Sommario
Soberanías y emancipación ............................................................................................................................... 1
Fin de la revolución y principio del orden. Ideas para construir estados. ......................................................... 3
De la revolución a la evolución. Orden y progreso............................................................................................ 6
Los centenarios de las independencias. ¿Canto del cisne del orden oligárquico?............................................ 7
La utopía de América. Búsquedas y fundaciones. ............................................................................................. 9
Revolución en las ideas e ideas de revolución ................................................................................................ 11
Antiimperialismo y latinoamericanismo.......................................................................................................... 14
Los adjetivos de la democracia ........................................................................................................................ 16
Bajo el signo de un nuevo orden. Nacionalistas, corporativistas, integristas. ................................................ 17
Estadocentrismo, nacionalismo e inclusión .................................................................................................... 18
¿Populismo o populismos? .............................................................................................................................. 20
Homérica Latina. Donde interesantes eventos están teniendo lugar. ............................................................ 21
Revolución y tercer mundo. ............................................................................................................................ 21
Desarrollo y dependencia ................................................................................................................................ 22
Intelectuales y compromiso ............................................................................................................................ 23
Ideas de plomo. Las dictaduras de las fuerzas armadas en el Cono Sur ......................................................... 24
Prohibido pensar América Latina. De la desaparicion y la recuperacion de ideas. ......................................... 25
La memoria obstinada ..................................................................................................................................... 25
PRIMA PARTE
Soberanías y emancipación
Un complesso insieme di situazioni sfociò nella dissoluzione dell’ordine coloniale, il tutto nel contesto
mondiale della doppia rivoluzione borghese. Complessità dovuta in America Latina alla convergenza di
due processi sovrapposti: la discussione e il superamento dell’antico regime e la rottura del patto
coloniale che portò alle indipendenze politiche dalle metropoli europee
Alla visione dell’emancipazione latinoamericana come superamento del coloniale fa da contraltare
un’altra interpretazione, che vede le indipendenze come frutto della passione nazionalista del XIX
secolo (dove l’indipedenza era vista come una finalità ideologica)
I Caraibi, centro di circolazione geografica e nucleo originale della conquista, fu lo spazio dove si apre e
si chiude il ciclo delle indipendenze. Le indipendenze cominciano ad Haiti (1804) e terminano con Cuba
(1898), tra di esse passa quasi un secolo.
A partire dalla fine del XVIII secolo, la parola “americano” rimanda ad appartenenze territoriali e
simboliche diverse, nelle quali si sovrapponevano identità locali, e a una continentalità nata dalla
rottura: la cosiddetta nazione americana. Essere americano significava anche avere gli stessi diritti dei
peninsulares, ancor di più dopo la crisi d’autorità nella metropoli scoppiata dopo l’invasione
napoleonica (1808)
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Il riferimento alla nazione americana faceva parte del nuovo linguaggio rivoluzionario; l’esortazione
era per gli americani, non più per indios o mestizos, dato che queste etichette erano a tutti gli
effetti un retaggio coloniale
Nella celebre Carta de Jamaica del 1815, Simón Bolívar esprimeva un novomundismo che ha
due sensi: la vecchiaia e l’anacronismo del sistema di dominazione coloniale e l’espressione di
futuro delle “province americane confederate” che hanno “una comunità di origine, lingua,
costumi e religione”
Inoltre, segna le coordinate dell’America in Occidente: “Americanos por nacimiento y
europeos por derechos”
Date queste premesse, identifica la forma di governo che più potesse rispettare le radici
americane nell’unione confederata
Quello di inizio XIX secolo è un americanismo carico di contenuti politici: americano significa patriota,
repubblicano o addirittura cittadino
Touissant-Louverture, Manuel Hidalgo, José Maria Morelos e José Gervasio de Artigas stirarono al
massimo la profondità sociale dell’appello (schiavi neri, contadini, braccianti rurali).
Tuttavia, il fronte anti-peninsulare criollo si riferiva soprattutto a bianchi, proprietari terrieri,
hispano- o luso-hablantes
Le generazioni liberali della prima fase del processo di emancipazione ebbero non pochi
problemi per radicare nella storia una legittimità che incarnasse i principi universalisti ai quali si
ascrivevano. I diritti civili e politici e la repubblica dei cittadini erano, al contempo, punto di
partenza ispiratore e orizzonte d’arrivo
Chiaramente il passato che si voleva negare e superare era quello di quattro secoli di
oscurità e tirannia della metropoli, ma questa rottura cercò comunque si ancorarsi a una
certa continuità che non smise di appellarsi a un passato indigena non privo di stilizzazione
La questione indigena fu un tema scomodo nel momento della rottura con la Spagna. E non ci si
riferisce solo alle dichiarazioni di indipendenza, ma anche al movimento previo di differenziazione tra
criollos (o spagnoli-americani) e peninsulares. Per i primi questa differenziazione doveva tenere in
considerazione l’ambiente americano, nel quale il carattere autoctono risiedeva nell’elemento
indigeno, anche dal punto di vista solo quantitativo
ad esempio, nel nazionalismo messicano vi è un forte elemento di esaltazione mitica del passato
azteco
L’identità criolla ispanoamericana va di pari passo con la necessaria rivendicazione del mondo
indigeno o almeno del suo glorioso passato
La situazione degli spagnoli-americani è diversa nell’area andina. Nel vicereame del Perù
sopravviveva con forza una classe di caciques e una nobiltà india attiva nelle comunità, che ostruiva
il potere politico del basso clero. Ciò si espresse drammaticamente nelle sollevazioni andini della
fine del Settecento, condotte da Tupac Amaru e Tupac Katari
All’inizio del secolo successivo, il ricordo della dura repressione della Gran Sublevación
condotta da Tupac Amaru e Tupac Katari causò sia il timore e la riluttanza dei settori criollos
limegni di rompere con la corona sia la reticenza delle comunità indigene di arruolarsi negli
eserciti indipendentisti
Nel 1808 Napoleone Bonaparte invadeva la penisola iberica. Carlo IV abdicava in favore del figlio
Fernando VII e questo veniva incarcerato a Bayonne. Napoleone impose come re suo fratello, Giuseppe
Bonaparte. Con la crisi della corona spagnola, cominciarono a nascere i primi dubbi circa i limiti della
sovranità spagnola per quanto riguardava il dominio sulle colonie.
L’idea di un deposito di sovranità dal monarca al popolo risultava provvisoria e precaria. Si cominciò
a revisionare la relazione tra il re e i suoi sudditi a partire dal patto di asservimento che era a
fondamento della monarchia, arrivando fino a Don Pelayo o Alfonso el Sabio. Il problema era che
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non vi erano colonie ai tempi di quel patto fondazionale; problema che si trasformò in opportunità
per le élite criollas rivoluzionarie che rilessero la totalità di attributi del patto coloniale.
