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Obbiettivi del congresso di Vienna e principio di uguaglianza

Nel Congresso di Vienna si discusse sulla necessità di tutelare l’Europa da eventuali nuove rivoluzioni e ricostruire gli equilibri
tra i singoli stati. Si apriva la fase della Restaurazione: processo di ristabilimento delle condizioni storico-politiche antecedenti
alla rivoluzione di Bonaparte, con il reinsediamento sui troni dei sovrani assoluti.
Il principio di legittimità affermava, dunque, che i monarchi deposti da Napoleone o i loro eredi avevano diritto di riprendere i
loro troni, poiché la sovranità discendeva solo da Dio e si trasmetteva per linea dinastica.
Il principio di equilibrio era volto a garantire una pace duratura. Al fine di evitare desideri di rivincita, alla Francia non furono
imposte condizioni umilianti.
Gli Stati vincitori elaborarono il principio di sicurezza, in base al quale le frontiere della Francia furono circondate con un
sistema di Stati cuscinetto (Confederazione germanica, Regno dei Paesi Bassi, Regno di Sardegna).

I nuovi assetti territoriali


L’assegnazione di nuovi territori fu decisa secondo due criteri: espansione territoriale di Russia, Prussia e Austria, e il
rafforzamento della Gran Bretagna sui mari.
Gli Asburgo d’Austria si misero a capo del Regno del Lombardo-Veneto dopo l’acquisizione della ex repubblica di Venezia.
Ottennero, inoltre, il controllo indiretto di: Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla, il Granducato di Toscana e Ducato di
Modena.
Anche in Italia si ristabilirono le vecchie dinastie. I Borboni diedero vita al Regno delle Due Sicilie.
Lo Stato pontificio fu ricostituito sotto l’autorità di papa Pio VII. I Savoia ripresero il possesso del Regno di Sardegna.

La rete delle alleanze tra le grandi potenze


Nel settembre 1815 i re di Russia, Austria e Prussia sottoscrissero un patto, detto Santa Alleanza. Questa aveva lo scopo di
promuovere la pace e preservare l’Europa da nuove rivoluzioni. Non fu sottoscritta dalla Gran Bretagna in quanto era in
contraddizione con i principi della monarchia parlamentare inglese. Al contrario, questa aderì ad un patto con Russia, Prussia e
Austria, detto Quadruplice Alleanza, stipulato al fine di regolamentare le relazioni politiche internazionali.

Un’impossibile restaurazione sociale


Era ormai irreversibile il crescente peso economico e culturale acquisito dai ceti borghesi. Con le loro attività e le imposte
versate allo Stato garantivano ai loro Paesi preziose entrate. Inoltre, alcune riforme introdotte da Napoleone (Codice civile ad es.)
erano ormai troppo radicate per poter essere abolite. La rivoluzione francese aveva anche introdotto il principio di nazionalità,
cioè l’idea che ogni cittadino avesse diritto ad essere governato da uno Stato nazionale.

Punti di debolezza del nuovo equilibrio


I punti di debolezza erano due:
1. Mancanza di omogeneità politica;
2. Limitato consenso sociale verso la Restaurazione.

La Francia e la Carta costituzionale


Il re Luigi XVIII confermò la Carta costituzionale già concessa nel 1814. Questa era una scelta di compromesso in quanto, se
da una parte c’era un ritorno al passato per il fatto che fosse stata emanata dal re e non da un’assemblea, dall’altra si trattava
comunque di una Costituzione.
La Carta stabiliva il principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e istituiva due Camere, una dei “pari” nominata dal
re e una dei deputati eletti a suffragio censitario, che discutevano e approvavano le leggi. Il diritto di voto era concesso sulla
base del reddito, mentre il re esercitava potere esecutivo, comandava le forze armate e promulgava le leggi. Era, pertanto, una
monarchia parlamentare censitaria.

La Gran Bretagna
Anche qui si registrò una svolta conservatrice imposta dal primo ministro lord Liverpool. Essa era favorita da un sistema
elettorale antiquato che non teneva conto della nuova realtà sociale del paese. Dopo il 1815 la Gran Bretagna attraversò un ciclo di
recessione economica (attività economiche subirono un rallentamento), che i conservatori al potere contrastarono con misure
protezionistiche estreme.

