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RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
Nel corso degli anni successivi ci fu un evento di grande rilevanza per la storia, a cui
seguirà la Restaurazione e parlo della prima rivoluzione industriale. Essa avvenne
grazie ad una serie di innovazioni e progressi in campo sociale ed economico che
portarono ad un cambiamento delle vite degli uomini e apportarono cambiamenti
proprio nel modo di produrre. Il fattore principale di questa rivoluzione fu il
passaggio dal settore primario al settore secondario, il quale assunse più
importanza. Dunque, il passaggio da agricoltura a industria. Da una parte abbiamo
un tipo di economia centralizzato sull’agricoltura (65 – 90% della popolazione),
l’industria era poca e caratterizzata dal sistema a domicilio e la tecnologia era
assente, così come scienza e tecnica viene viste come due sfere distinte e separate,
senza collaborazione; dall’altra abbiamo un tipo di economia basata sull’industria e,
dunque, su maggiore produttività e meno manodopera, oltre all’industria, nacquero
proprio le fabbriche e venne sviluppata molta più tecnologia, includendo un
rapporto di unione tra scienza e tecnica.
RESTAURAZIONE
Arriviamo dunque al periodo di Restaurazione 1815. Molte nazioni come: Austria,
Inghilterra, Russia e Prussia volevano tornare alla situazione prerivoluzionaria e
nasce la restaurazione (1815 – 1830). Ciò era impossibile a causa dei tanti
cambiamenti politici, sociali e territoriali; così, si trovò una soluzione con il
Congresso di Vienna: ritorno delle monarchie precedenti (legittimità del trono) e
maggiore equilibrio politico (potere diviso per le maggiori potenze europee. Inoltre,
fu istituita il principio di intervento, on d’evitare ribellioni rivoluzioniste e la carta
d’Europa, secondo la quale: la Francia perse i territori conquistati, nacque la
confederazione Germanica, Regno Unito prese maggiori colonie e l’Austria maggiori
domini. Tra gli effetti più importanti troviamo, chiaramente, il ritorno di Luigi XVIII e
in Prussia e in Russia non ci fu alcun cambiamento, non li volevano e si ritornò alla
situazione “tradizionale”. I maggiori teorici furono Burke, il quale riteneva che
l’illuminismo avesse causato senso di onnipotenza e che bisognasse ritornare alla
tradizione e Maistre, contro la riforma protestante. Nel frattempo, ci fu una
reinterpretazione dei valori rivoluzionari come: uguaglianza (sono uguali le persone
che hanno lingua, tradizioni e cultura comuni), fratellanza (sono fratelli coloro che
appartengono alla stessa nazione) e libertà (non doveva esserci l’assolutismo e
domini da nazioni esterne). Sorsero anche nuove correnti di pensiero come:
- Liberalismo: aderì Locke a questa e si basava sulla libertà individuale. A questa
era favorevole anche la chiesa cattolica, in quanto compatibile con il
messaggio del cristianesimo e, dunque, la chiesa doveva adeguarsi alla
modernità e all’andare avanti della storia. Il loro modello di stato si basava su:
disuguaglianza sociale (lo stato non doveva intervenire su disparità tra ricchi e
poveri); lo stato è limitato dalla Costituzione e dalla divisione dei poteri;
suffragio censitario e libertà pubbliche garantite a tutti.
- Democrazia moderna: importante fu Rousseau, ma anche Bentham e Mill. I
punti fondamentali erano garantire l’istruzione e l’uguaglianza politica
(suffragio universale). Regime sulla sovranità popolare.
- Socialismo: basato sul garantire giustizia alla popolazione che viveva in
condizioni misere e pietose. Infatti, il diritto di proprietà per loro doveva
essere limitato e doveva esserci solidarietà, non l’individualismo liberale
- Infine, il comunismo: Marx ed Engels divisero in quattro le fasi dell’umanità:
comunità primitiva, regime di schiavitù, società feudale e società capitalistico
– borghese. Tutte caratterizzate da: lotta per le classi sociali, proletario
sfruttato e operaio usato; dunque, l’uomo doveva essere liberato, la
proprietà, i proprietari dovevano essere eliminati e così sarebbe stata
eliminata l’oppressione e la divisione in classi. Si giunge al Comunismo.
Dopo le rivolte francesi, ci furono rivolte in tuta Europa: insorse l’Austria, a Vienna, il
13 marzo del 48’ e Ferdinando I licenziò Metternich, diede il consenso per la libertà
di stampa e concesse un’assemblea costituente. Alla fine, gli austriaci riuscirono a
tener testa ai progressisti e rivoluzionari. Stessa cosa accadde a Berlino il 14 marzo,
influenzando poi tutto il territorio germanico. Venne fatta un’assemblea nazionale
costituente per determinare una costituzione per il futuro stato unificato, ma si
divisero i cittadini in chi voleva la grande Germania (unione con Austria) e piccola
Germania e, infatti, questi ultimi ebbero la meglio; tuttavia, Guglielmo IV di Prussia si
rifiutò di sottostare ad una costituzione redatta da rivoluzionari.
