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ESERCIZIO 1

Tzvetan Todorov, La conquista dell’America, Torino, Einaudi, 1984, pp. 5-7

Voglio parlare della scoperta che l’io fa dell’altro. L’argomento è vastissimo. Non appena lo
abbiamo formulato nei suoi termini generali, lo vediamo subito suddividersi in molteplici categorie
e diramarsi in infinite direzioni. Possiamo scoprire gli altri in noi stessi, renderci conto che ognuno
di noi non è una sostanza omogenea e radicalmente estranea a tutto quanto non coincide con l’io:
l’io è un altro. Ma anche gli altri sono degli io: sono dei soggetti come io lo sono, che unicamente il
mio punto di vista – per il quale tutti sono laggiù mentre io sono qui – separa e distingue realmente
da me. Posso concepire questi altri come un’astrazione, come un’istanza della configurazione
psichica di ciascun individuo, come l’Altro, l’altro o l’altrui in rapporto a me; oppure come un
gruppo sociale concreto al quale noi non apparteniamo. Questo gruppo, a sua volta, può essere
interno alla società: le donne per gli uomini, i ricchi per i poveri, i pazzi per i “normali”: ovvero può
esserle esterno, può consistere in un’altra società, che sarà – a seconda dei casi – vicina o lontana:
degli essere vicinissimi a noi sul piano culturale, morale, storico, oppure degli sconosciuti, degli
estranei, di cui non comprendiamo né la lingua né i costumi, così estranei che stentiamo, al limite, a
riconoscere la nostra comune appartenenza ad una medesima specie. Scelgo questa problematica
dell’altro esterno e lontano, un po’ arbitrariamente e perché non si può parlare di tutto in una sola
volta, per cominciare una ricerca che non potrà mai essere conclusa.
Ma come parlarne? […] Ho scelto di raccontare una storia. Più vicina al mito che
all’argomentazione logica, essa tuttavia se ne distingue sotto due aspetti. Prima di tutto perché è una
storia vera, e in secondo luogo perché il mio principale interesse è più quello di un moralista, che di
uno storico: il presente mi importa assai più del passato. Alla domanda: come comportarsi nei
confronti dell’altro? Non sono in grado di rispondere se non narrando una storia esemplare (è il
genere da me scelto), una storia – dunque – quanto più vera è possibile, ma della quale cecherò di
non perdere mai di vista quel che gli esegeti della Bibbia chiamavano il senso tropologico o morale.
In questo mio libro si alterneranno, un po’ come in un romanzo, le sintesi o vedute d’insieme
sommarie, le scene, o analisi particolari gremite di citazioni; le pause nel corso delle quali l’autore
commenta quanto è accaduto; non mancheranno neppure frequenti ellissi od omissioni: ma non è
questo il punto di partenza di ogni storia?
Delle numerose narrazioni che ci si offrono ne ho scelta una: quella della scoperta e della conquista
dell’America. […] Due ragioni hanno giustificato, a cose fatte, la scelta di questo tema come primo
passo nel mondo della scoperta dell’altro. Anzitutto, la scoperta dell’America, o meglio degli
americani, è l’incontro più straordinario della nostra storia. Nella “scoperta” degli altri continenti e
degli altri uomini non vi fu un vero e proprio sentimento di estraneità radicale: gli europei non
avevano mai del tutto ignorato l’esistenza dell’Africa, dell’India, o della Cina: il ricordo di esse fu
sempre presente, fin dalle origini. […] All’inizio del XVI secolo gli indioamericani sono, invece,
ben presenti, ma si ignora tutto di loro, benché – come c’era da aspettarsi – sugli essere appena
scoperti vengano proiettate immagini e idee relative ad altre popolazioni lontane. L’incontro non
raggiungerà mai più una simile intensità. […]
Ma non solo perché si trattò di un incontro estremo ed esemplare la scoperta dell’America
costituisce un fatto essenziale per noi oggi: insieme a questo valore paradigmatico, essa ne possiede
un altro, direttamente causale. La storia del globo è fatta, certo, di conquiste e di sconfitte, di
colonizzazioni e di scoperte dell’altro; ma è proprio la conquista dell’America che annuncia e fonda
la nostra attuale identità; anche se ogni data con la quale si cerchi di separare due epoche è
arbitraria, nessuna è più adatta a contrassegnare l’inizio dell’era moderna dell’anno 1492, l’anno in
cui Colombo attraversa l’Oceano Atlantico. Noi siamo tutti discendenti diretti di Colombo; con lui
ha inizio la nostra genealogia, nella misura in cui la parola inizio ha un senso.

