IL 1848 IN ITALIA
LE RIFORME DI PIO IX
L’elezione al soglio pontificio di Giovanni Mastai Ferretti che scelse poi il nome
di PIO IX fu un evento molto importante. Nei primissimi mesi il nuovo papa
accese ulteriormente le speranze dei neoguelfisti. Concesse un'amnistia ai
condannati politici e agli esiliati, istituì una consulta di stato non riservata
esclusivamente agli ecclesiastici, affidò l’ordine pubblico ad una guardia civica
autorizzò una certa libertà di stampa; tutte decisioni che furono intese come
iniziative filoliberali.
Le riforme di Pio IX furono prese d’esempio da molti sovrani.
IL DUCA DI TOSCANA Leopoldo II istituì una consulta, una guardia civica e fece
concessioni in materia di libertà di stampa.
NEL REGNO DI SARDEGNA Carlo Alberto promosse una riforma
all’amministrazioni e diminuì le censure perpetuate alla stampa.
Nel novembre 1847 Toscana, Piemonte e Stato pontificio sottoscrissero i
preliminari per realizzare una rete doganale Italiana. I sovrani volevano
modernizzare l’economia e creare un’unica area di scambio.
L’INIZIO DELLA RIVOLUZIONE
La prima ondata rivoluzionaria partì dal regno che ad occhi di tutti era il meno
liberale e il più arretrato di tutti.
Il 12 gennaio a Palermo un’insurrezione popolare costrinse Ferdinando II di
Borbone a concedere la costituzione e l’elezione di un parlamento.
Immediatamente dopo altre rivolte nel resto d’Italia costrinsero i sovrani di
Toscana, Piemonte e persino il Papa a concedere la costituzione. Fu un evento
importantissimo per la storia Italiana la costituzione approvata da Carlo
Alberto di Piemonte (LO STATUTO ALBERTINO).
Nel Lombardo-Veneto scoppiarono leggermente più tardi le rivolte ma
comunque scoppiarono con un certo effetto: A Venezia il popolo insorse per la
liberazione dei due patrioti Daniele Manin e Niccolò Tommaseo. La ribellione
raggiunse l’obiettivo sperato e gli Austriaci furono scacciati da Venezia. Fu
creato un governo provvisorio. A Milano invece con Carlo Cattaneo a comando
scoppiarono le 5 giornate di Milano, una ribellione feroce che costrinse gli
Austriaci comandati dal maresciallo Radetzky ad abbandonare Milano e a
rifugiarsi tra le fortezze di Verona e Mantova (il famoso QUADRILATERO).
La prima guerra d’indipendenza: Carlo Alberto dichiara guerra all’Austria.
Alla notizia dell’insurrezione di Milano, Carlo Alberto pressato dai liberali
moderati e dai democratici e attratto dalla prospettiva di poter estendere i
confini del regno di Sardegna decise di dichiarare guerra all’Austria. La guerra
assunse sin dall’inizio un carattere patriottico e i sovrani di tutta la penisola
mandarono contingenti armati ai Sabaudi.
Tutto lasciava pensare che finalmente si fosse arrivati al punto di realizzare un
fronte unitario. Sembrava di mostrarlo anche il fatto che l’esercito Piemontese
avesse adottato il tricolore come vessillo di guerra, simbolo della NAZIONE
ITALIANA.
Dopo aver bloccato i vari tentativi di riscossa da parte degli Austriaci che
sfociarono nella gloriosa vittoria a Goito il 30 Maggio i governi provvisori che si
erano insediati a Milano, Venezia, Modena e Parma dichiararono l’annessione
al regno di Sardegna. Tuttavia l’annessione dei territori detti in precedenza
crearono un malcontento generale che portò molti sovrani a ritirare le proprie
truppe. Stessa cosa fece il Papa che ritirò i propri uomini perché essendo capo
di tutti i cattolici non trovava giusto combattere contro i cattolici Austriaci.
LA SCONFITTA E LA RESA
Il 25 Luglio 1848 l’esercito piemontese venne gravemente sconfitto nella
battaglia di Custoza. Carlo Alberto sfiduciato ordinò la ritirata salvo poi
ripensarci nel Febbraio 1849 quando incalzato dai democratici che avevano la
maggioranza in parlamento riprese la guerra. Sfortunatamente per lui però
Radetzky sconfisse nuovamente i Piemontesi il 23 Marzo e la sera stessa Carlo
Alberto abdicò in favore del figlio Vittorio Emanuele II e si recò esule ad Oporto
in Portogallo dove morì pochi mesi dopo. Vittorio Emanuele II trattò la resa con
gli Austriaci riuscendo a preservare all’interno del proprio stato le libertà civili e
lo statuto Albertino. Gli Austriaci dopo aver stroncato l’eroica resistenza a
Brescia si presero anche Venezia e la Toscana; contemporaneamente più a sud
i Borbone si riprendevano la Sicilia e a Roma i Francesi di Luigi Napoleone
entravano nonostante l’eroica resistenza Italiana comandata da uomini come
Mazzini, Garibaldi e Goffredo Mameli.
“La primavera dei popoli” (il modo in cui venivano chiamati i moti rivoluzionari
Europei del’48) fu schiacciata anche in Italia dagli Austriaci. Tutti i sovrani
Italiani ritornarono sui loro troni. L'unica speranza per i patrioti rimaneva
quello statuto Albertino tanto protetto da Emanuele II.
L’UNIFICAZIONE D’ITALIA
UN GRANDE STATISTA: CAMILLO BENSO CONTE DI CAVOUR.
Vero artefice della politica che portò nell’arco di pochi anni all’unificazione di
quasi tutta la penisola Italiana sotto la corona di Vittorio Emanuele II di Savoia
fu un uomo politico estremamente intelligente: Camillo Benso di Cavour.
Ministro dell’agricoltura e del commercio tra il 1850 e il 1851 durante il
governo d’Azeglio divenne poi primo ministro tra il 1852 e il 1861 (fino
all’unificazione). Leader della destra moderata e liberale convinto Cavour
difese e consolidò la monarchia costituzionale e grazie soprattutto a lui lo stato
Sabaudo si sviluppò economicamente intensificando i rapporti commerciali con
potenze straniere come GB e Francia. Il conte di Cavour attuò una politica di
notevole ridimensionamento dei poteri della chiesa nei territori che
amministrava sostenendo il principio di separazione e reciproca autonomia.
Famosa la sua espressione “libera Chiesa in libero Stato”.