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Il Congresso di Vienna e la Restaurazione

Dopo solo 25 anni dall'inizio della rivoluzione francese, il 1 novembre 1814, prese avvio il
Congresso di Vienna. In un lasso di tempo piuttosto limitato l'Europa aveva sperimentato una serie
di eventi traumatici, come la rivoluzione, i successivi turbolenti accadimenti politici francesi e
l'esperienza del cesarismo di Napoleone. Questi, deposto ed esiliato sull’isola d’Elba, riuscì a
rientrare in Francia il 20 marzo 1815, dove, sostenuto dai liberali, realizzò il "Regno dei Cento
Giorni", proprio mentre il Congresso di Vienna decideva la divisione dell'impero napoleonico. La
rovinosa sconfitta francese nella battaglia di Waterloo contro gli inglesi nel 1815 pose
definitivamente fine alle aspirazioni di Napoleone, esiliato sull'isola di Sant'Elena fino alla morte.
L'artefice principale della sconfitta di Napoleone fu senza ombra di dubbio l'Inghilterra che era
riuscita addirittura ad accrescere il suo vantaggio economico rispetto alle altre nazioni europee.
L'Inghilterra, però, per non creare malcontento e pericolose proteste nazionalistiche, ridisegnò il
volto dell'Europa in accordo con le altre nazioni.
Per questo motivo, nel 1815, tutti gli Stati europei si incontrarono a Vienna per ridisegnare il volto
dell'Europa e per evitare che ondate rivoluzionarie come quelle napoleoniche si potessero ripetere.
In realtà, anche se erano presenti tutte le nazioni, quelle che decidevano erano quattro: l'Inghilterra,
la Russia, l'Austria e la Prussia, le potenze che avevano sconfitto Napoleone.
L'ideatore del Congresso di Vienna fu il cancelliere austriaco Metternich, il quale prese una
decisione di grandissima importanza per la riuscita del progetto: la Francia fu considerata non
colpevole, ma vittima dell'aggressione napoleonica e fu inserita in modo attivo nelle trattative che
portarono a fondare la nuova Europa. Per la Francia partecipò Talleyrand, uomo di un'eccezionale
scaltrezza: era stato vescovo durante l'ancien Régime, deputato nelle assemblee rivoluzionarie,
uomo di fiducia di Napoleone, uomo di fiducia di Luigi XVIII e addirittura farà parte anche del
governo di Luigi Filippo d'Orleans. La volontà di non umiliare la Francia fece sì che il progetto
reggesse.
Lo scopo principale del Congresso di Vienna era quello di restaurare il vecchio ordine europeo,
fondato sui sovrani legittimi – cioè sui sovrani in carica prima dell'ondata napoleonica – e
sull'equilibrio delle potenze. In realtà si capì subito che era un programma irrealizzabile perché
venticinque anni non erano passati invano. Le nazioni che spinsero maggiormente per un duro
ritorno al passato furono soprattutto l'Austria e la Russia, ma Napoleone non era passato invano e
venticinque anni di rivoluzione avevano cambiato definitivamente il volto dell'Europa. Ormai
liberali e democratici chiedevano di essere ascoltati, le masse popolari erano entrate a far parte dello
scontro politico, si era diffusa la stampa e si erano radicate le idee nazionalistiche. Inoltre l'interesse
dell'Inghilterra era soprattutto quello di commerciare e, per espandere i commerci, era necessaria la
pace: prevalse la linea pacifista che gli storici – anche se in maniera impropria – chiamano “Pace di
cent'anni”.
Nonostante avesse portato avanti il sogno di restaurare integralmente l'Europa settecentesca, il
Congresso di Vienna creò un'Europa nuova, borghese e capitalistica. Quindi, più che di una vera e
propria Restaurazione si dovrebbe parlare di una ristrutturazione dell'Europa.