Nel passaggio da un mondo gerarchico a uno comunitarista, si faceva leva su idee moderne basate su
figure procedenti dalle rivoluzione francese e inglese, come l’individuo, il proprietario e il cittadino. Nel
Nuovo Mondo bisognava creare queste figure e le élite criollas cercano di adottare la visione
giacobinista
Un aspetto potente delle idee politiche di emancipazione risiede nella tenace insistenza nella forma
repubblicana di governo basata sulla sovranità popolare. Di fatto, la forma specifica nella quale si
incarnò il liberalismo latinoamericano fu la repubblica
L’Ispano-America, per quanto variopinta e complessa, fu così il terreno dove si presentarono per la
prima volta in maniera sostenuta e massiva le forme repubblicane di governo nella loro versione
moderna
Se nella prima fase del movimento indipendentista (1808-1815) vi erano più che altro espressioni
velate o audacie radicali, dopo la restaurazione di Fernando VII (1814) sia l’indipendenza sia la
repubblica ottennero un consenso esteso, ostacolato da pochissimi detrattori (della repubblica, non
dell’indipendenza) (pochi, ma non poco validi: Bolivar, San Martin, Belgrano)
La repubblica appariva come l’idea più espressiva della sovranità popolare e dei principi
contrattuali, inalienabili e indivisibili, che la fondamentavano (es. la costituzione venezuelana del
1811). Uguaglianza di fronte alla legge, sovranità popolare e divisione dei poteri animarono gli atti e
le dichiarazioni costituzionali del periodo, il che non sembrava opporsi alla sempre presente
invocazione al Dio onnipotente e alla difesa della religione cattolica
Tra il 1815 e la battaglia di Ayacucho del 1825, gli eserciti indipendentisti criollos sconfissero gli spagnoli
e si dichiararono le indipendenze (al plurale perché diversi furono i casi paese per paese) in quasi tutta
la regione
Parte degli ostacoli e delle sfide consisteva nel detenere l’impulso centrifugo e i conflitti interni che
esprimevano le contraddizioni e i poteri dei caudillos regionali che la guerra stessa aveva mobilitato, il
tutto aggiunto alla sparizione dell’apparato amministrativo coloniale
Nel momento in cui discutere le carte costituzionali, la preoccupazione per l’eccessiva democrazia,
il freno alle maggioranze, la centralizzazione politica, addirittura la necessità di comandi
personalisti forti o corpi collegiali vitalizi sembravano più accordi con la morale del popolo e lo
stato di civiltà delle società latinoamericane
Al centro della discussione viene messa la soluzione federalista. La stretta relazione fra liberalismo,
repubblicanismo e federalismo degli anni ’10 dell’Ottocento appariva come un ostacolo sotto
l’imperativo della difesa tanto dell’indipendenza quanto della repubblica stessa alla quale il
federalismo sembrava attentare
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Degno di nota è il pensiero di Alberdi, secondo il quale l’homo economicus è il vero portatore di
valori civilizzatori, è lui il nuovo soggetto rivoluzionario. Alberdi era fermamente convinto
(dopo essere stato anche nel Cile di Diego Portales in seguito all’esperienza montevideana) del
carattere irredento delle società autoctone, definite scarse, misere, incolte e povere. Propone
enfaticamente il trapianto fisico, materiale di immigranti laboriosi e obbedienti. La rottura con
la Spagna sarebbe stata definitiva solo grazie al superamento dell’isolamento, dell’in-
comunicazione, dell’esclusione da ogni commercio con l’estero, di una forza lavoro scarsa,
incolta e indisciplinata.
In un contesto in cui potere politico ed economico si sovrappongono con sempre maggiore insistenza
come quello delle società latinoamericane alla metà del secolo, il potere della Chiesa svolge un ruolo
determinante. Si tratta di un potere materiale, amministrativo e simbolico difeso dai conservatori,
meno nostalgici dell’ordine coloniale che inclini ad amministrare i tempi modernizzatori, ma convinti
che la Chiesa e la religione cattolica fosse l’unico elemento agglutinante capace di creare delle identità
comuni e dotare di unità le giovani nazioni.
Il potere economico e simbolico della Chiesa come principio di legittimità politica, come
proprietaria di fondi rustici e urbani e come guida spirituale della società fu il centro delle dispute
tra liberali e conservatori della seconda metà del XIX secolo
Pio IX promulgò nel 1864 l’enciclica Quanta Cura, nella quale criticava la modernità e il
liberalismo. Indicava qui come errori la separazione della Chiesa e dello Stato, la limitazione al
potere temporale della Chiesa, il laicismo, l’individualismo.
Un esempio di paese che seguì questi dettami è quello dell’Ecuador, nella sua costituzione del
1869
All’estremo opposto, il processo secolarizzatore più contundente dal punto di vista politico fu
quello dell’Uruguay, visto che il laicismo è al centro della politica uruguaya
Un’altra critica alla Chiesa viene dal Cile: Francisco Bilbao, in La sociabilidad chilena (1844), vede
nella religione cattolica le cause del razzismo e nella discriminazione di genere insiti nella cultura
cilena
Due esperienze di liberalismo radicale furono quelle della Nueva Granada (Colombia a partire dalla
costituzione liberale del 1858) e del Messico
La lotta ideologica tra liberali e conservatori a Nueva Granada creò identità politiche che
occuparono l’intero secolo, dando luogo al bipartitismo caratteristico della cultura politica
colombiana. Il programma del Partido Liberal, portato a compimento tra il 1849 e il 1885, fu
una delle esperienze più radicali della regione: separazione Stato-Chiesa, abolizione della
schiavitù, l’espulsione dei gesuiti, il suffragio universale, diretto e segreto, soppressione della
pena di morte, l’abolizione dell’esercito, la nazionalizzazione dei beni della Chiesa. La
costituzione di Rionegro (1863) portò il liberalismo a picchi ancora più alti
Il programma liberale del 1863 fu ammortizzato durante i governi della cosiddetta
Regeneración, alleanza liberal-conservatrice che stabilì uno Stato forte e centralizzato, una
modernizzazione conservatrice, un forte presidenzialismo che consolidò l’autorità statale
basata su precetti che coniugavano il potere della Chiesa con il positivismo
In Messico il conflitto si giocava tra il garantire le libertà individuali ed economiche e il creare
uno Stato forte, un’autorità che effettivamente abbracciasse la sua sovranità di fronte a dei
poteri corporativi e comunitari che erano in vigore
La storiografia ufficiale tende a non dare grande importanza alle guerre interne avvenute in questi anni;
tuttavia, nonostante sia certo che la guerra soffoca le idee, è altrettanto certo che le plasma. Queste
guerre interne ed esterne definirono uno degli attributi dello Stato, il territorio; a dire il vero, però, non
si limitarono a segnare sulle mappe le frontiere politiche, ma modificarono anche la bussola nel
cammino delle idee
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A differenza delle guerre anticoloniali, quelle della prima e della seconda metà del XIX secolo (fino
al 1880 circa) di solito combinano guerre esterne (per quanto precarie siano le frontiere ereditate
dalla dominazione coloniale, eccezion fatta per il Messico) con guerre interne
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La terza generazione positivista, nella sua versione della sociologia clinica, identificò nella
composizione razziale delle società latinoamericane i segni identitari della nazione, ma anche e
soprattutto la causa principale dei freni allo sviluppo
Questa visione mostra una totale disillusione riguardo il potere della libertà individuale e
l’autodeterminazione, qualità che dal terreno filosofico passarono al piano politico
Si voleva cercare di definire el alma nacional per sviluppare un progetto politico che vi potesse
aderire. Da qui si associa la genetica sociale al tema dell’identità e questo con l’ordine politico
La saggistica del primo decennio del secolo era piena di metafore organico-biologiche per
esprimere la nazione
Alla base vi era l’idea secondo la quale ogni razza aveva una marcata costituzione fisica e che
tramite essa si trasmettevano in eredità le caratteristiche psicologiche
L’unità delle scienze sotto l’egemonia delle scienze naturali rende necessarie le operazioni di
classificazione e gerarchizzazione. Ciò si manifesta senza alcuna mediazione nel caso del mestizaje,
per il quale si ricorre a concetti quali ibridismo, atavismo, primitivismo, degenerazione. A ogni
mestizo fisico ne corrisponde uno morale.
Il fine ultimo di tutte queste tassonomie, siano esse di ordine etnico o di genere sessuale, è la
ricerca di corrispondenze tra società e ordine politico. Razze, eredità, atavismi e gerarchie
dimostravano gli inclusi e gli esclusi da civiltà e progresso, così come prestavano una legittimità
pragmatica e alternativa ai principi liberali di uguaglianza
Immigrazione ed educazione erano le soluzioni considerate più valide
L’immigrazione veniva concepita come una doppia soluzione: alla scarsezza di forza lavoro e
alla necessità di migliorare la razza e estirpare la componente indigena dalle popolazioni
latinoamericane
Proprio nei posti dove questa concezione a più successo, come in Argentina in
concomitanza con il primo centenario della Rivoluzione del 1810, essa comincia a essere
questionata e a fare posto a una sempre crescente xenofobia, in cui l’immigrato viene
denigrato alla pari di indios, mestizos, mulatos, negros.