I moti
I moti degli anni 1820-1821 e degli anni 1830-1831, noti anche come il periodo delle "rivoluzioni liberali", rappresentarono
un'importante serie di eventi che si verificarono in diverse parti del mondo, segnando un periodo di tumulto politico e sociale.
Questi moti furono guidati principalmente da sentimenti di nazionalismo, desiderio di libertà politica e sociale. Furono
influenzati dagli ideali della Rivoluzione francese del 1789 e dall'ascesa del liberalismo politico ed economico.

I moti degli anni 1820-1821


L’anno 1820 fu caratterizzato da un profondo malcontento sociale e da una crescente richiesta di riforme politiche. Questi
sentimenti si manifestarono in modo significativo in Europa, dove numerose rivolte ebbero luogo. L’origine di questi moti ed
attribuire alla Spagna, dove in seguito al congresso di Vienna si era insediata la dinastia borbonica, la quale ripristinò il
principio assolutistico. Ci furono anche insurrezioni in Portogallo, regno delle due Sicilie e di Sardegna i quali volevano delle
costituzioni liberali che permettessero il passaggio da monarchia assoluta a costituzionale. Una delle più importanti rivolte di
questo periodo fu la rivoluzione greca del 1821, che portò all'inizio della guerra d'indipendenza greca contro l'Impero
ottomano. La lotta dei greci per l'indipendenza ispirò molti altri movimenti nazionalisti in Europa, alimentando una serie di moti e
rivolte nei decenni successivi.

I moti degli anni 1830-1831


L’anno 1830 fu caratterizzato da un'ondata di moti e rivolte che si diffusero in diverse parti d’Europa in particolare Francia,
Belgio, Polonia e Italia.
In Francia, il popolo si ribellò contro il re Carlo X e instaurò una monarchia costituzionale sotto Luigi Filippo d’Orleans, che
modificò la Costituzione introducendo il principio di sovranità nazionale e ristabilì il tricolore del 1789. Con la nuova
Costituzione, tra l’altro, il sovrano non aveva più il diritto di veto, e dunque le persone che avevano diritto di voto
raddoppiarono.
In Belgio, invece, scoppiò una rivolta contro l'occupazione olandese, che portò alla proclamazione dell'indipendenza del paese
nel 1831.
Tutte queste insurrezioni misero a dura prova la Santa Alleanza. Vi erano due blocchi politici:

1. Gli Stati liberali che comprendevano Gran Bretagna e Francia;


2. Gli Stati assolutistici che comprendevano Austria, Russia e Prussia.

In Polonia gli abitanti speravano nell’aiuto dell’Inghilterra e della Francia nella lotta all’indipendenza dalla Russia, ma ciò
non successe, in quanto alle due potenze non conveniva mettersi contro la Russia, che era decisamente più potente.
Nel febbraio 1831, in Emilia Romagna, ci furono delle insurrezioni per l’indipendenza dell’Italia centrale. Dopo alcuni
successi iniziali, la Francia ancora una volta non arrivò in soccorso per paura di scatenare le potenze della Santa Alleanza.
In quest’ottica Vincenzo Gioberti (neoguelfo) ebbe un ruolo importante: promuovere l'idea di un'unificazione italiana sotto la
guida del Papa. Gioberti credeva che solo un'unione tra i vari stati italiani sotto l'autorità spirituale del Papato avrebbe potuto
garantire l'indipendenza e la prosperità dell'Italia.
Pensiero opposto, invece, lo aveva Carlo Cattaneo: egli si oppose alle forze reazionarie e alle influenze straniere che limitavano
l'autonomia dell'Italia. Cattaneo credeva che l'Italia dovesse essere un'unione di stati autonomi, dove ognuno avrebbe potuto
mantenere la propria identità e cultura.