Principio di legittimità
Secondo il principio di legittimità i sovrani di un tempo dovevano tornare al potere, ma qualora il
principio di legittimità avesse potuto generare conflitti, sarebbe stato applicato il principio di
equilibrio, per evitare che uno degli stati europei potesse diventare più forte e potente degli altri
Per prima cosa il Congresso di Vienna cambiò la cartina geografica dell'Europa: la Francia fu
ridotta ai confini precedenti; Olanda e Belgio furono uniti, per creare uno stato cuscinetto capace di
ostacolare un'altra ondata rivoluzionaria; la Prussia si ingrandì a spese della Sassonia; l'Austria
ottenne il Lombardo-Veneto; al posto del Sacro Romano impero, fu creata la Confederazione
germanica (l'unione di 39 stati tedeschi, guidati dall'Austria); la Repubblica di Venezia e la
Repubblica di Genova furono cancellate, la Polonia sparì e fu data alla Russia. Come si vede
facilmente prevalse la logica spartitoria sul principio di legittimità. La nuova cartina geografica,
inoltre, deluse l'aspirazione all'indipendenza di molti popoli europei che non furono tenuti in
considerazione. L'Inghilterra non volle territori, ma pace e calma internazionale per poter vendere
tutti i suoi prodotti industriali.

I vecchi sovrani tornarono così a governare:


in Francia, in base al principio di legittimità, salì al trono Luigi XVIII, fratello del defunto re e i
confini del Paese vennero riportati a quelli del 1791;
la Spagna tornò a Ferdinando VII di Borbone;
il Portogallo vide nuovamente la dinastia Braganza;
nel Regno di Prussia si insediò Federico Guglielmo III;
l'Olanda acquistò il Belgio, dando vita al regno dei Paesi Bassi sotto la guida di Guglielmo I
d'Orange;
l'Inghilterra vide consolidata la propria posizione egemonica marittima, conservando Malta,
Gibilterra e altre isole;
venne sancita la neutralita' perpetua della Confederazione Svizzera;
il Regno di Sardegna ( composto da Piemonte, Savoia, Sardegna, Nizza e repubblica di Genova )
tornò sotto i Savoia , con il re Vittorio Emanuele I;
al posto del Sacro Romano Impero nacque una Confederazione Germanica, formata da 39 stati
(comprendenti anche i territori del Trentino, la città di Trieste e una parte dell'Istria), sotto la
presidenza dell'Austria;
la Russia ottenne Finlandia e Polonia;
il Regno di Svezia ottenne la Norvegia;
l'Impero d'Austria con Francesco I, sotto la guida sapiente di Metternich, si confermò come fulcro
dell'equilibrio continentale e ottenne il controllo di quasi tutta l'Italia: la Lombardia e Venezia
furono unite nel Regno Lombardo-Veneto , direttamente sotto il controllo dell'imperatore d'Austria;
sovrani legati alla casa d'Austria furono messi a controllo del Granducato di Toscana e dei piccoli
ducati di Parma , Modena , Lucca e Massa;
venne ricostituito lo Stato della Chiesa , che comprendeva Lazio, Emilia, Romagna, Marche e
Umbria;
l'Italia meridionale fu riunita nel Regno delle Due Sicilie, sotto il controllo di Ferdinando IV di
Borbone , che prese il nome di Ferdinando I delle Due Sicilie.
Il Congresso sancì inoltre il divieto del traffico di schiavi dall'Africa alle Americhe e si concluse il 9
giugno 1815 .

Principio di equilibrio
Il principio di equilibrio, invece, a differenza del primo, fu perseguito con maggiore successo. Sul
continente nessuna nazione doveva prevalere sulle altre e soprattutto non doveva tentare di
espandersi dal punto di vista territoriale. A minacciare tutti coloro i quali avessero disubbidito, le
grandi nazioni d'Europa decisero di intervenire militarmente qualora ci fossero nazioni che
avrebbero rotto l'equilibrio.

Principio di intervento
Il principio dell'equilibrio fu sancito dalla politica delle alleanze militari: questa volta le potenze
europee non volevano farsi trovare nuovamente impreparate nel caso di una nuova ondata
rivoluzionaria. Russia, Prussia e Austria fondano la “Santa alleanza”, ma visto che alla base c'era
una visione mistico-religiosa, l'Inghilterra se ne tenne fuori e propose la “Quadruplice alleanza”,
sempre contro la Francia, con Austria, Prussia e Russia. Le alleanze internazionali rappresentarono
una novità assoluta.
La stabilità politica tra gli stati europei instaurata con il Congresso di Vienna durò effettivamente
fino al 1914, ma il limite di questo accordo internazionale fu quello di cercare di riproporre un
modello precedente, senza tenere in debita considerazione alcuni aspetti fondamentali. Innanzitutto
con l'affermazione del principio secondo cui lo stato era proprietà del sovrano si esplicitava la
sostanziale negazione del concetto di nazione, fatto che andava inevitabilmente a scontrarsi con le
istanze nazionaliste e indipendentiste presenti sul territorio, si pensi ad esempio alla dominazione
austriaca nel Lombardo-Veneto. Secondariamente il tentativo di ritorno alla vecchia normalità non
teneva conto degli inevitabili mutamenti culturali che nel frattempo avevano preso forma nelle
coscienze europee, proprio in conseguenza della molteplicità degli accadimenti e della loro portata.
Inoltre gli accordi tra gli stati non consideravano le spinte sempre crescenti in ambito commerciale,
che in qualche maniera necessitavano di interferire con le scelte politiche.

Tutti questi sforzi non riuscirono comunque a fermare i moti rivoluzionari che dopo pochi anni
agitarono nuovamente l'Europa e che, in Italia, portarono infine al Risorgimento.
SVILUPPO ECONOMICO NEL XIX SECOLO TRIONFO DEL CAPITALISMO
Nei primi decenni dell’Ottocento la Rivoluzione industriale aveva raggiunto in Inghilterra uno
sviluppo straordinario. Tutto era cominciato dal settore tessile e da quello carbonifero dove, grazie
all’impiego della macchina a vapore, era stato possibile incrementare la produzione con il
conseguente abbassamento dei prezzi.
Centro dello sviluppo economico fu l’ Inghilterra.
Si sviluppa il sistema economico chiamato CAPITALISMO caratterizzato dalla proprietà privata
dei mezzi di produzione e dalla separazione tra la classe dei capitalisti-proprietari e quella dei
lavoratori.
Il CAPITALISMO si basa sul libero mercato, cioè sulla vendita di beni e servizi in regime di libera
concorrenza dove il prezzo è determinato dalle oscillazioni della domanda e dell’offerta.
Tra il settecento e l’ottocento si sviluppò un intenso dibattito sullo sviluppo economico e alla
disponibilità delle risorse.

In particolare Thomas Robert Malthus (1766-1834) sviluppò una concezione molto pessimista sul
futuro : secondo lui dal momento che la popolazione cresceva molto più velocemente delle risorse
ci sarebbe stata sempre meno speranza e meno cibo per i lavoratori più poveri. Unica soluzione
poteva essere il controllo delle nascite attraverso una politica repressiva.
SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
Fra XIX e XX secolo, l'industrializzazione si impone come via necessaria e imprescindibile per lo
sviluppo economico degli Stati. Il sistema di fabbrica continua a espandersi in Europa e fuori
d'Europa, cambiando radicalmente volto. L'economia dei paesi industrializzati, uscita dalla crisi
degli anni della Grande depressione, conosce 2 una stagione di forte crescita produttiva su nuove
basi energetiche e tecnologiche, in un quadro che vede completarsi la spartizione coloniale del
globo e l'Inghilterra cedere progressivamente il suo primato – fino ad allora indiscusso – a favore di
nuove potenze economiche in Europa (Germania) e fuori d'Europa (USA). L'industrializzazione, fra
gli anni Settanta del XIX secolo e la Prima guerra mondiale, si trasforma profondamente. S’instaura
uno strettissimo rapporto tra scienza, tecnologia e industria; si rivoluziona la tecnologia produttiva,
delle comunicazioni e dei trasporti; cambiano i settori trainanti lo sviluppo; si utilizzano nuove fonti
energetiche; si intensificano i processi di concentrazione e ristrutturazione industriale; crescono le
dimensioni delle aziende; mutano i rapporti tra l'industria e gli istituti bancari e finanziari.
Per riferirsi all'insieme dei profondi processi di trasformazione di quel periodo, molti storici
utilizzano la definizione di ‘seconda rivoluzione industriale’ (dagli anni Settanta dell'Ottocento fino
agli anni Settanta del Novecento). Questi studiosi considerano la definizione giustificata
dall'eccezionale numero d’innovazioni tecnologiche di quei decenni e dall'utilizzo di nuove forme e
fonti di energia che mutano le abitudini, i comportamenti, i modelli di consumo della popolazione
di una vasta area geografica. Altri preferiscono parlare di una seconda fase di un unitario processo
di industrializzazione che dai suoi inizi, fra XVIII e XIX secolo, si prolunga fino all'ultimo quarto
del XX secolo. Questi ultimi sottolineano che il concetto di rivoluzione industriale non si riferisce
alla sola innovazione tecnologica, ma a un complesso di rapporti sociali e di produzione, che dal
loro affermarsi in Inghilterra rimangono immutati ben oltre tutto l'Ottocento.

