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TACITO, TESTIMONE ED INTERPRETE DI UN'EPOCA

La

recisa

affermazione

posta

ad

apertura

di

capitolo,

"Ora

finalmente

si

riprende

fiato"concentra l'attenzione su un cambiamento politico che si prospetta determinante: pare


quasi di sentire il sospiro sollievo che accompagna la morte di Domiziano (96) e la nomina a
princeps di Nerva (96-98). Questa pagina di Tacito ha il tono di una esaltazione sapientemente
attutita dalla riflessione: dal capitolo emerge infatti un quadro a tinte fosche della dominazione
di Domiziano e degli effetti che produce sulla cultura e sugli uomini. Ma all'immediatezza con
cui si coglie la condanna della prioris servitutis non corrisponde un elogio senza riserve del
nuovo corso dell'impero. Egli si rende perfettamente conto che in ambito culturale difficile
costruire quel che si distrutto cos come comprende che la necessit di coniugare principatus
e libertas costituisce, di per s, una limitazione della libertas politica della classe senatoria,
l'unica forma di libert che gli sta veramente a cuore. In questa questione si annida la chiave di
lettura dell'opera e del pensiero di Tacito: di famiglia equestre, arriva alle pi alte cariche del
cursus honorum ed entra nella classe dei senatori, identificandosi con le loro vedute. In questo
quadro assume un significato preciso tanto il valore semantico di libertas come "libert politica
dell'ordine senatorio" quanto la rinuncia a scrivere del beatissimum saeculum che lo avrebbe
reso sempre pi consapevole del significato ridotto di libertas in et imperiale.
Alla frustrazione dei suoi ideali che sarebbe derivata dal narrare il presente preferisce, con ogni
probabilit, l'analisi dei meccanismi imperiali nell'et giulio-claudia , cosa che gli permette, pur
senza narrarlo direttamente, di spiegare il presente, indagandone le radici.
LA STORIA COME RIFLESSIONE ETICO-POLITICA SUL PRINCIPATO
La vita di Tacito si svolge attraverso le crisi pi profonde che travagliarono l'impero tra la fine di
Nerone (96 dC) e l'et di Adriano (117dC). La prima, vissuta da un Tacito adolescente, era
stata la gravissima crisi che nel 68-69 aveva portato lo stato romano sull'orlo della dissoluzione
(68-69>> anarchia militare>>anno dei 4 imperatori: Galba, Otone, Vitellio, Vespasiano,
conclusosi con l'affermazione di Vespasiano). La seconda crisi, osservata da vicino e quindi
valutata in tutta la sua gravit, coincide con gli anni del "terrore" domizianeo (81-96) . La terza
crisi si lega alla rivolta dei pretoriani (guardia dell'imperatore) che nel 96 imposero al debole
imperatore Nerva l'adozione di Traiano, rappresentante dei ceti militari: balzava nuovamente
alla ribalta la questione della successione imperiale.
Su questo scenario s'innesta la riflessione storico-politica di Tacito. Egli era ben cosciente della
funzione del sistema imperiale, nato per garantire anzitutto che Roma non ripiombasse nel
caos delle guerre civili. A differenza per dell'amico Plinio, che nel Panegirico (Panegirico di
Plinio a Trainano) celebra il nuovo imperatore Traiano in termini enfatici, Tacito non si lascia
andare a grandi elogi del presente; solo all'inizio del cap. 3 dell'Agricola se ne esce con
un'espressione liberatoria: Nunc demum redit animus (ora finalmente si torna a respirare). In
realt, passata la generazione dispotica di Domiziano e superato il momento critico connesso
alla successione di Nerva, Traiano aveva saputo restituire dignit e sicurezza all'impero: ci
consentiva a Tacito di esprimere una sia pur cauta fiducia per il presente. Sempre in quel cap.