1) Di che tipo è il “che” del primo rigo?


a) “Che” relativo
b) “Che” oggettivo
c) “Che” soggettivo
2) Che proposizione introduce il “che” del r. 3?
a) Soggettiva
b) Oggettiva
c) Relativa
3) Cosa introducono i due punti del r. 9 (“alla società: le donne ecc. ecc.”)?
a) Una conseguenza
b) Una deduzione
c) Un’esemplificazione
4) Cosa vogliono dire le virgolette della parola “normali” del r. 10?
a) Che il concetto di normalità è relativo, e che la sua definizione dipende dai punti di vista
b) Che l’autore in realtà usa quella parola non nel suo significato proprio
c) Che l’autore sta facendo dell’ironia sul concetto di normalità
5) Con cosa può essere sostituito “ovvero” del r. 10?
a) Cioè
b) Quindi
c) Oppure
6) Che proposizione introduce il “che” del r. 13?
a) Consecutiva
b) Finale
c) Relativa
7) Cosa significa “arbitrariamente” del r. 15?
a) In un modo giusto e ponderato
b) In un modo non condivisibile dagli altri
c) In un modo del tutto dipendente dalla facoltà di scelta del soggetto
8) Cosa introducono i due punti del r. 20 (“che di uno storico: il presente ecc.”)?
a) Un’esemplificazione
b) Una generalizzazione
c) Una spiegazione
9) Chi sono gli “esegeti” del r. 23?
a) Interpreti
b) Critici
c) Autori
10) Cos’è un’”ellissi” (r. 26)?
a) Una dimenticanza
b) Un’omissione
c) Un’aggiunta
11) L’interrogativa del r. 27 ha un chiaro valore retorico: che significa?
a) Che serve per creare coinvolgimento nel lettore
b) Che è una domanda di cui si conosce già la risposta
c) Che l’autore ritiene superfluo ciò che sta chiedendo
12) Cosa si intende per “valore paradigmatico” (r. 39)?
a) Valore essenziale
b) Valore principale
c) Valore esemplare
13) Qual è la tesi che l’autore espone in questo brano?
a) La scoperta dell’America ha un valore culturale che va oltre il semplice dato storico
b) La scoperta dell’America va indagata per cercare di ricostruire la spedizione di Colombo
c) La scoperta dell’America non ha a che fare con la nostra identità attuale
ESERCIZIO 2
Sfida ai dirigenti della televisione
(Pier Paolo Pasolini, “Il Corriere della Sera”, 9 dicembre 1973)
Molti lamentano (in questo frangente dell’austerity) i disagi dovuti alla mancanza di una vita sociale e
culturale organizzata fuori dal Centro "cattivo" nelle periferie "buone" (viste con dormitori senza verde, senza
servizi, senza autonomia, senza più reali rapporti umani). Lamento retorico. Se infatti ciò di cui nelle periferie
si lamenta la mancanza, ci fosse, esso sarebbe comunque organizzato dal Centro. Quello stesso Centro
che, in pochi anni, ha distrutto tutte le culture periferiche dalle quali, appunto, fino a pochi anni fa, era
assicurata una vita propria, sostanzialmente libera, anche alle periferie più povere e addirittura miserabili.
Nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della civiltà dei consumi. Il
fascismo proponeva un modello, reazionario e monumentale, che però restava lettera morta. Le varie culture
particolari (contadine, sottoproletarie, operaie) continuavano imperturbabili a uniformarsi ai loro antichi
modelli: la repressione si limitava ad ottenere la loro adesione a parole. Oggi, al contrario, l’adesione ai
modelli imposti dal Centro, è totale e incondizionata. I modelli culturali reali sono rinnegati. L’abiura è
compiuta. Si può dunque affermare che la "tolleranza" della ideologia edonistica, voluta dal nuovo potere, è
la peggiore delle repressioni della storia umana. Come si è potuta esercitare tale repressione? Attraverso
due rivoluzioni, interne all’organizzazione borghese: la rivoluzione delle infrastrutture e la rivoluzione del
sistema d’informazioni.
Le strade, la motorizzazione ecc. hanno ormai strettamente unito la periferia al Centro, abolendo ogni
distanza materiale. Ma la rivoluzione del sistema di informazioni è stata ancora più radicale e decisiva. Per
mezzo della televisione il Centro ha assimilato a sé l’intero paese, che era così storicamente differenziato e
ricco di culture originali. Ha cominciato un'opera di omologazione distruttrice di ogni autenticità e
concretezza. Ha imposto cioè, come dicevo, i suoi modelli: che sono i modelli voluti dalla nuova
industrializzazione, la quale non si accontenta più di un "uomo che consuma", ma pretende che non siano
concepibili altre ideologie che quella del consumo. Un edonismo neo-laico, ciecamente dimentico di ogni
valore umanistico e ciecamente estraneo alle scienze umane.
L’antecedente ideologia voluta e imposta dal potere era, come si sa, la religione: e il cattolicesimo, infatti, era
formalmente l’unico fenomeno culturale che "omologava" gli italiani. Ora esso è diventato concorrente di quel
nuovo fenomeno culturale "omologatore" che è l’edonismo di massa: e, come concorrente, il nuovo potere
già da qualche anno ha cominciato a liquidarlo. Non c’è infatti niente di religioso nel modello del Giovane
Uomo e della Giovane Donna proposti e imposti dalla televisione. Essi sono due Persone che avvalorano la
vita solo attraverso i suoi Beni di consumo (e, s’intende, vanno ancora a messa la domenica: in macchina).
Gli italiani hanno accettato con entusiasmo questo nuovo modello che la televisione impone loro secondo le
norme della Produzione creatrice di benessere (o, meglio, di salvezza dalla miseria). Lo hanno accettato: ma
sono davvero in grado di realizzarlo?