In particolare porto un approfondimento su


THOMAS EDISON
Thomas Alva Edison (1847-1931) nacque l’11 febbraio del 1847 a Milan, nell’Ohio.
Maturò sin da piccolissimo una mentalità straordinariamente attiva, curiosa ed autonoma.
La sua istruzione formale fu di breve durata e di scarso successo e così sua madre lo ritirò
da scuola e assunse lei stessa il compito dell’educazione del figlio. Thomas
Edison acquisì quindi la maggior parte della sua vasta conoscenza attraverso lo studio e la
formazione indipendente e già a undici anni aveva, nella cantina della casa di Port Huron,
il suo laboratorio di chimica.

Le invenzioni di Thomas Edison


2.1Il telegrafo
Grazie alla sua abilità, a soli 17 anni Thomas Edison ottenne un posto come telegrafista
regolare dalla Grand Trunk Railway per la stazione di Stratford Junction, in Ontario
(Canada). Poco dopo passò alla Western Union Telegraph Company, trasferendosi
inizialmente ad Adrian, nel Michigan. Come telegrafista, Thomas Edison viaggiò
moltissimo e maturò una profonda conoscenza del funzionamento del telegrafo tanto da
voler sperimentare negli anni il modo per migliorare l’apparecchio in uso all’epoca
(studiava infatti le opere di Faraday e sperimentava continuamente).
Nel 1864 Thomas Edison ideò un telegrafo duplex per inviare contemporaneamente su uno
stesso filo comunicazioni nei due sensi e nel 1874 introdusse la telegrafia quadruplex che
permetteva la trasmissione simultanea di due messaggi in ciascuno dei due sensi. Thomas
Edison lavorò come operatore per la Western Union, a Boston, e nel 1868 mise su il
laboratorio per la produzione di diversi apparecchi telegrafici da lui inventati.

La registrazione automatica del voto e l’Universal stock ticker


In quello stesso anno, già affetto da una parziale sordità, ottenne il suo primo brevetto per
un apparecchio per registrare i voti parlamentari che però non riscosse un grande
successo. Nel 1869 Thomas Edison si trasferì a New York dove lavorò come impiegato della
Gold Indicator Company, che esercitava il più antico servizio di stock tickers, apparecchi
trasmettitori delle quotazioni di borsa.
I perfezionamenti apportati da Thomas Edison rivoluzionarono la velocità con cui scorreva
l'informazione finanziaria (permettevano di sincronizzare tutti i ticker su una linea in modo
che stampassero le stesse informazioni) e furono acquistati dalla Gold and Stock Telegraph
Co. per 40.000 dollari. Con i primi soldi che guadagnò per il dispositivo noto
come Universal Stock Printer, nel 1870 aprì una apposita fabbrica a Newark, nel New Jersey
e tale dispositivo rappresentò il primo successo commerciale di Edison.
2.3La trasmissione dei segnali
Grazie al suo approccio al lavoro e alla sua mentalità costruttiva, a soli 23 anni Thomas
Edison era già avviato sulla strada del successo. A partire dal 1870 si aprì per lui una fase
molto fertile: passava da un’invenzione all’altra ed ognuna a sua volta alimentava nuove
imprese manifatturiere, che tra l’altro davano lavoro a migliaia di persone. Nel 1876, per
potenziare maggiormente l’invenzione piuttosto che la produzione, Thomas Edison costituì
una serie di laboratori a Menlo Park, nel New Jersey.

Poco prima del trasferimento Thomas Edison scoprì un fenomeno elettrico che chiamò
"forza eterea" che si manifestava in un circuito aperto e che fu dettagliato meglio anni dopo
da Hertz. In quegli anni, l'idea che l'elettricità fosse in grado di attraversare lo spazio era
pressoché inconcepibile: la capacità delle onde generate elettricamente di attraversare un
circuito aperto era il principio su cui si fondano ad esempio la telegrafia senza fili e
la radio.
Come risultato di ricerche svolte nel settore, nel 1885 Thomas Edison ricevette diversi
brevetti sulla trasmissione dei segnali, per induzione, tra un treno in movimento e una
stazione e tra una nave e la costa.

2.4Il mimeografo, il trasmettitore telefonico in carbonio e il fonografo


Con l'apertura dei suoi laboratori Menlo Park, i risultati raggiunti da Thomas Edison furono
straordinari. Uno dei suoi tanti meriti fu quello di effettuare le sue ricerche in modo
organizzato: si circondava di apparati e di collaboratori ben addestrati in grado di gestire
tutti gli aspetti della ricerca.

