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IL RISORGIMENTO

L’IDEA DI ITALIA, TRA POLITICA E CULTURA

Nella prima metà dell’800 l’Italia conobbe un processo di graduale riscoperta e di rivendicazione della
propria identità nazionale. Questo processo che avrebbe portato in pochi decenni alla conquista
dell’indipendenza e dell’unità nazionale fu definito Risorgimento.
Il punto di partenza fu il nazionalismo italiano => Per la verità, uno Stato italiano non era mai esistito.
L’Italia era stata unita politicamente solo ai tempi dell’impero romano, ma all’interno di un’entità statale di
tipo sovranazionale. Se uno Stato italiano non era mai esistito, l’idea di nazione italiana era già presente nel
pensiero di molti grandi intellettuali italiani del passato: come Dante, Machiavelli e Alfieri.
Nei primi decenni dell’ottocento la lotta riguardava la liberazione dal dominio straniero e la concessione di
una costituzione

LA PENISOLA ITALIANA TRA ARRETRATEZZA E SVILUPPO


Anche l’economia della penisola italiana era caratterizzata da una condizione di notevole arretratezza. Il
settore agricolo infatti restava perlopiù legato alle tecniche dei sistemi di conduzione tradizionale.
L’industria poi era rimasta sostanzialmente estranea alla tecnologia delle macchine e anche le ferrovie
ebbero un inizio lento e ritardato. Si inizia ad avvertire in particolare la mancanza di un mercato nazionale:
venne così riproposto il progetto di un’unione doganale italiana da realizzare sul modello dello Zollverein
tedesco.

MAZZINI E LA GIOVINE ITALIA


L’esito negativo dell’insurrezione nell’Italia centro settentrionale segnò la crisi della carboneria e mise in
evidenza i limiti della strategia adottata dai rivoluzionari.
Nato a Genova, Giuseppe Mazzini, aveva aderito alla Carboneria. Arrestato nel 1830 era stato costretto a
emigrare a Marsiglia dove era entrato in contatto con i maggiori esponenti dell’emigrazione democratica.
Erede della tradizione giacobina, Mazzini non ammetteva alcun compromesso monarchico e rifiutava ogni
soluzione di tipo federalistico. Il suo programma politico era di un’estrema chiarezza: l’Italia doveva rendersi
indipendente e darsi una forma di governo unitaria repubblicana, la via per giungere all’unità di
indipendenza era solo una, l’insurrezione di popolo.

Una nuova organizzazione nacque a Marsiglia, nell’estate del 1831, e si chiamò giovine Italia. Convinti della
necessità di un legame strettissimo tra pensiero e azione, Mazzini e i suoi seguaci non aspettarono che vi
fossero le condizioni internazionali favorevoli, organizzarono una serie di tentativi insurrezionali in
Piemonte, in Savoia e nelle legazioni pontificie. L’esito negativo di questi tentativi, non tutti organizzati
direttamente da lui, rappresentò un duro colpo per Mazzini che, espulso prima della Francia, e poi dalla
Svizzera, si trasferì a Londra. Il ripetersi di episodi destinati all’insuccesso contribuì ad alimentare le critiche
nei confronti dei metodi mazziniani e fornì nuovi argomenti alle polemiche dei moderati contro le strategie
rivoluzionarie

MODERATI, CATTOLICI E FEDERALISTI


Emerse un orientamento moderato che si prestava a schiacciare i dominatori stranieri e ottenere
l’indipendenza attraverso azioni moderate e attraverso la chiesa. Vi era poi la corrente cattolico liberale i cui
esponenti erano i neoguelfi. Essa non puntava all’unità politica dell’Italia, ma proponeva la creazione di una
confederazione fra gli Stati italiani, fondata sull’autorità superiore del Papa e sulla forza militare del regno di
Sardegna.
Gli stessi anni una corrente federalista, democratica e repubblicana, si sviluppava in Lombardia. Principale
esponente di questa tendenza fu il milanese Carlo Cattaneo. L’obiettivo finale era una confederazione
repubblicana sul modello degli Stati Uniti che fosse la premessa per la costituzione degli Stati Uniti
d’Europa
PIO IX E IL MOVIMENTO PER LE RIFORME
L’elezione, nel giugno 1846 di Papa Pio IX, suscitò inizialmente grande entusiasmo fa i liberali moderati di
tutta Italia, che credettero di aver trovato in Pio IX l’uomo capace di realizzare il programma neoguelfo.
Sulla scia di quanto stava avvenendo a Roma, il movimento per le riforme dilagò in tutta Italia: obiettivo
comune a tutte le correnti politiche era la concessione di costituzioni o statuti. Fu proprio la sollevazione di
Palermo del gennaio 1848 a convincere Ferdinando II di Borbone a concedere una costituzione del regno
delle due Sicilie. Spinti dalla pressione dell’opinione pubblica prima Carlo Alberto di Savoia poi Leopoldo II
di Toscana e infine lo stesso Pio IX decise di concedere una costituzione.
La più importante di tutte fu lo statuto Albertino. Lo statuto Albertino venne proclamato nel 1848 da Carlo
Alberto di Savoia e fu il primo documento simile ad una costituzione in Italia che decretò diritti e doveri del
cittadino. Lo Statuto Albertino riaffermò il fondamento divino del potere del re, inoltre assegnò il potere
esecutivo a quest’ultimo e il potere legislativo in comune a re e parlamento.

