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I moti rivoluzionari del 1820-1821

Le tre ondate rivoluzionarie che scossero l’Europa tra il 1820 e il 1848 corrisposero,
ciascuna con caratteri e obiettivi differenti, a successivi tentativi di portare a
compimento il processo rivoluzionario iniziato nel 1789, sotto il segno dei princípi  
di libertà, uguaglianza e fratellanza. Nonostante il fallimento di molti moti e la
riaffermazione, dopo ogni ondata, delle forze politicamente e socialmente
conservatrici, i moti rivoluzionari della prima metà dell’Ottocento segnarono un
punto di non ritorno nella storia dell’Europa, dopo il quale le strutture del potere
dell’ancien régime risultarono definitivamente superate e apparve chiaro che la
sovranità popolare, una carta costituzionale, i diritti civili e politici e soprattutto un
parlamento eletto dagli individui, e non dai ceti, erano ormai diventati obiettivi
irrinunciabili. Studiare i moti rivoluzionari è fondamentale per capire i conflitti che
dopo il 1848 sconvolgeranno l’Europa in nome della libertà, della nazione e della
lotta sociale. 
Oggi cominciamo analizzando i moti del 20-21.

Il Congresso di Vienna tentò di restaurare le monarchie assolutiste in Europa, ma


non poté arrestare i fermenti ideali portati dalla Rivoluzione Francese. Per sfuggire
alla persecuzione attenta delle polizie, gli intellettuali liberali si riunirono in società
segrete, come la Carbone- ria, che era la più diffusa in Italia.
Essa prendeva il nome e i suoi simboli dal mestiere dei commercianti di carbone e vi
si era ammessi attraverso un giuramento e una prova di coraggio. Le riunioni
carbonare rispettavano la più assoluta segretezza e spesso gli affiliati neppure si
conoscevano tra loro. Sospetti, tradimenti, denunce facevano scattare vendette con
pene capitali per i traditori, i “pentiti” o i comprati dal potere, e per le spie infiltrate
dalle polizie. Le Vendite, ovvero le singole strutture organizzative presenti nelle varie
città, erano collegate tra loro in tutta l’Europa, anche se in modo oscuro e noto solo
ai vertici. Ogni affiliato aveva due obblighi: versare, ogni mese, una quota per
sostenere la Carboneria ed essere disposto alla totale obbedienza rispetto ai
comandi e alle missioni che riceveva.
I programmi e gli obiettivi politici dei rivoluzionari europei erano però piuttosto
vaghi e si differenziavano a seconda delle organizzazioni di appartenenza. In comune
avevano, in sostanza, solo lo scopo di ottenere delle Costituzioni nei vari Stati.
I primi moti rivoluzionari, come già detto, scoppiarono nel biennio 1820- 1821 e
interessarono vari Paesi.
In Spagna, nel 1820, la rivolta nei confronti della Monarchia, che aveva restaurato
l’assolutismo, prese le mosse dall’esercito. Iniziò tutto il 1 gennaio del 1820 quando I
soldati, raccolti a Cadice per salpare verso le colonie americane dove avrebbero
dovuto stroncare una rivolta, si ribellarono. In breve la disobbedienza si estese, con
l’appoggio anche dei civili. Il re, Ferdinando VII, fu costretto a concedere la
Costituzione, con un Parlamento e un Governo di liberali moderati. In Portogallo,
sempre nel 1820, l’esercito, ammutinato contro il protettorato inglese, chiese al re
Giovanni VI di tornare dal Brasile, dove si era rifugiato nel 1807, e di concedere la
Costituzione. 

Nel mentre in Sudamerica in molti insorsero  per protesta nei confronti del sistema
amministrativo e fiscale spagnolo. I rivoluzionari insorsero all’unisono in tutti gli
stati.I primi a proclamare l’indipendenza furono gli argentini nel 1816,
successivamente il Cile nel 1818 e infine il generale Simon Bolivar diede vita alla
Grande Colombia nel 1819, che costituiva i territori dell’attuale Colombia, Venezuela
ed Ecuador. In seguito si unirono anche Messico e Brasile, che fu l’unico stato ad
ottenere un’indipendenza pacifica nel 1821. 

SIMON BOLIVAR (LA PARTE NON E’ IN QUESTO WORD)