No. O lo realizzano materialmente solo in parte, diventandone la caricatura, o non riescono a realizzarlo che
in misura così minima da diventarne vittime. Frustrazione o addirittura ansia nevrotica sono ormai stati
d’animo collettivi. Per esempio, i sottoproletari, fino a pochi anni fa, rispettavano la cultura e non si
vergognavano della propria ignoranza. Anzi, erano fieri del proprio modello popolare di analfabeti in
possesso però del mistero della realtà. Guardavano con un certo disprezzo spavaldo i "figli di papà", i piccoli
borghesi, da cui si dissociavano, anche quando erano costretti a servirli.
Adesso, al contrario, essi cominciano a vergognarsi della propria ignoranza: hanno abiurato dal proprio
modello culturale (i giovanissimi non lo ricordano neanche più, l’hanno completamente perduto), e il nuovo
modello che cercano di imitare non prevede l’analfabetismo e la rozzezza. I ragazzi sottoproletari umiliati
cancellano nella loro carta d'identità il termine del loro mestiere, per sostituirlo con la qualifica di "studente".
Naturalmente, da quando hanno cominciato a vergognarsi della loro ignoranza, hanno cominciato anche a
disprezzare la cultura (caratteristica piccolo-borghese, che essi hanno subito acquisito per mimesi). Nel
tempo stesso, il ragazzo piccolo-borghese, nell’adeguarsi al modello "televisivo" che, essendo la sua stessa
classe a creare e a volere, gli è sostanzialmente naturale, diviene stranamente rozzo e infelice. Se i
sottoproletari si sono imborghesiti, i borghesi si sono sottoproletarizzati. La cultura che essi producono,
essendo di carattere tecnologico e strettamente pragmatico, impedisce al vecchio "uomo" che è ancora in
loro di svilupparsi. Da ciò deriva in essi una specie di rattrappimento delle facoltà intellettuali e morali.
La responsabilità della televisione in tutto questo è enorme. Non certo in quanto "mezzo tecnico", ma in
quanto strumento del potere e potere essa stessa. Essa non è soltanto un luogo attraverso cui passano i
messaggi, ma è un centro elaboratore di messaggi. È il luogo dove si fa concreta una mentalità che
altrimenti non si saprebbe dove collocare. È attraverso lo spirito della televisione che si manifesta in concreto
lo spirito del nuovo potere.
Non c’è dubbio (lo si vede dai risultati) che la televisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo
di informazione al mondo. Un giornale fascista e le scritte sui cascinali di slogans mussoliniani fanno ridere:
come (con dolore) l’aratro rispetto a un trattore. Il fascismo, voglio ripeterlo, non è stato sostanzialmente in
grado nemmeno di scalfire l’anima del popolo italiano; il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di
comunicazione e di informazione (specie, appunto la televisione), non solo l’ha scalfita, ma l’ha lacerata,
violata, bruttata per sempre…
1) Che funzione logica svolge “imperturbabili” del r. 9 ?
a) Complemento di modo
b) Complemento predicativo del soggetto
c) Complemento predicativo dell’oggetto
2) Che tipo di periodo ipotetico è quello dei righi 3-4?
a) Possibilità
b) Realtà
c) Irrealtà
3) Cos’è grammaticalmente “più povere” del r. 6?
a) Superlativo assoluto
b) Comparativo di maggioranza
c) Superlativo relativo
4) Qual è il sinonimo di “abiura” (r. 11)?
a) Ritrattazione
b) Degrado
c) Vergogna
5) Cosa intende Pasolini ogni volta che parla di “edonismo”?
a) Il desiderio di vivere una vita felice
b) La convinzione che il piacere debba essere colto all’istante
c) Una filosofia di vita improntata alla ricerca del piacere a tutti i costi
6) Che cos’è sintatticamente “che non siano concepibili altre ideologie che quella del consumo” (rr. 20-21)?
a) Oggettiva
b) Soggettiva
c) Dichiarativa
7) Che sfumatura di significato ha la parentetica “(e, s’intende, vanno ancora a messa la domenica: in
macchina)” (r. 29)?
a) Esplicativa
b) Ironica
c) Negativa
8) In “essendo di carattere tecnologico” che funzione logica svolge l’espressione “di carattere tecnologico”
(r. 48)?
a) Complemento di modo
b) Complemento di qualità
c) Complemento di specificazione
9) Quale può essere un contrario di “rattrappimento” del r. 49?
a) Abbassamento
b) Potenziamento
c) Dispiegamento
10) Che costruzione è presente nella sequenza “violata, lacerata, bruttata per sempre”?
a) Asindeto
b) Polisindeto
c) Anafora
11) Qual è il sinonimo di “bruttata” dell’ultimo rigo?
a) Danneggiata
b) Ostacolata
c) Sporcata
12) In questo articolo Pasolini fa molto uso delle virgolette: spesso con quale funzione?
a) Per sottolineare che sta usando una certa parola in senso improprio
b) Perché sta citando quelle parole da altri testi
c) Perché sta usando una certa parola in senso ironico
13) Cosa vuole intendere Pasolini quando dice che la televisione è “autoritaria e repressiva”?
a) Che impone modelli e opprime lo sviluppo di altri modelli alternativi
b) Che ordina cosa guardare e comprare e reprime la possibilità di sognare
c) Che comanda la vita degli individui e comprime i loro sentimenti
14) Che tipo di valore Pasolini associa ai termini “Centro” e “periferia”?
a) Il centro ha il dovere morale di occuparsi delle periferie che restano in attesa del suo intervento
b) Il centro svolge un ruolo negativo sulle periferie che perdono la loro autenticità
c) Le periferie sono da condannare perché non accettano l’aiuto che può venire dal centro
ESERCIZIO 3
La città