L’immigrato viene visto come un approfittatore, che beneficia della generosità di una
terra a cui non dà nulla in cambio se non delinquenza e prostituzione, ma anche e
soprattutto anarchismo e socialismo
Los centenarios de las independencias. ¿Canto del cisne del orden oligárquico?
Nelle commemorazioni dei centenari delle rivoluzioni d’indipendenza, le élite elaborarono significati e
contenuti nazionali: progresso, amministrazione, ordine, civiltà
Tuttavia, da un punto di vista storico i centenari possono essere intesi come il canto del cigno
dell’ordine oligarchico. Questa autoesaltazione non poteva occultare le crepe ormai troppo
profonde nella società: la protesta operaia e contadina e quella dei settori medi (insomma, di tutti
gli emarginati sociali)
Alcuni casi
In Cile, la già citata stabilità in questo periodo lascia intravedere delle fessure nelle quali si
inseriscono voci estremamente critiche. Tra tutte, quella di Luis Emilio Recabarren, padre del
movimento operaio in Cile: col suo primo discorso (1910), così come Diego Portales aveva fondato
la genealogia della destra cilena, egli fonda quella della sinistra
In Perù
Augusto B. Leguía iniziava il suo governo nel 1919 (fino al 1930). Da subito favorì la creazione di
una nuova plutocrazia associata ai forti investimenti di capitale straniero che si decuplicarono
negli anni Venti. Chiamò il suo piano modernizzatore Patria Nueva, con il quale si impegnava a
difendere i diritti di contadini, operai e studenti
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Le intenzioni iniziali svanirono in fretta, dato che poco tempo dopo fece reprimere le rivolte
contadine nella Sierra Sur e gli scioperi operaio-studenteschi a Lima
Tre eventi pubblici richiamano l’attenzione
La celebrazione del centenario dell’indipendenza del Perù, il 28 luglio 1921 (a dire il vero il
meno importante)
Un’importante protesta pubblica contro Leguía, guidata da studenti e operai il 23 maggio
1923. La manifestazione costituisce la nascita della cosiddetta Generazione del Centenario,
formata da voci che lottarono contro e invertirono tutti i valori del Perù blanco, costeño y
oligárquico. Fu l’apparizione pubblica di Victor Raul Haya de la Torre, allora presidente della
Federazione di Studenti Peruviani e fondatore nel 1924 dell’APRA (Alianza Popular
Revolucionaria Americana); fa la sua comparsa pubblica anche José Carlos Mariategui
Hanno origine i dibattiti che saranno fondazionali della discussione politica
latinoamericana del XX secolo: indigenismo, socialismo, nazionalismo, anti-
imperialismo. Le nuove generazioni discutono l’ordine precedente, ma dibattono anche
le loro germinali idee nate sulla scia della Rivoluzione Sovietica, di quella messicana o di
entrambe
Il centenario della battaglia di Ayacucho, il 9 dicembre 1924, tappa storica che
comprometteva tutta l’America del Sud e che aveva avuto luogo in territorio peruviano. Fu
l’evento certamente più fastoso
Leguía approfittò del clima di festa per modificare la Costituzione in maniera tale che
fosse possibile la sua rielezione: quello che era nato come Patria Nueva si trasforma in
Oncenio
Furono invitati intellettuali da tutto il subcontinente in un clima di esaltazione
dell’identità latinoamericana comune, segnando un importante passo in avanti nella
convergenza di intellettuali e potere
Per dimostrare la loro stabilità e la loro forza, i paesi neo-centenari devono compararsi con tre specchi
Le nazioni civilizzate. Le classi dirigenti americane inaugurano una politica guidata dall’ossessione
del buon giudizio di viaggiatori e visitanti. Si mostrano come il punto più alto dell’evoluzione
Vanno imitate e si vuole assomigliare a loro
Le nazioni vicine. È costante la lotta per il mantenimento dei confini
Vanno ignorate
Gli altri interni
Vanno segregati ed esclusi
Durante le celebrazioni dei centenari, le menzioni alla Spagna si limitano all’evocazione delle battaglie
militari delle guerre d’indipendenza. In questi casi, le pubblicazioni e i documenti ufficiali trascurano il
carattere rivoluzionario o anti-coloniale della rottura con la Spagna (anzi, vi è una specie di ritorno alla
cultura spagnola)
Le narrazioni ufficiali ripudiano il concetto di rivoluzione in favore di quello di evoluzione, più vicino
alla sensibilità positivista
Il racconto storico si incentra quindi più su grandi uomini, sulle loro biografie e sulle loro imprese. Il
punto zero da cui far partire la storia consiste nelle proclamazioni d’autonomia da parte dei cabildos
Questo ritaglio temporale veniva applicato anche nello spazio pubblico, soprattutto nelle capitali:
viali, diagonali, palazzi, statue e monumenti vengono inaugurati, anche al fine di sostituire
conventillos e cortiços
Un rifermento inevitabile, nei documenti ufficiali, è quello alla bianchezza e alla crescente
europeizzazione della popolazione: fuori dal taglio sociali restano neri, indios e mestizos
Argentina
L’anno fondamentale è il 1910
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È l’anno in cui arriva il maggior numero di immigrati nella storia del paese, 289mila
I festeggiamenti del centenario si celebrarono in grande stile, ma in stato d’emergenza per via
delle tensioni suscitate dall’attentato dell’anno precedente al capo della polizia per mano degli
anarchici
Era stata quindi promulgata la Ley de Defensa Social al fine di limitare, prevenire e
penalizzare le sollevazioni operaie
La doppia faccia della modernizzazione argentina risiede proprio nel fatto che
l’immigrazione europea viene favorita dalla classe amministrativa, ma poi immigrato
diventa sinonimo di socialista, anarchista, dissidente, nemico interno
È l’anno delle elezioni nazionali (pag. 92)
Messico, è il caso più evidente di come è stato silenziato il canto del cigno modernista in America Latina
Porfirio Diaz governava il Messico dal 1876 e si propose di celebrare il Grito de Dolores con
magniloquenza: mentre le compagnie straniere privavano le comunità contadine delle loro terre e
la crisi economica colpiva i settori operai, Diaz si impegnò a trasformare Città del Messico in Parigi
Appena 19 giorni dopo le celebrazioni del centenario, il 5 ottobre 1910, Francisco Madero,
leader dell’opposizione, lanciava il piano San Luis Potosì per sollevare la tirannia di Porfirio Diaz.
L’anno dopo, ci fu la sollevazione contadini guidata da Emiliano Zapata. La prima rivoluzione del
XX secolo latinoamericano estaba en marcha.
SECONDA PARTE
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Sono le periferie del mondo che, lette da altre periferie, appaiono più vitali e stimolano sia a
rivedere il passato sia a immaginare (in chiave socialista) il futuro
Vi furono una serie di progetti comuni. Su tutti, verso la metà del decennio, Víctor Raúl Haya de la
Torre promuoveva la creazione di un partito politico latinoamericano, l’APRA (Alianza Popular
Revolucionaria Americana). Nonostante il partito abbia ottenuto solo poche cellule nei vari paesi, i
postulati dell’aprismo acquisirono numerose adesioni politiche, culturali, ideologiche.