Simon bolivar fu un rivoluzionario venezuelano che nel XIX secolo diede
un contributo determinante all’indipendenza di Colombia, Ecuador,
Panama, Perù e dello stesso Venezuela. La Bolivia gli deve il nome, e
molte generazioni di antimperialisti gli devono un riferimento politico
preciso, il bolivarismo.
Giovanissimo visitò Roma e il luogo dove secondo la leggenda Menenio
Agrippa pronunciò un suo famoso discorso alla plebe in rivolta. Nel 1805
lui aveva 23 anni e Montesacro era una collinetta isolata nell’agro
romano, ma qui, il 15 agosto, Simón Bolívar giurò di liberare il suo popolo
e l’America Latina dalla dominazione spagnola: «Giuro sul mio onore e
giuro sulla mia Patria che non darò riposo al mio braccio né riposo alla
mia anima fino a che non avrò spezzato le catene che ci opprimono per
volontà del potere spagnolo».
E dopo venti anni di lotte, guerre, battaglie e scontri Bolìvar trionferà alla
fine sulle armate spagnole, liberando Venezuela, Colombia e altri territori
del sud America e da allora diventando el Libertador di quelle nazioni. Il
giuramento di Bolìvar viene oggi ricordato sulla collina di Monte Sacro nel
da un busto del Libertador e da un monumento a lui dedicato entrambi là
posti per iniziativa del governo venezuelano e inaugurati del 2005 con una
solenne cerimonia: persino l’allora Presidente venezuelano Hugo Chavez
si recò in visita al monumento  pronunciando anche un discorso
celebrativo della figura del Libertador.
Le notizie dalla Penisola iberica incoraggiarono i carbonari del Regno delle due
Sicilie; anche in questo caso la scintilla della rivolta arrivò dall’esercito. A Nola uno
squadrone di cavalleria si ammutinò, chiedendo una Costituzione sul modello di
quella spagnola. Esercito e ufficiali, tra cui il generale Guglielmo Pepe, chiamati a
sedare la rivolta, passarono anch’essi dalla parte dei ribelli. Il re, Ferdinando I, fu
costretto, a malincuore, a esaudire le richieste. Contemporaneamente anche in
Piemonte la rivolta si diffuse dalle caserme, partendo da Alessandria. I carbonari,
comandati dal conte Santorre di Santarosa, confidavano nell’appoggio del giovane
principe Carlo Alberto di Savoia, che aveva la momentanea reggenza del regno,
poiché lo zio e sovrano Carlo Felice era assente. Egli, infatti, dimostrando simpatie
liberali, nel marzo del 1821 concesse la Costituzione. Ma le vittorie dei rivoltosi
ebbero vita breve. Di fronte al diffondersi delle insurrezioni, infatti, le potenze
europee, e in particolare gli Stati che avevano aderito alla Santa Alleanza, decisero di
intervenire. L’Austria s’incaricò di ristabilire l’ordine a Napoli: il suo esercito, nel
marzo del 1821, ebbe facilmente la meglio sui rivoltosi e la Costituzione fu abolita.
In Piemonte, il re Carlo Felice, rientrato a Torino, sconfessò le concessioni del nipote
Carlo Alberto e, con l’aiuto dell’Austria, riuscì a sconfiggere i liberali piemontesi. Fu
affidato alla Francia, infine, il compito di rimettere le cose a posto in Spagna: nel
1822 l’esercito francese soffocò la rivolta spagnola e restituì il potere assoluto a
Ferdinando VII. Nel giro di pochi mesi la Restaurazione, guidata dall’Austria, era
riuscita a soffocare ogni tentativo di cambiamento politico e a imporre il ritorno
all’assolutismo a quasi tutta l’Europa. Seguì dunque un periodo di repressione, in cui
furono abolite le riforme costituzionali e i liberali vennero arrestati, processati e
condannati a morte o all’esilio.

I motivi del fallimento dei primi moti


 Diverse furono le cause che fecero fallire in tutta l’Europa i movimenti
rivoluzionari: prima di tutto il popolo, sia nelle città, sia, soprattutto, nelle
campagne, rimase del tutto estraneo, nei confronti dei rivoluzionari, di cui
non conosceva le idee e i programmi. I rivolu- zionari, pertanto,
costituivano una ristretta minoranza priva d’ogni collegamento con il
resto della popolazione

Inoltre bisogna anche sottolineare la sproporzione delle forze in campo,


dovuta all’intervento degli eserciti della Santa Alleanza, assieme anche al
inesistente coordinamento tra i diversi moti sul piano nazionale e
internazionale. infatti proprio il carattere regionale delle insurrezioni ha
fatto si che in molti casi i moti venissero repressi ancor prima della
diffusione della notizia della rivolta stessa, non permettendo un
coinvolgimento maggiore della popolazione. 

Infine va anche detto che spesso all’interno degli stessi gruppi


rivoluzionari vi erano divergenze più o meno marcate, in particolare tra
democratici e moderati, impendo la visione chiara di un obiettivo comune
anche all’interno dei singoli moti stessi. 

SLIDE GOLPE TURCHIA


Il colpo di stato in Turchia del 2016 è stato tentato per sovvertire il regime del
presidente Erdogan.
Il tentativo è durato solo una dozzina di ore, tra il 15 e il 16 Luglio. 
Vi sono due teorie riguardanti questo golpe: la prima, più accreditata, sostiene che il
mandante del colpo di stato fosse Erdogan stesso, la seconda invece sostiene che fu
organizzata dal suo oppositore politico Gulen.
Il fallimento del golpe ha permesso a Erdogan di ottenere quasi un potere
assolutistico dittatoriale e ha ristretto ancora di più le libertà dei cittadini.
Erdogan si è servito di questo tentativo per eliminare tutti i suoi più grandi
oppositori che adesso si trovano in carcere o sono stati uccisi.

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