IL ‘ 48 ITALIANO. LA GUERRA CONTRO L’AUSTRIA

Si sollevarono anche a Venezia e Milano delle rivolte. A Venezia una grande manifestazione popolare aveva
imposto al governatore austriaco la liberazione dei detenuti politici. Pochi giorni dopo un governo
provvisorio proclamava la costituzione della Repubblica veneta. A Milano con l’assalto al palazzo del
governo, borghesi e popolari combatterono. Anche gli esponenti dell’aristocrazia liberale finirono per
appoggiare la causa degli insorti e formarono un governo provvisorio. Preoccupato da un possibile intervento
del Piemonte furono ritirate le truppe

La prima guerra d’indipendenza => Il 20 marzo il Piemonte dichiarava guerra all’Austria. Diverse furono le
ragioni: la pressione dei liberali e dei democratici, che vedevano nella crisi dell’impero asburgico l’occasione
per liberare l’Italia dagli austriaci, la volontà della monarchia dei Savoia di ampliare i confini del regno.
Ferdinando II di Napoli, Leopoldo II di Toscana e Pio IX decisero di unirsi alla guerra antiaustriaca e
inviarono truppe regolari. Venne definita la prima guerra di dipendenza perché di fatto tutti i principali regni
si unirono per un unico scopo ossia la scacciata dello straniero dall’Italia. Il Papa però proclamò il ritiro delle
sue truppe e lo stesso fecero il granduca di Toscana e Ferdinando di Borbone. Il 23-25 luglio, nella prima
grande battaglia campale combattuta a Custoza, presso Verona, le truppe di Carlo Alberto furono nettamente
sconfitte e il 9 agosto fu firmato l’armistizio con gli austriaci

LA SCONFITTA DEI DEMOCRATICI


Particolarmente intricata era la situazione di Roma. In novembre a seguito dell’uccisione in un attentato del
Primo Ministro pontificio, il Papa aveva abbandonato la città e si era rifugiato a Gaeta. Al governo della
capitale salirono così i gruppi democratici. A febbraio venne annunciata la nascita della Repubblica romana.
Anche in Toscana Leopoldo II fuggì e venne convocata un’assemblea costituente.

Anche in Piemonte i democratici ripresero l’iniziativa e nel 1849 Carlo Alberto decise di entrare di nuovo in
guerra contro gli austriaci. Fu duramente sconfitto nei pressi di Novara e abdicò in favore del figlio Vittorio
Emanuele II, il quale il giorno dopo firmò l’armistizio. Sconfitto il regno sabaudo, gli austriaci potevano ora
procedere alla restaurazione dell’ordine in tutta la penisola. Alla fine di marzo, un’insurrezione a Brescia fu
schiacciata. Ferdinando di Borbone riuscì a riconquistare la Sicilia, mentre gli austriaci occuparono il
territorio delle legazioni pontificie e posero fine all’esperienza della Repubblica toscana. Più lunga fu invece
la resistenza della Repubblica romana. I francesi entrarono a Roma e riuscirono ad avere la meglio. Le
insurrezioni, le lotte rivoluzionarie e la guerra contro l’Austria avevano visto la partecipazione di un gran
numero di patrioti e volontari. Erano in gran parte giovani, mentre i più anziani si erano formati nelle
organizzazioni segrete. Il pensiero patriottico si cominciò a formare nel corso degli eventi e venne esaltato il
sentimento di fratellanza: si pensi ai versi di marzo 1821 di Manzoni o fratelli d’Italia di Goffredo Mameli.
Ufficialmente gli esiti dei moti rivoluzionari furono negativi, tuttavia portarono col tempo a dei risultati.
Pensiamo che tutti nel 48 concessero una costituzione.

