Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
La questione nazionale
Le potenze del Congresso di Vienna non avevano tenuto conto del sentimento nazionale che si era sviluppato
in seguito alla Rivoluzione francese e alla dominazione napoleonica. Esso diventò uno degli elementi in grado
di mettere a rischio il nuovo ordine imposto dalla Restaurazione.
Il sentimento nazionale contribuì ad alimentare la questione nazionale, uno dei temi chiave della storia
politica del XIX secolo.
Nel corso dell’Ottocento, l’idea di “nazione” si caricò di uno spessore emotivo e divenne un progetto politico.
Un’intera generazione di giovani mise a repentaglio la propria vita per realizzare un sogno come una sorta di
missione religiosa: contribuire alla nascita di uno Stato nazionale indipendente.
Tutto ciò accade prima nell’America centrale e meridionale e poi in Europa. Questo perché all’inizio del’800 si
sgretolarono i domini coloniali spagnoli e portoghesi e cominciarono a formarsi le nuove nazioni.
Poco dopo in Europa successe la stessa cosa in Europa.
La dottrina Monroe
La dottrina Monroe fu formulata dal presidente James Monroe come monito agli Stati europei, invitandoli a
non interferire nelle questioni americane.
L’America non è determinata a intervenire nelle questioni europee e chiede all’Europa un atteggiamento
analogo. Il presidente richiama la Guerra di indipendenza americana da cui è nata la sicurezza di cui oggi
godono gli americani, un bene irrinunciabile da difendere.
Gli Stati Uniti hanno riconosciuto l’indipendenza delle ex colonie, quindi qualsiasi tentativo europeo di
riconquistarle sarà visto come un attacco ostile verso tutto il continente americano.
Dai governi liberali alle dittature
Gran parte delle nuove nazioni ebbero una forma repubblicana e inizialmente istituzioni liberali-censitarie.
Nell’arco di qualche anno quasi tutte le nazioni, pur mantenendo la forma repubblicana, rinunciarono alle
istituzioni liberali e nacquero delle dittature militari, con eccezione del Cile e del Brasile.
Le nazioni latino-americane nacquero sotto il segno dell’esclusivismo, rappresentarono solo una porzione
ristretta della società: quella dei creoli.
NAZIONALISMO E ROMANTICISMO
L’idea di nazione tra Rivoluzione francese e dominazione napoleonica
Nell’Europa occidentale, la moderna idea di nazione aveva radici nell’età napoleonica, ma attingeva a due
sorgenti di ispirazione differenti
- La Francia rivoluzionaria, dove “nazione” significava “comunità libera e sovrana di cittadini dotati di
eguali diritti”
- Nel momenti in cui gli eserciti napoleonici invasero l’Europa, il nazionalismo si caricò dei motivi di
liberazione dall’occupazione straniera e della valorizzazione delle tradizioni locali
La Francia era una nazione già prima del 1789, un territorio in cui i sudditi facevano uso della stessa lingua e
venivano governati da uno stesso sovrano. Con la Rivoluzione il concetto di nazione assunse un altro
significato: dalla nazione dinastica si era passati a quella popolare basata sulla collettività e l’uguaglianza
(SOCIETA SEGRETE)
CAP 11. LA “PRIMAVERA DEI POPOLI”: IL QUARANTOTTO EUROPEO
Le rivolte costituzionali della “primavera dei popoli”
Nei primi mesi del 1848 l’Europa fu investita da quella che gli storici chiamano “primavera dei popoli”: le
popolazioni (a Parigi, Vienna, Berlino, Venezia, Milano, Praga, Budapest) si ribellarono ai governanti chiedendo
la Costituzione e la trasformazione da sudditi in cittadini.
Il processo rivoluzionario ebbe una spinta decisiva dalla Francia, guidata da repubblicani e socialisti, i parigini
abbatterono la monarchia e proclamarono la Seconda repubblica. Già in aprile prevalsero le forze moderate,
che ritirarono le norme sociali più avanzate: l’insurrezione operaia scoppiata in giugno contro tale politica fu
repressa nel sangue. A dicembre fu eletto presidente della Repubblica Luigi Napoleone Bonaparte, che avviò
una svolta autoritaria e nel 1852 si proclamò imperatore con il nome di Napoleone III.
