Sei sulla pagina 1di 7

APPUNTI STORIA VENOSA ROBERTO 4Binf

I MOTI DEL 1831 fino al 1848


INTRODUZIONE
Dieci anni dopo i primi moti del 1820-21 si verificò una nuova ondata
insurrezionale. Questa volta i moti interessarono l’Italia centrale, una regione
in crescita economica dove erano attivi i gruppi segreti della CARBONERIA
sostenuti da una borghesia molto dinamica.
INSURREZIONE NEL DUCATO DI MODENA
Proprio come al NORD anche il centro Italia si illuse di ricevere appoggi dai
regnanti Italiani. Nel 1830 i Patrioti si affidarono all’ambizione di Francesco IV
D’Asburgo che insoddisfatto del suo piccolo cercava gloria.
Si iniziò a parlare di un’unificazione dell’Italia centrale e settentrionale e quindi
Francesco IV si propose come sovrano e si disse disponibile a concedere una
costituzione.
La data scelta per l’insurrezione ufficiale fu quella del 5 Febbraio 1831, ma
sfortunatamente tutto ciò non avvenne perché vista la poca fiducia reciproca
tra le due parti (CONGIURATI E RE) e il timore di Francesco IV che pensava che
la rivoluzione lo potesse danneggiare nei rapporti con le potenze straniere che
quindi fece arrestare Ciro Menotti commerciante a capo dell’operazione.
Nonostante il vile tradimento di Francesco IV, i moti scoppiarono ugualmente a
Bologna, nelle terre dello stato pontificio e nei ducati di Parma e Modena da
cui i sovrani Francesco IV e M. Luisa D’Austria dovettero fuggire. I rivoluzionari
chiesero aiuto alla Francia di Luigi Filippo che però rifiutò a differenza degli
Austriaci che corsero subito in soccorso di Francesco IV e neutralizzarono le
forze rivoluzionarie sia nell’Italia centrale (dove misero i vecchi regnanti di
nuovo sul trono) che nelle terre dello stato pontificio.
I motivi dei continui fallimenti dei rivoluzionari erano vari: la mancanza di
un’organizzazione vera e propria, la segretezza delle organizzazioni
rivoluzionarie che impediva la partecipazione del popolo e soprattutto la
mancanza di una vera forza armata. I patrioti erano anche consapevoli che
fosse stato anche necessario trasformare la questione Italiana in un problema
Europeo. Dobbiamo puntualizzare però che all’epoca c’erano varie opinioni
riguardo la situazione Nazionale nella penisola.
GIUSEPPE MAZZINI
Giuseppe Mazzini fu uno dei maggiori protagonisti del risorgimento Italiano.
Affiliato alla CARBONERIA, più volte criticò il metodo utilizzato dalle società
segrete a suo parere incapaci di coinvolgere il popolo nelle lotte patriottiche.
Nei suoi numerosi scritti Mazzini esplicitò più volte il suo apprezzamento
riguardo la repubblica, che considerava l’unico metodo di governo capace di
garantire l’unificazione e lo sviluppo di una nazione. Mazzini credeva
fervidamente nei valori democratici e popolari, tanto che i problemi sociali
furono uno dei problemi che maggiormente analizzò e affrontò, secondo lui la
popolazione necessitava di condizioni di vita migliori sia dal punto di vista
economico che quello culturale e giudicava fondamentale la concordia tra le
varie classi sociali.
Nel 1831 fondò la GIOVINE ITALIA, associazione patriottica che univa la
propaganda al consenso di ampie parti della popolazione. Gli obiettivi politici
dell’associazione erano L’indipendenza nazionale, l’unità politica dell’Italia e la
Repubblica con l’azione cospirativa finalizzata all’insurrezione popolare, una
rivoluzione in pratica.
Tra il 1833 e il 1834 la sua organizzazione fu soggetta a una tragica serie di
arresti, condanne e a vari fallimenti insurrezionali che danneggiarono la
reputazione di Mazzini che fu aspramente criticato soprattutto dai liberali di
carattere moderato. (avversari politici con un’ideologia completamente
opposta a quella Mazziniana).
GIOBERTI E IL NEOGUELFISMO
Vincenzo Gioberti pensava che i programmi Mazziniani spaventassero molte
personalità borghesi e clericali per via del loro radicalismo e per la loro
chiusura verso qualsiasi modo di insorgere che non fosse di matrice violenta.
Gioberti puntava sul coinvolgimento di tutto il popolo Italiano intorno all’ideale
nazionale e proponeva ai regnanti Italiani di unificarsi pur rimanendo
indipendenti in una federazione di stati sotto il governo del Papa. Questo
programma detto NEOGUELFO escludeva l’uso di violenza ma auspicava ad una
serie di riforme da parte dei principi Italiani che dovevano comunque far fronte
alla superiore autorità morale del papa. Il problema principale erano però
ancora gli Austriaci. Fin quando il regno Lombardo Veneto fosse stato sotto il
governo Austriaco l’indipendenza naz. non poteva essere soddisfatta.
PROGETTO DEI LIBERALI MODERATI
Il programma proposto da liberali moderati piemontesi come Cesare Balbo e
Massimo D’Azeglio respingeva l’idea mazziniana di una rivoluzione popolare e
ritenevano impossibile l’unificazione politica della penisola in un solo stato.
L’idea migliore per loro era quella di creare una FEDERAZIONE DI STATI sotto il
comando non del papa ma del monarco Sabauda e regnante del Regno di
Sardegna, unico regno che disponeva delle necessarie forze militari per
affrontare l’Austria.
L’ipotesi Federalista venne accolta positivamente anche dalle correnti
repubblicane e democratiche che proponevano la costruzione di un ITALIA-
STATO FEDERALE.
Il principale esponente di quest’ideologia fu Carlo Cattaneo, convinto
sostenitore del regime repubblicano e democratico, giunse anche a pensare ad
una soluzione federalista per l’Europa in generale (Gli Stati uniti D’Europa).

