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DANTE

Rime e trattati
DANTE POETA LIRICO: LE RIME
• Componimenti datati tra la produzione stilnovistica e l’esilio:
Rime, canzoniere alla maniera duecentesca, senza un ordine
definito.
• Una cinquantina tra sonetti, canzoni e sestine.
• Il gruppo di poesie più significative e innovatrici della raccolta
sono le c.d. rime petrose (due canzoni, una sestina, una
sestina doppia) che prendono il nome dagli appellativi: petra,
bella petra, con cui il poeta chiama una donna dura e
insensibile.
• Dante vi esprime un fervore passionale e impeto erotico
assolutamente assente nelle rime della Vita Nova, e usa anche
toni poetici completamente diversi: uno stile basato su
contenuti aspri per narrare la durezza di una donna
indifferente al suo amore
Parallelismo tra la durezza della donna
amata e l’asprezza dello stile poetico
• Così nel mio parlar voglio esser aspro
com’è ne li atti questa bella petra,
la quale ognora impetra
maggior durezza e più natura cruda,
e veste sua persona d’un diaspro 5
tal, che per lui, o perch’ella s’arretra,
non esce di faretra
saetta che già mai la colga ignuda:
ed ella ancide, e non val ch’om si chiuda
né si dilunghi da’ colpi mortali, 10
(…)
Rovesciamento dei ruoli: il poeta
immagina di vendicarsi sulla donna
• S’io avessi le belle trecce prese,
che fatte son per me scudiscio e ferza,
pigliandole anzi terza,
con esse passerei vespero e squille:
e non sarei pietoso né cortese, 70
anzi farei com’orso quando scherza;
e se Amor me ne sferza,
io mi vendicherei di più di mille.
Ancor ne li occhi, ond’escon le faville
che m’infiammano il cor, ch’io porto anciso, 75
guarderei presso e fiso,
per vendicar lo fuggir che mi face;
e poi le renderei con amor pace.
Dante intellettuale e trattatista
• Durante l’esilio, Dante ha l’ambizione di trattare
importanti questioni dottrinarie e culturali;
• Tale ambizione si manifesta nella forma
medievale del trattato, un’opera in prosa che
affronta in maniera sistematica argomenti
filosofici, scientifici, teologici, ecc.
• Fra il 1303 e il 1305: De vulgari eloquentia (in
latino) e il Convivio (in volgare).
• Monarchia, iniziato forse al tempo della discesa
dell’imperatore Arrigo VII in Italia e terminato
negli ultimi anni di vita del poeta, è l’unico
compiuto.
Il problema linguistico: il De vulgari
eloquentia
• Il latino medievale non è la lingua effettivamente
usata dai parlanti: in tutta Europa si parlano le
lingue romanze > ‘bilinguismo inconscio’.
• Dante è il primo a dare voce a questa
consapevolezza, collegando la nuova lingua (il
volgare) alla nuova materia poetica (idee,
sentimenti, passioni)> la coscienza culturale
dell’epoca si esprime con totale pienezza.
• nel XXV cap. della Vita Nova, Dante dice che da
circa 150 anni i poeti avevano cominciato a usare
il volgare per parlare d’amore alle donne.
• Nel De vulgari eloquentia Dante spiega la
distinzione tra la locutio naturalis, che è quella
che i bambini apprendono da chi li circonda e
la locutio secundaria, la lingua della cultura,
governata da regole specifiche e destinata a
cambiare poco nel tempo.
• Dante dichiara la lingua volgare “più nobile”
dell’altra, innanzitutto perché fu usata per
prima dal genere umano, poi perché la usano
tutti e inoltre perché è “naturale” mentre
l’altra è “artificiale”.
La legittimazione del volgare: l’inizio
della letteratura italiana
• Dante scrive il trattato in latino per rivolgersi
ai dotti e richiedere di operare affinché i
volgari fossero sottoposti a un processo di
ingentilimento e di regolarizzazione. Nessun
volgare italiano fu considerato degno di
diventare la base della nuova lingua letteraria,
il volgare illustre, che sarebbe dovuta nascere
dalle parti migliori delle varie lingue parlate.
• Dante confronta i volgari italiani e le relative
tradizioni liriche.
Il problema culturale: il Convivio
• Struttura e contenuto: prosa di commento alla
poesia.
• Un trattato introduttivo e tre di commento ad
altrettante canzoni.
• Il convivio è scritto in volgare per l’altissima
considerazione che Dante ha della “scienza”
ovvero della conoscenza
• E perché coloro che ne avvertono il bisogno sono
moltissimi, mentre coloro che ne attingono già
sono molto pochi > per partecipare a tutti il
sapere.
La metafora del convivio
• Egli intende “apparecchiare un generale
convivio”, un banchetto per tutti coloro che ne
sono rimasti finora esclusi, nel corso del quale
saranno distribuiti pane e vivande che sono
l’immagine del sapere da distribuire.
• La rivoluzionaria scelta del volgare apre la
porta del sapere a un nuovo, più vasto
pubblico.
Il problema politico: la Monarchia
• La condizione dell’esilio e la lontanaza dalla realtà
comunale impongono a Dante di affrontare la
riflessione politica a un livello superiore,
individuando un modello di soluzione politico
stabile e universale >
• L’Impero. La posizione dantesca aveva poco a che
fare con il ghibellinismo fazioso.
• Monarchia significa ‘impero universale’ alla
maniera dell’antico impero romano, diventato nel
Medioevo, il Sacro Romano Impero.
• Il testo ritorna al latino perché è rivolto ai dotti.
Le tre caratteristiche dell’Impero:
necessario, romano e voluto da Dio.
• I LIBRO: la necessità dell’Impero. La pace
universale, che è il bene più prezioso per
l’uomo, può essere garantita solo da
un’autorità superiore.
• L’imparzialità del governante è garantita
dall’assenza di “cupidigia”; l’imperatore
possiede tutto quindi è libero da cupidigia.
• II LIBRO. L’Impero romano, nonostante sia
pagano, fu precostituito da Dio per garantire le
migliori condizioni possibili alla diffusione del
Cristianesimo; la sede vera dell’impero è Roma.
• III LIBRO. L’autorità imperiale deriva da Dio. La
c.d. donazione di Costantino, per cui fu creato il
potere temporale dei papi, fu illegittima. Alla
Chiesa spetta il potere spirituale, all’Impero
quello temporale, ambedue rivolti al medesimo
fine: la felicità dell’uomo sulla terra e
ultraterrena. Per questo sono necessarie due
guide: il romano pontefice e l’imperatore.
• Dante colpisce il potere temporale dei papi e
incorre nelle ire della Chiesa, poiché mette in
crisi il principio che, siccome l’imperatore era
investito sacralmente dal pontefice, anche ne
dipendesse.
• L’opera fu violentemente confutata da giuristi
e teologi della Chiesa e non ebbe efficacia
pratica, ma resta testimonianza del modo in
cui Dante si accostasse alla visione superiore
delle cose del mondo che darà vita alla
Commedia.

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