Mentre il Quarantotto in Francia si caratterizzò per lo scontro fra forze liberali e quelle democratiche e
socialiste, nel resto d’Europa le rivolte unirono al tema costituzionale il problema della nazionalità: così
avvenne nell’Impero asburgico, nella Confederazione germaniche e nella penisola italiana
Il Quarantotto italiano
Il nuovo papa Pio IX nel 1846 avviò alcune riforme liberali suscitando l’entusiasmo dei moderati di tutta Italia e
ponendosi a modello per gli altri sovrani della penisola: il progetto neoguelfo sembrava realizzarsi.
All’inizio del 1848 insorse Palermo: Ferdinando II, re delle Due Sicilie, concesse una Costituzione, seguito dalla
Toscana, dal re di Sardegna Carlo Alberto e dallo stesso papa.
In marzo insorsero Milano e Venezia: in loro sostegno intervenne Carlo Alberto, dichiarando guerra all’Austria
e dando così inizio alla Prima guerra di indipendenza. All’esercito piemontese si unirono inoltre le truppe
inviate dagli altri sovrani della penisola, che però in seguito ritirarono.
Dopo i primi successi, Carlo Alberto fu sconfitto a Custoza e costretto a firmare l’armistizio con l’Austria.
Nel 1849 i democratici presero il sopravvento e proclamarono la repubblica a Roma e in Toscana.
Carlo Alberto riprese la guerra all’Austria ma, nuovamente sconfitto a Novara, abdicò in favore del figlio
Vittorio Emanuele II. Anche i governi rivoluzionari vennero repressi e tutti i sovrani, tranne il re di Sardegna,
abrogarono le costituzioni
MAZZINI
Mazzini aveva militato nella Carboneria e aveva già conosciuto il carcere.
Da esule in Francia nel 1831 aveva fondato la Giovine Italia, che non era una società segreta, ma
un’associazione politica, i cui obiettivi erano dichiarati dallo stesso nome: attraverso l’educazione politica
delle masse, mirava infatti a rendere l’Italia una “nazione di liberi e uguali, una, indipendente e sovrana” e a
darle l’ordinamento di una Repubblica democratica.
La proposta di Mazzini si riallacciava quindi all’idea di Nazione.
Diversamente da altri Paesi che i quegli anni combattevano per la propria indipendenza e autonomia, l’Italia
non si era mai costituita come stato unitario. Tuttavia, almeno fin dall’epoca dei Comuni, si era andata
delineando, secondo Mazzini, una nazione italiana: una comunità linguistica, culturale, religiosa, dotata di
valori e lineamenti propri, che meritava di trovare la propria espressione politica comunitaria.
In questo, il nazionalismo mazziniano si inscriveva perfettamente nella tradizione romantica, che predicava il
principio di autodeterminazione dei popoli, principio in base al quale tutti i popoli hanno il diritto di scegliere il
proprio sistema di governo e devono essere liberi dalla dominazione di altri Stati.
Questo principio è divenuto uno dei fondamenti del diritto internazionale dopo l’inserimento nella
Carta Atlantica (1941) e nello Statuto delle Nazioni Unite (1945).
In più il pensiero di Mazzini aveva una forte caratterizzazione etico-religiosa, tanto da essere spesso riassunto
nella formula “Dio e popolo”: la rivoluzione nazionale da lui predicata era intesa come una missione da
perseguire con profonda fede; non si trattava però della fede in una particolare confessione religiosa, ma di
quella “laica in un Dio” che si poteva indentificare con lo spirito di progresso insito nella storia dell’umanità e
con la libertà e i valori universali che accomunano tutti gli individui, aldilà della loro appartenenza di classe e
sia delle appartenenze nazionali.
L’internazionalismo della proposta di Mazzini convinse anche patrioti stranieri: nel 1834 in Francia, grazie a un
suo progetto, vide infatti la luce la “Giovine Europa”, un’associazione internazionale che riuniva repubblicani
italiani, polacchi e tedeschi. Il pensiero politico di Mazzini esercitò grande fascino su molti giovani italiani e
europei imbevuti di ideali romantici, nonostante fosse complesso, ambizioso e rischiasse di apparire poco
concreto.