Giuseppe Mazzini e la critica delle società segrete


Il fallimento dei moti italiani confermava la debolezza delle società segrete: benché si fossero dimostrati in grado di attrarre
esponenti liberali, non riuscirono mai a suscitare la partecipazione popolare rimanendo un fenomeno d’Élite. A peggiorare la
situazione, poi, contribuivano le rivalità interne.
Si era anche rivelata sbagliata la speranza riposta nei sovrani più “illuminati” le cui azioni erano condizionate dalle posizioni di
potere, oltre che dalle ambizioni.
Tutte queste considerazioni vennero ben rappresentate dal genovese Giuseppe Mazzini che nel 1831 aveva maturato la
convinzione che l’Italia avrebbe dovuto superare le divisioni interne e coordinare con maggiore efficacia i piani insurrezionali.
Mazzini trasse ispirazione dal Romanticismo per sviluppare gli ideali di libertà politica e dell’indipendenza nazionale il cui
punto di partenza doveva essere il popolo.

L’organizzazione della Giovine Italia


A partire da queste basi ideologiche egli progettò la propria organizzazione che mirava apertamente a riunire il maggior numero
possibile di aderenti. Il programma della Giovine Italia, pertanto, si traduceva nell’ideale di una nazione unita, libera,
indipendente e repubblicana.

Il precario ordine della Rivoluzione


L’assetto politico dato all’Europa dal Congresso di Vienna mostrava incapacità di garantire condizioni di equilibrio. Nel 1848,
quindi, l’Europa fu attraversata da una nuova ondata rivoluzionaria a cui per la prima volta parteciparono anche operai e poveri
lavoratori.

Le rivendicazioni politiche e sociali


Le rivoluzioni ebbero caratteristiche diverse a seconda dei paesi in cui si manifestarono, ma furono accomunate da alcuni tratti:

1. La richiesta della libertà di stampa, del diritto di associazione politica e di Costituzioni;


2. La rivendicazione del diritto di voto con il suffragio universale maschile;
3. L’aspirazione a migliori condizioni di vita per operai e contadini.

Il 48 in Francia
Anche nel 1848 la rivoluzione al suo epicentro in Francia. Si tratta di una posizione costituita da diverse forze politiche:

1. I legittimisti, i quali ritenevano il sovrano un usurpatore dei diritti dinastici. Contavano sull’appoggio della chiesa
cattolica;
2. I repubblicani, che puntavano l’abolizione della monarchia:
a. I moderati premevano per un allargamento del diritto di voto;
b. I radicali sostenevano il suffragio universale.
3. I socialisti, che esprimevano gli interessi degli operai dell’industria.
Il 22 febbraio 1848 borghesi e operai si ribellarono al re Luigi Filippo e presero il controllo della città. Il re fu costretto ad
abdicare e fuggire e i rivoltosi formarono un governo provvisorio e proclamarono la Seconda Repubblica.
Tra i provvedimenti presi da questo governo c’era la reintroduzione del suffragio universale maschile e il ripristino della
libertà di stampa e di associazione.
Tuttavia, al momento di votare il presidente della Seconda Repubblica fu eletto Luigi Napoleone Bonaparte, nipote di
Napoleone.

Le insurrezioni nell’Impero asburgico


La rivolta si allarga anche all’impero austriaco. A Vienna si verificano agitazioni in piazza che obbligano il cancelliere
Metternich a dimettersi. L’imperatore Ferdinando I promise Costituzione, libertà di stampa e istituzione di un’Assemblea
costituente, che abolì la servitù.

Il 48 in Italia e la Prima Guerra di Indipendenza


Anche in diverse regioni d'Italia si sviluppò un forte senso di appartenenza nazionale e di libertà. Ci furono due diverse
tendenze: una che seguì il Papa come guida per l'unificazione, chiamata neoguelfa, e un'altra laica.
Verso la fine degli anni '40, i moderati trovarono un alleato in Camillo Benso, conte di Cavour che, nel 1847, insieme a Cesare
Balbo, fondò un giornale chiamato "il Risorgimento", che diventò uno strumento politico potente.
Nel Regno delle Due Sicilie, il re Ferdinando II concesse una Costituzione ai ribelli, seguito dal re Carlo Alberto di Sardegna
che promulgò lo Statuto Albertino. Poco dopo, il re appoggiò le rivolte che scoppiarono a Milano e Venezia, dichiarando guerra
all'Austria e dando il via alla Prima Guerra d'Indipendenza.
Inizialmente, il Regno di Sardegna ricevette il sostegno degli altri stati italiani, ma poi fu sconfitto a Custoza e costretto a firmare
un armistizio con l'Austria. Successivamente in Toscana, a Venezia e a Roma vennero proclamate le Repubbliche e Carlo
Alberto riprese la guerra, ma fu nuovamente sconfitto a Novara e abdicò in favore di Vittorio Emanuele II.