IL 1848 IN ITALIA
LE RIFORME DI PIO IX
L’elezione al soglio pontificio di Giovanni Mastai Ferretti che scelse poi il nome
di PIO IX fu un evento molto importante. Nei primissimi mesi il nuovo papa
accese ulteriormente le speranze dei neoguelfisti. Concesse un'amnistia ai
condannati politici e agli esiliati, istituì una consulta di stato non riservata
esclusivamente agli ecclesiastici, affidò l’ordine pubblico ad una guardia civica
autorizzò una certa libertà di stampa; tutte decisioni che furono intese come
iniziative filoliberali.
Le riforme di Pio IX furono prese d’esempio da molti sovrani.
IL DUCA DI TOSCANA Leopoldo II istituì una consulta, una guardia civica e fece
concessioni in materia di libertà di stampa.
NEL REGNO DI SARDEGNA Carlo Alberto promosse una riforma
all’amministrazioni e diminuì le censure perpetuate alla stampa.
Nel novembre 1847 Toscana, Piemonte e Stato pontificio sottoscrissero i
preliminari per realizzare una rete doganale Italiana. I sovrani volevano
modernizzare l’economia e creare un’unica area di scambio.
L’INIZIO DELLA RIVOLUZIONE
La prima ondata rivoluzionaria partì dal regno che ad occhi di tutti era il meno
liberale e il più arretrato di tutti.
Il 12 gennaio a Palermo un’insurrezione popolare costrinse Ferdinando II di
Borbone a concedere la costituzione e l’elezione di un parlamento.
Immediatamente dopo altre rivolte nel resto d’Italia costrinsero i sovrani di
Toscana, Piemonte e persino il Papa a concedere la costituzione. Fu un evento
importantissimo per la storia Italiana la costituzione approvata da Carlo
Alberto di Piemonte (LO STATUTO ALBERTINO).
Nel Lombardo-Veneto scoppiarono leggermente più tardi le rivolte ma
comunque scoppiarono con un certo effetto: A Venezia il popolo insorse per la
liberazione dei due patrioti Daniele Manin e Niccolò Tommaseo. La ribellione
raggiunse l’obiettivo sperato e gli Austriaci furono scacciati da Venezia. Fu
creato un governo provvisorio. A Milano invece con Carlo Cattaneo a comando
scoppiarono le 5 giornate di Milano, una ribellione feroce che costrinse gli
Austriaci comandati dal maresciallo Radetzky ad abbandonare Milano e a
rifugiarsi tra le fortezze di Verona e Mantova (il famoso QUADRILATERO).
La prima guerra d’indipendenza: Carlo Alberto dichiara guerra all’Austria.
Alla notizia dell’insurrezione di Milano, Carlo Alberto pressato dai liberali
moderati e dai democratici e attratto dalla prospettiva di poter estendere i
confini del regno di Sardegna decise di dichiarare guerra all’Austria. La guerra
assunse sin dall’inizio un carattere patriottico e i sovrani di tutta la penisola
mandarono contingenti armati ai Sabaudi.
Tutto lasciava pensare che finalmente si fosse arrivati al punto di realizzare un
fronte unitario. Sembrava di mostrarlo anche il fatto che l’esercito Piemontese
avesse adottato il tricolore come vessillo di guerra, simbolo della NAZIONE
ITALIANA.
Dopo aver bloccato i vari tentativi di riscossa da parte degli Austriaci che
sfociarono nella gloriosa vittoria a Goito il 30 Maggio i governi provvisori che si
erano insediati a Milano, Venezia, Modena e Parma dichiararono l’annessione
al regno di Sardegna. Tuttavia l’annessione dei territori detti in precedenza
crearono un malcontento generale che portò molti sovrani a ritirare le proprie
truppe. Stessa cosa fece il Papa che ritirò i propri uomini perché essendo capo
di tutti i cattolici non trovava giusto combattere contro i cattolici Austriaci.
LA SCONFITTA E LA RESA
Il 25 Luglio 1848 l’esercito piemontese venne gravemente sconfitto nella
battaglia di Custoza. Carlo Alberto sfiduciato ordinò la ritirata salvo poi
ripensarci nel Febbraio 1849 quando incalzato dai democratici che avevano la
maggioranza in parlamento riprese la guerra. Sfortunatamente per lui però
Radetzky sconfisse nuovamente i Piemontesi il 23 Marzo e la sera stessa Carlo
Alberto abdicò in favore del figlio Vittorio Emanuele II e si recò esule ad Oporto
in Portogallo dove morì pochi mesi dopo. Vittorio Emanuele II trattò la resa con
gli Austriaci riuscendo a preservare all’interno del proprio stato le libertà civili e
lo statuto Albertino. Gli Austriaci dopo aver stroncato l’eroica resistenza a
Brescia si presero anche Venezia e la Toscana; contemporaneamente più a sud
i Borbone si riprendevano la Sicilia e a Roma i Francesi di Luigi Napoleone
entravano nonostante l’eroica resistenza Italiana comandata da uomini come
Mazzini, Garibaldi e Goffredo Mameli.
“La primavera dei popoli” (il modo in cui venivano chiamati i moti rivoluzionari
Europei del’48) fu schiacciata anche in Italia dagli Austriaci. Tutti i sovrani
Italiani ritornarono sui loro troni. L'unica speranza per i patrioti rimaneva
quello statuto Albertino tanto protetto da Emanuele II.