Il 22 settembre 1927, su proposta del sen. Higinio Álvarez, il Senato messicano approvò un progetto
di legge per invitare i governi latinoamericani a stabilire una cittadinanza latinoamericana, con gli
stessi diritti e dovrei dei paesi d’origine
Fino agli anni Venti non vi era stato spazio per gli interventi in campo politico degli intellettuali, ora
considerati come trabajadores del pensamiento. Ciò segna un evidente punto di rottura rispetto all’idea
di aristocrazia del sapere, idea che, imposta dal modernismo, vedeva gli uomini di cultura come dei
misantropi rinchiusi nella torre d’avorio in difesa di ciò che era buono, giusto e bello
La generazione post-bellica è caratterizzata da un intervento sociale da parte della classe
intellettuale, la cui nuova sfida è quella di guidare, in nome della nazione, la classe operaia, le
masse popolari, l’esercito, gli indigeni
Il luogo degli intellettuali è a metà tra il campo della cultura e quello del potere. Gli hombres de
ideas latinoamericani degli anni Venti privilegiarono il campo della cultura e della società,
situazione che, verso la fine del decennio, confluirà in una concezione più tradizionale di politica,
ovvero verso lo Stato
Ciò avviene per la prima volta in Messico. I caudillos militari rivoluzionari hanno bisogno degli
intellettuali per ricostruire e legittimare il nuovo Stato. Dal loro punto di vista, alcuni
intellettuali sentivano di dovere svolgere la missione di de-barbarizzare e de-militarizzare un
potere che si riproduceva e si legittimava grazie alla violenza
Nel caso peruviano, si alza la voce degli indigenisti cuzqueños, che, da fuori dello Stato e contro
di esso, parlavano in nome degli indios per discutere e invertire l’immaginario di un Perù
costeño, limeño y blanco
La tradizione liberale aveva individuato nella cittadinanza l’elemento su cui porre enfasi per avere una
definizione di nazione; la tradizione positivista nella morfologia razziale. Entrambe le visioni
escludevano il passato e creavano una nazione più escludente che inclusiva
Negli anni Venti, il pensiero latinoamericano cerca formule per allargare la nazione nel tempo
(appellando al passato, alle tradizioni, alle origini) e nel volume sociale (iniziando a considerare
l’Altro, fino a quel momento escluso)
La Nazione diventa più antica. Più drastiche sono le revisioni, più indietro nel tempo arriva la
ricerca dei simboli per giustificare lignaggi e stirpi
Su tutti, il recupero del mito di Quetzalcóatl
La nazione si allarga anche in quanto a densità sociale: neri, indigeni, campesinos/contadini
vengono incorporati alla discussione sul nazionale in un gesto di rottura provocatorio rispetto
all’esclusione politica, sociale, economica ed etnica dell’ordine oligarchico.
Dal punto di vista filosofico e gnoseologico, si può parlare di una crisi del paradigma. Vi è un esplicito
rifiuto del positivismo, ideologia che aveva sostenuto l’ordine oligarchico e il transito delle società
latinoamericane verso la modernizzazione
Il progresso, la razionalità, l’evoluzionismo sociale rettilineo e omogeneo, la tutela del pensiero
europeo furono al centro di critiche e controversie. Si ripresentò così la preoccupazione riguardo le
possibilità di un pensiero latinoamericano originale, che non fosse una copia esotica del pensiero
europeo: è questo il pensiero relativista
Colui che portò il relativismo nel campo della teoria politica fu Víctor Raúl Haya de la Torre, il
quale, con una metafora dell’idea einsteiniana, elaborò la sua dottrina dello spazio-tempo
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storico per spiegare le temporalità latinoamericane, invertire la tesi leninista dell’imperialismo
e proporre la sua teoria delle trasformazioni sociali (specifiche in base alla regione cui si
riferiscono)
Il rifiuto del positivismo implica anche il rifiuto delle gerarchie razziali. Il mestizaje/meticciato si
impose (fino ad oggi) come una delle definizioni più forte per tutta l’area
Un’idea centrale di questi anni è quella di un meticciato non più razziale, ma spirituale. La
nazione è un concetto che rimanda all’armonia, al noi, alla fratellanza al di sopra di ogni
differenza di etnia, classe sociale, regione, cultura; da ciò deriva il fatto che meticciato
spirituale va inteso come idea, funzionale e imprescindibile, di sintesi degli opposti e fusione
delle differenze
Si impone l’idea di crisol de razas (crogiolo di razze). Si parla anche di sintesi viventi o di
razze cosmiche; in ogni caso, l’idea è quella di cancellare le differenze (e non tanto le
disuguaglianze)
L’associazione tra il problema indigeno e quello della terra venne stabilita da José Carlos Mariátegui nei
Siete ensayos
La questione indigena si trasformerebbe in questione contadina e la terra è il passaporto
dell’inclusione nel discorso politico delle sinistre (per esempio, in Messico i contadini entrano nella
nazione in virtù dei 10 anni di partecipazione nell’esercito zapatista)
Le frontiere economiche dell’America Latina si ridussero di fronte o contro il dominio imperialista.
L’opposizione alle aggressive politiche militari degli Stati Uniti in America Centrale e nei Caraibi
ridussero la quantità di problemi e inquietudini interni (ovvero tra paesi dell’America Latina). Quando
devono affrontare un Altro, i paesi si uniscono.
L’anti-imperialismo del primo dopoguerra rafforzò nel discorso politico i topici di autonomia,
autodeterminazione, sovranità, indipendenza
Nasce la preoccupazione se l’America Latina debba essere intesa come Ariele, Calibano o
Prospero (cfr. Roberto Fernàndez Retamar)
Negli anni Venti si riconsidera la relazione dell’europeo con il non-europeo. La guerra, la creazione della
Società delle Nazioni e soprattutto la Rivoluzione Russa allargano il mondo. Le sinistre comuniste e non
comuniste, i pacifisti, gli anticolonialisti e gli umanisti riconobbero nell’antimperialismo uno spazio per
affacciarsi al mondo extra-europeo
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specie di ambasciate culturali, in modo tale dal stabilire relazioni sia con gli altri governi sia con
le generazioni contestatarie, critiche e giovanili; dall’altro lato, fu fondamentale la politica di
protezione nei confronti dei perseguitati e oppositori politici dei governi dittatoriali o autoritari
della regione (il Perù di Leguía, la Cuba di Machado, il Venezuela di Gómez)
Un altro grande pensatore della Rivoluzione Messicana fu José Ingenieros, che la interpreta
come contraltare della Rivoluzione Russa
Per Ingenieros “la Rivoluzione Messicana è una rivoluzione nel senso più assoluto del
termine: politico, economico, sociale ed educativo […] E il socialismo dei messicani è
puramente messicano, senza vincoli internazionali”
Passiamo ora al caso peruviano. La Rivoluzione Messicana è stato un riferimento cruciale
nell’architettura ideologica dell’APRA (Alianza Popular Revolucionaria Americana), fondato nel maggio
del 1924 da Víctor Raúl Haya de la Torre durante il suo esilio nel Messico di Vasconcelos
Per l’aprismo, la Rivoluzione Messicana è il primo sforzo vittorioso di un popolo indo-americano
contro la doppia oppressione feudale e imperialista. La Rivoluzione, che nella concezione aprista è
stata sociale, non socialista, e nazionale, in Messico si è costruito uno Stato nazionale non classista:
qui risiede il punto di convergenza tra rivoluzione e nazione e il punto di transito tra l’una e l’altra
Víctor Raúl Haya de la Torre fa sua la posizione del 1926 di Lombardo Toledano, per il quale lo
Stato messicano accettava la divisione della società in oppressi e oppressori, “ma non vuole
considerarsi incluso in nessuno dei due gruppi”
José Carlos Mariátegui scrisse, tra il 1924 e il 1930, una serie di articoli analizzando da vicino il
processo politico messicano. Nel 1928 il tono della sua analisi sugli orizzonti della rivoluzione si
radicalizza: vede caratteri vicini al socialismo nella Rivoluzione Messicana, il che lo porta a rompere
con l’aprismo
Nel Perù degli anni Venti, nel contesto della dittatura di Leguía, si installò uno dei dibattiti più
profondamente radicati nella cultura politica latinoamericana. La polemica tra Haya de la Torre e
Mariátegui inaugurò una discussione che avrebbe avuto molto peso nei progetti di trasformazione
sociale di tutta l’area: riforma o rivoluzione?
I due condivisero inizialmente un territorio di idee affini, fino al 1928, il cui fine era sempre
quello di Peruanizar al Perú. Le differenze ideologiche tra i due si fecero evidenti a partire dalla
proposta di Haya di creare un partito politico peruviano
Per l’APRA gli attori della trasformazione rivoluzionaria sarebbero stati le classi produttrici, i
lavoratori manuali e intellettuali, unione di operai, contadini, indigeni, con studenti, maestri di
scuola, intellettuali d’avanguardia, ecc. insomma, un movimento eterogeneo e fortemente
inclusivo (Alianza: incorporazione di vari partiti e organizzazioni; Popular: allude a una
convocazione pluri-classista; Revolucionaria: di una Rivoluzione nazionale; Americana: per
sottolineare il carattere continentale)
Il punto di non ritorno consiste nella strategia aprista del cosiddetto Plan de México (gennaio
1928), nel quale Haya propose la creazione del Partido Nacionalista Libertador Peruano, che
potesse portare avanti i postulati dell’aprismo anche in Perù.
L’obiettivo era organizzare una spedizione dal Messico per rovesciare Augusto B. Leguía. Di
fatto, si voleva emulare Zapata e l’insorgenza contadina messicana, proponendo un partito
moderno, una rivoluzione per installare una democrazia funzionale dal punto di vista della
sinistra marxista. Nella lettera dell’aprile 1928 scritta ad Haya, Mariátegui esprime con dure
parole il suo disaccordo, visto che in tutto il programma “non vi era una sola parola di
socialismo”
Per Mariátegui, il quale credeva in una rivoluzione che fosse sentimento, passione,
rischio e compromesso con l’azione, l’unica soluzione valida è quella socialista. È questa
la spaccatura che lo separa dalla proposta aprista, che si basava invece sul marxismo
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Nonostante ammettesse la necessità dell’internazionalismo proletario, Mariátegui
discuteva la posizione più settaria del comunismo: critica proprio i leader,
affermando che una vera rivoluzione dovrebbe essere guidata da una leadership
proletaria
Tanto per l’uno come per l’altro nella società peruviana convivono feudalesimo e capitalismo,
Tuttavia, se per Haya l’imperialismo aveva un aspetto costruttivo, dato che completava lo
sviluppo capitalista del paese per la sua capacità di superare le relazioni servili e feudali di
produzione, per Mariátegui non vi è alcun aspetto positivo, visto che l’imperialismo articola
capitalismo e feudalesimo in una relazione complementare e quindi funzionale
Per Haya, il dualismo delle società latinoamericane è superabile tramite la mediazione tra
capitale straniero e uno Stato regolatore. Mariátegui crede che la contraddizione sia
superabile solo da fuori del sistema.
Si tratta, in fin dei conti, di due distinte concezioni teoriche, ideologiche e quindi
metodologiche. Per Haya vi sono due economie, una dipendente e una centrale; per
Mariátegui, il capitalismo è un’economia che articola centro e periferia in un’unità
complementare per la sua riproduzione ed è in questo senso che pensa che sia il socialismo
l’unica forma in grado di completare la nazione
Per quanto riguarda il comunismo nel subcontinente, bisogna anzitutto sottolineare come in origine il
Comintern diede assai poca importanza all’America Latina
La terra a chi la lavora, le fabbriche agli operai, armamento delle masse lavoratrici e governo
operaio e contadino: questa era la definizione ufficiale della rivoluzione dei partiti comunisti
latinoamericani. Nonostante ciò, ancora non era chiarita la questione del contenuto della stessa:
molti di questi aspetti erano stati ottenuti nel caso del Messico, eppure si faticava a definirla una
vera e propria rivoluzione comunista
Il dilemma teorico e ideologico dei comunisti latinoamericani era, da un lato, il rachitismo del
soggetto privilegiato della tradizione marxista, ovvero la classe operaia, e, dall’altro, la stragrande
maggioranza contadina, impossibile da pensare come soggetto storico secondo le etichette
ideologiche del periodo. Inoltre, la resistenza a pensare il problema nazionale al di là della
questione coloniale portò i comunisti a qualificare le Tesi della razza di Mariátegui (e a lui stesso)
come populiste
Antiimperialismo y latinoamericanismo
L’inoccultabile vocazione degli Stati Uniti per la leadership continentale si palesò definitivamente dopo
la Prima Guerra Mondiale. La forma che assunse il suo dominio nella regione fu quello di forti
investimenti nella produzione, processi di estromissione delle risorse produttive di molti paesi
latinoamericani e il controllo delle loro economie d’enclave, dal punto di vista economico e, in alcuni
casi, politico-militare
Gli Stati Uniti intervennero, fra il 1912 e il 1934, in Nicaragua, Haiti e Santo Domingo
Questi interventi generarono una reazione politica e ideologica incentrata sul problema
dell’imperialismo e sul carattere dipendente delle società latinoamericane
La Conferenza Internazionale Americana (1889-1890) coronava gli sforzi di quasi dieci anni di gestioni
diplomatiche nordamericane atte a riunire sotto la loro egida i paesi della regione
Sorgeva qui il panamericanismo. L’ideologia del manifest destiny nordamericano divulgava la
convinzione dell’esistenza di nazioni che possiedono una missione storica per le quali l’espansione
è non solo naturale e irresistibile, ma anche auspicabile e legittima, soprattutto se il
consolidamento dello sviluppo industriale spingeva verso la ricerca di mercati, fonti di investimento
e riproduzione del capitale
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La convocazione di tale conferenza rispondeva all’intenzione di neutralizzare l’influenza politica ed
economica europea (soprattutto inglese) nel subcontinente. Se il panlatinismo esprimeva
l’opposizione sassone/latino, il panamericanismo istalla l’opposizione America=Pan-
America/Europa, sotto l’egemonia degli Stati Uniti
José Martí commentò la conferenza per il giornale argentino La Nacion. Il suo ammonimento circa
le conseguenze dell’imperialismo nordamericano si giustificava in virtù dei 15 anni vissuti “nella
pancia del mostro”
Martí si oppose al protezionismo nordamericano (USA voleva una moneta unica per tutto il
continente) appellandosi alla libertà di commercio
La fondazione del Partido Revolucionario Cubano e la guerra d’indipendenza di Cuba
riportarono Martí agli ideali bolivariani e al primo pensiero indipendentista. Nel 1891 appare
Nuestra América, scritto programmatico del latino-americanismo
L’anti-nordamericanismo martiano influenzò fortemente il modernismo novecentesco.
L’argentino Manuel Ugarte dedicò numerosi scritti a un’insistente predica contro le pretese
egemoniche degli Stati Uniti e in favore dell’unità latinoamericana: la formazione di una Patria
Grande era l’unico modo per contrastare la politica nordamericana
José Enrique Rodó (1900) coniò una formula, che ebbe enorme impatto, per ritrarre l’America
Latina: ricreava in termini dicotomici un’America Latina spirituale e idealista (Ariel) opposta agli
Stati Uniti pragmatici e materialisti (Calibano)
La preoccupazione centrale che ricorre l’Ariel e che la maggior parte del modernismo di inizio
secolo esprime riguarda la direzione che assume la modernizzazione nelle società
latinoamericane e le forme che assumerebbe l’ingresso delle masse che mostravano una
grande propensione alla protesta
L’iniziale sentimento anti-nordamericano di carattere reattivo lasciò il passo a una
concettualizzazione che avvolse il fenomeno in maniera più globale
Verso la metà degli anni Venti nacquero una serie di associazioni e mezzi d’espressione diretti
alla riflessione e alla denuncia del fenomeno imperialista nella regione (es. la Liga
Antiimperialista de las Américas creata in Messico nel 1925)
Nel febbraio del 1927 si riunì a Bruxelles il Congresso contro l’Oppressione Coloniale e l’Imperialismo,
per iniziativa dell’Internazionale Comunista. I discorsi latinoamericani ufficiali furono quelli di
Vasconcelos, Quijano, Martinez; anche se non ufficialmente, parlò soprattutto Haya de la Torre.
Le risoluzioni del congresso coincisero con le tesi apriste: la distinzione di distinte sfere geografiche
in base al grado di influenza statunitense all’interno del subcontinente viene accettata, ma non
impedisce la volontà di seguire una strategia continentale comune portata avanti da un partito (di
carattere regionale)
Per Haya de la Torre, mentre in Europa è il punto finale, in America Latina l’imperialismo è la prima
tappa del capitalismo (Haya inverte così l’argomento leninista), perché vede l’imperialismo come il
vettore che estende le relazioni sociali capitaliste in America Latina
La visione di Haya ricevette alcune critiche, ma, al di là dell’adesione o meno ai valori dell’APRA, è certo
che verso la fine degli anni Venti si istituisce nell’agenda problematica della sinistra latinoamericana un
nucleo teorico e politico cruciale nella cultura politica latinoamericana: rivoluzione nazionale o
rivoluzione socialista?
Alla Primera Conferencia Comunista Latinoamericana (giugno 1929; fino a quel momento
l’interesse dell’Internazionale Comunista nei confronti dell’America Latina era sempre stato
marginale), José Carlos Mariategui intitola il suo discorso Punto de vista antiimperialista
Egli ubica la questione imperialista discutendo tanto la visione comunista quanto quella
dell’APRA
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A differenza di quanto sostenuto dall’Internazionale, Mariategui considerava inammissibile
l’assimilazione della situazione delle repubbliche latinoamericane a quella dei paesi
semicoloniali
Il punto centrale della sua differenza rispetto all’aprismo risiede nel fatto che, secondo
Mariategui, dato che le borghesie latinoamericane non erano portatrici di un nazionalismo
rivoluzionario, l’anti-imperialismo non doveva essere elevato alla categoria di programma
politico; meno che meno si poteva pensare che a partire da esso si sarebbe spianato un
cammino verso il socialismo o la rivoluzione sociale, dal momento che l’anti-imperialismo
non annulla le differenze di classe né il loro antagonismo
Non ottenne consensi consistenti e venne marginalizzato dal partito a livello internazionale
Il pensiero anti-imperialista del primo dopoguerra disegnò un perimetro inclusivo su scala regionale e
segnalò destini e strategie comuni per l’Indoamerica (e la questione del nome rientra in questa ricerca
per nuove soluzioni).
Autonomia, autodeterminazione, sovranità, indipendenza, ecc. sono concetti che si rafforzarono in
virtù delle sfide contro un “fuori” imperiale
La componente anti-imperialista delle ideologie politiche generò strategie di potere di tipo
movimentista, frentista e alleanzista che ebbero anche un carattere fondazionale e rivestirono,
negli anni Trenta e Quaranta, un’importanza decisiva nelle forme di fare politica.
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Estadocentrismo, nacionalismo e inclusión
Tra il 1929 e il 1933 le economie latinoamericane collassarono come effetto della grande crisi
capitalista (il crollo di Wall Street coinvolse tutte le economie della regione, anche se non con lo stesso
impatto). La grandezza della crisi obbligò alla ri-articolazione delle relazioni tra Stato e società.
L’inserimento di queste economie nell’ambito della divisione internazionale del lavoro come semplici
produttrici di materie prime rese evidente che le misure anticicliche adottate erano ormai
anacronistiche e inadatte ad affrontare uno scenario che richiedeva misure più audaci
Perciò tra il 1933 e il 1935 si sarebbero promosse forme interventiste che abbandonavano il
mercato del libero scambio e ergevano la Stato ad attore principale dell’organizzazione non solo
economica, ma anche sociale
In generale in tutte le economie di ogni stato vengono date le spalle al liberalismo economico e alla
logica del libero scambio, in favore dell’ideologia dell’estadocentrismo e del nazionalismo
Lo stato e il suo apparato ampliarono le loro funzioni per mezzo di strumenti progettati per
indirizzare l’economia. È questo il caso delle giunte regolatrici della produzione primaria per fissare
i prezzi, restringere le aree coltivate, privilegiare determinati settori (il caffè in Brasile o la carne in
Argentina) in funzione della domanda esterna
La sostituzione delle importazioni fu lo strumento per affrontare la crisi. Questa sostituzione si associa
generalmente all’industrializzazione (modello ISI)
In questo periodo tra le due guerre (anni ’30 e ‘40) vi fu un enorme aumento della popolazione e una
migrazione di massa interna verso le città
Ciò rende effettiva la presenza massiva di un “altro” sconosciuto, rurale, generalmente contadino,
molte volte con una lingua diversa e con patrimonio culturale alieno. Rotos, pelados, cholos,
cabecitas negras circondano delle città che non possono ospitarli come forza lavoro, ma che
promettono un presente meno drammatico rispetto al luogo da dove provengono
In queste società di massa, il movimento operaio, prima dominato da idee anarchiste o anarco-
sindacaliste, lasciava dietro di sé la sua fase eroica e entra nella sua fase istituzionale di
articolazione con lo stato
Il consolidamento del sindacalismo come rappresentante dei lavoratori sia nel sistema delle
relazioni industriali sia nel sistema politico fu un centro gravitazionale delle forme di fare
politica del periodo
Negli anni Trenta si crearono centrali operaie di carattere nazionale
L’anno 1930 è sinonimo di cambiamenti politici in America Latina
Molte interpretazioni enfatizzano la relazione tra gli effetti della crisi capitalista e i colpi di stato che
si succedono nei paesi della regione; generalmente queste interpretazioni seguono l’ordine: fine
dell’ordine primario esportatore – dimostrazione della fine dei vari regimi oligarchici. Tuttavia, è
certo che non in tutti i paesi i cambiamenti sono dello stesso segno, anche quando suppongono
l’intervento diretto delle forze armate o dei settori militari
Proprio l’intervento delle forze armate va inteso come il comune denominatore
Le vie d’uscita dalla crisi di dominazione furono allora dittatoriali lì dove l’intervento
nordamericano aveva lasciato la sua eredità (Trujillo in Repubblica Dominicana, Somoza in
Nicaragua, Hernandez Martinez a El Salvador, Carìas Andino in Honduras), riformiste (Frente
Popular Chileno), movimenti populisti o nazional-popolari
Un’esperienza singolare nel panorama politico degli anni Quaranta e Cinquanta, che coniugò
nazionalismo e rivoluzione, fu quella boliviana
La guerra tra Bolivia e Paraguay per i territori del Chaco boreale (1932-1935) marcò a fuoco la
riflessione e l’azione politica en Bolivia. Non era la prima volta che veniva sconfitta in una guerra
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(aveva già perso nella Guerra del Pacifico), ma gli echi traumatici di questa sconfitta aprirono una
breccia per dibattiti e discussioni circa l’ordine politico
Si inaugura un’epoca di riflessione sulla bolivianidad, lo Stato, la nazione, il tutto in un quadro
di situazione politica di dipendenza del paese e di subordinazione dell’élite dirigente, fosse essa
militare, politica o intellettuale
Alla fine della guerra si successero i governi del cosiddetto socialismo militare (1936-1939),
animati da una diffusa ideologia con note anti-oligarchiche, nazionaliste e anti-imperialiste
Salì poi al potere Gualberto Villaroel, che fu presidente dal 1943 al ’46, rappresentante della loggia
militare Radepa (Razon de Patria) fondata da un gruppo di ufficiali prigionieri durante la guerra col
Paraguay
Un’inaspettata alleanza fra gli estrattori di stagno e il Partito della Sinistra Rivoluzionaria spinse
verso una sanguinosa protesta, che invase la sede presidenziale, assasinò Villaroel, lanciò il suo
cadavere da un balcone e lo appese da un palo della luce in Plaza Murillo
In questo periodo è intensa l’attività sindacale operaia e contadina e vengono creati partiti
politici come il Movimiento Nacional Revolucionario (MNR), il Partido de Izquierda
Revolucionaria (PIR), il Partido Obrero Revolucionario (POR)
Le frustrazioni della guerra spinsero a ripensare la storia, l’economia e il potere dall’indipendenza.
Le analisi si incentravano sempre più sull’immagine di un paese che non si era consolidato come
nazione, costruito per l’interesse di una piccola oligarchia che aveva sequestrato a suo beneficio la
ricchezza nazionale, subordinandola agli interessi stranieri.
Se le élite politiche e militari erano oggetto di una dura contestazione, allo stesso modo lo erano
quelle intellettuali. Soprattutto quelle che aveva individuato nel fattore raziale le cause del ritardo
boliviano
La guerra del Chaco ravvivò l’immagine epica della bolivianidad. Era possibile superare questa crisi
solo a partire da un movimento insurrezionale di tutte le classi oppresse tanto dall’oligarchia
quanto dall’imperialismo. Questo nazionalismo anti-imperialista divenne un cammino
rivoluzionario nel 1952
La rivoluzione dell’aprile del 1952 cambiò radicalmente le strutture economiche e sociali del
paese a partire da un’importante movimento di masse contadine e operaie sotto la leadership
del MNR
Vennero nazionalizzate le miniere di stagno e si portò a termine un’importante riforma
agraria, si decretò il suffragio universale e venne dato lo status di cittadinanza agli indigeni
Riassumendo, lo scenario di incertezze degli anni Trenta era preceduto da idee politiche alternative
all’ordine liberale. Rivoluzionari, nazionalisti, anti-imperialisti, social-cristiani, integralisti avevano
tessuto le loro trame ideologiche cercando soggetti alternativi alle vecchie élite: il popolo, il fronte di
classi, la nazione, l’esercito. Queste idee collassarono di fronte alle sfide conseguenti alla crisi del ’29 e
a un processo di complicazione sociale che cominciava a delineare nella struttura sociale quali soggetti
avrebbero ottenuto visibilità negli anni Trenta e Quaranta
Ad ogni modo, il denominatore comune furono i nazionalismi, lo Stato messo al centro e
l’inclusione sociale
Nazionalismi, corporativismi, fronti di classi e populismi erano certamente presenti nella
discussione politica degli anni Venti, ma è negli anni Trenta e Quaranta che questa discussione si
articola scartando le idee politiche più radicali, fossero della destra d’ispirazione fascista o della
sinistra rivoluzionaria.
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¿Populismo o populismos?
Per via dell’indeterminazione e dell’ambivalenza del populismo come fenomeno storico, molte volte si
è messo in dubbio il suo essere una categoria
Sotto il termine populismo vi sono fenomeni di diversa indole: forme di leadership, tipi di regime
politico, di Stato, partiti politici, movimenti e ideologie
Spesso poi il termine è connotato in maniera peggiorativa
In America Latina non vi sono partiti o movimenti dichiaratamente populisti; a causa e in
conseguenza di ciò, il populismo è stato criticati tanto da liberali e conservatori quanto dalla sinistra
politica
In generale i populismi furono tanto antiliberali quanto anticomunisti; tuttavia, in molti casi
ampliarono la cittadinanza politica estendendo il diritto di voto (alla donne) o creando politiche
elettorali maggiormente competitive
Per esempio, Peron partecipa al golpe, ma sale alla presidenza della repubblica vincendo le
elezioni democratiche del 1946
Venne mantenuta sempre una posizione marcatamente anti-imperialista. Anti-imperialismo che fu
a tratti pura retorica, ma che venne anche messo in pratica tramite la nazionalizzazione di imprese
strategiche che erano in mano al capitale straniero
ciò portò anche a uno sviluppo del sindacalismo, ma portò anche vantaggi alle classi borghesi,
come lo sviluppi industriale o l’ampliamento del mercato interno
la leadership fu sempre personalista e a tratti demagogica, tramite forme corporative e esercizi del
potere autoritari, che allontanavano il populismo dalla democrazia liberale
nonostante l’ambivalenza, l’indeterminazione e la polisemia del populismo latinoamericano, per
renderlo analizzabile a livello di categoria è bene ubicarlo storicamente tra la crisi economica del ’29 e
la Rivoluzione Cubana del 1959, per un periodo di 3 decenni
i cosiddetti populismi classici sono tre: cardenismo, varguismo e peronismo
si possono identificare tre grandi campi interpretativi del populismo
il primo spiega le esperienze populiste in virtù del processo di transizione dalla società tradizionale
a quella moderna
inaugurato da Gino Germani alla fine degli anni Cinquanta
i populismi sorgono quando gli strati sociali tradizionali trovano otturata la propria via verso
l’intervento nella vita politica: le masse non trovano canali istituzionali per la loro
rappresentazione. Queste masse spaesate, eterogenee e slegate vengono manipolate da un
leader carismatico, il quale stabilisce vincoli diretti con le masse stesse e riesce a articolarle con
altri settori (la borghesia, l’esercito)
la seconda linea d’interpretazione è storico-strutturale e vincola il populismo con lo stadio di
sviluppo del capitalismo latinoamericano che sorge con la crisi dell’oligarchia. Chi segue questa
linea evidenzia il ruolo dello Stato, che, di fronte alla debolezza della borghesia, deve assumere il
ruolo di guida dei processi di cambiamento
Cardoso e Faletto – Dependencia y desarrollo en América Latina, 1969
Le politiche di consolidamento del mercato interno e dell’industrializzazione generarono
una politica di accordi tra settori molto diversi. Ciò supponeva la costituzione di un’alleanza
desarrollista tra forze contradditorie, guidate dal settore imprenditoriale con un ruolo
protagonistico dello Stato
la terza si fonda sul concetto di egemonia e sul binomio popolo/blocco del potere come
contraddizione specifica alternativa alla contrapposizione classista
Ernesto Laclau, secondo il quale il populismo è un modo di costruzione della politica che può
essere adottato da ideologie della più diversa indole, dal comunismo al fascismo. Una rottura
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populista si produce quando si dicotomizza lo spazio sociale e gli attori riconoscono sé stessi
come partecipanti di uno o dell’altro schieramento
Il discorso populista si articola intorno a significanti che di per sé sono vuoti (patria, popolo,
cittadino) e che vengono di volta in volta riempiti di significati funzionali agli obiettivi di chi
ostenta il potere
TERCERA PARTE
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Il Primer manifiesto del movimiento 26 de julio al pueblo de Cuba dalla Sierra Maestra (12 luglio 1957)
esplicitiva il desdierio di stabilire un orden del tutto democratico: elezioni libere e rispetto dei diritti
civili.
Nella Segunda declaracion de La Habana del 1962 (la prima era stata redatta due anni prima e si
orientava su posizioni non del tutto socialiste) Cuba si definisce ufficialmente socialista: Cuba si fa
portavoce di tutto il subcontinente nella postulazione dei binomi Cuba/Stati Uniti,
socialismo/capitalismo, pueblos/monopoli, pane/fame, industrializzazione/sottosviluppo.
Riprendono la denominazione di sé stessi come di Terzo Mondo, associato a sottosviluppo, dipendenza,
marginalità, povertà, ecc. che avrebbero portato a un’unica ovvia conseguenza: la rivoluzione.