dell'Agricola, Tacito riconosce ai due imperatori, Nerva e Traiano, il merito di aver "tenuto
insieme due cose da tempo inconciliabili, principatus e libertas". (Saranno stati verosimilmente
gli ultimi tempi del principato traianeo, con le trame dell'imperatrice Plotina, decisa a portare
sul trono Adriano, a convincerlo che l'aria non era -o non era pi- cos "respirabile" come gli
era parso.
LA NECESSIT DEL GOVERNO DI "UNO SOLO"
Tacito, come tanti altri storici senatori, (Sallustio, Livio ecc.) di tendenza repubblicana,
rimpiange l'antica libertas, ma non un sognatore. Sa che un ritorno alla libert repubblicana
irrealistico dopo le trasformazioni avvenute nell'ultimo secolo, proprio come, d'altra parte,
sarebbe stato ben arduo cercare di far convivere in astratto regalit e ordine repubblicano: in
un passo degli Annales (IV,33) annoter che molto pi facile teorizzare ed elogiare i sistemi
politici (democrazia, aristocrazia, monarchia) che non attuarli in una concreta esperienza
storica.
L'affermazione che il principato ha una sua validit e necessit storica campeggia nel proemio
delle Historiae, dove si legge che "dopo la battaglia di Azio (31 aC, in cui Ottaviano sconfigge
Antonio e Cleopatra) giov allo stato che il potere passasse nelle mani di un uomo solo.
Storico pragmatico, Tacito sa che la vastit stessa dell'impero esige il governo di un princeps :
non vi sono altre ragioni, teoriche, storiche o ideali, ma Tacito uno spirito pragmatico, e
quest'unico motivo, dal suo punto di vista, basta e avanza.
Tacito vuole differenziare la figura del princeps romano da quella di un qualunque monarca di
stampo tradizionale, ma deve riconoscere che il principe dispone di due soli fattori limitanti: il
rispetto (molto formale, per) delle tradizionali libert del civis Romanus e il suo personale
equilibrio o senso della misura.
Poich l'unico fattore oggettivo utile a limitare l'assolutismo monarchico riguarda le qualit
degli individui, si tratter di trovare un meccanismo che eviti allo stato

di essere gestito da

principi incapaci o da despoti. L'adoptio (adozione), per Tacito, l'unico criterio in grado di
assicurare che il principato non sia dinastico o ereditario, come era accaduto al tempo della
famiglia giulio-claudia (da Augusto a Nerone) e della famiglia flavia (da Vespasiano a
Domiziano). In fin dei conti l'adozione rappresenta l'unica possibile forma di libertas nella
nuova era del principato (anche se curioso che si chiami elezione "eligi" in quanto il popolo
non era chiamato a votare, ma solo ad accettare l'eletto). Quest'ultimo, poi, viene scelto
dall'imperatore in carica entro il consesso delle famiglie nobili, quelle che hanno gi dato prova
di saper servire lo stato: la scelta deve ricadere in ogni caso entro la ristretta cerchia
senatoria.
PRAGMATISMO (E IMPERIALISMO) DI TACITO
In astratto la soluzione dell'adoptio prestava il fianco a critiche: non esiste differenza, sul piano
teorico, tra un figlio "generato" e un figlio "adottato"; al re succede sempre il figlio del re. Ma
Tacito, si gi detto, era un pragmatico, guardava sempre al lato concreto dei problemi.
L'adozione era un efficace meccanismo di selezione, e tanto gli bastava. Allo stesso modo egli