Il programma era invece molto chiaro: la rivoluzione nazionale andava condotta attraverso la creazione di una
rete di gruppi di attivisti e di insurrezioni per bande; coordinando azioni di guerriglia. Il presupposto su cui si
basava questo piano era che l’insurrezione del popolo sarebbe venuta in un secondo tempo, come naturale
conseguenza. Previsione che, dalla prova dei fatti, si sarebbe dimostrata errata.
STATUTO ALBERTINO
Lo Statuto concesso da Carlo Alberto di Savoia ebbe vita dal 1848 fino al 1948, quando venne sostituito dalla
Costituzione repubblicana.
Si tratta di una Costituzione concessa (ottriata), non è dunque il frutto di una scelta popolare, ma un dono del
sovrano ai sudditi
La forma dello stato è la monarchia e la religione di Stato è quella cattolica
Nello Statuto è prevista una parziale separazione dei poteri, ma resta evidente la centralità del sovrano.
Il potere esecutivo è detenuto dal re. Il sovrano nomina i ministri che devono rispondere solo a lui e non al
Parlamento.
Il potere legislativo è esercitato congiuntamente dal re e dal Parlamento, a sua volta costituito da un Senato,
di nomina regia e vitalizia, e da una Camera dei deputati, elettiva. Ad avere il diritto erano, però solo coloro
che pagavano un’imposta
Il potere giudiziario è esercitato dai giudici nominati dal sovrano
Lo Statuto è l’espressione evidente di un compromesso fra tre principi costituzionali: quello monarchico,
quello aristocratico e quello liberale. Ai tre principi corrispondono, infatti, i tre organi istituzionali della
monarchia, del Senato e della Camera.
Lo Statuto esprime dunque un “governo misto”, a cui partecipano le varie componenti sociali con l’esclusione
delle masse popolari.
Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge e godono delle libertà individuali. In questo senso lo Statuto è
ispirato ai modelli liberali di Costituzione, che garantiscono esclusivamente l’eguaglianza civile e giuridica
LIBERALI E DEMOCRATICI
I LIBERALI
Il liberalismo moderato era caratterizzato dal rifiuto della Rivoluzione francese, che aveva portato alla
violenza, allo sradicamento della tradizione religiosa, all’egualitarismo e al Terrore. Il suo progetto politico
escludeva rotture rivoluzionarie e moti insurrezionali.
La soluzione del problema nazionale doveva giungere attraverso l’iniziativa dei sovrani grazie a graduali
riforme.
Sul piano politico si proponeva una federazione degli Stati italiani, liberalizzazione dei commerci.
Per quanto riguarda la partecipazione alla vita politica e il diritto di voto, si riteneva che solo un élite di nobili e
alto-borghesi potesse avere la competenza per gestire la cosa pubblica.
A questi orientamenti liberali moderati si accostarono molti cattolici non allineati con la Restaurazione, la
quale riteneva che i valori religiosi non potessero concordare con i principi di libertà e di progresso.
Su posizione moderate fu Alessandro Manzoni, ma anche Camillo Benso di Cavour che auspicava una divisione
tra Chiesa e Stato, un’economia fondata sul liberismo e propose un controllo dall’alto del processo di
unificazione al, contrario delle tendenze insurrezionali mazziniane e garibaldine
I DEMOCRATICI
Le tendenze democratiche, che in Italia facevano capo a Giuseppe Mazzini, puntavano sull’iniziativa popolare
e sui movimenti insurrezionali basati sull’appoggio del popolo.
Proponevano anche radicali cambiamenti di regime politico. La forma propugnata era quella repubblicana ed
unitaria, contro le idee di federazione dei moderati.
Un’altra corrente di democrazia radicali faceva capo a Carlo Cattaneo proponeva un assetto repubblicano che
avesse come modello gli Stati Uniti d’America e salvaguardasse le autonomie delle varie regioni
Al suffragio censitario i democratici contrapponevano il suffragio universale
Le posizioni liberali e democratiche, così lontane tra loro, si avvicinavano nelle questiono sociali. Avevano
l’idea di una progressiva elevazione dei ceti popolari attraverso un’educazione guidata che escludesse i
conflitti tra classi