La città è stata definita “uno stanziamento relativamente grande, denso e permanente di individui
socialmente eterogenei”. Primo requisito, la “grandezza”, vale a dire il numero degli abitanti:
sembra non si debba scendere al di sotto delle 2000 unità. Ma il numero dice poco; esistono, infatti,
agglomerati anche grossi con marcati caratteri rurali; l’importante è il numero e la qualità dei
rapporti tra le persone, che sono frequenti e ravvicinati, ma poco intensi, nel senso che i legami
secondari (contrattuali, formali, istituzionali) tendono a prevalere su quelli primari della parentela e
del vicinato. Infine, l’eterogeneità, cioè la specializzazione e la divisione del lavoro. Un
insediamento siffatto deve essere dotato di ordinamenti direzionali ed è centro erogatore di servizi
commerciali e culturali che non sono presenti nel territorio circostante, territorio con il quale la città
può intrattenere una molteplicità di relazioni.
Tutti questi elementi configurano un tipo particolare di comunità, la quale, se per un verso consiste
in uno speciale modo di stare assieme e comporta un sentimento di affinità e di “patriottismo” (si
pensi alle città greche), per un altro può determinare competizione sociale, emarginazione,
segregazione e, con la segmentazione dei ruoli e la frammentazione delle attività di uno stesso
individuo (lavoro, residenza, tempo libero, servizi, ecc.), superficialità nei rapporti sociali, senso di
isolamento e anonimato (come nelle metropoli contemporanee).
La città è il luogo di confronto e competizione, che da una parte stimolano l’innovazione, dall’altra
educano alla tolleranza; il cittadino dovrebbe infatti essere per definizione aperto e disponibile. La
città è il simbolo della civiltà; non a caso i due termini, città e civiltà, hanno matrice comune (la
civitas latina, la convivenza civile come forma naturale della vita associata), quasi a suggerire che
tutte le altre forme di vita associativa sono, se non proprio incivili, comunque rustiche o rozze.
Fino al Settecento la città è l’eccezione, il tasso di urbanizzazione non supera il 10%. Le cose
cominciano a cambiare nell’Ottocento per i paesi in via di industrializzazione, nel Novecento per i
paesi in via di sviluppo; si prevede che nel 2000 oltre la metà della popolazione mondiale vivrà in
città di almeno 5000 abitanti. Le funzioni della città sono molteplici: politica, religiosa, culturale,
commerciale, industriale, residenziale, turistica; tutte queste funzioni possono combinarsi in
maniera diversa, da rendere vana la ricerca in un comune denominatore.
(R. Marchese, B. Mancini, D. Greco, L. Assini, Stato e società, Firenze, La Nuova Italia, 1991)

1) Il testo è articolato in cinque argomenti specifici. Quale delle seguenti suddivisioni


concettuali del brano è quella corretta?
a) 1. Definizione di città; 2. Sviluppo storico della città; 3. La città come simbolo della perdita
della natura; 4. La città come comunità particolare dove coesistono comportamenti contrapposti;
5. Le funzioni della città.
b) 1. Definizione di città; 2. La città come comunità particolare dove coesistono comportamenti
contrapposti; 3. La città come simbolo di civiltà; 4. Lo sviluppo storico della città; 5. Le
funzioni della città.
c) 1. Requisiti di uno stanziamento di individui che possa definirsi città; 2. La città come
comunità dove coesistono tanto il senso di appartenenza quanto la tendenza alla frammentazione
e all’individualismo; 3. La città come simbolo di civiltà; 4. Lo sviluppo storico delle città
nell’antichità e nel basso medioevo; 5. La molteplicità di senso della città.
d) 1. La città come luogo di legami umani secondari frequenti, ravvicinati e intensi; 2. La città
come comunità dalle molteplici funzioni; 3. La città come forma di vita associativa superiore a
quella rurale; 4. La crescente urbanizzazione nell’Ottocento e Novecento; 5. Le funzioni della
città.

