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L’età di Nerva e Traiano (96-117 d.C.

Quadro storico-politico
Morto Domiziano, la scelta del nuovo imperatore cadde su Cocceio Nerva, un vecchio senatore che
poteva farsi garante dei valori tradizionali romani. In effetti nei soli due anni del suo governo (96-
98 d.C.) egli fu un buon imperatore e fu percepito come un vero pater patriae, capace di ridare
serenità e fiducia alla società romana dopo il burrascoso regno di Domiziano. Non riuscendo però a
raggiungere l’intesa con i militari, si affiancò e poi adottò un generale di origine spagnola, Traiano,
che alla sua morte (98 d.C.) divenne il nuovo imperatore. Si passò così dal sistema di successione di
tipo ereditario a quello di tipo adottivo che riuscì a migliorare la qualità degli imperatori.
Traiano (98-117 d.C.) seppe ridare ai romani quella libertas che sembrava ormai persa per sempre.
Bisogna però considerare che si trattò comunque di una libertà concessa dall’alto per volontà del
principe e non di una libertà riconquistata da basso dai cittadini romani. Egli riuscì a risanare
l’agricoltura (per incrementare le nascite fondò le Institutiones alimentariae, cioè delle pensioni
offerte alle famiglie numerose di contadini poveri); conquistò la Dacia e ridusse l’Armenia a
provincia romana; seppe, infine, intrattenere buoni rapporti sia con l’aristocrazia senatoria sia con
l’esercito. Dunque, il suo principato ebbe e raggiunse un doppio scopo: consolidare le strutture
imperiali e operare una pacificazione estesa che tenesse conto di tutte le componenti sociali,
instaurando un equilibrato rapporto fra principato e libertas.

Il quadro culturale e letterario

Gli intellettuali videro la morte di Domiziano come una liberazione. In effetti, il clima politico
ispirato a tolleranza creatosi nell’età di Nerva e Traiano ebbe benefici influssi su tutto il panorama
culturale e letterario dell’epoca, che indubbiamente fu più libero da qualsiasi forma di controllo
imperiale grazie alla libertà di espressione che il principe riuscì a garantire. Gli intellettuali, dunque,
sembrarono uscire da quella lunga fase di asservimento al potere imperiale e mostrarono una
notevole euforia per il nuovo clima culturale, tanto che Tacito, riferendosi all’avvento di Nerva e
Traiano scrisse Nunc demum redit animus (Adesso si torna a respirare) e parlò addirittura di
felicitas temporum; le stesse posizioni nettamente favorevoli a Traiano le ebbe anche Plinio il
Giovane.
Tutti gli intellettuali che operarono durante questa età, essendosi formati durante l’età dei Flavi,
risentirono inevitabilmente di quel clima di restaurazione classicistica promossa dalla dinastia
flavia. Ciò vale, infatti, per Giovenale, che forse fu addirittura maestro di retorica e anche per Plinio
il Giovane, che fu l’alunno prediletto di Quintiliano. Per quanto riguarda Tacito, invece, va
precisato che fu l’intellettuale più lucido del tempo e l’unico, anche se sul finire della sua attività
storiografica, ad essere capace di “leggere” a fondo la realtà politica. Inoltre, proprio questi tre
figure furono rappresentative dei tre generi letterari che si affermarono durante l’età di Traiano: la
storiografia con Tacito, la satira con Giovenale, l’epistolografia con Plinio il Giovane.

Sintesi elaborata con riferimento al libro di testo: G. De Bernardis – A. Sorci, SPQR, vol. 3,
Palumbo.

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