includeva nel concetto di "pace", il bene supremo che giustifica il principato, non solo la fine
delle guerre civili, ma anche, se non anzitutto, il regolare funzionamento dell'intero apparato
statale. Quando infatti le lotte per la successione riaprono scenari di lotte intestine, quando il
potere viene gestito da tiranni scellerati, come Nerone o Domiziano, oppure da inetti come
Claudio o Vitellio, il sistema nel suo complesso a perdere di credibilit.
Tacito giustifica l'imperialismo romano con la logica irretibile dei fatti, l'esperienza storicamente
attuata dall'Urbe come civilt giuridica ed etico-politica. Poich solo Roma stata capace di
tradurre in leggi e organizzazione civica tutto quanto va a vantaggio dell'umana convivenza,
a Roma che spetta il diritto di assoggettare gli altri popoli e di diffondere nel mondo le proprie
istituzioni.
LA CLASSE DIRIGENTE E IL PRINCIPE: LECITO COLLABORARE CON IL TIRANNO?
Con il medesimo pragmatismo Tacito traduce per l'oligarchia romana il concetto di libertas:
essa non un'astratta rivendicazione di diritti e prerogative da parte di chi un tempo
governava la respublica, quanto un corretto rapporto, da attuarsi nella pratica, prima e pi che
da teorizzare, tra il principe e il senato, di cui lo stesso Tacito faceva parte. Libertas, per lui,
l'insieme di quelle condizioni che permettono un comportamento verso il principe non servile,
ma di leale collaborazione per il bene supremo dello stato.
Qui si apre la questione che riguarda il reclutamento, l'identit e le prerogative della classe
dirigente atta a governare l'impero. Da una parte era ormai indiscutibile l'autorit assoluta del
princeps, dall'altra si poneva un'istituzione prestigiosa come il senato, il cui ruolo era stato
ridimensionato nei fatti e che aveva dovuto scendere quotidianamente a compromessi, ma che
continuava a rappresentare una linea di continuit con il passato a cui pochi, a Roma, erano
disposti a rinunciare. Quando Tacito parla di libertas intende riferirsi appunto al rispetto dei
ruoli del senato.
La sua riflessione su questo punto delicatissimo, e non privo di risvolti personali, si avvia con
l'Agricola, il cui problema di fondo potrebbe essere cos enunciato: possibile, lecito servire
lo stato con dignitosa libert d'iniziativa quando regna un tiranno? La risposta di Tacito s, e si
tenga conto che l'autore doveva difendere anche se stesso, visto che aveva compiuto il cursus
honorum quasi interamente sotto Domiziano. Per sua voce parlava dunque quella parte "sana"
della classe dirigente di Roma che, una volta salito al potere Traiano, rifiutava di essere colpita
da un'indiscriminata condanna per gli eccessi che avevano macchiato la storia recente.
De vita et moribus Iulii Agricolae
La carriera di scrittore di Tacito perviene ad un primo esito allorch nel 98dC pubblica il "De
vita et moribus Iulii Agricolae", meglio noto come Agricola, iniziato probabilmente l'anno
precedente e scritto in parallelo con la Germania. L'autore vi svolge la laudatio del suocero,
Gneo Giulio Agricola, uomo pubblico molto stimato, conquistatore di gran parte della Britannia
sotto Domiziano, ma rimasto vittima, Tacito cos ritiene, delle gelosie e degli intrighi del
tiranno. Tacito, che non aveva potuto pronunciare l'elogio funebre di Agricola perch assente

da Roma, concep la sua prima opera, (una recitatio per il pubblico colto romano), come una
sorta di risarcimento postumo; ma prudentemente la biografia fu composta e pubblicata dopo
che Domiziano era uscito di scena, a distanza di circa cinque anni dalla morte del suocero.
Nell'Agricola confluiscono generi letterari diversi: elogio funebre, monografia storica e trattato
etnografico, bench il centro della scena resti occupato dalla personalit del generale e dalla
sua virtus civica. L'opera comincia (capp. 1-19) con il riepilogare la carriera del protagonista
prima della conquista dell'isola; concede poi largo spazio (capp. 10-17) a una digressione
geografica ed etnografica sui caratteri e la storia della Britannia, con notizie in parte derivate
dai promemoria privati del suocero, in parte fondate sull'esposizione di Cesare nel De bello
gallico. Dal cap. 18 l'attenzione si concentra sull'impresa militare di Agricola e in particolare
(capp. 29-37) sulla battaglia decisiva.

Il resoconto dei fatti militari in Britannia si alterna a

quello delle reazioni politiche a Roma , secondo la struttura bipartita gi tipica delle monografie
sallustiane. Infine gli ultimi capitoli (39-46) narrano gli ultimi anni di vita del protagonista,
sconfitto dalla corruzione altrui e dall'invidia di Domiziano. Agricola aveva saputo morire in
silenzio, senza cercare quella ambitiosa mors, la morte illustre e teatralizzata, cara agli stoici,
ma che Tacito giudica di scarsa o nulla utilit per lo stato (ne fornir infatti una pungente
parodia narrando negli Annali la morte di Petronio). L'elogio del suocero fa perno, dunque, su
altri valori. Attraverso la sua figura l'autore vuole illustrare come possibile servire con lealt e
competenza lo stato anche vivendo in un regime dispotico e violento. Tacito indirizza accuse
vibranti contro Domiziano solo adesso che il tiranno scomparso: il motivo del silentium
percorre, in controluce, tutto il libretto. Forse la condotta prudente di Agricola aveva suscitato
critiche nell'ambiente degli oppositori di Domiziano e forse analoghe riserve erano state
avanzate

proprio

indirettamente,

se

nei

confronti

stesso.