Il Piemonte di Cavour e la spedizione di Sapri


Il fallimento dei moti del 1848 portò un ritorno dell’assolutismo in tutta la penisola italiana, fatta eccezione del Piemonte, dove il
nuovo sovrano Vittorio Emanuele II non abrogò lo Statuto Albertino. In questa fase il politico italiano Camillo Benso, conte di
Cavour, che durante il suo mandato, promosse una serie di riforme politiche ed economiche che portarono alla modernizzazione
del Piemonte. Si concentrò sull'industrializzazione, promuovendo lo sviluppo delle infrastrutture, l'espansione dei trasporti e
l'incremento delle attività commerciali.
La spedizione di Sapri fu un tentativo di insurrezione contro il governo borbonico del Regno delle Due Sicilie avvenuto nel
1857. L'insurrezione fu organizzata da Carlo Pisacane con l'obiettivo di sollevare la popolazione del Sud Italia e rovesciare il
governo borbonico. Pisacane e i suoi 300 uomini sbarcarono a Sapri, ma incontrarono ben poca adesione da parte della
popolazione locale e furono rapidamente sopraffatti dalle forze borboniche. Pisacane fu catturato e giustiziato, ma la spedizione
di Sapri ebbe un impatto significativo sulle idee politiche dell'epoca.

La seconda guerra d’indipendenza


La Seconda Guerra d’Indipendenza italiana fu combattuta tra le truppe franco-piemontesi e l'Impero asburgico, il principale
avversario dell'unificazione italiana. Nella metà dell'800, l'Italia era divisa in 7 stati governati da diverse monarchie. L'Austria
controllava la Lombardia e il Veneto, impedendo l'unificazione del Nord Italia.
Nel 1858, il presidente del Regno di Sardegna, Cavour, firmò un accordo con la Francia chiamato accordo di Plombières, che
prevedeva l'aiuto francese in caso di conflitto con l'Austria. Nel 1859, l'esercito austriaco avanzò verso il Piemonte, ma si fermò
su ordine di Vienna, dando alla Francia il tempo di organizzarsi.
Napoleone III si unì alla guerra, e il 20 maggio si svolse la battaglia di Montebello, vinta dalle truppe franco-sarde. Dopo una
serie di scontri, l'esercito austriaco si ritirò da Milano e si rifugiò nel quadrilatero difensivo (Peschiera del Garda, Mantova,
Legnano e Verona). Il 24 giugno, a Solferino, l'esercito francese vinse gli austriaci, e successivamente a San Martino l'esercito
austriaco fu sconfitto dalle truppe piemontesi. Napoleone III decise inaspettatamente di avviare le trattative di pace, e l'11 luglio
fu firmato l'armistizio di Villafranca con l'imperatore Francesco Giuseppe. La seconda guerra di indipendenza italiana segnò la
prima fase dell'unificazione italiana, ma nonostante ciò Roma rimase sotto il controllo del Papa e il Veneto rimase austriaco.

La Spedizione dei Mille


La spedizione dei Mille, guidata da Giuseppe Garibaldi ebbe luogo nel 1860. Garibaldi e un gruppo di volontari, noti come "i
Mille", partirono da Quarto con l'obiettivo di liberare il Regno delle Due Sicilie dai Borboni. Sbarcarono a Marsala e iniziarono
una marcia verso nord, guadagnando rapidamente il sostegno della popolazione. Le truppe borboniche si opposero ma furono
sconfitte in diverse battaglie. Garibaldi e i suoi uomini raggiunsero finalmente Napoli, dove vennero accolti come eroi. Grazie
alla loro avanzata, i territori meridionali d'Italia furono liberati e si creò un'atmosfera favorevole all'unificazione.
Successivamente, Garibaldi cedette il controllo delle sue conquiste al re Vittorio Emanuele II di Savoia, facilitando la creazione
del Regno d'Italia nel 1861.

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