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Ellenismo: 300 anni tra il 323 a.C anno della morte di Alessandro Magno e il 30 a.C annessione dell’Egitto allo stato romano (ultimo regno
ellenistico ancora formalmente indipendente). Due chiavi di lettura:
• contesto storico
• caratteristiche di una società cosmopolita durata 3 secoli che ha prima preparato e poi vissuto la comunque feconda integrazione con Roma
(La Grecia sconfitta ha a sua volta sconfitto il rozzo vincitore-Orazio)
CAPITOLO 1: FONTI
Il termine ellenismo è la traduzione letterale di un sostantivo tedesco, Hellenismus, coniato nel 1836 da Droysen che lo inserì nella sua
monumentale storia del Mediterraneo dalla morte di Alessandro all’avvento del Cristianesimo.
Il termine indicava un ampio arco di tempo di tre secoli caratterizzato dalla progressiva fusione della cultura greca con quelle orientali: la nuova
cultura avrebbe offerto terreno fertile al cristianesimo, religione ecumenica e inclusiva (diffusasi grazie alla stabilizzazione politica e militare
garantita dal dominio di Roma).
Ma nella seconda metà dell’800 e in tutto il ‘900 la critica continuò ad esaltare l’età classica di V e IV secolo a.C. come paradigma della civiltà
greca e a sottostimare l’età ellenistica come esito di decadenza rispetto ai due secoli precedenti (dalla fine del III secolo a.C. la crescita
dell’impero romano evidenziò a livello politico-militare le, incapaci di fronteggiare l’efficienza della macchina bellica romana). Solo dalla fine del
‘900 gli studiosi hanno cominciato a guardare all’ellenismo con occhi nuovi.
Fonti antiche
Molto ha contribuito alla sottovalutazione dell’ellenismo tra ‘800 e ‘900, anche la perdita della storiografia contemporanea agli avvenimenti
post-classici (la storia della Grecia classica è nota grazie alle opere di tre storici Erodoto-Tucidide-Senofonte che da protagonisti o testimoni
oculari dei fatti narrati permettono di ricostruire senza cesure intermedie il continuum evenemenziale compreso tra 499 e 362 a.C.).
Nessuna storia del mondo ellenistico è sopravvissuta, tutta la storiografia contemporanea è perduta e di molti storici che si sono occupati di quel
mondo restano solo pochi e sparsi frammenti.
Unica parziale eccezione è quella di Polibio (storico greco nato in Arcadia nel 200 e morto nel 118 a.C): alla fine della terza guerre macedonica fu
uno dei mille greci deportati a Roma, dove divenne amico di Cornelio Scipione Emiliano.
Fu autore di Storie, 40 libri dalla prima guerra punica alla fine della guerra acaica (264 e 146 a.C) di cui abbiamo i libri 1 e 5 e qualche estratto.
Ostile alla politica degli ultimi due re di Macedonia (Filippo V e il figlio Perseo), il suo interesse principale era comprendere come Roma avesse
potuto nell’arco di 50 anni conquistare l’intero Mediterraneo (attribuiva tale successo alla superiorità della costituzione romana e alla grande
efficienza organizzativa dell’esercito romano). La sua opera ha un punto di vista ellenocentrico e antimacedone e un’impostazione
romanocentrica.
Unico testo che copre cronologicamente tutta l’età ellenistica è l’Epitome delle Storie Filippiche di Giustino, una sorta di riassunto da un’altra
storia universale (Le storie filippiche scritta in età augustea da Pompeo Trogo, 44 libri).
Sui primi vent’anni dopo la morte di Alessandro siamo informati dalla Biblioteca storica, la storia universale compilata in età cesariana da Diodoro
Siculo (I sec a.C).
Delle Vite parallele di Plutarco poche hanno come protagonisti greci e macedoni di età ellenistica, solitamente personaggi secondari e con
caratteristiche negative.
Per trovare notizie bisogna scendere all’epoca della conquista romana, quando Plutarco dedica molte biografie ai generali romani che nella loro
carriera si incontrarono o si scontrarono con i sovrani ellenistici.
Nel resto della storiografia di età romano-imperiale ci sono solo pochissimi riferimenti sparsi, incompleti e frammentari agli eventi del mondo
ellenistico.
Di fronte alla sostanziale povertà della tradizione storiografica, ci aiutano le fonti archeologiche e documentarie di fondamentale importanza per
la ricostruzione della storia del mondo ellenistico:
• fonti archeologiche: palazzi, agglomerati urbani, necropoli, fortificazioni militari, porti
• fonti documentarie: iscrizioni, papiri, tavolette
Si tratta di tradizione disorganica con fonti disperse, indipendenti, sopravvissute in maniera casuale, in grado di approfondire alcuni aspetti della
realtà ellenistica ma inadeguate a offrire coordinate sufficienti a ricostruire un quadro chiaro e coerente.
Studi moderni
• La Storia Greca di Beloch (nella seconda metà del ‘900 criticata per la scelta belochiana di leggere la storia greca in analogia alla storia
tedesca contemporanea facendo della Macedonia di Filippo II un’ipostasi della Prussia degli Hohenzollern)
• Monografia di William Tarn, Hellenistic Civilisation, si concentra sugli aspetti culturali del mondo ellenofono che grazie alle armi macedoni si
era espanso fino ai confini dell’India
• Monografia di Rostovzev dedicata agli aspetti economici e sociali del mondo ellenistico con una prospettiva modernizzante
• Svolta negli studi intorno al 1960 con la Storia politica del mondo ellenistico di Will, dove il mondo ellenistico viene affrontato nella sua
totalità, con ricchissimo apparato di fonti e bibliografia
• In Italia Salvatore Settis si occupò di ellenismo, soprattutto sul tipo di monarchia.
Le lotte combattute tra 323 e 302 a.C. portarono all’eliminazione dei legittimi eredi al trono di Alessandro e all’estinzione della dinastia degli
Argeadi, quindi diventarono re quei diadochi che avevano imposto la propria sovranità su una parte dell’impero.
ANTIGONO MONOFTALMO rivendicò per se stesso e per il figlio DEMETRIO POLIORCETE il titolo di re dell’Asia e dopo di loro: Tolomeo re
d’egitto, Lisimaco re di Tracia, Seleuco re di Babilonia e Cassandro re di Macedonia.
Nuovi scontri caratterizzarono i rapporti tra questi sovrani: nel 302 a.C. battaglia di IPSO COALIZIONE COMPOSTA DA LISIMACO, CASSANDRO,
SELEUCO E TOLOMEO affrontò e sconfisse Antigono e il figlio.
I vincitori si spartirono il loro regno: Lisimaco si impadronì della zona anatolica, Seleuco aggiunse la Siria alla Mesopotamia, Tolomeo impose la
propria sovranità alla Celesiria, Cassandro eliminò ogni influenza antigonide dalla Grecia metropolitana.
Dopo Ipso cominciò l’epoca degli Epigoni= successori dei Diadochi. Mentre nuovi protagonisti come Pirro, re dell’Epiro e Filitero, signore di
Pergamo cercavano di ritagliarsi fette di potere e territorio.
Si stabilizzò con rapidità e definitivamente il regno d’Egitto con Tolomeo I Sotèr e il figlio Tolomeo II Filadelfo (dinastia Lagide o Tolemaica).
Anche il regno di Siria trovò un equilibrio grazie alla capacità di Seleuco I Nicatore (Seleucidi) di coniugare il proprio potere centrale con le molte
realtà etniche presenti nell’enorme territorio da lui controllato. Tra seleucidi e tolomei nacque un contenzioso per il possesso della Celesiria
(Guerre di Siria, sei guerre tra 274 e 168 a.C.).
Morto Cassandro, Lisimaco riuscì a fronteggiare i tentativi di Demetrio di impadronirsi del regno di Macedonia e lo costrinse a rifugiarsi in Asia.
Nel 281 a.C. Lisimaco e Seleuco si scontrarono in Anatolia: Lisimaco sconfitto morì, ma Seleuco non poté gioire del trionfo in quanto fu ucciso a
tradimento da Tolomeo Cerauno, figlio di Tolomeo I Sotèr, che lo aveva disconosciuto ed esiliato scegliendo come erede del regno d’Egitto il
futuro Tolomeo II Filadelfo.
Tolomeo Cerauno si impadronì di Macedonia e Tracia ma il suo regno ebbe breve durata in quanto una banda di predoni celti uccise il
neosovrano, a Delfi i Celti furono fermati da un esercito greco guidato dagli Etoli. In ritirata furono sconfitti a Lisimachia da Antigono Gonata, che
diventò re di Macedonia, riconquistando il potere perduto e governando un paese piombato nel caos nel 281 con la morte di Lisimaco. Dal 277 il
regno di Macedonia rimase in mano alla dinastia Antigonide.
I celti passarono in Asia dove furono tenuti a basa dai signori di Pergamo che acquisirono maggiore indipendenza a scapito dei Seleucidi, fino a
quando Attalo I successore di Filitero si proclamò re di Pergamo dando inizio alla dinastia degli Attalidi.
I decenni centrali del III secolo a.C. furono caratterizzati da equilibrio politico-militare.
Gli Antagonidi continuavano a controllare il regno di Macedonia, ma anche la Grecia continentale (dove avevano acquisito un ruolo di rilevanza
due stati federali, Etoli e Achei). Il controllo macedone sulla Grecia era assicurato da una catena di guarnigioni militari installate in piazzeforti
strategiche.
In Egitto i Lagidi si succedevano uno dopo l’altro proseguendo nelle politiche iniziate dai fondatori della dinastia. I Seleucidi dovettero rassegnarsi
alla perdita di buona parte dell’Anatolia, governata dagli Attalidi. Faide familiari travolsero la dinastia regnante ma i sovrani riuscirono a
conciliare una salda struttura di potere centrale con una periferia multiforme in cui i bisogni e le aspettative erano molti e diversi.
Il cuore pulsante degli eserciti ellenistici era ancora la fanteria pesante, rappresentata nella Grecia classica dalla falange oplitica caposaldo di
tutte le forze militare delle poleis (cittadini ultradiciottenni armati di giavellotto, spada e scudo, si schieravano a ranghi compatti e la loro forza
d’urto era tanto maggiore quanto più ampio e pianeggiante era il campo di battaglia). Dalle riforme militari di Filippo II, la falange oplitica si
trasformò in falange macedone (i fanti erano armati di giavellotto, sarissa, scudo appeso al collo, si schieravano in 16 file: le prime 5 puntavano
contro il nemico la sarissa, mentre le rimanenti la tenevano sollevata in alto ma erano pronte a modificare l’assetto da verticale in orizzontale).
La loro avanzata doveva incutere grande terrore al nemico per la sua apparente impenetrabilità; micidiale, nessun esercito la scalfì. Ma agli inizi
del II sec cominciò a scontrarsi con la legione romana, più flessibile su terreni aspri e accidentati, contro la quale invece crollò.
Le problematiche legate agli approvvigionamenti granari sono in collegamento con quelle relative alla mobilità di merci e uomini: l’espansione ad
Oriente, che caratterizzò il mondo greco a partire dalla seconda metà del IV sec a.C, favorì non solo i movimenti delle truppe agli ordini di
Alessandro e dei suoi successori, ma anche quelli dei mercanti che in tutto il Mediterraneo cercavano occasioni di scambio e arricchimento;
come in età arcaica e classica il commercio di lungo raggio si svolgeva essenzialmente sul mare (relitti sui fondali, testimonianza sicura che
informano anche sui rischi che comportavano questo tipo di transizioni, causa condizioni metereologiche avverse o pirateria).
Uno dei pericoli più temuti e diffusi nella navigazione commerciale antica era quello della pirateria in quanto i pirati non rubavano solo le merci
ma si impadronivano anche di coloro che si trovavano sulle navi e li riducevano in schiavitù, contribuendo ad alimentare il mercato degli schiavi.
La pirateria unitamente al mercato degli schiavi (Delo) costituivano, per quanto illegali, una fiorente economia parallela.
Le merci riservate al piccolo commercio potevano essere trasportate via terra (solo in epoca romana vi fu interesse a costruire un reticolo di
strade per rispondere alle esigenze di mobilità della popolazione), ovvero: derrate alimentari dalle campagne dove erano state prodotte all’agorà
dove si svolgevano le contrattazioni commerciali, sacchi di grano, fascine di legna.
Commercio locale e a lungo raggio rappresentano comunque due aspetti complementari di una realtà complessa qual è l’economia del mondo
ellenistico: in essa accanto a forme diverse di sfruttamento delle risorse nate per rispondere alle numerose esigenze delle popolazioni residenti,
è forse possibile intravedere un indubbio fattore unificante nell’importanza sempre maggiore acquisita dalla fiscalità, in tutti i regni ellenistici.
RELIGIONE
La religione greca classica è una forma di politeismo caratterizzato dall’assenza del concetto di ortodossia (sviluppo di un’espressione multiforme
della religione) e dalla mancanza di una casta di sacerdoti (equivalenza delle mansioni sacerdotali a quelle della vita civile con la stessa valenza di
servizio alla collettività).
In età ellenistica proseguono i culti ancestrali, accanto al moltiplicarsi di luoghi di culto dedicati a divinità di origine orientale, accanto alla
divinizzazione o culto del sovrano all’interno e all’esterno dei confini del regno, segno della sua natura divina.
Convive un culto cittadino (spontaneo) con un culto dinastico ufficiale (con lo scopo di rafforzare l’influenza e il potere della dinastia con
l’onnipresenza del re-dio sul territorio).
I culti ancestrali vengono praticati nella vita religiosa senza interruzione.
Nel II secolo l’attenzione per la religione tradizionale si manifestò attraverso la costruzione/ricostruzione di santuari, templi, edifici sacri in onore
degli antichi dei (questo fervore edilizio fu finanziato dai contributi dei re per le città del loro regno e per i santuari. Anche nelle neofondazioni
urbane nacquero nuovi luoghi sacri legati al culto delle divinità venerate dai Greci (grande altare di Pergamo fatto costruire da Eumene II
dedicato a Zeus e Atena).
I grandi cambiamenti politici, economici e sociali dell’età ellenistica portarono a una diffusa mobilità umana grazie alla quale ci furono molte e
diverse occasioni in cui i Greci vennero a contatto con culti religiosi fino ad allora estranei.
Ebbe particolare diffusione in tutto il mondo ellenistico il culto delle Tyche, personificazione della sorte o del Caso= forza imponderabile che
muove il destino degli uomini, arbitra della buona e della cattiva sorte (nell’immagine famosa con le beneauguranti spighe di grano tra le mani).
Vero e proprio crogiolo di culture religiose di diversa matrice l’isola di Delo, sacra ad Apollo, ma trasformata da Roma in un porto franco gestito
da Atene, che attirò grandi flussi commerciali, in cui i culti antichi si affiancarono a quelli di Iside, o di Serapide, fino all’affermarsi del
Cristianesimo.
ISIDE una delle principali divinità egiziane insieme con lo sposo Osiride e il figlio Horo, fu accolta nel mondo greco come una novella Demetra
portatrice di benessere e felicità e in seguito assunse caratteri salvifici nei confronti dei devoti (nacquero aretalogie= raccolte di fatti memorabili
che esaltavano i poteri sovrannaturali della dea narrando i suoi miracoli).
SERAPIDE con Tolomeo I Sotèr diventa uno dei patroni della dinastia regnante da lui fondata e della capitale Alessandria, sincretismo tra attributi
solari, ultraterreni e taumaturgici del dio egizio Osiride-Api e divinità greche Zeus-Ade-Dionisio.
Nel clima cosmopolita dell’ellenismo, dunque, la religione assunse caratteri nuovi e diversi, pur mantenendo ben salde le proprie radici: si avviò
un sincretismo culturale di ampia portata, un nuovo clima spirituale nel quale il Cristianesimo ebbe terreno assai fertile.
Della nuova religiosità attenta ai bisogni, alle paure e alle speranze delle singole persone è paradigma ATARGATIS= divinità femminile della
fertilità, originaria della Siria.
(esempio: descrizione ampia e dettagliata del culto di Serapide da parte di Tolomeo I all’inizio del suo regno conservata in un lungo passo delle
Storie di Tacito che la inserisce in un excursus etnografico della storia dell’ascesa al potere di Vespasiano).