2) Quale tra i seguenti è un esempio di legame secondario?


a) Relazione genitori-figli.
b) Relazioni di vicinato anche attraverso forme associative spontanee.
c) Rapporto con il proprio datore di lavoro o con i propri dipendenti.
d) Rapporto di amicizia con i colleghi di lavoro o i compagni di classe.

3) Cosa significa che la città deve essere dotata di “ordinamenti direzionali”?


a) La città deve fornire ai cittadini servizi commerciali e culturali
b) La città deve avere un’organizzazione politica centralizzata
c) La città deve stabilire norme morali per la direzione della vita in comune
d) La città deve permettere ai cittadini di associarsi in organizzazioni sindacali o di categoria

4) Quale termine è sinonimo di erogatore?


a) Creatore
b) Fornitore
c) Donatore
d) Regolatore

5) Come si può sintetizzare il terzo capoverso del brano?


a) Caratteristica peculiare della città è la compresenza dei valori della civiltà assieme a quelli
del mondo rurale e rustico
b) La parola civitas è la radice comune dei termini città e civiltà, e indica la convivenza civile
c) La città è simbolo della civiltà, in quanto la competizione e il confronto educano il cittadino
alla tolleranza e alla diversità
d) Le forme di vita associativa non cittadina non possono essere definite civili, in quanto sono
prive di civitas, ossia di valori e ideali comuni

6) Nella frase “non a caso i due termini, città e civiltà, hanno matrice comune”, con quale
termine può essere sostituito matrice?
a) Radice
b) Definizione
c) Significato
d) Formazione

7) Il quarto capoverso del brano illustra


a) Le cause della progressiva urbanizzazione dei paesi in via di sviluppo e industrializzazione
b) Il fenomeno storico dell’incremento dell’urbanizzazione a partire dall’industrializzazione
c) La differenza tra la città del mondo antico e quella dell’Ottocento e Novecento industriale
d) Il motivo principale del progressivo svilupparsi della vita in grandi agglomerati urbani
(metropoli)

8) Nell’affermazione “Fino al Settecento la città è l’eccezione, il tasso di urbanizzazione


non supera il 10%”, quale rapporto intercorre tra la seconda parte e la prima?
a) Riformulazione
b) Generalizzazione
c) Particolarizzazione
d) Motivazione

9) In che senso si può dire che la città ha una funzione “residenziale”?


a) La città è costituita da nuclei abitativi sviluppatisi attorno a un complesso industriale
b) La città serve come residenza degli ordinamenti direzionali cittadini
c) La città è principalmente un nucleo abitativo
d) La città moderna occidentale ha vocazione precipuamente turistica e commerciale, non
politica o culturale

10) Quale delle seguenti affermazione ti sembra incompatibile con le riflessioni di fondo
dell’autore?
a) La città è caratterizzata da una molteplicità di funzioni e pratiche che permettono lo sviluppo
di un’individualità tollerante e aperta al prossimo
b) La città costituisce un elemento di arricchimento rispetto alle altre forme di vita associativa,
nonostante fenomeni dolorosi come l’emarginazione o la frammentazione della vita
individuale in molteplici sfere differenti
c) La città è una comunità per la cui definizione non è decisiva la modalità di organizzazione
del lavoro, bensì il numero e la qualità dei rapporti tra le persone
d) La città si è evoluta ed è diventata la modalità prevalente di vita associativa a causa dello
sviluppo e dell’industrializzazione

11) Quale delle seguenti considerazioni ti sembra corrispondere al significato globale del
testo?
a) La grandezza dell’agglomerato urbano, la tipologia di rapporto tra le persone e
l’eterogeneità delle funzioni svolte da una città sono alla base dei comportamenti
contrapposti che in essa coesistono
b) Il numero di abitanti di una città (non al di sotto delle 2000 unità), la densità di popolazione
e l’omogeneità culturale e geografica degli abitanti permettono di definire un agglomerato
urbano come città
c) Le molteplici funzioni di una città (politica, religiosa, commerciale, industriale) rendono
vana la ricerca di una definizione unitaria e definitiva del fenomeno città
d) La competizione sociale, il senso di anonimato dell’individuo emarginato e il logoramento
degli affetti primari sono il prezzo necessario che la civiltà deve pagare per garantirsi
un’elevata qualità materiale della vita

12) Quale titolo si potrebbe attribuire al brano?


a) La città come luogo della competizione sociale e della segmentazione dei ruoli
b) La città e la campagna: caratteristiche e contrapposizioni
c) La città nel suo sviluppo storico-sociale
d) La città come comunità delle contraddizioni e simbolo della civiltà

13) Da un punto di vista sintattico come è strutturato il periodo “Sembra non si debba
scendere sotto le 2000 unità”?
a) Principale e soggettiva
b) Principale e oggettiva
c) Principale e dichiarativa
d) Principale implicita

