmente.

Iniziarono, quindi, i conflitti interni riguardanti l’organizzazione di un nuovo Stato autonomo.


Nel 1787, fu creata un’assemblea chiamata Convenzione costituzionale con l’obiettivo di
redattare una nuova costituzione basata sugli Articoli di confederazione (costituzione
provvisoria del 1777). Fu scritta una costituzione moderna basata su principi giuridici ancora
oggi rispettati, ispirata sul concetto di divisione dei poteri e stabilendo il federalismo come
forma di organizzazione della nuova Unione. Si generarono due camere (Camera dei
rappresentanti per questioni finanziarie, e Senato per politica estera). Fu composta una corte
suprema federale di giustizia. Il potere fu concentrato nella figura di presidente della
Repubblica, eletto periodicamente mediante il voto indiretto (tramite una assemblea).

Nonostante, non tutti erano favorevoli alla costituzione. Le idee contrarie ad essa si
diffondevano maggiormente tra le classi medio-basse, che consideravano il nuovo governo
potesse trasformarsi in un’oligarchia in cui la loro voce non fosse rappresentata. La maggior
parte degli stati, comunque, approvo la Carta Costituzionale nel 1788.

Durante il primo governo, Washington occupò la presidenza, mentre il dipartimento del


Tesoro fu affidato a Hamilton (chi fù capace di ricostruire con successo il sistema
economico). Le politiche di egli favorivano il ceto dei commercianti del Nord, mentre i
proprietari del Sud appoggiavano Thomas Jefferson e il partito repubblicano-democratico in
opposizione al federalista.

In conclusione, la Rivoluzione delle tredici colonie fu un punto fondamentale nella storia che
segnò un prima e un dopo nella liberazione dei popoli e un primo spunto di ribellione contro
gli ordini stabiliti dalle potenze del vecchio continente. Comprende, inoltre, come affermato
dal politologo Nicola Matteucci (1916-2006), la nascita del costituzionalismo moderno, una
svolta cruciale per la cultura politica di Occidente, che coinvolge non solo la creazione di
legittime costituzioni per stabilire diritti e doveri del cittadino moderno, ma anche un nuovo
sistema politico basato sulla distribuzione equitativa del potere per evitare la concentrazione
di esso in un solo ente: la rivoluzione non ha creato solo un nuovo stato, ha creato un nuovo
popolo, una nuova nazione senza precedenti (processo detto ‘Inventing the people’).

Personalmente, riteniamo che la nascita degli Stati Uniti sia stata un momento culmine nella
storia che ebbe un forte impatto anche nell’indipendenza del nostro paese, visto che gli Stati
Uniti funzionarono come un modello per le rivoluzioni e le costituzioni di tutto il territorio
americano. Grazie al loro primo passo, gli abitanti delle colonie dell’intero continente
capirono che fosse possibile essere autonomi ed indipendenti: la rivoluzione degli Stati Uniti
non debilitò solamente il potere della Gran Bretagna sull’America, ma invece l’autorità di
tutte le potenze europee sulle loro colonie.

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