In Italia Guglielmo XVI morì, lasciando spazio a Papa Pio IX, il quale sembrava avere
idee piuttosto liberali, scatenando iniziative riformiste. L’unico stato che non era
favorevole a tutte queste riforme rimaneva il regno delle due Sicilie e, proprio a
causa di questa rigidità, ci fu una rivolta il 12 gennaio che si diffuse da Palermo a
Napoli. Ferdinando II preoccupato, decise di rendere indipendente la Sicilia e fu il
primo a dare una costituzione; seguono: statuto Albertino, stato pontificio e
Leopoldo II di Toscana. Arrivò la notizia delle insurrezioni di Vienna e, infatti, molti
stati italiani presero esempio da loro: 17 marzo Venezia divenne repubblica con
governo provvisorio e il 18 marzo Milano, con le famose cinque giornate, cacciò via
gli austriaci guidati da Radetzky. Nel frattempo, in Piemonte, Carlo Alberto dichiarò
guerra all’Austria per acquisire nuovi territori, ma per evitare anche che l’iniziativa
indipendentista nascesse da repubblicani e rivoluzionari; a lui, si aggiunsero anche
altri eserciti italiani creando una vera e propria guerra Federale. L’Austria subì due
sconfitte a Goito e Pastrengo, ma Radetzky attuò una tecnica di posizione di difesa,
chiamata quadrilatero, perché coinvolse quattro fortezze: Mantova, Venezia,
Peschiera e Legnago; oltre a questo, minacciò il Papa di scisma e il 19 aprile, infatti,
si dichiarò estraneo al conflitto in quanto padre comune a tutti, facendo seguire
Leopoldo e Ferdinando II. Dunque, rimase solo Carlo Alberto a fare la guerra.
Inizialmente ci furono sconfitte sull’Austria a Curtatone, Montanara, Peschiera e
Goito, ma Carlo tentennò per uno scontro finale che si ebbe, in un secondo
momento, a Custoza dove i piemontesi vennero sconfitti e il 9 agosto si ebbe
l’armistizio a Vigevano. La guerra, tuttavia non finì qui, poiché nacquero nove
proteste ed insurrezioni da patte di tutti coloro che non volevano terminare e
accettare la fine del conflitto, così si convinse a combattere anche Carlo Alberto, in
nome dei Savoia (quindi anche per una questione di orgoglio), ma venne sconfitto di
nuovo a Novara dalle truppe sarde guidate da Charzanowky. Carlo abdicò lasciando
il posto al figlio Vittorio Emanuele II e il dominio austriaco continuò ad essere
presente.
UNIFICAZIONE D’TALIA E GERMANIA
Con il fallimento dei moti del 1848, molte costituzioni vennero abrogate, tranne
quella del regno di Sardegna nel quale Vittorio Emanuele II aveva lasciato il governo
nelle mani di d’Azeglio. Costui, elaborò le leggi Siccardi con le quali la chiesa avrebbe
perso alcuni dei suoi privilegi e, durante l’approvazione di queste leggi, si distinse la
figura di Camillo Benso (conte di Cavour). Egli divenne presidente del consiglio nel
1852 ed elaborò un accordo politico chiamato connubio, secondo il quale destra e
sinistra (guidata da Rattazzi) vennero unite, formando il centro che aveva un’ampia
base parlamentare, dunque, ora era il parlamento a decidere il tipo di governo. La
politica di Cavour era liberale, ma temeva il conservismo dei sovrani d’Italia e della
chiesa, il cui rapporto riteneva dovesse essere: “libero stato, libera chiesa”, tutti
potevano professare le religioni che volevano, ma la chiesa non aveva più gli stessi
privilegi di prima. Sul piano economico, anche, era liberista, favorendo il progresso
finanziario, industriale e agricolo, così, ci furono anche più scambi commerciali
all’interno e all’esterno del regno di Sardegna e, in poco tempo, il Piemonte divenne
la regione più avanzata. Nel frattempo, ci furono delle insurrezioni fallite: una a
Belfiore, nella quale nove patrioti vennero impiccati; un’altra con Mazzini a Milano,
il quale portò solo arresti e condanne a morte e un’altra con Carlo Pisacane, il quale
riteneva di dover coinvolgere i contadini e la loro misera condizione per poter avere
una rivolta in tutta Italia, ma quest’ultimi si allearono per la repressione. Nella
politica estera, Cavour voleva un’espansione territoriale verso il nord: il nemico era
l’Austria, l’alleato invece la Francia e così, durante la guerra di Crimea nella quale
l’Austria era neutrale, il regno Sardo ne approfittò per acquisire importanza a livello
europeo: a favore della Turchia c’erano Francia, Inghilterra e regno sardo, la Russia
dopo un po’ si arrese e ci fu poi il congresso di pace nel 56’. A questo punto Cavour e
Napoleone III trovarono una grande intesa, tant’è che stabilirono gli accordi di
Plombères: