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Historia mínima de las ideas políticas en América Latina – Patricia Funes

Sommario
Soberanías y emancipación ............................................................................................................................... 1
Fin de la revolución y principio del orden. Ideas para construir estados. ......................................................... 3
De la revolución a la evolución. Orden y progreso............................................................................................ 6
Los centenarios de las independencias. ¿Canto del cisne del orden oligárquico?............................................ 7
La utopía de América. Búsquedas y fundaciones. ............................................................................................. 9
Revolución en las ideas e ideas de revolución ................................................................................................ 11
Antiimperialismo y latinoamericanismo.......................................................................................................... 14
Los adjetivos de la democracia ........................................................................................................................ 16
Bajo el signo de un nuevo orden. Nacionalistas, corporativistas, integristas. ................................................ 17
Estadocentrismo, nacionalismo e inclusión .................................................................................................... 18
¿Populismo o populismos? .............................................................................................................................. 20
Homérica Latina. Donde interesantes eventos están teniendo lugar. ............................................................ 21
Revolución y tercer mundo. ............................................................................................................................ 21
Desarrollo y dependencia ................................................................................................................................ 22
Intelectuales y compromiso ............................................................................................................................ 23
Ideas de plomo. Las dictaduras de las fuerzas armadas en el Cono Sur ......................................................... 24
Prohibido pensar América Latina. De la desaparicion y la recuperacion de ideas. ......................................... 25
La memoria obstinada ..................................................................................................................................... 25

PRIMA PARTE

Soberanías y emancipación
 Un complesso insieme di situazioni sfociò nella dissoluzione dell’ordine coloniale, il tutto nel contesto
mondiale della doppia rivoluzione borghese. Complessità dovuta in America Latina alla convergenza di
due processi sovrapposti: la discussione e il superamento dell’antico regime e la rottura del patto
coloniale che portò alle indipendenze politiche dalle metropoli europee
 Alla visione dell’emancipazione latinoamericana come superamento del coloniale fa da contraltare
un’altra interpretazione, che vede le indipendenze come frutto della passione nazionalista del XIX
secolo (dove l’indipedenza era vista come una finalità ideologica)
 I Caraibi, centro di circolazione geografica e nucleo originale della conquista, fu lo spazio dove si apre e
si chiude il ciclo delle indipendenze. Le indipendenze cominciano ad Haiti (1804) e terminano con Cuba
(1898), tra di esse passa quasi un secolo.
 A partire dalla fine del XVIII secolo, la parola “americano” rimanda ad appartenenze territoriali e
simboliche diverse, nelle quali si sovrapponevano identità locali, e a una continentalità nata dalla
rottura: la cosiddetta nazione americana. Essere americano significava anche avere gli stessi diritti dei
peninsulares, ancor di più dopo la crisi d’autorità nella metropoli scoppiata dopo l’invasione
napoleonica (1808)

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 Il riferimento alla nazione americana faceva parte del nuovo linguaggio rivoluzionario; l’esortazione
era per gli americani, non più per indios o mestizos, dato che queste etichette erano a tutti gli
effetti un retaggio coloniale
 Nella celebre Carta de Jamaica del 1815, Simón Bolívar esprimeva un novomundismo che ha
due sensi: la vecchiaia e l’anacronismo del sistema di dominazione coloniale e l’espressione di
futuro delle “province americane confederate” che hanno “una comunità di origine, lingua,
costumi e religione”
 Inoltre, segna le coordinate dell’America in Occidente: “Americanos por nacimiento y
europeos por derechos”
 Date queste premesse, identifica la forma di governo che più potesse rispettare le radici
americane nell’unione confederata
 Quello di inizio XIX secolo è un americanismo carico di contenuti politici: americano significa patriota,
repubblicano o addirittura cittadino
 Touissant-Louverture, Manuel Hidalgo, José Maria Morelos e José Gervasio de Artigas stirarono al
massimo la profondità sociale dell’appello (schiavi neri, contadini, braccianti rurali).
 Tuttavia, il fronte anti-peninsulare criollo si riferiva soprattutto a bianchi, proprietari terrieri,
hispano- o luso-hablantes
 Le generazioni liberali della prima fase del processo di emancipazione ebbero non pochi
problemi per radicare nella storia una legittimità che incarnasse i principi universalisti ai quali si
ascrivevano. I diritti civili e politici e la repubblica dei cittadini erano, al contempo, punto di
partenza ispiratore e orizzonte d’arrivo
 Chiaramente il passato che si voleva negare e superare era quello di quattro secoli di
oscurità e tirannia della metropoli, ma questa rottura cercò comunque si ancorarsi a una
certa continuità che non smise di appellarsi a un passato indigena non privo di stilizzazione
 La questione indigena fu un tema scomodo nel momento della rottura con la Spagna. E non ci si
riferisce solo alle dichiarazioni di indipendenza, ma anche al movimento previo di differenziazione tra
criollos (o spagnoli-americani) e peninsulares. Per i primi questa differenziazione doveva tenere in
considerazione l’ambiente americano, nel quale il carattere autoctono risiedeva nell’elemento
indigeno, anche dal punto di vista solo quantitativo
 ad esempio, nel nazionalismo messicano vi è un forte elemento di esaltazione mitica del passato
azteco
 L’identità criolla ispanoamericana va di pari passo con la necessaria rivendicazione del mondo
indigeno o almeno del suo glorioso passato
 La situazione degli spagnoli-americani è diversa nell’area andina. Nel vicereame del Perù
sopravviveva con forza una classe di caciques e una nobiltà india attiva nelle comunità, che ostruiva
il potere politico del basso clero. Ciò si espresse drammaticamente nelle sollevazioni andini della
fine del Settecento, condotte da Tupac Amaru e Tupac Katari
 All’inizio del secolo successivo, il ricordo della dura repressione della Gran Sublevación
condotta da Tupac Amaru e Tupac Katari causò sia il timore e la riluttanza dei settori criollos
limegni di rompere con la corona sia la reticenza delle comunità indigene di arruolarsi negli
eserciti indipendentisti
 Nel 1808 Napoleone Bonaparte invadeva la penisola iberica. Carlo IV abdicava in favore del figlio
Fernando VII e questo veniva incarcerato a Bayonne. Napoleone impose come re suo fratello, Giuseppe
Bonaparte. Con la crisi della corona spagnola, cominciarono a nascere i primi dubbi circa i limiti della
sovranità spagnola per quanto riguardava il dominio sulle colonie.
 L’idea di un deposito di sovranità dal monarca al popolo risultava provvisoria e precaria. Si cominciò
a revisionare la relazione tra il re e i suoi sudditi a partire dal patto di asservimento che era a
fondamento della monarchia, arrivando fino a Don Pelayo o Alfonso el Sabio. Il problema era che

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non vi erano colonie ai tempi di quel patto fondazionale; problema che si trasformò in opportunità
per le élite criollas rivoluzionarie che rilessero la totalità di attributi del patto coloniale.
 Nel passaggio da un mondo gerarchico a uno comunitarista, si faceva leva su idee moderne basate su
figure procedenti dalle rivoluzione francese e inglese, come l’individuo, il proprietario e il cittadino. Nel
Nuovo Mondo bisognava creare queste figure e le élite criollas cercano di adottare la visione
giacobinista
 Un aspetto potente delle idee politiche di emancipazione risiede nella tenace insistenza nella forma
repubblicana di governo basata sulla sovranità popolare. Di fatto, la forma specifica nella quale si
incarnò il liberalismo latinoamericano fu la repubblica
 L’Ispano-America, per quanto variopinta e complessa, fu così il terreno dove si presentarono per la
prima volta in maniera sostenuta e massiva le forme repubblicane di governo nella loro versione
moderna
 Se nella prima fase del movimento indipendentista (1808-1815) vi erano più che altro espressioni
velate o audacie radicali, dopo la restaurazione di Fernando VII (1814) sia l’indipendenza sia la
repubblica ottennero un consenso esteso, ostacolato da pochissimi detrattori (della repubblica, non
dell’indipendenza) (pochi, ma non poco validi: Bolivar, San Martin, Belgrano)
 La repubblica appariva come l’idea più espressiva della sovranità popolare e dei principi
contrattuali, inalienabili e indivisibili, che la fondamentavano (es. la costituzione venezuelana del
1811). Uguaglianza di fronte alla legge, sovranità popolare e divisione dei poteri animarono gli atti e
le dichiarazioni costituzionali del periodo, il che non sembrava opporsi alla sempre presente
invocazione al Dio onnipotente e alla difesa della religione cattolica
 Tra il 1815 e la battaglia di Ayacucho del 1825, gli eserciti indipendentisti criollos sconfissero gli spagnoli
e si dichiararono le indipendenze (al plurale perché diversi furono i casi paese per paese) in quasi tutta
la regione
 Parte degli ostacoli e delle sfide consisteva nel detenere l’impulso centrifugo e i conflitti interni che
esprimevano le contraddizioni e i poteri dei caudillos regionali che la guerra stessa aveva mobilitato, il
tutto aggiunto alla sparizione dell’apparato amministrativo coloniale
 Nel momento in cui discutere le carte costituzionali, la preoccupazione per l’eccessiva democrazia,
il freno alle maggioranze, la centralizzazione politica, addirittura la necessità di comandi
personalisti forti o corpi collegiali vitalizi sembravano più accordi con la morale del popolo e lo
stato di civiltà delle società latinoamericane
 Al centro della discussione viene messa la soluzione federalista. La stretta relazione fra liberalismo,
repubblicanismo e federalismo degli anni ’10 dell’Ottocento appariva come un ostacolo sotto
l’imperativo della difesa tanto dell’indipendenza quanto della repubblica stessa alla quale il
federalismo sembrava attentare

Fin de la revolución y principio del orden. Ideas para construir estados.


 La costruzione di un ordine politico alternativo alla dominazione coloniale fu un lungo processo nel
quale si evidenziarono una serie di contraddizioni che sorgono a partire dal momento stesso delle
dichiarazioni d’indipendenza. La frammentazione dello spazio coloniale diede luogo a vari centri di
potere, generalmente a livello regionale, che tessero una trama politica in costante tensione tra
dinamiche centripete e dinamiche centrifughe
 Conflittuale fu il dialogo tra idee illuministe e la reale situazione sociale latinoamericana. Si
imposero soprattutto soluzioni repubblicane demo-liberali come struttura organizzativa di società
indocili, poco disposte ad accettare il rigore della tradizione parlamentarista inglese, il contratto
rousseauiano, il modello costituzionale gaditano o la più moderna versione nordamericana
 Modelli monarchici costituzionali o repubblicani, liberali o conservatori, centralisti o federalisti
vennero provati in forma mai del tutto pura, cercando di scavare le logiche corporativiste
dell’antico regime
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 In una situazione del genere, la preoccupazione centrale era la difesa delle indipendenze non più
contro la dominazione coloniale spagnola o portoghese, ma al fine di evitare dispersioni interne e
lotte fratricide. Questo provocò una nuova cesura, quella fra militari/caudillos e gli intellettuali,
ovvero tra pragmatica del potere e pensiero teorico
 Il primo impulso liberale era stato caratterizzato dall’eccessivo ottimismo da parte delle élite
illuminate riguardo alle leggi ispirate alle nuove idee per organizzare le società latinoamericane. Nel
contesto delle crude logiche post-indipendenza, il comune denominatore fu la centralizzazione
politica e l’abbandono di idee giacobine in favore dei costumi, della storia e dello stato di civiltà dei
popoli americani
 La costituzione boliviana del 1826, redatta da Bolivar, vedeva la coesistenza della sovranità popolare
nella forma repubblicana e di un forte potere personale nelle mani del presidente.
 Non tutte le costituzioni della prima metà del secolo però seguivano massime tanto napoleoniche
(potere al solo), ma si orientavano su posizioni giacobine (potere alla maggioranza, anche se sempre
con un forte elemento unitario e centralista).
 Di fatto tra il 1819 e il 1845, la maggior parte si ispirarono alla Costituzione di Cadice (1812): Gran
Colombia nel 1814, Nueva Granada nel 1830, Argentina nel 1826.
 Vedevano nella costituzione di Cadice il modello principale di fusione dell’Illuminismo anglo-
francese con la tradizione spagnola. La grande differenza stava nel fatto che a Cadice si tentava
di limitare il potere assoluto del sovrano, mentre nelle ex-colonie vi era l’urgenza di rafforzare il
potere dell’autorità centrale
 Un’eccezione è il carattere federale della Costituzione del Messico del 1824. Il federalismo
messicano, a differenza di quello nordamericano, comandava regioni, non cittadini.
 In questo panorama decisamente conservatore e centralista, la Costituzione Cilena del 1833 e
l’esperienza di Diego Portales furono significative. I principi di ordine, gerarchia e centralizzazione
(promossi da un partito autonominatosi conservatore) stabiliti dalla Costituzione del ’33 ressero la
politica cilena fino agli anni ’90 del secolo. La costituzione si considerava come l’unico modo per
garantire la stabilità sociale cilena. Gli ampi potere concessi all’esecutivo e la possibilità di
rielezione presidenziale per due mandati consecutivi resero possibile il successo della politica
cilena.
 Altro tema scottante delle idee politiche della prima metà del XIX secolo è la relazione tra liberalismo e
democrazia. Ci si comincia a interrogare in merito ai limiti della sovranità popolare, della
rappresentazione e dei diritti.
 Abituati all’assolutismo, i latinoamericani non cercano di cambiare forma di potere, ma solo di farlo
passare dalle mani di uno a quelli di più, in particolare dei criollos
 Le idee politiche dominanti in questo periodo risultavano da una combinazione che era, allo stesso
tempo, conservatrice e liberale perché proponeva una repubblica restrittiva nelle mani di una
minoranza di cittadini che reggeva una repubblica aperta a tutti gli abitanti. Tuttavia le
combinazioni potevano essere molto mestizas se si fondevano a progetti di centralizzazione o
federazione: vi furono liberali centralisti, liberali federali, conservatori centralisti, conservatori
federali.
 Il terzo ciclo costituzionale della seconda metà del secolo XIX rinforzò un altro elemento, presente, ma
subordinato nei primi decenni: l’idea di felicità e progresso, nel senso di ricchezza della nazione. Uno
slittamento dalla politica all’economia, al ritmo dell’inserimento dei paesi nel mercato mondiale
secondo la divisione internazionale del lavoro
 Non è possibile tracciare un itinerario univoco del liberalismo, repubblicanismo e democrazia in tutta
l’America Latina. È noto il caso argentino.
 La generazione romantica del 1837 (Esteban Echeverria, Domingo Faustino Sarmiento, Juan
Bautista Alberdi) si esiliò a Montevideo durante la dittatura di Rosas

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 Degno di nota è il pensiero di Alberdi, secondo il quale l’homo economicus è il vero portatore di
valori civilizzatori, è lui il nuovo soggetto rivoluzionario. Alberdi era fermamente convinto
(dopo essere stato anche nel Cile di Diego Portales in seguito all’esperienza montevideana) del
carattere irredento delle società autoctone, definite scarse, misere, incolte e povere. Propone
enfaticamente il trapianto fisico, materiale di immigranti laboriosi e obbedienti. La rottura con
la Spagna sarebbe stata definitiva solo grazie al superamento dell’isolamento, dell’in-
comunicazione, dell’esclusione da ogni commercio con l’estero, di una forza lavoro scarsa,
incolta e indisciplinata.
 In un contesto in cui potere politico ed economico si sovrappongono con sempre maggiore insistenza
come quello delle società latinoamericane alla metà del secolo, il potere della Chiesa svolge un ruolo
determinante. Si tratta di un potere materiale, amministrativo e simbolico difeso dai conservatori,
meno nostalgici dell’ordine coloniale che inclini ad amministrare i tempi modernizzatori, ma convinti
che la Chiesa e la religione cattolica fosse l’unico elemento agglutinante capace di creare delle identità
comuni e dotare di unità le giovani nazioni.
 Il potere economico e simbolico della Chiesa come principio di legittimità politica, come
proprietaria di fondi rustici e urbani e come guida spirituale della società fu il centro delle dispute
tra liberali e conservatori della seconda metà del XIX secolo
 Pio IX promulgò nel 1864 l’enciclica Quanta Cura, nella quale criticava la modernità e il
liberalismo. Indicava qui come errori la separazione della Chiesa e dello Stato, la limitazione al
potere temporale della Chiesa, il laicismo, l’individualismo.
 Un esempio di paese che seguì questi dettami è quello dell’Ecuador, nella sua costituzione del
1869
 All’estremo opposto, il processo secolarizzatore più contundente dal punto di vista politico fu
quello dell’Uruguay, visto che il laicismo è al centro della politica uruguaya
 Un’altra critica alla Chiesa viene dal Cile: Francisco Bilbao, in La sociabilidad chilena (1844), vede
nella religione cattolica le cause del razzismo e nella discriminazione di genere insiti nella cultura
cilena
 Due esperienze di liberalismo radicale furono quelle della Nueva Granada (Colombia a partire dalla
costituzione liberale del 1858) e del Messico
 La lotta ideologica tra liberali e conservatori a Nueva Granada creò identità politiche che
occuparono l’intero secolo, dando luogo al bipartitismo caratteristico della cultura politica
colombiana. Il programma del Partido Liberal, portato a compimento tra il 1849 e il 1885, fu
una delle esperienze più radicali della regione: separazione Stato-Chiesa, abolizione della
schiavitù, l’espulsione dei gesuiti, il suffragio universale, diretto e segreto, soppressione della
pena di morte, l’abolizione dell’esercito, la nazionalizzazione dei beni della Chiesa. La
costituzione di Rionegro (1863) portò il liberalismo a picchi ancora più alti
 Il programma liberale del 1863 fu ammortizzato durante i governi della cosiddetta
Regeneración, alleanza liberal-conservatrice che stabilì uno Stato forte e centralizzato, una
modernizzazione conservatrice, un forte presidenzialismo che consolidò l’autorità statale
basata su precetti che coniugavano il potere della Chiesa con il positivismo
 In Messico il conflitto si giocava tra il garantire le libertà individuali ed economiche e il creare
uno Stato forte, un’autorità che effettivamente abbracciasse la sua sovranità di fronte a dei
poteri corporativi e comunitari che erano in vigore
 La storiografia ufficiale tende a non dare grande importanza alle guerre interne avvenute in questi anni;
tuttavia, nonostante sia certo che la guerra soffoca le idee, è altrettanto certo che le plasma. Queste
guerre interne ed esterne definirono uno degli attributi dello Stato, il territorio; a dire il vero, però, non
si limitarono a segnare sulle mappe le frontiere politiche, ma modificarono anche la bussola nel
cammino delle idee

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 A differenza delle guerre anticoloniali, quelle della prima e della seconda metà del XIX secolo (fino
al 1880 circa) di solito combinano guerre esterne (per quanto precarie siano le frontiere ereditate
dalla dominazione coloniale, eccezion fatta per il Messico) con guerre interne

De la revolución a la evolución. Orden y progreso.


 Evoluzione, pace, amministrazione, armonia sono concetti legati alla dinamica modernizzatrice e
civilizzatrice del discorso politico alla fine del XIX secolo: libertà come mezzo, ordine come base e
progresso come fine. Quest’appello all’ordine e alla conoscenza positiva investiva tutti gli spazi del
potere: saggi, filosofi, pensatori, umanisti, intellettuali si sovrapponevano in uno spazio ancora
indeterminato da frontiere di discipline tra le belle lettere e la politica
 Consolidare lo stato supponeva anche la creazione di una nazione e l’invenzione di simboli idiosincratici
portati dal passato in maniera selettiva. Il passato fu costruito per dotare di spessore e fondamento le
giovani nazioni.
 Questo tipo di modernizzazione supponeva quindi una nuova minuziosa descrizione del passato e
del presente delle società latinoamericane; nuova perché il processo di secolarizzazione in atto
aveva neutralizzato, nella maggior parte dei casi, la religione cattolica come fonte esclusiva del
sapere e di legittimità.
 Al posto suo, la religione positivista impregnò i più vasti territori culturali, trasformando il
passato in un racconto a fini pedagogici. Questo spiega il fiorire del genere del relato
historiografico
 La narrazione storica del XIX secolo, nelle sua versione romantica ad narratum o in quella positivista ad
probandum, iniziava sempre dall’indipendenza, quindi supponeva teleologicamente che gli stati erano
prefigurati già dal momento stesso della rottura coloniale. Questa narrativa fondava la nazione più
contro il suo passato che a partire da esso, dato la cultura dei popoli autoctoni era sempre omessa o
censurata (e lo stesso succedeva con la classe rurale, la cui importanza nei processi di indipendenza
veniva negata)
 Questo culto della narrazione biografico-moraleggiante e illuminata trascurava la partecipazione
delle classi subalterne nei processi storici e addirittura considerava negativamente le loro
leadership
 Vi furono però eccezioni. La più celebre è quella di Justo Sierra, che, per quanto riguarda la
storia del Messico, scriveva in merito all’importanza di Cuauhtémoc (l’ultimo cacique che
affrontò Hernan Cortés) e di Benito Juarez, meticcio di sangue indigeno che guidò la riconquista
del Messico dall’invasione francese. Con essi, lo storico riconosceva il protagonismo del popolo
messicano
 Una situazione simile riguardava gli usi della lingua. Nessuno questionava il castigliano come lingua
statale, ma dal subcontinente si levano voci (Andres Bello) che sollevano il problema relativo alla
grammatica
 In nessun altro luogo lingua e legge si istituirono come fondamenti della nazionalità come durante i
governi della Regeneracion in Colombia, dove alla difesa del cattolicesimo come fonte di legittimità
politica si sommò un curioso culto della grammatica
 Nel processo di consolidamento statale predominarono le idee positiviste che si trasformarono in una
specie di religione civica atta a risanare la spaccatura esistente tra il discorso legittimante l’azione e le
pratiche politiche.
 Le idee positiviste intervennero nella configurazione degli stati da una parte perché alle idee di
civiltà e progresso conferivano una legittimità scientifica, dall’altra perché fecero da guida per
diverse istituzioni statali (educazione, giustizia, salute)

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 La terza generazione positivista, nella sua versione della sociologia clinica, identificò nella
composizione razziale delle società latinoamericane i segni identitari della nazione, ma anche e
soprattutto la causa principale dei freni allo sviluppo
 Questa visione mostra una totale disillusione riguardo il potere della libertà individuale e
l’autodeterminazione, qualità che dal terreno filosofico passarono al piano politico
 Si voleva cercare di definire el alma nacional per sviluppare un progetto politico che vi potesse
aderire. Da qui si associa la genetica sociale al tema dell’identità e questo con l’ordine politico
 La saggistica del primo decennio del secolo era piena di metafore organico-biologiche per
esprimere la nazione
 Alla base vi era l’idea secondo la quale ogni razza aveva una marcata costituzione fisica e che
tramite essa si trasmettevano in eredità le caratteristiche psicologiche
 L’unità delle scienze sotto l’egemonia delle scienze naturali rende necessarie le operazioni di
classificazione e gerarchizzazione. Ciò si manifesta senza alcuna mediazione nel caso del mestizaje,
per il quale si ricorre a concetti quali ibridismo, atavismo, primitivismo, degenerazione. A ogni
mestizo fisico ne corrisponde uno morale.
 Il fine ultimo di tutte queste tassonomie, siano esse di ordine etnico o di genere sessuale, è la
ricerca di corrispondenze tra società e ordine politico. Razze, eredità, atavismi e gerarchie
dimostravano gli inclusi e gli esclusi da civiltà e progresso, così come prestavano una legittimità
pragmatica e alternativa ai principi liberali di uguaglianza
 Immigrazione ed educazione erano le soluzioni considerate più valide
 L’immigrazione veniva concepita come una doppia soluzione: alla scarsezza di forza lavoro e
alla necessità di migliorare la razza e estirpare la componente indigena dalle popolazioni
latinoamericane
 Proprio nei posti dove questa concezione a più successo, come in Argentina in
concomitanza con il primo centenario della Rivoluzione del 1810, essa comincia a essere
questionata e a fare posto a una sempre crescente xenofobia, in cui l’immigrato viene
denigrato alla pari di indios, mestizos, mulatos, negros.
 L’immigrato viene visto come un approfittatore, che beneficia della generosità di una
terra a cui non dà nulla in cambio se non delinquenza e prostituzione, ma anche e
soprattutto anarchismo e socialismo

Los centenarios de las independencias. ¿Canto del cisne del orden oligárquico?
 Nelle commemorazioni dei centenari delle rivoluzioni d’indipendenza, le élite elaborarono significati e
contenuti nazionali: progresso, amministrazione, ordine, civiltà
 Tuttavia, da un punto di vista storico i centenari possono essere intesi come il canto del cigno
dell’ordine oligarchico. Questa autoesaltazione non poteva occultare le crepe ormai troppo
profonde nella società: la protesta operaia e contadina e quella dei settori medi (insomma, di tutti
gli emarginati sociali)
 Alcuni casi
 In Cile, la già citata stabilità in questo periodo lascia intravedere delle fessure nelle quali si
inseriscono voci estremamente critiche. Tra tutte, quella di Luis Emilio Recabarren, padre del
movimento operaio in Cile: col suo primo discorso (1910), così come Diego Portales aveva fondato
la genealogia della destra cilena, egli fonda quella della sinistra
 In Perù
 Augusto B. Leguía iniziava il suo governo nel 1919 (fino al 1930). Da subito favorì la creazione di
una nuova plutocrazia associata ai forti investimenti di capitale straniero che si decuplicarono
negli anni Venti. Chiamò il suo piano modernizzatore Patria Nueva, con il quale si impegnava a
difendere i diritti di contadini, operai e studenti

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 Le intenzioni iniziali svanirono in fretta, dato che poco tempo dopo fece reprimere le rivolte
contadine nella Sierra Sur e gli scioperi operaio-studenteschi a Lima
 Tre eventi pubblici richiamano l’attenzione
 La celebrazione del centenario dell’indipendenza del Perù, il 28 luglio 1921 (a dire il vero il
meno importante)
 Un’importante protesta pubblica contro Leguía, guidata da studenti e operai il 23 maggio
1923. La manifestazione costituisce la nascita della cosiddetta Generazione del Centenario,
formata da voci che lottarono contro e invertirono tutti i valori del Perù blanco, costeño y
oligárquico. Fu l’apparizione pubblica di Victor Raul Haya de la Torre, allora presidente della
Federazione di Studenti Peruviani e fondatore nel 1924 dell’APRA (Alianza Popular
Revolucionaria Americana); fa la sua comparsa pubblica anche José Carlos Mariategui
 Hanno origine i dibattiti che saranno fondazionali della discussione politica
latinoamericana del XX secolo: indigenismo, socialismo, nazionalismo, anti-
imperialismo. Le nuove generazioni discutono l’ordine precedente, ma dibattono anche
le loro germinali idee nate sulla scia della Rivoluzione Sovietica, di quella messicana o di
entrambe
 Il centenario della battaglia di Ayacucho, il 9 dicembre 1924, tappa storica che
comprometteva tutta l’America del Sud e che aveva avuto luogo in territorio peruviano. Fu
l’evento certamente più fastoso
 Leguía approfittò del clima di festa per modificare la Costituzione in maniera tale che
fosse possibile la sua rielezione: quello che era nato come Patria Nueva si trasforma in
Oncenio
 Furono invitati intellettuali da tutto il subcontinente in un clima di esaltazione
dell’identità latinoamericana comune, segnando un importante passo in avanti nella
convergenza di intellettuali e potere
 Per dimostrare la loro stabilità e la loro forza, i paesi neo-centenari devono compararsi con tre specchi
 Le nazioni civilizzate. Le classi dirigenti americane inaugurano una politica guidata dall’ossessione
del buon giudizio di viaggiatori e visitanti. Si mostrano come il punto più alto dell’evoluzione
 Vanno imitate e si vuole assomigliare a loro
 Le nazioni vicine. È costante la lotta per il mantenimento dei confini
 Vanno ignorate
 Gli altri interni
 Vanno segregati ed esclusi
 Durante le celebrazioni dei centenari, le menzioni alla Spagna si limitano all’evocazione delle battaglie
militari delle guerre d’indipendenza. In questi casi, le pubblicazioni e i documenti ufficiali trascurano il
carattere rivoluzionario o anti-coloniale della rottura con la Spagna (anzi, vi è una specie di ritorno alla
cultura spagnola)
 Le narrazioni ufficiali ripudiano il concetto di rivoluzione in favore di quello di evoluzione, più vicino
alla sensibilità positivista
 Il racconto storico si incentra quindi più su grandi uomini, sulle loro biografie e sulle loro imprese. Il
punto zero da cui far partire la storia consiste nelle proclamazioni d’autonomia da parte dei cabildos
 Questo ritaglio temporale veniva applicato anche nello spazio pubblico, soprattutto nelle capitali:
viali, diagonali, palazzi, statue e monumenti vengono inaugurati, anche al fine di sostituire
conventillos e cortiços
 Un rifermento inevitabile, nei documenti ufficiali, è quello alla bianchezza e alla crescente
europeizzazione della popolazione: fuori dal taglio sociali restano neri, indios e mestizos
 Argentina
 L’anno fondamentale è il 1910

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 È l’anno in cui arriva il maggior numero di immigrati nella storia del paese, 289mila
 I festeggiamenti del centenario si celebrarono in grande stile, ma in stato d’emergenza per via
delle tensioni suscitate dall’attentato dell’anno precedente al capo della polizia per mano degli
anarchici
 Era stata quindi promulgata la Ley de Defensa Social al fine di limitare, prevenire e
penalizzare le sollevazioni operaie
 La doppia faccia della modernizzazione argentina risiede proprio nel fatto che
l’immigrazione europea viene favorita dalla classe amministrativa, ma poi immigrato
diventa sinonimo di socialista, anarchista, dissidente, nemico interno
 È l’anno delle elezioni nazionali (pag. 92)
 Messico, è il caso più evidente di come è stato silenziato il canto del cigno modernista in America Latina
 Porfirio Diaz governava il Messico dal 1876 e si propose di celebrare il Grito de Dolores con
magniloquenza: mentre le compagnie straniere privavano le comunità contadine delle loro terre e
la crisi economica colpiva i settori operai, Diaz si impegnò a trasformare Città del Messico in Parigi
 Appena 19 giorni dopo le celebrazioni del centenario, il 5 ottobre 1910, Francisco Madero,
leader dell’opposizione, lanciava il piano San Luis Potosì per sollevare la tirannia di Porfirio Diaz.
L’anno dopo, ci fu la sollevazione contadini guidata da Emiliano Zapata. La prima rivoluzione del
XX secolo latinoamericano estaba en marcha.

SECONDA PARTE

La utopía de América. Búsquedas y fundaciones.


 Gli anni Venti, in America Latina, sono anni di transito, in cui viene fondata un’importante tradizione
che cerca di dare una risposta a delle nuove domande di tipo intellettuale, culturale e politico che
interesseranno tutto il XX secolo latinoamericano. Negli anni Venti vengono inaugurati dei problemi che
saranno enunciati dal pensiero politico in forma teorica e che si realizzeranno praticamente in politica
nei due decenni successivi
 La Prima Guerra Mondiale segna la caduta di quella presunta assolutezza che fino ad allora era
stata data a concetti come Ragione, Civiltà/Civilizzazione, Progresso, Scienza, Positivismo. Proprio
negli anni ’20 nascono, tra gli spazi vuoti lasciati da questi concetti un tempo assoluti, nuovi
cammini extra-disciplinari ed eterodossi con i quali analizzare il Nuovo Mondo
 Se l’Occidente viene quindi visto come decadente, l’America, invece, ringiovanisce e promette. A
partire dagli anni Venti nasce l’interesse per una riscoperta e nuovo incontro (chiaramente sempre da
un punto di vista euro-centrico) con l’America Latina, ora vitale e sensuale
 Miguel Ángel Asturias, Alejo Carpentier, Heitor Villa Lobos, Lydia Cabrera [questa è l’unica che non
è scritta nel libro, ma secondo me ci sta bene] sono tutti intellettuali che, per riscoprire il loro
mondo d’origine, sentono la necessità di guardarlo da lontano (da Parigi, uno dei più grandi centri
per la pubblicazione di letteratura ispanoamericana di inizio secolo assieme a Barcellona)
 Per quanto possa risultare paradossale, è fondamentale la connessione fra l’avanguardia
europea e il ritorno degli intellettuali latinoamericani alle proprie origini
 Il saggio viene scelto come forma principale per rivalutare un’America Latina nella quale si riscatta tutto
ciò che è rurale, etnico e tellurico (nel senso di fortemente legato alla Terra/terra). Allo stesso modo,
nella narrativa e nelle arti visive si impone come tema privilegiato la natura intesa come forza originaria
e sanguigna
 L’altro (assieme al subcontinente americano) grande centro d’interesse dell’epoca era rappresentato
dalla Rivoluzione in Russia, che, alla pari dell’America Latina, era una società non tradizionalmente
occidentale né del tutto europea

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 Sono le periferie del mondo che, lette da altre periferie, appaiono più vitali e stimolano sia a
rivedere il passato sia a immaginare (in chiave socialista) il futuro
 Vi furono una serie di progetti comuni. Su tutti, verso la metà del decennio, Víctor Raúl Haya de la
Torre promuoveva la creazione di un partito politico latinoamericano, l’APRA (Alianza Popular
Revolucionaria Americana). Nonostante il partito abbia ottenuto solo poche cellule nei vari paesi, i
postulati dell’aprismo acquisirono numerose adesioni politiche, culturali, ideologiche.
 Il 22 settembre 1927, su proposta del sen. Higinio Álvarez, il Senato messicano approvò un progetto
di legge per invitare i governi latinoamericani a stabilire una cittadinanza latinoamericana, con gli
stessi diritti e dovrei dei paesi d’origine
 Fino agli anni Venti non vi era stato spazio per gli interventi in campo politico degli intellettuali, ora
considerati come trabajadores del pensamiento. Ciò segna un evidente punto di rottura rispetto all’idea
di aristocrazia del sapere, idea che, imposta dal modernismo, vedeva gli uomini di cultura come dei
misantropi rinchiusi nella torre d’avorio in difesa di ciò che era buono, giusto e bello
 La generazione post-bellica è caratterizzata da un intervento sociale da parte della classe
intellettuale, la cui nuova sfida è quella di guidare, in nome della nazione, la classe operaia, le
masse popolari, l’esercito, gli indigeni
 Il luogo degli intellettuali è a metà tra il campo della cultura e quello del potere. Gli hombres de
ideas latinoamericani degli anni Venti privilegiarono il campo della cultura e della società,
situazione che, verso la fine del decennio, confluirà in una concezione più tradizionale di politica,
ovvero verso lo Stato
 Ciò avviene per la prima volta in Messico. I caudillos militari rivoluzionari hanno bisogno degli
intellettuali per ricostruire e legittimare il nuovo Stato. Dal loro punto di vista, alcuni
intellettuali sentivano di dovere svolgere la missione di de-barbarizzare e de-militarizzare un
potere che si riproduceva e si legittimava grazie alla violenza
 Nel caso peruviano, si alza la voce degli indigenisti cuzqueños, che, da fuori dello Stato e contro
di esso, parlavano in nome degli indios per discutere e invertire l’immaginario di un Perù
costeño, limeño y blanco
 La tradizione liberale aveva individuato nella cittadinanza l’elemento su cui porre enfasi per avere una
definizione di nazione; la tradizione positivista nella morfologia razziale. Entrambe le visioni
escludevano il passato e creavano una nazione più escludente che inclusiva
 Negli anni Venti, il pensiero latinoamericano cerca formule per allargare la nazione nel tempo
(appellando al passato, alle tradizioni, alle origini) e nel volume sociale (iniziando a considerare
l’Altro, fino a quel momento escluso)
 La Nazione diventa più antica. Più drastiche sono le revisioni, più indietro nel tempo arriva la
ricerca dei simboli per giustificare lignaggi e stirpi
 Su tutti, il recupero del mito di Quetzalcóatl
 La nazione si allarga anche in quanto a densità sociale: neri, indigeni, campesinos/contadini
vengono incorporati alla discussione sul nazionale in un gesto di rottura provocatorio rispetto
all’esclusione politica, sociale, economica ed etnica dell’ordine oligarchico.
 Dal punto di vista filosofico e gnoseologico, si può parlare di una crisi del paradigma. Vi è un esplicito
rifiuto del positivismo, ideologia che aveva sostenuto l’ordine oligarchico e il transito delle società
latinoamericane verso la modernizzazione
 Il progresso, la razionalità, l’evoluzionismo sociale rettilineo e omogeneo, la tutela del pensiero
europeo furono al centro di critiche e controversie. Si ripresentò così la preoccupazione riguardo le
possibilità di un pensiero latinoamericano originale, che non fosse una copia esotica del pensiero
europeo: è questo il pensiero relativista
 Colui che portò il relativismo nel campo della teoria politica fu Víctor Raúl Haya de la Torre, il
quale, con una metafora dell’idea einsteiniana, elaborò la sua dottrina dello spazio-tempo

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storico per spiegare le temporalità latinoamericane, invertire la tesi leninista dell’imperialismo
e proporre la sua teoria delle trasformazioni sociali (specifiche in base alla regione cui si
riferiscono)
 Il rifiuto del positivismo implica anche il rifiuto delle gerarchie razziali. Il mestizaje/meticciato si
impose (fino ad oggi) come una delle definizioni più forte per tutta l’area
 Un’idea centrale di questi anni è quella di un meticciato non più razziale, ma spirituale. La
nazione è un concetto che rimanda all’armonia, al noi, alla fratellanza al di sopra di ogni
differenza di etnia, classe sociale, regione, cultura; da ciò deriva il fatto che meticciato
spirituale va inteso come idea, funzionale e imprescindibile, di sintesi degli opposti e fusione
delle differenze
 Si impone l’idea di crisol de razas (crogiolo di razze). Si parla anche di sintesi viventi o di
razze cosmiche; in ogni caso, l’idea è quella di cancellare le differenze (e non tanto le
disuguaglianze)
 L’associazione tra il problema indigeno e quello della terra venne stabilita da José Carlos Mariátegui nei
Siete ensayos
 La questione indigena si trasformerebbe in questione contadina e la terra è il passaporto
dell’inclusione nel discorso politico delle sinistre (per esempio, in Messico i contadini entrano nella
nazione in virtù dei 10 anni di partecipazione nell’esercito zapatista)
 Le frontiere economiche dell’America Latina si ridussero di fronte o contro il dominio imperialista.
L’opposizione alle aggressive politiche militari degli Stati Uniti in America Centrale e nei Caraibi
ridussero la quantità di problemi e inquietudini interni (ovvero tra paesi dell’America Latina). Quando
devono affrontare un Altro, i paesi si uniscono.
 L’anti-imperialismo del primo dopoguerra rafforzò nel discorso politico i topici di autonomia,
autodeterminazione, sovranità, indipendenza
 Nasce la preoccupazione se l’America Latina debba essere intesa come Ariele, Calibano o
Prospero (cfr. Roberto Fernàndez Retamar)
 Negli anni Venti si riconsidera la relazione dell’europeo con il non-europeo. La guerra, la creazione della
Società delle Nazioni e soprattutto la Rivoluzione Russa allargano il mondo. Le sinistre comuniste e non
comuniste, i pacifisti, gli anticolonialisti e gli umanisti riconobbero nell’antimperialismo uno spazio per
affacciarsi al mondo extra-europeo

Revolución en las ideas e ideas de revolución


 La crisi che seguì la Grande Guerra mise sotto giudizio tre concetti chiave del “lungo XIX secolo” (Eric
Hobsbawm)
 Quello di assoluto, soprattutto in relazione alla ragione illuminista e alla gnoseologia positivista
 Quello di civiltà, così come della conseguente idea di progresso
 Il soggetto liberale
 La Rivoluzione Sovietica commosse l’intero secolo XX. Orizzonte e presente del socialismo sembravano
oggettivarsi in un modo forse non previsto e molto probabilmente dal luogo più inaspettato e perciò
promettente per l’America Latina
 La rivoluzione fu una delle novità del dibattito politico latinoamericano degli anni Venti, dal
momento che cessava di essere un qualcosa di utopico e si materializzava in due società concrete
(russa e latinoamericana), entrambe non classicamente europee
 La Rivoluzione Messicana dimostrava la fattibilità storica concreta (e con uno stile originalmente
latinoamericano) de rompere l’ordine oligarchico a partire dal concorso di un movimento di massa.
 Nonostante la sconfitta degli eserciti contadini di Emiliano Zapata e Pancho Villa già fosse un dato
di fatto, le loro cause rimasero plasmate negli articoli 27 e 123 della Costituzione di Querétaro
 La Rivoluzione Messicana fu centrale nella discussione politica delle nuove generazioni
latinoamericane. In essa si coniugavano un insieme di temi nevralgici delle società della regione: i
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contadini, il meticciato, il nazionalismo, i diritti sociali, il ruolo dello Stato, la sovranità, ma
soprattutto la relazione tra intellettuali e politica
 La rivoluzione diventa un problema assiale del pensiero politico degli anni Venti e, di
conseguenza, di tutto il XX secolo. Per alcuni, nelle società latinoamericane e nel contesto di
erosione del liberalismo, la rivoluzione è un cammino per completare, costruire o allargare la
nazione. Altri, al contrario, pensano all’invocazione alla nazione come a una via per
neutralizzare o evitare la rivoluzione stessa
 In ogni caso, è evidente come il significato del termine rivoluzione non può che essere
ambiguo. Nonostante non a ogni tipo di cambiamento potesse essere dato il titolo di
rivoluzione, questa può essere di vario tipo: anticoloniale, socialista, sociale, proletaria,
comunista, anti-imperialista
 Nel primo decennio della rivoluzione, lo spazio per le attività intellettuali sembrava inesistente;
divenne, tuttavia, rilevante negli anni Venti. Questa relazione ebbe un punto di svolta definitivo
con l’intervento di José Vasconcelos nella Secretaria de Educación Pública (1921-24) durante il
governo di Álvaro Obregón
 Le relazioni erano funzionali: i caudillos militari avevano bisogno degli intellettuali per
costruire il nuovo stato e questi, nella maggior parte dei casi, sentivano la missione di de-
militarizzare un potere che si riproduceva grazie alla violenza
 Vasconcelos utilizza un’allegoria per indicare l’attività intellettuale in tempi di rivoluzione:
la lotta tra Quetzalcóatl e Huitzilopochtli (alter-ego del primo, quindi un Dio guerriero,
sanguinario, barbaro). Il dramma politico-sociale del Messico degli anni Venti si inquadra
come frustrazione del progetto liberale di Madero e come sovranità delle armi al di sopra
della politica e della cultura: la educazione si ispira a Quetzalcóatl, ma Quetzalcóatl non
regna, poiché il posto è occupato da Huitzilopochtli il sanguinario, che andrebbe deposto.
 Vasconcelos disegnò un’audace ed energica politica educativa, convocando gli intellettuali,
per sviluppare un ambizioso piano di alfabetizzazione. Sviluppò un progetto civilizzatore nel
piano della cultura e della politica che si ispirava all’idea di México mestizo, alla promozione
iconografica della cultura indigena e a un eclettico ibero-americanismo arielista.
 Le allegorie di Vasconcelos avevano un fine evidentemente politico, ovvero puntavano al
rafforzamento non solo identitario, ma anche istituzionale del frammentato Stato
messicano. Ciò suppose, non senza tensioni, un rafforzamento dello Stato, un ampliamento
della sua sovranità e un maggiore controllo sulle realtà regionali
 Alfabetizzare, educare, nazionalizzare in un senso popolare si convertirono in una corciata
che smosse risorse, persone e idee che ebbero un grande impatto sulla discussione
latinoamericana
 L’istituzionalizzazione della Rivoluzione Messicana sotto l’egemonia della borghesia stabiliva
quindi le coordinate sociali e politiche e soprattutto uno strumento che si sarebbe dimostrata
particolarmente efficace per la governabilità del Messico: l’assorbimento egemonico delle
contraddizioni sociali per mezzo del partito, la appropriazione dell’eredità rivoluzionaria e la
corporativizzazione all’interno di un partito che combacia sempre più con lo Stato stesso
 Questa istituzionalizzazione, secondo molte interpretazioni, raggiunse il suo
completamento durante la presidenza di Lázaro Cárdenas, nella quale svolse un ruolo da
protagonista Lombardo Toledano, attraverso una serie di misure eccezionali, come
l’attuazione della riforma agraria e la incorporazione della classe contadina (la sua
sindacalizzazione e organizzazione), la nazionalizzazione del petrolio, la creazione del
Partido de la Revolución Mexicana come espressione delle richieste sociali
 La circolazione di idee in merito alla Rivoluzione acquisì forme diverse. Da un lato, il governo
rivoluzionario inviò i suoi più eminenti uomini di lettere ai diversi paesi latinoamericani, in una

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specie di ambasciate culturali, in modo tale dal stabilire relazioni sia con gli altri governi sia con
le generazioni contestatarie, critiche e giovanili; dall’altro lato, fu fondamentale la politica di
protezione nei confronti dei perseguitati e oppositori politici dei governi dittatoriali o autoritari
della regione (il Perù di Leguía, la Cuba di Machado, il Venezuela di Gómez)
 Un altro grande pensatore della Rivoluzione Messicana fu José Ingenieros, che la interpreta
come contraltare della Rivoluzione Russa
 Per Ingenieros “la Rivoluzione Messicana è una rivoluzione nel senso più assoluto del
termine: politico, economico, sociale ed educativo […] E il socialismo dei messicani è
puramente messicano, senza vincoli internazionali”
 Passiamo ora al caso peruviano. La Rivoluzione Messicana è stato un riferimento cruciale
nell’architettura ideologica dell’APRA (Alianza Popular Revolucionaria Americana), fondato nel maggio
del 1924 da Víctor Raúl Haya de la Torre durante il suo esilio nel Messico di Vasconcelos
 Per l’aprismo, la Rivoluzione Messicana è il primo sforzo vittorioso di un popolo indo-americano
contro la doppia oppressione feudale e imperialista. La Rivoluzione, che nella concezione aprista è
stata sociale, non socialista, e nazionale, in Messico si è costruito uno Stato nazionale non classista:
qui risiede il punto di convergenza tra rivoluzione e nazione e il punto di transito tra l’una e l’altra
 Víctor Raúl Haya de la Torre fa sua la posizione del 1926 di Lombardo Toledano, per il quale lo
Stato messicano accettava la divisione della società in oppressi e oppressori, “ma non vuole
considerarsi incluso in nessuno dei due gruppi”
 José Carlos Mariátegui scrisse, tra il 1924 e il 1930, una serie di articoli analizzando da vicino il
processo politico messicano. Nel 1928 il tono della sua analisi sugli orizzonti della rivoluzione si
radicalizza: vede caratteri vicini al socialismo nella Rivoluzione Messicana, il che lo porta a rompere
con l’aprismo
 Nel Perù degli anni Venti, nel contesto della dittatura di Leguía, si installò uno dei dibattiti più
profondamente radicati nella cultura politica latinoamericana. La polemica tra Haya de la Torre e
Mariátegui inaugurò una discussione che avrebbe avuto molto peso nei progetti di trasformazione
sociale di tutta l’area: riforma o rivoluzione?
 I due condivisero inizialmente un territorio di idee affini, fino al 1928, il cui fine era sempre
quello di Peruanizar al Perú. Le differenze ideologiche tra i due si fecero evidenti a partire dalla
proposta di Haya di creare un partito politico peruviano
 Per l’APRA gli attori della trasformazione rivoluzionaria sarebbero stati le classi produttrici, i
lavoratori manuali e intellettuali, unione di operai, contadini, indigeni, con studenti, maestri di
scuola, intellettuali d’avanguardia, ecc. insomma, un movimento eterogeneo e fortemente
inclusivo (Alianza: incorporazione di vari partiti e organizzazioni; Popular: allude a una
convocazione pluri-classista; Revolucionaria: di una Rivoluzione nazionale; Americana: per
sottolineare il carattere continentale)
 Il punto di non ritorno consiste nella strategia aprista del cosiddetto Plan de México (gennaio
1928), nel quale Haya propose la creazione del Partido Nacionalista Libertador Peruano, che
potesse portare avanti i postulati dell’aprismo anche in Perù.
 L’obiettivo era organizzare una spedizione dal Messico per rovesciare Augusto B. Leguía. Di
fatto, si voleva emulare Zapata e l’insorgenza contadina messicana, proponendo un partito
moderno, una rivoluzione per installare una democrazia funzionale dal punto di vista della
sinistra marxista. Nella lettera dell’aprile 1928 scritta ad Haya, Mariátegui esprime con dure
parole il suo disaccordo, visto che in tutto il programma “non vi era una sola parola di
socialismo”
 Per Mariátegui, il quale credeva in una rivoluzione che fosse sentimento, passione,
rischio e compromesso con l’azione, l’unica soluzione valida è quella socialista. È questa
la spaccatura che lo separa dalla proposta aprista, che si basava invece sul marxismo

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 Nonostante ammettesse la necessità dell’internazionalismo proletario, Mariátegui
discuteva la posizione più settaria del comunismo: critica proprio i leader,
affermando che una vera rivoluzione dovrebbe essere guidata da una leadership
proletaria
 Tanto per l’uno come per l’altro nella società peruviana convivono feudalesimo e capitalismo,
Tuttavia, se per Haya l’imperialismo aveva un aspetto costruttivo, dato che completava lo
sviluppo capitalista del paese per la sua capacità di superare le relazioni servili e feudali di
produzione, per Mariátegui non vi è alcun aspetto positivo, visto che l’imperialismo articola
capitalismo e feudalesimo in una relazione complementare e quindi funzionale
 Per Haya, il dualismo delle società latinoamericane è superabile tramite la mediazione tra
capitale straniero e uno Stato regolatore. Mariátegui crede che la contraddizione sia
superabile solo da fuori del sistema.
 Si tratta, in fin dei conti, di due distinte concezioni teoriche, ideologiche e quindi
metodologiche. Per Haya vi sono due economie, una dipendente e una centrale; per
Mariátegui, il capitalismo è un’economia che articola centro e periferia in un’unità
complementare per la sua riproduzione ed è in questo senso che pensa che sia il socialismo
l’unica forma in grado di completare la nazione
 Per quanto riguarda il comunismo nel subcontinente, bisogna anzitutto sottolineare come in origine il
Comintern diede assai poca importanza all’America Latina
 La terra a chi la lavora, le fabbriche agli operai, armamento delle masse lavoratrici e governo
operaio e contadino: questa era la definizione ufficiale della rivoluzione dei partiti comunisti
latinoamericani. Nonostante ciò, ancora non era chiarita la questione del contenuto della stessa:
molti di questi aspetti erano stati ottenuti nel caso del Messico, eppure si faticava a definirla una
vera e propria rivoluzione comunista
 Il dilemma teorico e ideologico dei comunisti latinoamericani era, da un lato, il rachitismo del
soggetto privilegiato della tradizione marxista, ovvero la classe operaia, e, dall’altro, la stragrande
maggioranza contadina, impossibile da pensare come soggetto storico secondo le etichette
ideologiche del periodo. Inoltre, la resistenza a pensare il problema nazionale al di là della
questione coloniale portò i comunisti a qualificare le Tesi della razza di Mariátegui (e a lui stesso)
come populiste

Antiimperialismo y latinoamericanismo
 L’inoccultabile vocazione degli Stati Uniti per la leadership continentale si palesò definitivamente dopo
la Prima Guerra Mondiale. La forma che assunse il suo dominio nella regione fu quello di forti
investimenti nella produzione, processi di estromissione delle risorse produttive di molti paesi
latinoamericani e il controllo delle loro economie d’enclave, dal punto di vista economico e, in alcuni
casi, politico-militare
 Gli Stati Uniti intervennero, fra il 1912 e il 1934, in Nicaragua, Haiti e Santo Domingo
 Questi interventi generarono una reazione politica e ideologica incentrata sul problema
dell’imperialismo e sul carattere dipendente delle società latinoamericane
 La Conferenza Internazionale Americana (1889-1890) coronava gli sforzi di quasi dieci anni di gestioni
diplomatiche nordamericane atte a riunire sotto la loro egida i paesi della regione
 Sorgeva qui il panamericanismo. L’ideologia del manifest destiny nordamericano divulgava la
convinzione dell’esistenza di nazioni che possiedono una missione storica per le quali l’espansione
è non solo naturale e irresistibile, ma anche auspicabile e legittima, soprattutto se il
consolidamento dello sviluppo industriale spingeva verso la ricerca di mercati, fonti di investimento
e riproduzione del capitale
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 La convocazione di tale conferenza rispondeva all’intenzione di neutralizzare l’influenza politica ed
economica europea (soprattutto inglese) nel subcontinente. Se il panlatinismo esprimeva
l’opposizione sassone/latino, il panamericanismo istalla l’opposizione America=Pan-
America/Europa, sotto l’egemonia degli Stati Uniti
 José Martí commentò la conferenza per il giornale argentino La Nacion. Il suo ammonimento circa
le conseguenze dell’imperialismo nordamericano si giustificava in virtù dei 15 anni vissuti “nella
pancia del mostro”
 Martí si oppose al protezionismo nordamericano (USA voleva una moneta unica per tutto il
continente) appellandosi alla libertà di commercio
 La fondazione del Partido Revolucionario Cubano e la guerra d’indipendenza di Cuba
riportarono Martí agli ideali bolivariani e al primo pensiero indipendentista. Nel 1891 appare
Nuestra América, scritto programmatico del latino-americanismo
 L’anti-nordamericanismo martiano influenzò fortemente il modernismo novecentesco.
 L’argentino Manuel Ugarte dedicò numerosi scritti a un’insistente predica contro le pretese
egemoniche degli Stati Uniti e in favore dell’unità latinoamericana: la formazione di una Patria
Grande era l’unico modo per contrastare la politica nordamericana
 José Enrique Rodó (1900) coniò una formula, che ebbe enorme impatto, per ritrarre l’America
Latina: ricreava in termini dicotomici un’America Latina spirituale e idealista (Ariel) opposta agli
Stati Uniti pragmatici e materialisti (Calibano)
 La preoccupazione centrale che ricorre l’Ariel e che la maggior parte del modernismo di inizio
secolo esprime riguarda la direzione che assume la modernizzazione nelle società
latinoamericane e le forme che assumerebbe l’ingresso delle masse che mostravano una
grande propensione alla protesta
 L’iniziale sentimento anti-nordamericano di carattere reattivo lasciò il passo a una
concettualizzazione che avvolse il fenomeno in maniera più globale
 Verso la metà degli anni Venti nacquero una serie di associazioni e mezzi d’espressione diretti
alla riflessione e alla denuncia del fenomeno imperialista nella regione (es. la Liga
Antiimperialista de las Américas creata in Messico nel 1925)
 Nel febbraio del 1927 si riunì a Bruxelles il Congresso contro l’Oppressione Coloniale e l’Imperialismo,
per iniziativa dell’Internazionale Comunista. I discorsi latinoamericani ufficiali furono quelli di
Vasconcelos, Quijano, Martinez; anche se non ufficialmente, parlò soprattutto Haya de la Torre.
 Le risoluzioni del congresso coincisero con le tesi apriste: la distinzione di distinte sfere geografiche
in base al grado di influenza statunitense all’interno del subcontinente viene accettata, ma non
impedisce la volontà di seguire una strategia continentale comune portata avanti da un partito (di
carattere regionale)
 Per Haya de la Torre, mentre in Europa è il punto finale, in America Latina l’imperialismo è la prima
tappa del capitalismo (Haya inverte così l’argomento leninista), perché vede l’imperialismo come il
vettore che estende le relazioni sociali capitaliste in America Latina
 La visione di Haya ricevette alcune critiche, ma, al di là dell’adesione o meno ai valori dell’APRA, è certo
che verso la fine degli anni Venti si istituisce nell’agenda problematica della sinistra latinoamericana un
nucleo teorico e politico cruciale nella cultura politica latinoamericana: rivoluzione nazionale o
rivoluzione socialista?
 Alla Primera Conferencia Comunista Latinoamericana (giugno 1929; fino a quel momento
l’interesse dell’Internazionale Comunista nei confronti dell’America Latina era sempre stato
marginale), José Carlos Mariategui intitola il suo discorso Punto de vista antiimperialista
 Egli ubica la questione imperialista discutendo tanto la visione comunista quanto quella
dell’APRA

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 A differenza di quanto sostenuto dall’Internazionale, Mariategui considerava inammissibile
l’assimilazione della situazione delle repubbliche latinoamericane a quella dei paesi
semicoloniali
 Il punto centrale della sua differenza rispetto all’aprismo risiede nel fatto che, secondo
Mariategui, dato che le borghesie latinoamericane non erano portatrici di un nazionalismo
rivoluzionario, l’anti-imperialismo non doveva essere elevato alla categoria di programma
politico; meno che meno si poteva pensare che a partire da esso si sarebbe spianato un
cammino verso il socialismo o la rivoluzione sociale, dal momento che l’anti-imperialismo
non annulla le differenze di classe né il loro antagonismo
 Non ottenne consensi consistenti e venne marginalizzato dal partito a livello internazionale
 Il pensiero anti-imperialista del primo dopoguerra disegnò un perimetro inclusivo su scala regionale e
segnalò destini e strategie comuni per l’Indoamerica (e la questione del nome rientra in questa ricerca
per nuove soluzioni).
 Autonomia, autodeterminazione, sovranità, indipendenza, ecc. sono concetti che si rafforzarono in
virtù delle sfide contro un “fuori” imperiale
 La componente anti-imperialista delle ideologie politiche generò strategie di potere di tipo
movimentista, frentista e alleanzista che ebbero anche un carattere fondazionale e rivestirono,
negli anni Trenta e Quaranta, un’importanza decisiva nelle forme di fare politica.

Los adjetivos de la democracia


 Negli anni Venti l’eredità liberale era vista come un qualcosa di artificiale e la democrazia era accusata
di essere inerme, soprattutto quando operai e contadini lottavano per entrarvi. Le ricerche di
un’alternativa non scartavano soluzioni né di destra né di sinistra. Al centro della preoccupazione vi era
la relazione tra individuale e collettivo; da ciò ne consegue che vengano ripensate, teoricamente e
politicamente, la democrazia e la rappresentazione
 Nel periodo tra le due guerre la democrazia viene quindi aggettivata: pura, reale, nazionale,
funzionale, autoritaria. L’obiettivo è quello di fare sì che la democrazia rispetti le complessità di una
società eterogenea come quella latinoamericana
 In particolare, viene respinto il demo-liberalismo, dato che uno dei modi di ripensare l’ordine fu
quello di separare i concetti di democrazia e di liberalismo: è questo uno dei tratti fondazionali
della cultura politica latinoamericana
 José Ingenieros, nel tentativo di superare quella che lui considerava una crisi di rappresentatività insita
nelle società moderne, pensa forme più rappresentative nell’ambito sia esecutivo sia legislativo. Parte
infatti dalla convinzione che il parlamentarismo non sia stato in grado di rappresentare a sufficienza
funzioni sociali come la produzione, la circolazione, il consumo, l’agricoltura, l’industria, il commercio, i
lavoratori
 Secondo lui ogni stato deve ideare una maniera propria per rimpiazzare il parlamentarismo
 L’ideale aprista fa della democrazia funzionale uno dei suoi pilastri ideologici
 La forma politico-istituzionale che rispetterebbe le richieste delle classi produttrici è il cosiddetto
Stato Anti-imperialista, che si scinde sia dalla tradizione liberale che da quella socialista, pur
prendendo alcuni spunti da entrambe
 Se fino a quel momento lo stato rappresentava gli interessi di una minoranza plutocratica al servizio
degli interessi stranieri, Haya propone di nazionalizzarlo attraverso la rappresentatività economica
e politica delle classi produttrici
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 Data questa critica generale nei confronti delle basi costitutive della democrazia politica, come
l’individualismo, il liberalismo e i suoi principi di rappresentazione, si impose verso la fine degli anni
Venti una grande insistenza sulla necessaria condizione tecnica come requisito della politica

Bajo el signo de un nuevo orden. Nacionalistas, corporativistas, integristas.


 Da questa radice antiliberale germogliarono opzioni nazionaliste autoritarie, corporativiste, social-
cristiane, cattoliche integraliste. Vennero elaborati, in generale, disegni politici con pretese restauratrici
o, più radicalmente, controrivoluzionarie, accomunati da anticomunismo, antiliberalismo,
antidemocratismo, antiparlamentarismo, antimodernismo e xenofobia
 In generale, col modernismo si impone una percezione de lo nacional che difende l’eliminazione
delle parti in favore dell’insieme
 Caso brasiliano
 Rivista A ordem
 Dopo la rivoluzione del 1930 si impone in Brasile la corrente del nazionalismo corporativo

 Caso argentino
 Rivista cattolica Criterio fondata nel 1928
 Si difende con belligeranza l’anticomunismo
 Auspica l’intervento della Chiesa, che sulla fine degli anni Venti viene invocato in virtù di una
vocazione morale e intellettuale come guida per il popolo: la Chiesa propone sé stessa come
alternativa alla crisi e a ciò che considera assenza morale e politica dei settori tradizionali delle
élite
 La Chiesa è il mezzo per ottenere nuovamente la limpieza moral
 Rivista Nueva Republica, 1927
 Viene postulata la separazione tra democrazia e repubblica
 Caso cileno
 Ammesso che vi sono in Cile due grandi tradizioni politiche fondanti, una ereditaria di Diego
Portales e l’altra di Luis Emilio Recabarren, negli anni Venti e Trenta si ri-installò il mito portaliano
 La giustificazione dell’Estado Novo, ad esempio, prende le mosse dalle critiche nei confronti della
repubblica, rea di avere stimolato la frammentazione in vari regionalismi e spazi elettorali che avevano
compromesso l’unità nazionale.
 Era questa situazione a rendere urgente un rafforzamento dello stato e una rappresentazione
organicistica sulla base di un sistema sindacale corporativo e di una vera democrazia funzionale,
nella quale la rappresentazione venisse esercitata tramite la consultazione diretta (quindi non
mediata da partiti) degli organismi rappresentativi della vita economica e sociale della nazione
 Questo tipo di rappresentazione implicava la sostituzione della categoria di “cittadini” con
quella di “popolo”, il quale doveva essere guidato da un soggetto politico che era sia primus
inter pares sia rappresentativo della nazione intera: l’esercito, che appariva come l’ente
privilegiato per garantire una governabilità duratura e il dare voce alla nazione
 Le destre latinoamericane, guidate dall’imperativo di trovare delle soluzioni più autoctone,
ammonivano di continuo riguardo la necessità di mettere un freno all’avanzamento della sinistra, nelle
forme di protesta operaia e di presenza elettorale delle classi medie; facevano quindi appello alla
naturale restaurazione del vecchio ordine
 A dire il vero, nonostante il liberalismo non fosse stato in grado di vincere le debolezze di una
democrazia sempre più minata nei suoi supposti e fondamenti, non sarebbero nemmeno prosperate le
alternative viste finora, ovvero le soluzioni più corporative e radicali

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Estadocentrismo, nacionalismo e inclusión
 Tra il 1929 e il 1933 le economie latinoamericane collassarono come effetto della grande crisi
capitalista (il crollo di Wall Street coinvolse tutte le economie della regione, anche se non con lo stesso
impatto). La grandezza della crisi obbligò alla ri-articolazione delle relazioni tra Stato e società.
 L’inserimento di queste economie nell’ambito della divisione internazionale del lavoro come semplici
produttrici di materie prime rese evidente che le misure anticicliche adottate erano ormai
anacronistiche e inadatte ad affrontare uno scenario che richiedeva misure più audaci
 Perciò tra il 1933 e il 1935 si sarebbero promosse forme interventiste che abbandonavano il
mercato del libero scambio e ergevano la Stato ad attore principale dell’organizzazione non solo
economica, ma anche sociale
 In generale in tutte le economie di ogni stato vengono date le spalle al liberalismo economico e alla
logica del libero scambio, in favore dell’ideologia dell’estadocentrismo e del nazionalismo
 Lo stato e il suo apparato ampliarono le loro funzioni per mezzo di strumenti progettati per
indirizzare l’economia. È questo il caso delle giunte regolatrici della produzione primaria per fissare
i prezzi, restringere le aree coltivate, privilegiare determinati settori (il caffè in Brasile o la carne in
Argentina) in funzione della domanda esterna
 La sostituzione delle importazioni fu lo strumento per affrontare la crisi. Questa sostituzione si associa
generalmente all’industrializzazione (modello ISI)
 In questo periodo tra le due guerre (anni ’30 e ‘40) vi fu un enorme aumento della popolazione e una
migrazione di massa interna verso le città
 Ciò rende effettiva la presenza massiva di un “altro” sconosciuto, rurale, generalmente contadino,
molte volte con una lingua diversa e con patrimonio culturale alieno. Rotos, pelados, cholos,
cabecitas negras circondano delle città che non possono ospitarli come forza lavoro, ma che
promettono un presente meno drammatico rispetto al luogo da dove provengono
 In queste società di massa, il movimento operaio, prima dominato da idee anarchiste o anarco-
sindacaliste, lasciava dietro di sé la sua fase eroica e entra nella sua fase istituzionale di
articolazione con lo stato
 Il consolidamento del sindacalismo come rappresentante dei lavoratori sia nel sistema delle
relazioni industriali sia nel sistema politico fu un centro gravitazionale delle forme di fare
politica del periodo
 Negli anni Trenta si crearono centrali operaie di carattere nazionale
 L’anno 1930 è sinonimo di cambiamenti politici in America Latina
 Molte interpretazioni enfatizzano la relazione tra gli effetti della crisi capitalista e i colpi di stato che
si succedono nei paesi della regione; generalmente queste interpretazioni seguono l’ordine: fine
dell’ordine primario esportatore – dimostrazione della fine dei vari regimi oligarchici. Tuttavia, è
certo che non in tutti i paesi i cambiamenti sono dello stesso segno, anche quando suppongono
l’intervento diretto delle forze armate o dei settori militari
 Proprio l’intervento delle forze armate va inteso come il comune denominatore
 Le vie d’uscita dalla crisi di dominazione furono allora dittatoriali lì dove l’intervento
nordamericano aveva lasciato la sua eredità (Trujillo in Repubblica Dominicana, Somoza in
Nicaragua, Hernandez Martinez a El Salvador, Carìas Andino in Honduras), riformiste (Frente
Popular Chileno), movimenti populisti o nazional-popolari
 Un’esperienza singolare nel panorama politico degli anni Quaranta e Cinquanta, che coniugò
nazionalismo e rivoluzione, fu quella boliviana
 La guerra tra Bolivia e Paraguay per i territori del Chaco boreale (1932-1935) marcò a fuoco la
riflessione e l’azione politica en Bolivia. Non era la prima volta che veniva sconfitta in una guerra

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(aveva già perso nella Guerra del Pacifico), ma gli echi traumatici di questa sconfitta aprirono una
breccia per dibattiti e discussioni circa l’ordine politico
 Si inaugura un’epoca di riflessione sulla bolivianidad, lo Stato, la nazione, il tutto in un quadro
di situazione politica di dipendenza del paese e di subordinazione dell’élite dirigente, fosse essa
militare, politica o intellettuale
 Alla fine della guerra si successero i governi del cosiddetto socialismo militare (1936-1939),
animati da una diffusa ideologia con note anti-oligarchiche, nazionaliste e anti-imperialiste
 Salì poi al potere Gualberto Villaroel, che fu presidente dal 1943 al ’46, rappresentante della loggia
militare Radepa (Razon de Patria) fondata da un gruppo di ufficiali prigionieri durante la guerra col
Paraguay
 Un’inaspettata alleanza fra gli estrattori di stagno e il Partito della Sinistra Rivoluzionaria spinse
verso una sanguinosa protesta, che invase la sede presidenziale, assasinò Villaroel, lanciò il suo
cadavere da un balcone e lo appese da un palo della luce in Plaza Murillo
 In questo periodo è intensa l’attività sindacale operaia e contadina e vengono creati partiti
politici come il Movimiento Nacional Revolucionario (MNR), il Partido de Izquierda
Revolucionaria (PIR), il Partido Obrero Revolucionario (POR)
 Le frustrazioni della guerra spinsero a ripensare la storia, l’economia e il potere dall’indipendenza.
Le analisi si incentravano sempre più sull’immagine di un paese che non si era consolidato come
nazione, costruito per l’interesse di una piccola oligarchia che aveva sequestrato a suo beneficio la
ricchezza nazionale, subordinandola agli interessi stranieri.
 Se le élite politiche e militari erano oggetto di una dura contestazione, allo stesso modo lo erano
quelle intellettuali. Soprattutto quelle che aveva individuato nel fattore raziale le cause del ritardo
boliviano
 La guerra del Chaco ravvivò l’immagine epica della bolivianidad. Era possibile superare questa crisi
solo a partire da un movimento insurrezionale di tutte le classi oppresse tanto dall’oligarchia
quanto dall’imperialismo. Questo nazionalismo anti-imperialista divenne un cammino
rivoluzionario nel 1952
 La rivoluzione dell’aprile del 1952 cambiò radicalmente le strutture economiche e sociali del
paese a partire da un’importante movimento di masse contadine e operaie sotto la leadership
del MNR
 Vennero nazionalizzate le miniere di stagno e si portò a termine un’importante riforma
agraria, si decretò il suffragio universale e venne dato lo status di cittadinanza agli indigeni
 Riassumendo, lo scenario di incertezze degli anni Trenta era preceduto da idee politiche alternative
all’ordine liberale. Rivoluzionari, nazionalisti, anti-imperialisti, social-cristiani, integralisti avevano
tessuto le loro trame ideologiche cercando soggetti alternativi alle vecchie élite: il popolo, il fronte di
classi, la nazione, l’esercito. Queste idee collassarono di fronte alle sfide conseguenti alla crisi del ’29 e
a un processo di complicazione sociale che cominciava a delineare nella struttura sociale quali soggetti
avrebbero ottenuto visibilità negli anni Trenta e Quaranta
 Ad ogni modo, il denominatore comune furono i nazionalismi, lo Stato messo al centro e
l’inclusione sociale
 Nazionalismi, corporativismi, fronti di classi e populismi erano certamente presenti nella
discussione politica degli anni Venti, ma è negli anni Trenta e Quaranta che questa discussione si
articola scartando le idee politiche più radicali, fossero della destra d’ispirazione fascista o della
sinistra rivoluzionaria.

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¿Populismo o populismos?
 Per via dell’indeterminazione e dell’ambivalenza del populismo come fenomeno storico, molte volte si
è messo in dubbio il suo essere una categoria
 Sotto il termine populismo vi sono fenomeni di diversa indole: forme di leadership, tipi di regime
politico, di Stato, partiti politici, movimenti e ideologie
 Spesso poi il termine è connotato in maniera peggiorativa
 In America Latina non vi sono partiti o movimenti dichiaratamente populisti; a causa e in
conseguenza di ciò, il populismo è stato criticati tanto da liberali e conservatori quanto dalla sinistra
politica
 In generale i populismi furono tanto antiliberali quanto anticomunisti; tuttavia, in molti casi
ampliarono la cittadinanza politica estendendo il diritto di voto (alla donne) o creando politiche
elettorali maggiormente competitive
 Per esempio, Peron partecipa al golpe, ma sale alla presidenza della repubblica vincendo le
elezioni democratiche del 1946
 Venne mantenuta sempre una posizione marcatamente anti-imperialista. Anti-imperialismo che fu
a tratti pura retorica, ma che venne anche messo in pratica tramite la nazionalizzazione di imprese
strategiche che erano in mano al capitale straniero
 ciò portò anche a uno sviluppo del sindacalismo, ma portò anche vantaggi alle classi borghesi,
come lo sviluppi industriale o l’ampliamento del mercato interno
 la leadership fu sempre personalista e a tratti demagogica, tramite forme corporative e esercizi del
potere autoritari, che allontanavano il populismo dalla democrazia liberale
 nonostante l’ambivalenza, l’indeterminazione e la polisemia del populismo latinoamericano, per
renderlo analizzabile a livello di categoria è bene ubicarlo storicamente tra la crisi economica del ’29 e
la Rivoluzione Cubana del 1959, per un periodo di 3 decenni
 i cosiddetti populismi classici sono tre: cardenismo, varguismo e peronismo
 si possono identificare tre grandi campi interpretativi del populismo
 il primo spiega le esperienze populiste in virtù del processo di transizione dalla società tradizionale
a quella moderna
 inaugurato da Gino Germani alla fine degli anni Cinquanta
 i populismi sorgono quando gli strati sociali tradizionali trovano otturata la propria via verso
l’intervento nella vita politica: le masse non trovano canali istituzionali per la loro
rappresentazione. Queste masse spaesate, eterogenee e slegate vengono manipolate da un
leader carismatico, il quale stabilisce vincoli diretti con le masse stesse e riesce a articolarle con
altri settori (la borghesia, l’esercito)
 la seconda linea d’interpretazione è storico-strutturale e vincola il populismo con lo stadio di
sviluppo del capitalismo latinoamericano che sorge con la crisi dell’oligarchia. Chi segue questa
linea evidenzia il ruolo dello Stato, che, di fronte alla debolezza della borghesia, deve assumere il
ruolo di guida dei processi di cambiamento
 Cardoso e Faletto – Dependencia y desarrollo en América Latina, 1969
 Le politiche di consolidamento del mercato interno e dell’industrializzazione generarono
una politica di accordi tra settori molto diversi. Ciò supponeva la costituzione di un’alleanza
desarrollista tra forze contradditorie, guidate dal settore imprenditoriale con un ruolo
protagonistico dello Stato
 la terza si fonda sul concetto di egemonia e sul binomio popolo/blocco del potere come
contraddizione specifica alternativa alla contrapposizione classista
 Ernesto Laclau, secondo il quale il populismo è un modo di costruzione della politica che può
essere adottato da ideologie della più diversa indole, dal comunismo al fascismo. Una rottura

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populista si produce quando si dicotomizza lo spazio sociale e gli attori riconoscono sé stessi
come partecipanti di uno o dell’altro schieramento
 Il discorso populista si articola intorno a significanti che di per sé sono vuoti (patria, popolo,
cittadino) e che vengono di volta in volta riempiti di significati funzionali agli obiettivi di chi
ostenta il potere

TERCERA PARTE

Homérica Latina. Donde interesantes eventos están teniendo lugar.


 negli anni Sessanta latinoamericani si sovrappongono progetti emancipati in politica, nelle arti, nel
pensiero, nei costumi
 in un contesto mondiale di internazionalizzazione della gioventù, il movimento in America Latina fu
diverso: non si trattava di evasione dal mondo, quanto di immersione nella regione, nella politica e
nelle urgenze di trasformazione sociale
 il punto di svolta fu nel 1959, anno in cui un esercito di giovani ribelli entra a L’Avana, chiudendo la
lunga ed emblematica dittatura di Batista nello stesso momento in cui si apriva nella regione una nuova
era culturale e politica
 il 4 febbraio 1962, la Seconda Dichiarazione de L’Avana definiva la prima esperienza socialista in
America Latina (è la seconda indipendenza auspicata da Martì)
 come negli anni Venti, gli anni Sessanta concepirono la regione come una collettività plurale
 la saggistica, la filosofia, la sociologia e le arti proposero categorie, immagini, metafore e simboli
che potessero rappresentare in maniera nuova la difficile ricerca della fisionomia di questa parte
del mondo
 vedi il boom del romanzo latinoamericano
 un altro momento di condensazione di idee e di mobilitazioni sociali si può ubicare attorno al 1968:
dominio dei giovani, protesta e ribellione
 la mobilitazione di studenti e lavoratori delle ferrovie in Messico, brutalmente repressa il 2 ottobre
1968 nella cosiddetta Notte di Tlatelolco
 il Cordobazo del maggio 1969
 si riunì a Medellin la II Conferenza dell’Episcopato Latinoamericano, che esigeva una
democratizzazione dell’autorità religiosa
 il cristianesimo liberazionista latinoamericano consisteva nella creazione di una nuova cultura
religiosa che esprime le condizioni specifiche dell’America Latina: dipendente dal capitalismo,
povertà di massa, violenza istituzionalizzata e religiosità popolare. Generalmente venne
chiamato Teologia della Liberazione
 il complesso incontro ideologico tra cristianesimo e marxismo mostra fino a che punto l’idea di
rivoluzione investiva i più diversi attori sociali dello scenario latinoamericano. Anche perché in
America Latina la Chiesa e il cattolicesimo furono probabilmente tanto costitutivi quanto il
liberalismo o il positivismo
 es. in Messico la virgen de Guadalupe esprime da subito la subalternità e la rivoluzionarietà

Revolución y tercer mundo.


 Il processo di costruzione politica e ideologica della Rivoluzione Cubana fu modellato da una complessa
serie di riferimenti. Sotto un certo punto di vista, il Movimiento 26 de julio (il 26 luglio 1953, Fidel
Castro, alla guida di 165 giovani, conquista il cartello di Moncada) era un prodotto diretto della storia
cubana, ovvero vi era una continuità tra l’indipendenza dalla Spagna e l’opposizione a Batista.

