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L’ANNO DEI MIRACOLI

Nel 1848 l'incendio che covava sotto la cenere esplose nella più estesa e impressionante rivoluzione
europea. La prima città fu Palermo, seguita da Parigi, poche settimane dopo insorsero Vienna, Budapest,
Berlino, Milano, Venezia e altre città minori. A seconda dei Paesi, le tre richieste dei rivoluzionari furono la
Costituzione o l'indipendenza o l'Unità nazionale, oppure tutte e tre le cose insieme, mentre i nemici erano
per tutti l'imperatore d'Austria e il suo ministro Metternich, che da trent'anni era il simbolo della
Restaurazione. In Italia quell'ondata rivoluzionaria segnò l'inizio del Risorgimento.

LA SCINTILLA: PALERMO

In gennaio insorse Palermo, che rivendicava l’autonomia del Regno di Napoli, sull’unione al Regno di
Sardegna e sulla necessità di una Costituzione. Le avanguardie liberali, che lavoravano per una rivoluzione
politica, innescarono così una rivoluzione sociale. Il giorno dopo, alle porte di Palermo, si radunò una folla
di contadini e mandriani che sventolava la bandiera della Trinacria ("'isola con tre punte") e il Tricolore.
Questi rivoltosi avevano la "protezione" di bande armate composte di "pecorarielli" (banditi-pastori scesi
dalle zone di montagna) e "coltellieri" (banditi di strada). Essi costituirono le radici della futura piaga
dell'isola, la mafia, e nel 1848 assunsero di fatto la guida militare della rivoluzione. Lo fecero per
guadagnare influenza e "rispetto”. In questo caos, Ferdinando II di Borbone propose una Costituzione che
riconosceva alla Sicilia maggiore autonomia rispetto al Regno delle Due Sicilie, ma i patrioti liberali la
respinsero. Sicuri di avere stravinto, risposero agli ambasciatori del re che volevano l'indipendenza e che se
la sarebbero conquistata da soli. Quindi, dopo avere formato un governo provvisorio, adottarono la
Costituzione stilata dal Parlamento siciliano.

PARIGI E LA NASCITA DELLA SECONDA REPUBBLICA FRANCESE

In febbraio si sollevò Parigi. Gli oppositori del sovrano avevano chiesto una riforma elettorale che avrebbe
fatto aumentare il numero dei votanti. La proibizione di tenere un "banchetto", cioè una riunione. politica
privata che veniva convocata per aggirare il divieto di riunirsi in pubblico, scatenò la rivolta; i vicoli di Parigi
si riempirono di centinaia di barricate dietro le quali liberali, democratici sparavano contro i soldati del re. I
rivoluzionari scacciarono il re e proclamarono la Seconda Repubblica. Il nuovo governo repubblicano fu
composto di una minoranza di liberali e di una maggioranza di democratici: il suffragio universale maschile,
l'abolizione della pena di morte e quella della schiavitù nelle colonie. Inoltre, affermarono un principio
rivoluzionario, il diritto al lavoro: l'occupazione di tutti i cittadini doveva essere garantita dallo Stato. In
aprile si tennero le prime elezioni a suffragio universale maschile, che premiarono i liberali; in giugno
insorsero gli operai che però furono repressi senza pietà. La nuova Costituzione prevedeva un presidente
eletto dal popolo e venne scelto Luigi Napoleone Bonaparte che nel 1851 compì un colpo di Stato e diventò
imperatore col nome di Napoleone III.

L’EUROPA IN FIAMME

La Rivoluzione dilagò in tutta Europa. A Vienna, l'imperatore Ferdinando I respinse la richiesta di una
Costituzione. Di fronte all'ira del popolo, però, fu costretto a fuggire a Innsbruck. Poco dopo insorsero
Budapest, capitale dell’Ungheria, dove fu proclamata l’indipendenza dall’Austria, e Praga, che non chiese di
staccarsi dall’Impero, ma rivendicò maggiori libertà per la popolazione di lingua slava. Ma Ferdinando I, che
riuscì a mantenere il controllo dell'esercito, dà inizio alla repressione dei vari tumulti. Anche la Prussia si
trovava a fare i conti con le rivolte, che ebbero come protagonisti sia i liberali, sia i contadini, che volevano
abbattere il sistema feudale. Intanto, a Berlino, il re Federico Guglielmo IV fu costretto a promettere una
nuova Costituzione, mentre il resto della Germania, ancora divisa in molti piccoli Stati (Grande e Piccola
Germania), costituì un'Assemblea nazionale che verrà sciolta con la forza nel 1849.

IL MARZO IN ITALIA

In Italia Pio IX, il granduca Leopoldo e Carlo Alberto, spinti dalla paura, concessero gli Statuti, un termine
antiquato per indicare le Costituzioni. Prevedevano un Parlamento composto di due Camere, una elettiva
(Camera dei deputati) e una i cui membri erano nominati dal re (Senato). Il più importante dei 1 quali è lo
Statuto albertino, emanato da Carlo Alberto il 4 marzo 1848, che trasformò il Regno di Sardegna in una
monarchia costituzionale. Venezia, intanto, insorse contro gli Austriaci e proclamò la repubblica.