14) A che tipologia appartiene il “che” presente all’inizio del terzo capoverso?
a) Congiunzione subordinativa che introduce una soggettiva
b) Congiunzione subordinativa che introduce una oggettiva
c) Pronome relativo
d) Congiunzione subordinativa che introduce una dichiarativa

15) Che tipo di proposizione è “da rendere vana la ricerca in un comune denominatore”?
a) Finale
b) Causale
c) Limitativa
d) Consecutiva

16) Nella frase “Esistono, infatti, agglomerati anche grossi con marcati caratteri rurali”
che funzione logica svolge “agglomerati anche grossi”?
a) Soggetto e apposizione
b) Soggetto e attributo
c) Complemento oggetto e attributo
d) Predicativo del soggetto

17) Che figura retorica formano nella loro disposizione le parole “confronto e
competizione” e “innovazione e tolleranza”?
a) Iperbato
b) Anastrofe
c) Parallelismo
d) Chiasmo

18) Cosa indicano i due punti in “Le funzioni della città sono molteplici: politica, religiosa,
culturale, commerciale…”?
a) Una spiegazione
b) Un’opposizione
c) Una esemplificazione
d) Una deduzione

19) Nella frase iniziale del brano, che funzione logica svolge “uno stanziamento
relativamente grande, denso e permanente”?
a) Predicativo del soggetto
b) Predicativo dell’oggetto
c) Parte nominale
d) Complemento oggetto

ESERCIZIO 4

La scuola di vita e la comprensione umana


(E. Morin, La testa ben fatta. Riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero, Cortina Editore, Milano, 2000)
Come affermava ottimamente Durkheim, l’oggetto dell’educazione non è dare all’allievo una
quantità sempre maggiore di conoscenze, ma è “costituire in lui uno stato interiore profondo, una
sorta di polarità dell’anima che l’orienti in un senso definito, non solamente durante l’infanzia, ma
per tutta la vita”. Ciò significa indicare che imparare a vivere richiede non solo conoscenze, ma la
trasformazione, nel proprio essere mentale, della conoscenza acquisita in sapienza e
l’incorporazione di questa sapienza per la propria vita. Eliot affermava: “Qual è la conoscenza che
noi perdiamo nell’informazione e qual è la sapienza che perdiamo nella conoscenza?”. Si tratta,
nell’educazione, di trasformare le informazioni in conoscenza, di trasformare la conoscenza in
sapienza, e ciò orientandosi secondo le finalità qui definite.
Quando si considerano i termini “cultura umanistica” si deve valutare il termine “cultura” nel suo
senso antropologico: una cultura fornisce le conoscenze, i valori, i simboli che orientano e guidano
le vite umane. La cultura umanistica è stata, rimane e deve divenire non più per un’élite, ma una
preparazione alla vita per tutti. Letteratura, poesia e cinema devono essere considerati non
solamente, né principalmente, come oggetti d’analisi grammaticale, sintattica o semiotica, ma come
scuole di vita, e ciò in molteplici sensi.
-Scuole della lingua, che rivela tutta la sua qualità e possibilità attraverso le opere di scrittori e poeti
e permette all’adolescente, delle cui ricchezze egli si appropria, di esprimersi pienamente nella sua
relazione con gli altri.
-Scuole della qualità poetica della vita, e quindi dell’emozione estetica e dello stupore.
-Scuole della scoperta di sé, in cui l’adolescente può riconoscere la sua vita soggettiva attraverso
quella dei personaggi di romanzi o di film. Può scoprire la rivelazione delle proprie aspirazioni,
problemi, verità, non solo in un libro che espone idee, ma anche, e talvolta più profondamente, in un
poema o in un romanzo. Alcuni libri costituiscono “esperienze di verità”, dando forma e svelandoci
una verità ignorata, nascosta, profonda, informe, che portiamo in noi e che ci procura la doppia
estasi della scoperta della nostra verità nella scoperta di una verità esterna a noi, che si accoppia alla
nostra verità.
-Scuole della complessità umana. […] La conoscenza della complessità umana fa parte della
conoscenza della condizione umana e […] nello stesso tempo questa conoscenza ci inizia a vivere
con esseri e situazioni complesse. Come si sa dopo Shakespeare, “una sola opera letteraria cela un
infinito culturale che ingloba scienza, storia e religione, etica…”. È il romanzo che estende il regno
del dicibile alla complessità infinita della nostra vita soggettiva, che utilizza l’estrema precisione
della parola, l’estrema sottigliezza dell’analisi per tradurre la vita dell’anima e del sentimento. È nel
romanzo o nel film che si riconoscono i momenti di vita dell’amore, i tormenti delle anime straziate
e che si scoprono le instabilità profonde dell’identità, la molteplicità interiore di una stessa persona,
e la trasformazione degli esseri messi di fronte al destino sociale o storico, travolti dal torrente degli
eventi che possono fare di noi degli eroi, dei martiri, dei vili, dei carnefici. È nel romanzo, nel teatro
o nel film che si coglie che Homo sapiens è nello stesso tempo indissolubilmente Homo demens. È
nel romanzo, nel film, nel poema che l’esistenza manifesta la sua miseria e la sua tragica grandezza,
con il rischio dello scacco, dell’errore, della follia. È dunque nella letteratura che l’insegnamento
sulla condizione umana può prendere forma vivente e attiva per illuminare ciascuno sulla propria
vita. […] Qui il filosofo e lo psicologo dovrebbero confermare che ogni individuo, anche il più
chiuso nella più banale delle vite, costituisce in se stesso un cosmo. […]
-Scuole della comprensione umana. Nella lettura o nella visione cinematografica, la magia del libro
o del film ci fa comprendere ciò che nella vita quotidiana non comprendiamo. Nella vita di tutti i
giorni percepiamo gli altri solo in modo esteriore, mentre invece sullo schermo o attraverso le
pagine di un libro essi ci appaiono in tutte le loro dimensioni, soggettive e oggettive. La letteratura
“è la sola a saper rappresentare e chiarire le situazioni di incomunicabilità, di chiusura in se stessi,
di qui pro quo comici o tragici. Il lettore scopre anche le cause dei malintesi e impara a capire gli
incompresi”. Attraverso la letteratura e il cinema possiamo comprendere che non si deve ridurre un
essere a una sola minima parte, né alla parte peggiore del suo passato.