L’UNIFICAZIONE D’ITALIA
UN GRANDE STATISTA: CAMILLO BENSO CONTE DI CAVOUR.
Vero artefice della politica che portò nell’arco di pochi anni all’unificazione di
quasi tutta la penisola Italiana sotto la corona di Vittorio Emanuele II di Savoia
fu un uomo politico estremamente intelligente: Camillo Benso di Cavour.
Ministro dell’agricoltura e del commercio tra il 1850 e il 1851 durante il
governo d’Azeglio divenne poi primo ministro tra il 1852 e il 1861 (fino
all’unificazione). Leader della destra moderata e liberale convinto Cavour
difese e consolidò la monarchia costituzionale e grazie soprattutto a lui lo stato
Sabaudo si sviluppò economicamente intensificando i rapporti commerciali con
potenze straniere come GB e Francia. Il conte di Cavour attuò una politica di
notevole ridimensionamento dei poteri della chiesa nei territori che
amministrava sostenendo il principio di separazione e reciproca autonomia.
Famosa la sua espressione “libera Chiesa in libero Stato”.

Secondo Cavour, solo il Regno di Sardegna avrebbe potuto condurre l’Italia


all’indipendenza. Solo i Piemontesi infatti disponevano di:
Un potente apparato militare
Una monarchia costituzionale libera dall’influenza austriaca
Un progetto di indipendenza nazionale che si sarebbe realizzato secondo i
principi del liberalismo moderato e non secondo quelli democratici e
repubblicani di Mazzini, non particolarmente apprezzati dai vari regnanti
Europei.
Nel “decennio di Cavour” il regno di Sardegna divenne lo Stato guida del
movimento di indipendenza nazionale.
Cavour era consapevole che il regno di Sardegna avesse bisogno di alleanze
internazionali (specialmente con GB e Francia).
L’attenzione per portare la situazione Italiana all’attenzione delle altre potenze
straniere si presentò nel 1854 quando scoppiò una guerra che vedeva la Russia
in contrapposizione alla Turchia, alla GB e alla Francia. Sollecitato dai governi di
Londra e Parigi Cavour si schierò contro la Russia inviando 18000 soldati in
Crimea. Il contingente Sabaudo partecipò all’assedio della fortezza di
Sebastopoli nel 1855.
La partecipazione alla guerra di Crimea permise a Cavour di poter sedere al
tavolo dei vincitori. Il Regno di Sardegna non ricevette alcun compenso ma
finalmente Cavour poté illustrare la questione Italiana alle altre potenze
Europee. Cavour fece notare il malgoverno di molti stati Italiani e soprattutto
denunciò la presenza di varia guarnigioni Austriache in varie parti d’Italia che
alimentavano il malcontento dei rivoluzionari che in caso di vittoria avrebbero
potuto dare esempio a tutte le altre forze di opposizione europee stabilendo
quindi un pericolo per tutto il continente.
L’azione diplomatica di Cavour riscontrò la simpatia dell’imperatore Francese
Napoleone III, il quale era convinto che diventando l’arbitro delle vicende
Italiane in funzione ANTI-austriaca avrebbe potuto guadagnare una posizione
egemone nel panorama politico Europeo.
Cavour e Napoleone III si incontrarono a Plombières il 20 Luglio 1858 dove
sottoscrissero un accordo: un’alleanza difensiva in caso di attacco austriaco nei
confronti del Regno di Sardegna in cambio di Nizza e della Savoia. L’accordo
prevedeva che in caso di vittoria contro l’Austria la penisola sarebbe stata
divisa in 3 stati uniti in una confederazione sotto il controllo PAPALE.

Potrebbero piacerti anche