L’ITALIA UNITA
Maggiori personaggi: Mazzini, Cattaneo, Gioberti, Balbo e D’Azeglio
Mazzini => Italia repubblicana e unita
Perché? Un’Italia unita é un’Italia più forte, la repubblica garantisce l’uguaglianza, un federalismo farebbe
retrocedere l’Italia, la monarchia é una forma di governo instabile
Come? Prevede insurrezioni e non riforme
Cattaneo => Italia repubblicana ma confederazione, per garantire la vera libertà non è conveniente l’Italia
unita
Perché? Modello degli Stati Uniti, i singoli stati devono mantenere l’autonomia
Come? Tramite riforme
Gioberti => Italia indipendente ma non unita, confederazione di Stati sotto l’autorità del Papa
Perché? L’Italia non è pronta per L’Unità, accompagnare il Regno d’Italia verso un cammino di liberazione
dalla dominazione straniera tramite alcune riforme
Come? Tramite riforme
Balbo e D’Azeglio => Italia indipendente ma non unita, confederazione sotto la dominazione dei Savoia
Perché? L’Italia non è pronta per L’Unità, accompagnare il Regno d’Italia verso un cammino di liberazione
dalla dominazione straniera tramite alcune riforme
Come? Tramite riforme

CAVOUR E LA MODERNIZZAZIONE DEL PIEMONTE


Nel marzo 1861 fu proclamata l’Unità d’Italia: si trattava di un risultato dovuto al successo dell’iniziativa
diplomatica e militare del Piemonte, guidata dal conte Cavour, nuovo leader del liberismo moderato.
Nell’ambito di un sistema monarchico-costituzionale era promotore di riforme e trasformazioni che
costituivano l’unico antidoto contro la rivoluzione e il disordine sociale. Inoltre Cavour, uomo di affari e
imprenditore, aveva una buona conoscenza delle teorie economiche e vedeva nello sviluppo economico la
presenza indispensabile per il progresso civile e politico. In campo economico furono stipulati trattati
commerciali con Francia, Belgio e Austria, venne abolito il dazio doganale, ma soprattutto venne sviluppato
il sistema dei trasporti ferroviari. Anche l’agricoltura, come l’industria, conobbe un processo di espansione.
Infine fu creata la banca nazionale e aboliti quelli che erano i privilegi ecclesiastici

L’ALLEANZA FRANCO-PIEMONTESE E LA SECONDA GUERRA D’INDIPENDENZA


Agli inizi degli anni ‘50 Cavour non aveva tra i suoi obbiettivi l’unità d’Italia, ma piuttosto ampliare i confini
piemontesi nell’Italia settentrionale. Un passo importante fu compiuto nel 1855 quando il governo
piemontese rispose positivamente all’invito rivoltogli dalla Francia e dall’Inghilterra di unirsi alla guerra
contro la Russia. Cavour inviò in Crimea un esercito di 18 mila uomini, in questo modo partecipò come stato
vincitore al congresso di Parigi del 1856 e riuscì a denunciare la situazione in cui si trovava l’Italia. A questo
punto Cavour poté puntare sulle ambizioni egemoniche di Napoleone III, desideroso di riprendere la politica
italiana del primo Napoleone. Nel 1858 il fallito attentato contro Napoleone III compiuto dal repubblicano
romagnolo Felice Orsini, convinse l’imperatore francese a prendere l’iniziativa in Italia con l’obiettivo di
sostituirsi all’egemonia austriaca. L’alleanza franco-piemontese fu sancita in un incontro segreto tra
Napoleone III e Cavour nel 1858 a Plombieres: gli accordi stabilirono che l’intera penisola italiana dovesse
essere divisa in tre stati: un regno dell’alta Italia, un regno dell’Italia centrale e un regno meridionale. Per
raggiungere questi obbiettivi era indispensabile che scoppiasse una guerra contro l’Austria guidata dal re
Vittorio Emanuele II. Il governo piemontese cominciò quindi a provocare gli austriaci con manovre militari,
armando volontari chiamati Cacciatori delle alpi, guidati da Garibaldi. Nell’aprile del 1859, l’impero
asburgico inviò un duro ultimatum al Piemonte, respinto poi da Cavour. Scoppiata la seconda guerra
d’indipendenza, le truppe franco-piemontesi sconfissero gli austriaci a Magenta. Napoleone III, dopo un
successivo contrattacco, decise di firmare l’armistizio con gli austriaci a Villafranca. Con questo accordo
l’impero asburgico rinunciò alla Lombardia
LA SPEDIZIONE DEI MILLE E L’UNITÀ D’ITALIA
Spinti dall’entusiasmo, due mazziniani siciliani, Francesco Crispi e Rosolino Pilo, progettarono una
spedizione in Sicilia con l’obiettivo di provocare un movimento insurrezionale. Nel 1860, a Palermo, scoppiò
un’ insurrezione popolare che diede vita a una guerriglia contadina. Crispi, nel frattempo, era riuscito a
convincere Garibaldi ad assumere la guida della spedizione. Nella notte fra il 5 e il 6 maggio 1860, poco più
di mille volontari, partirono da Quarto, per sbarcare pochi giorni dopo a Marsala. Il 15 maggio, a Calatafimi,
i garibaldini riuscirono a battere un contingente borbonico. All’arrivo delle avanguardie garibaldine, Palermo
insorse contro i Borbone e alla fine di maggio, le truppe governative furono costrette ad abbandonare la città:
Garibaldi proclamò così la decadenza della monarchia borbonica. Intanto Garibaldi sbarcava in Calabria e
risaliva rapidamente la penisola senza che l’esercito borbonico fosse in grado di opporgli resistenza. Cavour
temeva che Garibaldi si lasciasse convincere da Mazzini e dai suoi mille a invadere persino Roma e lasciare
tutto nelle mani di Vittorio Emanuele, e temeva anche una discesa delle potenze austriache e francesi. Prima
di ritirarsi in isolamento volontario sull’isola di Caprera, rinunciando così a ogni progetto di liberazione di
Roma, Garibaldi incontrò Vittorio Emanuele II. Il 17 marzo 1861, il primo parlamento del regno proclamava
Vittorio Emanuele II re d’Italia. L’Italia era ormai uno stato unitario, con capitale Torino. Mancavano
solamente Veneto e Trentino: 1866, annessione del Veneto