La

di

scelta

Tacito:

difendendo

moderata

del

Agricola,

suocero,

di

l'autore

difendeva,

collaborazione

senza

compromessi con il potere imperiale, e la sua morte silenziosa, gli paiono le uniche soluzioni
praticabili per chi cercava una mediazione non disonorevole o una via di scampo dalle infamie
del principe. Agricola ritratto come un onesto e capace funzionario, eccellente soldato e uomo
di scienza e cultura. E' una figura di elevata moralit, che presta allo stato la propria opera di
cittadino, rifiutando di porsi come cospiratore e orditore di inganni.
Cap. 3 "Nunc demum redit animus; et quamquam primo statim beatissimi saecli ortu Nerva
Caesar res olim dissociabiles miscuerit, principatum ac libertatem, augeatque quotidie
felicitatem temporum Nerva Traianus, nec spem modo ac votum securitas publica, sed ipsius
voti fiduciam ac robur assumpserit, natura tamen infirmitatis humanae tardiora sunt remedia
quam mala; et ut corpora nostra lente augescunt, cito exstinguuntur, sic ingenia studiaque
oppresseris facilius quam revocaveris: subit quippe etiam ipsius inertiae dulcedo et invisa
primo desidia postremo amatur. Quid? si per quindecim annos, grande mortalis aevi spatium,
multi fortuitis casibus, promptissimus quisque saevitia principis. interciderunt, pauci, ut ita
dixerim, non modo aliorum sed etiam nostri superstites sumus, exemptis e media vita tot
annis, quibus iuvenes ad senectutem, senes prope ad ipsos exactae aetatis terminos per

silentium venimus. Non tamen pigebit vel incondita ac rudi voce memoriam prioris servitutis ac
testimonium praesentium bonorum composuisse. Hic interim liber honori Agricolae soceri mei
destinatus professione pietatis aut laudatus erit aut excusatus."
"Ora finalmente si riprende fiato (si torna a respirare); e sebbene fin dal primo sorgere di
questo beatissimo regno l'imperatore Nerva abbia unito insieme cose da lungo tempo
inconciliabili, il principato e la libert, e Nerva Traiano accresca ogni giorno la felicit presente,
n la tranquillit pubblica sia solo una speranza o un desiderio, ma una ferma fiducia
nell'adempimento di questo ( = bench la sicurezza pubblica abbia un fondamento non solo
nella speranza e nei voti di fiducia, ma abbia la certezza nella realizzazione dei voti), tuttavia
per la natura dell'umana debolezza, i rimedi sono pi tardi dei mali (= operano pi lentamente
dei mali) e come i nostri corpi crescono lentamente, e rapidamente decadono, cos pi
facilmente potresti soffocare(gli ingegni e gli studi >>endiadi) l'attivit dell'ingegno che
ravvivarla (= cos l'attivit intellettuale pu essere soffocata pi rapidamente di quanto si
possa ravvivare): giacch l'attrattiva dell'inerzia stessa subentra e l'ozio, dapprima odioso, in
ultimo si ama. (Lo storico pone l'accento sulla situazione di degrado culturale in clima
dispotico: Secondo la sua analisi, il potere elimina la cultura con l'intento di eliminare
critiche ed opposizioni, ma, in assenza di dibattito culturale, anche le persone pi
brillanti si lasciano andare all'inertiae dulcedo, ossia "al dolce far niente, tanto pi
grave perch contribuisce ad intorpidire le menti) Che (dire)se per 15 anni, spazio
considerevole della vita mortale, tutti i migliori per la malvagit del principe(= Domiziano),
pochi siamo superstiti, per cos dire, non solo agli altri, ma anche a noi (stessi) , essendoci
stati tolti dal mezzo della vita tanti anni, durante i quali siamo pervenuti in silenzio, i giovani
alla vecchiezza, i vecchi quasi agli stessi limiti dell'et compiuta (= della vita)? Tuttavia non
dispiacer di aver scritto, pur con uno stile disadorno, la memoria della servit passata e la
testimonianza dei beni presenti (Da questa frase si evince l'originario progetto storiografico di
Tacito Nell'espressione memoriam prioris servitutis si riconosce l'argomento delle Historiae ,
la cui narrazione prende avvio dal 69 d.C. Con l'espressione testimonium praesentium
bonorum Tacito fa riferimento all'opera che aveva in mente di scrivere sulle vicende del
principato ai tempi di Nerva e Traiano , e che non scriver mai, optando per un'analisi del
principato a partire dalla morte di Augusto (Annales). Intanto questo libro, dedicato al merito
di mio suocero, Agricola, sar lodato, o almeno, perdonato, in virt della professione
dell'affetto (nei suoi confronti) ".

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