Frutto di questo approccio furono dunque tutte le sue invenzioni tra cui ricordiamo ad
esempio il mimeografo, macchina per la stampa simile al ciclostile caratterizzata da costi
contenuti rispetto alla stampa industriale e utilizzata soprattutto per stampe a bassa
tiratura e il trasmettitore telefonico in carbonio, importante per la diffusione del telefono,
entrambi risalenti al 1876.

2.5La lampada elettrica a incandescenza


Nel 1879 registrò il brevetto della lampada elettrica a incandescenza, il primo apparecchio a
forte consumo di elettricità. In realtà l’idea originale della lampadina a incandescenza non
era stata di Thomas Edison e, per quanto il principio di funzionamento fosse già stato
definito da altri tra cui ricordiamo ad esempio Alessandro Cruto (1847-1908), Joseph Swan
(1828-1914) e William Sawyer (1850-1883), si deve a lui e ai suoi collaboratori la messa a
punto di quelle migliorie che resero la lampadina a incandescenza commercializzabile e
fruibile dalla popolazione.
Iniziò la produzione su larga scala negli stabilimenti di Menlo Park e in seguito Thomas
Edison fondò la New York Edison Company che nel 1882 costruì la prima centrale elettrica
del mondo in una strada di New York.
In breve tempo la lampadina a incandescenza sostituì quella a gas avviando la fase di
costruzione delle centrali elettriche (ottenne l’importante brevetto per il sistema di
distribuzione dell’energia elettrica). Thomas Edison riuscì a vendere milioni di lampade in
quegli anni e la comodità della luce elettrica contagiò presto anche gli altri paesi: ad
esempio, nel 1883 la Edison costruì a Milano (piazza del Duomo) la prima centrale
termoelettrica che alimentava le lampade delle utenze vicine.
Una lampadina a incandescenza è formata da un bulbo di vetro contenente un gas
inerte a bassa pressione, di solito argon o kripton, e un sottilissimo filamento di tungsteno.
Quest’ultimo fu introdotto nei primi anni del Novecento al posto del filamento di cotone
carbonizzato che aveva a sua volta sostituito il filamento di carbone (per il filamento delle
sue lampade a incandescenza Thomas Edison sperimentò i materiali più diversi)
aumentando la durata della lampadina a 40 ore anziché 10 minuti circa.
Il filamento di tungsteno è caratterizzato da un’elevata resistenza elettrica e, al passaggio
della corrente, si surriscalda fino a raggiungere temperature a cui la radiazione emessa è
visibile (la luce bianca prodotta da una lampadina a incandescenza è dovuta a
una temperatura molto elevata che può cioè raggiungere circa 2700 K). Ricorda: il
riscaldamento di un conduttore metallico attraversato da corrente elettrica è noto
come effetto Joule.
Durante l’accensione il tungsteno, scaldandosi a bassa pressione, sublima (passa dallo
stato solido a quello aeriforme) e il filamento si assottiglia progressivamente fino a
spezzarsi (le lampadine a incandescenza hanno infatti una durata limitata).

Nel 1889 Thomas Edison costruì il cinetoscopio, ovvero il precursore del proiettore
cinematografico. Lo strumento consisteva in una cassa rettangolare dotata di un oculare
nella parte superiore. Guardando dentro e girando contemporaneamente una manovella
laterale si azionava una pellicola, a una velocità di 48 immagini al secondo (si deve
a Edison lo standard della pellicola da 35 mm di larghezza e con i 4 fori ai lati).
Tale sistema aveva ovviamente dei limiti quali la durata limitata e la possibilità di essere
visto da una persona per volta. Ricordiamo che quattro anni dopo nasceva il cinema con il
cinematografo dei fratelli Lumière.
Thomas Edison diede i suoi massimi contributi scientifici in un periodo in cui gli Stati
Uniti d’America si distinsero maggiormente nel campo industriale e tecnico. Si dedicò al
campo della fisica e della chimica applicata ed è ricordato principalmente come inventore e
imprenditore che si interessò a svariati ambiti. Spesso acquistava o si ispirava a prototipi
di altri inventori per poi migliorarli rendendoli pienamente utilizzabili e
commercializzabili e complessivamente i suoi brevetti furono più di 1000.

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