GOVERNARE L’ITALIA UNITA


LE CONDIZIONI DI VITA DI VITA DEGLI ITALIANI
Al momento dell’Unità, gli italiani erano circa 22 milioni, la maggior parte dei quali, il 72% era analfabeta.
Non esisteva poi una lingua comune: solo il 10% parlava italiano. La grande maggioranza degli italiani era
formata da contadini, il cui livello di vita era bassissimo; essi vivevano infatti ai limiti della sussistenza
fisica. L’attività agricola contribuiva per il 58% al prodotto interno lordo di tutto il paese e forniva i
principali prodotti di esportazione. L’agricoltura italiana era prevalentemente povera, solo nella pianura
padana si erano sviluppate aziende agricole moderne e accanto a queste esistevano nel Nord grandi proprietà
coltivate e cereali. Nell’Appennino e in tutta l’Italia centrale dominava la mezzadria, mentre nell’Italia
meridionale la coltivazione prevalente era il latifondo. Al momento dell’unità vi era un grande divario tra le
regioni del nord e quelle del sud, che risultava essere evidente sul piano della produttività agricola, delle
infrastrutture e dell’istruzione di base.

LA CLASSE POLITICA E I PRIMI PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI


Destra storica => il gruppo dirigente che governò il paese nei primi anni dopo l’unificazione d’Italia era
costituito dai moderati piemontesi, ai quali si unirono poi i moderati lombardi, emiliani e toscani. Nei primi
parlamenti dell’Italia unita, la maggioranza si sistemava nella parte destra e per questo venne definita con il
nome di destra. La destra storica possedeva una visione elitaria della politica, aveva fiducia nel libero
mercato, nell’accentramento amministrativo e nel pareggio di bilancio
Sinistra storica => sui banchi dell’opposizione sedevano gli esponenti della vecchia sinistra piemontese,
insieme ai patrioti mazziniani e garibaldini. Rispetto alla destra questo schieramento si appoggiava su una
base sociale più ampia, costituita dai gruppi borghesi, ma anche da commercianti, imprenditori e da gruppi di
operai. La sinistra portava avanti le rivendicazioni democratiche come il suffragio universale, il
decentramento amministrativo e soprattutto il completamento dell’unità.
La preoccupazione dell’unità da salvaguardare portò all’esigenza di stabilire un controllo il più possibile
stretto, di conseguenza tutto il paese si orientò verso un modello di Stato accentrato. A spingere la classe
politica verso l’accentramento fu anche la situazione del mezzogiorno. Nelle province meridionali liberate
dal regime borbonico, all’antico malessere delle masse contadine si aggiunse l’ostilità verso il nuovo ordine
politico che aveva imposto un nuovo pesante sistema fiscale e la leva militare obbligatoria. Ciò scatenò delle
rivolte contadine soprattutto in campagna, e nell’estate del 1861 in tutte le regioni del mezzogiorno si erano
formate bande composte da contadini ai quali si aggiunsero banditi che assalivano i piccoli centri e li
occupavano per giorni. Una delle leggi più importanti ad essere state adottate da tutta l’Italia fu la legge
Casati sull’istruzione, che creava un sistema scolastico nazionale e stabiliva il principio dell’istruzione
elementare obbligatoria. Sul piano economico venne favorito lo sviluppo dell’agricoltura e il potenziamento
delle infrastrutture. Ma non solo, fu stabilità anche un’unica moneta, la lira.
Fonti: p. 327, p.334

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