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 Il Primer manifiesto del movimiento 26 de julio al pueblo de Cuba dalla Sierra Maestra (12 luglio 1957)
esplicitiva il desdierio di stabilire un orden del tutto democratico: elezioni libere e rispetto dei diritti
civili.
 Nella Segunda declaracion de La Habana del 1962 (la prima era stata redatta due anni prima e si
orientava su posizioni non del tutto socialiste) Cuba si definisce ufficialmente socialista: Cuba si fa
portavoce di tutto il subcontinente nella postulazione dei binomi Cuba/Stati Uniti,
socialismo/capitalismo, pueblos/monopoli, pane/fame, industrializzazione/sottosviluppo.
 Riprendono la denominazione di sé stessi come di Terzo Mondo, associato a sottosviluppo, dipendenza,
marginalità, povertà, ecc. che avrebbero portato a un’unica ovvia conseguenza: la rivoluzione.
 Va tenuto conto della crisi del comunismo dopo il rapporto del XX congresso del PCUS (1957) riguardo il
terrore stalinista che inaugurò un diffuso dibattito in merito alle esperienze del socialismo reale
 Cuba si erge quindi a nuova Gerusalemme per discutere la rivoluzione e il socialismo, teorizzando la
rielaborazione di tutti i temi teorici del campo marxista e della teoria della modernizzazione: la
divisione di classe, il capitalismo latinoamericano, l’anti-imperialismo, ecc. e soprattutto la nuova
forma di fare la rivoluzione, in particolare con ala pratica della guerrilla
 Nella misura in cui tutte le rivoluzioni moderne venivano concepite come fenomeni internazionali, in
grado di trascendere le idee di locale o nazionale, secondo la visione del Che Guevara, Cuba aveva dato
un apporto fondamentale nell’evoluzione di come fare la rivoluzione, dimostrando che
 Le forze popolare possono vincere una guerra contro l’esercito
 Non è necessario che vi siano le condizioni per l’assalto al potere, dal momento che esse possono
essere create tramite la guerriglia
 È questo il punto cardine di Cuba nel suo progetto di continentalizzare la rivoluzione
 In effetti, molte “Sierre Maestre” hanno luogo nella regione
 In America Latina il campo di scontro deve essere il terreno dell’azione insurrezionale

Desarrollo y dependencia
 In contemporanea a questi cambiamenti politici vi fu un altro fondamentale movimento delle idee nella
regione nel secondo dopoguerra. La crisi del colonialismo motivò una forte discussione riguardo allo
sviluppo lineare, all’evoluzionismo e all’eurocentrismo
 Se negli anni Venti la Prima Guerra Mondiale aveva eroso l’idea unilaterale di civiltà e la linearità
del progresso, negli anni Sessanta la parola progresso venne sostituita da sviluppo e le fece da
contraltare il sottosviluppo, tema che motivò un campo tanto polemico quanto fondazionale per
l’analisi della regione
 Il sottosviluppo si legava direttamente ai temi di povertà e fame
 Il sottosviluppo veniva analizzato attraverso un modello che procedeva in un continuum nel quale
costituiva una tappa inferiore, anteriore e immatura rispetto allo sviluppo pieno che sarebbe
seguito alla creazione delle condizioni adeguate al decollo economico
 Questa visione (Etapas del crecimiento economico. Un manifiesto no comunista di Walt
Whitman Rostow, 1960) relazionava sviluppo economico e modernizzazione politica, sociale e
istituzionale, misurando la modernizzazione seguendo gli standard dei paesi industrializzati
 Tuttavia, nel 1948 era stata creata la CEPAL (Comision Economica para America Latina), che
teorizzava una forte e originale critica all’etapismo e all’europeismo delle teorie della crescita
economica
 Da un punto di vista storico-strutturale, smontava l’argomento centrale della divisione
internazionale del lavoro dell’economia politica classica, ovvero il principio dei vantaggi
comparativi e del periodo dello sviluppo verso fuori. Dimostra quindi che i vantaggi non erano
gli stessi per i paesi del centro e per quelli della periferia del sistema capitalista e postula uno
sviluppo verso dentro, ovvero un processo di industrializzazione sostituiva con intervento dello
Stato
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 Prebisch sottolinea come il sottosviluppo dei paesi periferici fosse unito al processo di
sviluppo organico delle economie centrali
 l’originalità dell’intervento del CEPAL sta nel considerare sviluppo e sottosviluppo non
linearmente, come antecedente e conseguente, ma come faccia di una stessa medaglia
che si riproducono nel commercio internazionale
 creazione nel 1961 dell’Alianza para el Progreso
 argomento centrale delle scienze sociali e della politica diventa in questi anni quello della dipendenza
 la cosiddetta “teoria della dipendenza” fu uno degli interventi teorici più importanti
 relaziona sottosviluppo ed espansione dei paesi industrializzati
 sviluppo e sottosviluppo come aspetti diversi dello stesso processo universale
 il rifiuto del sottosviluppo come prima tappa di un processo evoluzionista
 la dipendenza dovuta non solo a cause esterne, ma anche a fattori sociali, ideologici e politici
interni
 vi fu una revisione del carattere feudale o capitalista dell’America Latina
 la categoria della dipendenza, più che come teoria, si presentava come problema teorico: viene
vista come una situazione che avviene sotto determinate condizioni strutturali nazionali e
internazionali

Intelectuales y compromiso
 il problema dell’intellettuale moderno si istallò in America Latina nella decada degli anni Venti e fa
parte dell’insieme di revisioni della “republica de las letras” dopo la Prima Guerra Mondiale, le quali
vanno di pari passo con le trasformazioni sociopolitiche della regione
 in questi anni la parola intellettuale comincia a essere utilizzata come sostantivo per riferirsi a una
collettività e si inaugura anche la riflessione sulle loro funzioni e missioni: come si definiscono gli
intellettuali? Che ruolo occupano nella società?
 Nel tentativo di autodefinirsi come gruppo sociale, gli intellettuali fanno leva su due temi, la
nazione e la rivoluzione
 Anti-imperialismo, critica generazionale, avanguardie politiche ed estetiche si fondono in un
terreno ancora ambiguo e imprecisato, ma fondazionale per il pensiero degli anni Venti
 In generale, la ricollocazione dell’intellettuale si basa sulla sua vocazione all’intervento politico e
sociale grazie al quale si avvicina agli altri, ai subalterni, siano indios, contadini o operai
 Esprimono scomodità sociale e un malessere in una realtà che avvertono ingiusta, denunciano
il potere in un continuo j’accuse
 Evidentemente rompono con l’ideale dell’uomo di lettere coltivato dalla generazione
precedente, quella modernista (della torre de marfil)
 Gli hombres de pensamiento si aggiudicarono esplicitamente una missione civilizzatrice,
modernizzatrice e secolarizzatrice. L’altro imperativo fu la critica e la trasformazione, non intese più
come denuncia, ma come intervento pubblico (ovvero politico)
 La classe intellettuale riconosce sé stessa come un’élite che genere discorsi, spiegazioni e
rappresentazioni secolarizzate sulla società
 Negli anni Sessanta queste polemiche si ripresentano e approfondiscono
 Nel caso cubano, si assiste alla subordinazione e/o rinuncia di ogni funzione o identità in favore
dell’essere rivoluzionario. La lotta politica rivoluzionaria assorbiva l’intellettuale, dato che la teoria
non era funzionale alla vittoria della Rivoluzione
 Che ruolo doveva assumere l’intellettuale in un processo rivoluzionario e socialista?
 È una questione che esce anche dai confini di Cuba, visto che buona parte dell’intellettualità
latinoamericana del periodo appoggiava la Rivoluzione
 Caso Padilla

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 Un punto in comune tra anni ’20 e ’60 è l’affermazione dell’appartenenza estetica e politica
all’America Latina e la ricerca di formule per definire questi perimetri
 Perciò venne convocato nel 1962 il Congresso degli Intellettuali dall’Università di Concepcion in
Cile
 Boom; rete di intellettuali
 Non ci sono dubbi sul fatto che gli anni Sessanta iniziano con la Rivoluzione Cubana del 1959; più
difficile è individuare la fine. Per alcuni corrisponde al colpo di stato di Augusto Pinochet Ugarte dell’11
settembre 1973, mentre per altri finirebbero con le proteste studentesche del 1968.

Ideas de plomo. Las dictaduras de las fuerzas armadas en el Cono Sur


 Tra la metà degli anni Sessanta e la metà degli anni Settanta, le forze armate presero il potere per
mezzo di colpi di stato in Brasile, Bolivia, Uruguay, Cile e Argentina (e Paraguay)
 Queste dittature volevano imporre un nuovo progetto di intervento politico per trasformare
radicalmente lo stato, l’economia, la società e persino le menti
 Ej Pinochet, un mese dopo il golpe: “aspiramos a derrotar al marxismo en la conciencia de los
chilenos”
 A differenza di quelle del passato che si dichiaravano transitorie, le dittature degli anni ’70 si
proclamano fondazionali
 Va sottolineata anche la scala regionale, evidente non solo in virtù della contemporaneità degli
interventi militari, ma anche nella comunione di obiettivi e postulati ideologici
 L’argomento della sicurezza nazionale non richiamava solola custodia delle frontiere dello
Stato-nazione contro la minaccia straniera, ma un piano segreto, di persecuzione e assassinio
degli oppositori portato a termine da organismi d’intelligence delle sei dittature, le unì in
maniera transnazionale nella cosiddetta Operazione Condor
 Le dittature militari nel Cono Sur si giustificarono sotto i dettami della Dottrina di Sicurezza
Nazionale.
 Si chiusero nella difesa del mondo libero, difesa che si elevava a crociata contro il marxismo
sovietico-castrista, nascosto sotto ogni sembianza. Da qui, l’onnipresenza della figura del
enemigo interno
 Per fare sì di estirpare il marcio della società (ovvero i comunisti) bisognava prima che
l’intelligence identificasse il nemico nascosto, il quale veniva poi torturato
 La Dottrina di Sicurezza Nazionale si caratterizzava per la sua bipolarità, la sua guerra
generalizzata non convenzionale di bassa intensità e il messianismo delle sue forze armate in
difesa delle frontiere che smettevano di essere territoriali per trasformarsi in ideologiche
 tuttavia, i postulati della DSN si radicarono in tradizioni politiche anteriori, nel repertorio di
idee disponibili nel pensiero della destra civile e militare (per esempio, in Cile si parla di
ispirazione portaliana)
 il pensiero nazionalista autoritario, l’integralismo cattolico, l’appello a un gendarme
necessario, il corporativismo organicista o il caudillismo e il personalismo nella sua
versione elitista, tutte queste erano correnti d’inclinazione antiliberale o anticomunista
che si erano più volte espresse nel corso della storia della regione come progetto o
esperienza storica e nelle quali la DSN radicò i suoi nuovi contenuti, inserendoli nel
contesto della Guerra Fredda
 le dittature inoltre si appellarono alla loro versione della storia con l’obiettivo di ottenere adesioni,
lealtà e identificazioni, rinforzando la propria stirpe vernacolare e nazionalista; questi contenuti
invasero anche il sistema educativo

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Prohibido pensar América Latina. De la desaparicion y la recuperacion de ideas.
 In questo scenario di guerra tra idee imposta dalle ditatture, i significanti politici del campo culturali
venivano considerati i vettori più pericolosi dell’infiltrazione marxista. Tra le politiche correttive
imposte mediante l’uso della violenza vi era la cancellazione di una memoria regionale precedente
 La sparizione e il silenziamento di persone e delle loro idee erano finalizzati alla manipolazione
della storia
 Per esempio, la sola espressione America Latina venne considerata a priori come comunista e
rivoluzionaria dai servizi d’intelligence
 Ogni pubblicazione riferita al campo della cosiddetta teoria della dipendenza fu analizzata e proibita
 La ricerca dell’intelligence analizzava persino fotocopie e appunti universitari
 Il saggio fu la forma narrativa dominante per la diffusione delle idee nella storia del pensiero politico
latinoamericano
 Las venas abiertas de América Latina – Eduardo Galeano (1971) è stato uno di quelli a ottenere
maggior successo, ma anche tra i più fortemente proibiti
 Non solo la produzione scritta, ma anche quella musicale viene sequestrata. Anche le conferenze
venivano spiate e archiviate dall’intelligence

La memoria obstinada

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