Va tenuto conto della crisi del comunismo dopo il rapporto del XX congresso del PCUS (1957) riguardo il
terrore stalinista che inaugurò un diffuso dibattito in merito alle esperienze del socialismo reale
Cuba si erge quindi a nuova Gerusalemme per discutere la rivoluzione e il socialismo, teorizzando la
rielaborazione di tutti i temi teorici del campo marxista e della teoria della modernizzazione: la
divisione di classe, il capitalismo latinoamericano, l’anti-imperialismo, ecc. e soprattutto la nuova
forma di fare la rivoluzione, in particolare con ala pratica della guerrilla
Nella misura in cui tutte le rivoluzioni moderne venivano concepite come fenomeni internazionali, in
grado di trascendere le idee di locale o nazionale, secondo la visione del Che Guevara, Cuba aveva dato
un apporto fondamentale nell’evoluzione di come fare la rivoluzione, dimostrando che
Le forze popolare possono vincere una guerra contro l’esercito
Non è necessario che vi siano le condizioni per l’assalto al potere, dal momento che esse possono
essere create tramite la guerriglia
È questo il punto cardine di Cuba nel suo progetto di continentalizzare la rivoluzione
In effetti, molte “Sierre Maestre” hanno luogo nella regione
In America Latina il campo di scontro deve essere il terreno dell’azione insurrezionale
Desarrollo y dependencia
In contemporanea a questi cambiamenti politici vi fu un altro fondamentale movimento delle idee nella
regione nel secondo dopoguerra. La crisi del colonialismo motivò una forte discussione riguardo allo
sviluppo lineare, all’evoluzionismo e all’eurocentrismo
Se negli anni Venti la Prima Guerra Mondiale aveva eroso l’idea unilaterale di civiltà e la linearità
del progresso, negli anni Sessanta la parola progresso venne sostituita da sviluppo e le fece da
contraltare il sottosviluppo, tema che motivò un campo tanto polemico quanto fondazionale per
l’analisi della regione
Il sottosviluppo si legava direttamente ai temi di povertà e fame
Il sottosviluppo veniva analizzato attraverso un modello che procedeva in un continuum nel quale
costituiva una tappa inferiore, anteriore e immatura rispetto allo sviluppo pieno che sarebbe
seguito alla creazione delle condizioni adeguate al decollo economico
Questa visione (Etapas del crecimiento economico. Un manifiesto no comunista di Walt
Whitman Rostow, 1960) relazionava sviluppo economico e modernizzazione politica, sociale e
istituzionale, misurando la modernizzazione seguendo gli standard dei paesi industrializzati
Tuttavia, nel 1948 era stata creata la CEPAL (Comision Economica para America Latina), che
teorizzava una forte e originale critica all’etapismo e all’europeismo delle teorie della crescita
economica
Da un punto di vista storico-strutturale, smontava l’argomento centrale della divisione
internazionale del lavoro dell’economia politica classica, ovvero il principio dei vantaggi
comparativi e del periodo dello sviluppo verso fuori. Dimostra quindi che i vantaggi non erano
gli stessi per i paesi del centro e per quelli della periferia del sistema capitalista e postula uno
sviluppo verso dentro, ovvero un processo di industrializzazione sostituiva con intervento dello
Stato
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Prebisch sottolinea come il sottosviluppo dei paesi periferici fosse unito al processo di
sviluppo organico delle economie centrali
l’originalità dell’intervento del CEPAL sta nel considerare sviluppo e sottosviluppo non
linearmente, come antecedente e conseguente, ma come faccia di una stessa medaglia
che si riproducono nel commercio internazionale
creazione nel 1961 dell’Alianza para el Progreso
argomento centrale delle scienze sociali e della politica diventa in questi anni quello della dipendenza
la cosiddetta “teoria della dipendenza” fu uno degli interventi teorici più importanti
relaziona sottosviluppo ed espansione dei paesi industrializzati
sviluppo e sottosviluppo come aspetti diversi dello stesso processo universale
il rifiuto del sottosviluppo come prima tappa di un processo evoluzionista
la dipendenza dovuta non solo a cause esterne, ma anche a fattori sociali, ideologici e politici
interni
vi fu una revisione del carattere feudale o capitalista dell’America Latina
la categoria della dipendenza, più che come teoria, si presentava come problema teorico: viene
vista come una situazione che avviene sotto determinate condizioni strutturali nazionali e
internazionali
Intelectuales y compromiso
il problema dell’intellettuale moderno si istallò in America Latina nella decada degli anni Venti e fa
parte dell’insieme di revisioni della “republica de las letras” dopo la Prima Guerra Mondiale, le quali
vanno di pari passo con le trasformazioni sociopolitiche della regione
in questi anni la parola intellettuale comincia a essere utilizzata come sostantivo per riferirsi a una
collettività e si inaugura anche la riflessione sulle loro funzioni e missioni: come si definiscono gli
intellettuali? Che ruolo occupano nella società?
Nel tentativo di autodefinirsi come gruppo sociale, gli intellettuali fanno leva su due temi, la
nazione e la rivoluzione
Anti-imperialismo, critica generazionale, avanguardie politiche ed estetiche si fondono in un
terreno ancora ambiguo e imprecisato, ma fondazionale per il pensiero degli anni Venti
In generale, la ricollocazione dell’intellettuale si basa sulla sua vocazione all’intervento politico e
sociale grazie al quale si avvicina agli altri, ai subalterni, siano indios, contadini o operai
Esprimono scomodità sociale e un malessere in una realtà che avvertono ingiusta, denunciano
il potere in un continuo j’accuse
Evidentemente rompono con l’ideale dell’uomo di lettere coltivato dalla generazione
precedente, quella modernista (della torre de marfil)
Gli hombres de pensamiento si aggiudicarono esplicitamente una missione civilizzatrice,
modernizzatrice e secolarizzatrice. L’altro imperativo fu la critica e la trasformazione, non intese più
come denuncia, ma come intervento pubblico (ovvero politico)
La classe intellettuale riconosce sé stessa come un’élite che genere discorsi, spiegazioni e
rappresentazioni secolarizzate sulla società
Negli anni Sessanta queste polemiche si ripresentano e approfondiscono
Nel caso cubano, si assiste alla subordinazione e/o rinuncia di ogni funzione o identità in favore
dell’essere rivoluzionario. La lotta politica rivoluzionaria assorbiva l’intellettuale, dato che la teoria
non era funzionale alla vittoria della Rivoluzione
Che ruolo doveva assumere l’intellettuale in un processo rivoluzionario e socialista?
È una questione che esce anche dai confini di Cuba, visto che buona parte dell’intellettualità
latinoamericana del periodo appoggiava la Rivoluzione
Caso Padilla
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Un punto in comune tra anni ’20 e ’60 è l’affermazione dell’appartenenza estetica e politica
all’America Latina e la ricerca di formule per definire questi perimetri
Perciò venne convocato nel 1962 il Congresso degli Intellettuali dall’Università di Concepcion in
Cile
Boom; rete di intellettuali
Non ci sono dubbi sul fatto che gli anni Sessanta iniziano con la Rivoluzione Cubana del 1959; più
difficile è individuare la fine. Per alcuni corrisponde al colpo di stato di Augusto Pinochet Ugarte dell’11
settembre 1973, mentre per altri finirebbero con le proteste studentesche del 1968.
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Prohibido pensar América Latina. De la desaparicion y la recuperacion de ideas.
In questo scenario di guerra tra idee imposta dalle ditatture, i significanti politici del campo culturali
venivano considerati i vettori più pericolosi dell’infiltrazione marxista. Tra le politiche correttive
imposte mediante l’uso della violenza vi era la cancellazione di una memoria regionale precedente
La sparizione e il silenziamento di persone e delle loro idee erano finalizzati alla manipolazione
della storia
Per esempio, la sola espressione America Latina venne considerata a priori come comunista e
rivoluzionaria dai servizi d’intelligence
Ogni pubblicazione riferita al campo della cosiddetta teoria della dipendenza fu analizzata e proibita
La ricerca dell’intelligence analizzava persino fotocopie e appunti universitari
Il saggio fu la forma narrativa dominante per la diffusione delle idee nella storia del pensiero politico
latinoamericano
Las venas abiertas de América Latina – Eduardo Galeano (1971) è stato uno di quelli a ottenere
maggior successo, ma anche tra i più fortemente proibiti
Non solo la produzione scritta, ma anche quella musicale viene sequestrata. Anche le conferenze
venivano spiate e archiviate dall’intelligence
La memoria obstinada
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