1) Che cosa vuole indicare l’autore attraverso le parole del sociologo Durkheim (rr. 2-4) a
proposito dell’oggetto dell’educazione, usando l’immagine della costruzione di “una
sorta di polarità dell’anima”?
a) L’oggetto dell’educazione deve essere la costruzione di un sistema di saperi basati su
argomenti (poli) contrapposti, in modo che l’allievo si abitui a considerare fondamentale
non l’informazione che apprende, ma il processo riflessivo sottostante (la conoscenza).
b) L’anima ha bisogno di un valore morale centrale che le faccia da guida per trasformare le
informazioni in sapienza di vita, e ciò può avvenire con un’educazione orientata secondo la
morale.
c) È possibile costruire nell’anima, con l’educazione, un’attitudine metodologica di fondo che
le permetta di acquisire, a partire da questo “polo” interiore, la maggior quantità di
conoscenze possibili.
d) L’anima ha bisogno di una sorta di centro magnetico e di un equilibrio che le permettano di
affrontare la vita, e tale centro deve essere formato con una opportuna educazione.
2) In che senso si parla di “trasformazione, nel proprio essere mentale, della conoscenza
acquisita in sapienza” (r. 5)?
a) La conoscenza, dopo un’adeguata verifica empirica, può essere detta “sapienza”.
b) La conoscenza, che ha carattere solo teorico, deve invece divenire una sorta di saggezza in
grado di direzionare l’anima nella vita di tutti i giorni.
c) La conoscenza, una volta acquisita, deve solidificarsi nel centro dell’anima, in modo da non
poter più essere dimenticata e divenire così “sapienza”, cioè bagaglio culturale inteso come
possesso permanente dell’individuo.
d) La conoscenza non deve essere soltanto vissuta come il momento dello studio, ma deve
essere incorporata nella propria vita tramite la poesia, l’arte, il cinema ecc.
3) Che cosa significa che letteratura, poesia e cinema devono essere considerati “scuole di
vita” (r. 15)?
a) Essi devono essere analizzati con metodo scientifico, in modo da far emergere la struttura
logica intrinseca all’opera d’arte.
b) Si tratta di discipline che servono al processo di crescita e trasformazione dell’individualità.
c) Devono essere finalizzate alla formazione di un’intelligenza non solo nozionistica o
disciplinare, ma capace di operare e comprendere problemi di qualsiasi sfera del sapere.
d) Risultano utili alla vita dell’individuo, poiché la semplificazione della complessità della vita
umana, operata grazie alla sua riproduzione condensata nell’opera d’arte, risulta
fondamentale per permettere un solido orientamento nella vita stessa.
4) Quale delle seguenti sintesi è pertinente rispetto ai contenuti del capoverso sulle
“Scuole della comprensione umana” (rr. 43-50)?
a) Mentre nella vita quotidiana comprendiamo le persone soltanto oggettivamente, attraverso i
personaggi del cinema e dei romanzi percepiamo tutta la complessità dell’anima, ovvero
l’aspetto soggettivo degli altri.
b) Attraverso film e romanzi, a differenza della superficiale percezione degli altri che abbiamo
quotidianamente, riusciamo a comprendere le persone sia nella loro complessa interiorità sia
nel loro agire sociale.
c) Attraverso film e romanzi comprendiamo l’aspetto soggettivo e oggettivo delle persone, nel
senso che ci possiamo mettere dal loro punto di vista (soggettività), anche se i personaggi
sono pur sempre oggetti di fronte allo spettatore o al lettore (oggettività).
d) Mentre nella vita quotidiana si percepiscono, se pur esteriormente, le persone reali, nelle arti
si comprendono l’aspetto soggettivo e quello oggettivo dei personaggi, che però non
rappresentano la realtà umana bensì una proiezione virtuale.
5) Quale delle seguenti affermazioni ti sembra conforme al pensiero di Morin?
a) Le conoscenze disciplinari specifiche costituiscono l’unica via percorribile dall’uomo
odierno per poter affrontare la complessità della vita.
b) La conoscenza pertinente è quella che progredisce scientificamente attraverso la
formalizzazione e l’astrazione.
c) Ovunque, nelle scienze come nei media, siamo sommersi dalle informazioni; la gigantesca
