Intorno alla metà dell’Ottocento nei vari stati italiani vivevano 24 milioni di abitanti
rispetto ai 15.3 di cento anni prima. Anche nel nostro paese quindi si era verificato
un forte aumento demografico. Quest’incremento però non era stato accompagnato
da un progresso nelle tecniche di coltivazione. L’agricoltura era prevalentemente
estensiva; quella intensiva era praticata in poche zone, soprattutto nella pianura
Padana. In Toscana si praticava ancora la mezzadria che risaliva addirittura al
trecento. Nel resto del centro e del sud si praticava un’agricoltura estensiva e si
diffuse il latifondo in cui lavoravano i braccianti. L’agricoltura estensiva è tipica del
latifondo e in genere si tratta di monocolture come per esempio quella del grano;
quella intensiva è tipica di piccoli appezzamenti di terreno e in genere le colture
vengono ripetute
A metà ottocento le condizioni dei contadini non erano migliorate rispetto a quelle
del seicento. L’alimentazione era molto povera ed erano molto diffuse le malattie
come per esempio la pellagra. Un’altra tipica malattia dell’ottocento era la
tubercolosi, dovuta all’umidità delle abitazioni e le precarie condizioni igieniche
favorivano, inoltre, la diffusione di epidemie come quella del tifo e colera. Assai
conosciuta era infine la malaria, in grado di provocare la morte se non curata
IL DIBATTITO RISORGIMENTALE
Il processo che portò alla formazione di un unico Stato italiano venne definito
Risorgimento: anche se l’Italia, prima dell’Ottocento, non era mai stata unita , ma si
era formata nel corso dei secoli. Dal Medioevo si erano infatti sviluppate un’identità
culturale italiana e la consapevolezza di un comune interesse economico. Se ne
trovano testimonianze in scrittori come Dante, Petrarca e Machiavelli
A diffondere grandemente l’idea d’Italia contribuì il dibattito risorgimentale. Due
furono gli schieramenti che si contrapposero: quello moderato e quello
democratico: i moderati sostenevano di voler raggiungere l’unità gradualmente; i
democratici ritenevano opportuno puntare sul creare una repubblica
Nato a Genova, Giuseppe Mazzini fin dalla giovinezza si avvicinò alle idee
patriottiche e democratiche. Iscrittosi alla Carboneria, nel 1830 venne arrestato per
la delazione di un informatore. Convinto successivamente al suo esilio che la
Carboneria fosse irriformabile, nel 1831 egli fondò una nuova organizzazione
politica, la Giovine Italia, con l’obiettivo di unificare il paese. Il metodo da seguire era
quello del’insurrezione e aderì successivamente anche Garibaldi, che poi si distanziò
dalle posizioni più radicali di Mazzini
La concezione che Mazzini aveva della religione era tipicamente romantica, lontana
dalla visione cristiana. Dio si identificava con lo spirito presente nella storia e quindi
con la stessa umanità. Gli italiani, dopo aver dominato il mondo con la Roma dei
Cesari e poi con quella dei papi, dovevano ora illuminarlo con l’avvento della Terza
Roma, quella del popolo. Inoltre Mazzini sosteneva il principio dell’associazionismo,
e per lui l’individuo per raggiungere la libertà doveva unirsi nella famiglia, che faceva
parte della nazione, che associandosi con altre nazioni formava l’unità
Accanto alle grandi figure di teorici e combattenti per raggiungere l’unità d’Italia,
molte donne seppero distinguersi nella diffusione dell’idea dell’unità nazionale.
Alcune intervennero addirittura in prima persona nella lotta, come Anita, la moglie
di Garibaldi, si distinse anche la principessa milanese Cristina Trivulzio di Belgioioso,
che durante la difesa di Roma organizzò un efficiente pronto soccorso per i feriti
Filippo d’Orleans era uno dei sovrani meno oppressivi di tutta l’Europa. La politica
del governo di Guizot era esclusivamente espressione degli interessi della grande
borghesia e quando nel 1845 decise di aumentare le tasse, la sua popolarità crollò.
L’opposizione era molto articolata: i socialisti chiedevano riforme economiche e
sociali; i democratici avevano come obiettivo il suffragio universale; i repubblicani
miravano all’allontanamento di Filippo d’Orleans; i legittimisti rivendicavano i diritti
al trono della dinastia borbonica. Quando nel febbraio 1848 il governo proibì lo
svolgimento di un comizio, il popolo insorse nella rivoluzione di febbraio, e in soli tre
giorni proclamò la repubblica
IL QUARANTOTTO IN ITALIA
Il periodo che va dal 1846 al 1848 è noto come biennio delle riforme e tutto ebbe
inizio quando nel 1846 fu eletto papa il cardinale Ferretti. Il nuovo papa era di idee
moderate e non aveva mai manifestato simpatie liberali e così concesse l’amnistia ai
detenuti politici, aprì anche ai laici la consulta e abolì, in parte, la censura preventiva
sulla stampa. Queste iniziative suscitarono entusiasmo nell’opinione pubblica, ma
l’unico stato che continuava a rifiutare ogni tipo di riforma era il regno delle due
Sicilie. Infatti si scatenò una rivoluzione che partì da Palermo ed arrivò a Napoli e
preoccupato dalla piega che stavano prendendo queste rivoluzioni, Ferdinando II
proclamò l’autonomia della Sicilia
Nonostante il ritiro delle truppe degli altri sovrani italiano, Carlo Alberto riuscì a
sconfiggere nuovamente gli Austriaci, ma attese per lo scontro definitivo, così gli
Austriaci ebbero tempo di ricevere rinforzi e quando a Custoza avvenne finalmente
lo scontro i Piemontesi persero nettamente. Così Carlo Alberto preferì accordarsi
con gli austriaci, firmando un armistizio a Vigevano, terminando così la prima fase
della guerra. Ma se la guerra regia era finita, i patrioti non intendevano accettare
una sconfitta e così ci fu un’altra ondata di proteste. Nello Stato Pontificio, Pio IX fu
costretto a fuggire e nel febbraio 1849 una Costituente dichiarò la fine del potere
temporale dei papi e affidò la Repubblica romana ad un triumvirato formato da
Mazzini, Armellini e Saffi. Carlo Alberto decise infine di abdicare in favore del figlio
Vittorio Emanuele II. Per le repubbliche che ancora resistevano, la prima a capitolare
fu Brescia che per 10 giorni resistette eroicamente all’Austria; poi l’esercito
austriaco intervenne in Toscana, mentre il 4 luglio le truppe francesi attaccarono
Roma. A maggio era avvenuta la capitolazione di Palermo a cui era seguita la
restaurazione del Regno delle due Sicilie. Il 23 agosto infine, gli insorti veneziani
stremati dalla fame e dalle epidemie si arresero agli Austriaci