LE “CINQUE GIORNATE” DI MILANO

Subito dopo è la volta di Milano che, durante le "Cinque giornate", dal 18 al 23 marzo, riescì a scacciare
l'esercito di Radetzky. I milanesi avevano dato prova non solo di eroismo (alla fine si contarono oltre 400
morti fra i ribelli) ma anche di grande organizzazione, obbedendo agli ordini di un "consiglio di guerra"
guidato dal federalista Carlo Cattaneo. La rivolta si estese poi a Modena e Parma costringendo alla fuga i
rispettivi duchi.

LA PRIMA GUERRA D’INDIPENDENZA

Spinto dai successi di Venezia e di Milano, Carlo Alberto decise di attaccare l'Austria dando così inizio alla
Prima guerra d'Indipendenza. L’entusiasmo dei patrioti per quella che sentivano come una guerra
“federale” degli Stati italiani fu incontenibile e gli stessi Mazzini e Garibaldi, sebbene repubblicani, offrirono
il loro aiuto al re. Si era diffusa la convinzione che i Savoia avessero dato inizio al Risorgimento, cioè alla
guerra volta alla riunificazione di tutta l’Italia, ma in realtà Carlo Alberto ha in mente solo una guerra
dinastica e inoltre si dimostra un pessimo comandante. Dopo aver vinto a Goito, infatti, permette
all'esercito austriaco di rifugiarsi nel cosiddetto “Quadrilatero”, una zona impenetrabile racchiusa dalle
fortezze di Verona, Legnano, Mantova e Peschiera e di riorganizzarsi. Le due armate si scontrarono a
Custoza, vicino Verona, e Radetzky riuscì a vincere. L’anno dopo la guerra riprese e le truppe piemontesi
furono sconfitte a Novara, in seguito alla quale abdica in favore del figlio Vittorio Emanuele II, che nel marzo
1849 firma 'armistizio di Vignale. Brescia però non vuole arrendersi e continua a combattere contro gli
Austriaci per ben dieci giorni guadagnandosi il nome di "Leonessa d'Italia".

LA REPUBBLICA ROMANA

Intanto i democratici proclamarono la Repubblica toscana, che ha vita brevissima, e la Repubblica romana.
La Repubblica toscana fu presto stroncata dall'intervento delle truppe austriache, mentre la Repubblica
romana, retta da un triumvirato formato da Giuseppe Mazzini, Aurelio Saffi e Carlo Armellini, riuscì a
coinvolgere gran parte della cittadinanza. Fu emanata una Costituzione assai innovativa che stabili la libertà
religiosa e la tassazione progressiva sui redditi. Per la prima volta il potere temporale fu distinto da quello
spirituale. Il papa invocò l'aiuto delle truppe francesi, che si trovarono a fronteggiare un vero e proprio
esercito formato da volontari italiani e guidato da Garibaldi e Pisacane. I soldati della Repubblica romana,
tra i quali vi era anche Goffredo Mameli, batterono più volte sia i Francesi sia i rinforzi inviati dal re di
Napoli. Era però una resistenza disperata. Nel giugno del 1849 Garibaldi e Pisacane ingaggiarono una
furibonda battaglia contro i Francesi alle ville del Vascello e dei Quattro Venti, ma furono sconfitti e quasi
mille dei loro uomini rimasero uccisi.
Fu uno degli episodi più cruenti della difesa di Roma, dopo il quale i pochi superstiti furono costretti ad
abbandonare la città.

I GIORNI DELLA SCONFITTA

Le rivoluzioni del 1848 si conclusero con una sconfitta generale. A Vienna Ferdinando I abdicò in favore del
nipote Francesco Giuseppe: il nuovo sovrano smorzò le ultime rivolte e concedette una Costituzione che
però non limitò i poteri della monarchia né concedette autonomia ai popoli dell'Impero. Nel Regno delle
Due Sicilie Ferdinando di Borbone riaffermò il proprio dominio incontrastato: aveva revocato la
Costituzione e sciolto il Parlamento; in Toscana rientra Leopoldo II; infine cedono l'Ungheria e Venezia, e ha
inizio una durissima repressione. L'unica eccezione è il Regno di Sardegna, dove Vittorio Emanuele Il
mantiene in vigore lo Statuto e indice le elezioni per formare il Parlamento.

BORGHESI CONTRO PROLETARI

I veri vincitori del Quarantotto non sono i governi reazionari, bensì i borghesi, che elaborano la teoria "classi
lavoratrici, classi pericolose". Comincia così da un lato l'età del trionfo della borghesia, dall'altro l'epoca
delle lotte operaie. Ora i nemici storici non sono più borghesi e aristocratici, ma borghesi e proletari, e
questa nuova realtà viene messa in luce da Marx ed Engels nel Manifesto del Partito comunista pubblicato
proprio nel 1848.

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