proliferazione di conoscenza sfugge al controllo umano, che in realtà ha bisogno di
formazione più che di informazione.
d) La cultura umanistica è spesso ornamento: pur comportando la percezione del lato
soggettivo e oggettivo delle altre persone, resta incapace di sviluppare l’intelligenza
generale che la mente umana applica ai casi particolari.
6) La proposizione “Scuole della lingua, che rivela tutta la sua qualità e possibilità
attraverso le opere di scrittori e poeti” (rr. 16-18), in rapporto alla parte di testo che la
precede
a) Risulta in contraddizione, in quanto si dichiara che l’adolescente deve appropriarsi del
linguaggio delle arti, dopo che è stato affermato che le arti non devono essere considerate
come analisi del linguaggio.
b) Risulta la conclusione del seguente ragionamento: devono esistere scuole umanistiche
centrate sul linguaggio, perciò devono esistere “scuole della lingua”.
c) Esplicita i molteplici sensi di un approccio alle arti volto non alla conoscenza ma alla
sapienza.
d) Declina un primo significato dell’espressione “scuole di vita”.
7) Cosa introducono i due punti del r. 11 rispetto alla frase precedente?
a) Una spiegazione
b) Un elenco
c) Una deduzione
d) Un’induzione
8) Qual è il significato dell’espressione “emozione estetica” (r. 19)?
a) Sentimento suscitato dalla bellezza e atto a comprendere poeticamente la vita.
b) Sensazione di compenetrazione con la totalità delle cose, suscitata da letteratura e cinema.
c) Senso di compenetrazione con l’opera d’arte che provoca una sensazione fisica nel fruitore.
d) Sensazione data dall’intuizione intellettuale del significato dell’opera d’arte.
9) Perché l’autore mette tra virgolette l’espressione “esperienze di verità” (r. 23)?
a) Per sottolineare la labilità del concetto
b) Per esprimere l’ironia implicita nell’idea che le arti possano condurre alla verità.
c) Per specificare il significato della proposizione precedente
d) Per sottolineare che effettive “esperienze di verità” si possono dare solo in senso metaforico
10) Che cosa significa la parola “semiotica” (r. 14)?
a) Scienza delle lingue semitiche
b) Scienza dei segni che servono per la comunicazione
c) Metodo di analisi delle proposizioni intese come “semi” di una totalità che è il testo
d) Metodo d’analisi sintattica proprio della scienza filologica
11) Quale accorgimento retorico è attuato nella sequenza di frasi che costituiscono il corpo
centrale del capoverso dedicato alle “Scuole della complessità umana” (rr. 27-42)?
a) Anafora
b) Parallelismo
c) Accumulazione
d) Perifrasi
12) Quale fenomeno linguistico è presente nella forma “qual è” (rr. 6-7)?
a) Apocope
b) Elisione
c) Ellissi
d) Assimilazione
13) Cos’è da un punto di vista di analisi del periodo la frase: “per illuminare ciascuno sulla
propria vita” (rr. 40-41)?
a) Consecutiva
b) Finale
c) Causale
d) Strumentale
14) Che funzione sintattica ha il “che” del penultimo rigo?
a) Soggettiva
b) Relativa
c) Dichiarativa
d) Oggettiva
15) Nella frase “La cultura umanistica deve divenire una preparazione alla vita”, quale
funzione logica svolge “una preparazione”?
a) Complemento oggetto
b) Complemento predicativo del soggetto
c) Complemento predicativo dell’oggetto
d) Complemento di qualità
16) Che preciso significato ha il verbo “inizia” del r. 28?
a) Cominciare
b) Aiutare
c) Introdurre
d) Favorire
17) Al r. 39 si trova la parola “scacco”: cosa significa?
a) Sconfitta
b) Vergogna
c) Umiliazione
d) Offesa
18) Che funzione grammaticale ha il “si” in “si riconoscono” del r. 33?
a) Riflessiva
b) Passivante
c) Impersonale
d) Pronominale
19) Cos’è grammaticalmente “devono essere considerati” del r. 13?
a) Un verbo servile con un infinito presente passivo
b) Un verbo fraseologico con un infinito passato passivo
c) Un verbo servile con un infinito passato attivo
d) Un verbo fraseologico con un participio passato
20) A quale tipologia testuale appartiene il presente brano?
a) Testo narrativo
b) Testo argomentativo
c) Testo descrittivo
d) Testo normativo

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