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Ur-en-Ta'mery.

La stele Trilingue di Cornelio Gallo e l'inizio del dominio romano


in Egitto

Egitto ellenistico-romano Sp. 6 CFU


Introduzione – La figura di C. Cornelio Gallo

Nonostante I numerosissimi studi sulla figura di C. Cornelio Gallo, primo praefectus Aegypti, e
figura rilevante (e relativamente oscura) del partito cesariano negli anni di formazione del
principato, le sue origini ed i primordi della sua carriera politica restano tuttora oscure (Faoro,
2007). La principale fonte di informazioni riguardo all'origine del personaggio in questione è un
passo di San Girolamo, relativo all'anno 1990 ab Abraham che riferisce come Cornelius Gallus
foroiuliensis poeta, a quo primum Aegyptum rectum supradiximus, XLII aetatis suae anno propria
se manu interficit (Faoro, 2007). Il passo gerolimiano consentirebbe pertanto di situare, in primo
luogo, la nascita di C. Gallo intorno agli anni 70/69 a.C. (in base alla sua morte avvenuta a 42 anni
nel 27/26 a.C.), e, pur in un'interpretazione più complessa, di situarne il luogo di origine in una
delle località denominate Forum Iulii. Il Boucher (1966) elenca perlomeno cinque possibili
alternative per l'identificazione del luogo di nascità del primo Praefectus Aegypti, rispettivamente
Fréjus, al tempo parte della Gallia Narbonense, Voghera oppure Cividale nella Transpadana, o, con
minori probabilità, il Forum Iulii di Umbria e/o della Betica (Faoro, 2007). Se il Boucher (1966)
propende perlopiù per l'identificazione del luogo di origine di Gallo con l'attuale Voghera, il
Mazzarino (1982) a sua volta sottolinea come la competenza nautica dimostrata da Gallo nel corso
della campagna di Cirenaica possa far propendere – perlomeno ipoteticamente – verso un'origine
del personaggio in questione in un'area costiera, segnatamente la colonia giuliana della Gallia
Narbonense.
Recentemente, Faoro (2007) sottolinea come la notizia gerolimiana possa derivare da due
alternative fonti: Svetonio od Eutropio. Se la fonte gerolimiana andasse effettivamente riconosciuta
nello storico di IV sec. d.C. (come sarebbe plausibile data la cronologia del lemma in questione),
sarebbe legittimo ipotizzare che la Forum Iulii in questione vada effettivamente riconosciuta nella
città della Regio X, all'epoca considerata la Forum Iulii per eccellenza in virtù della posizione
strategicamente vitale già a partire dalle invasioni marcomanne del II sec. d.C. (Faoro, 2007).
Le notizie sugli esordi e sull'ascesa politica di Gallo dalla sua educazione a Roma come compagno
di Virgilio fino alla carica di Praefectus Aegypti sono forse anche più scarse, in parte probabilmente
a causa della censura delle informazioni operata dalla storiografia di tradizione filo-ottavianea.
La prima fonte ufficiale coeva a Gallo è datata all' 8 giugno del 43 a.C., ed attesta la richiesta a M.
Tullio Cicerone, da parte di Asinio Pollione, di invitare C. Cornelio Gallo a leggere la praetexta di
Balbo (Rohr-Vio, 2000). Notizie sulle successive attività di Gallo sono rintracciabili in Probo, in
Donato ed in Filargirio, che lo descrivono come politicamente/amministrativamente attivo nella
Transpadana nei mesi immediatamente successivi alla battaglia di Filippi, come magistrato preposto
alla distribuzione di terre ai veterani (dapprima probabilmente sotto la direzione di Asinio Pollione,
successivamente sostituito da Ottaviano con Alfeno Varo). Servio di Daniele specifica inoltre come
Gallo ricoprisse la carica di “Praefectus ad exigendas pecunias ab his municipiis, quorum agri in
Transpadana regione non dividebantur”, e come, nell'esercizio di tale carica, contestò ufficialmente
le divisioni operate da Alfeno Varo (Rohr-Vio, 2000). Altri riferimenti all'attività di Gallo
nell'ambito delle distribuzioni di terre ai veterani in area transpadana sono inoltre ravvisabili in
alcuni celebri passi dello stesso Virgilio (Eclogae VI, X).
Se la sostituzione di Pollione con Varo in seguito al Bellum Perusinum sembra con ogni probabilità
dovuta alla crescente influenza di Ottaviano nell'ambito del collegio triumvirale, la conseguente
nomina di Gallo a Praepositus ad exigendas pecunias, e la contestazione da parte di questi
dell'operato di Alfeno Varo, lascerebbero intuire che Gallo non solo non appartenesse (o,
perlomeno, non più) alla fazione antoniana (come invece lascerebbero supporre alcune delle accuse
mossegli nell'ambito del successivo processo), e che anzi godesse di una posizione di forza
all'interno dell'ambiente ottavianeo, impressione che potrebbe trovare conferma anche nell'ospitalità
concessa dallo stesso Gallo, in un momento lievemente successivo, al retore Q. Cecilio Epirota, in
aperto contrasto con M. Agrippa (Rohr-Vio, 2000; Faoro, 2007).
Tuttavia, all'epoca a cui si riferiscono i fatti in questione, Gallo doveva essere ormai prossimo alla
trentina, e nessuna menzione delle sue precedenti attività, né dei suoi esordi politici, è ravvisabile
nelle fonti disponibili, ed altrettanto si può dire delle attività di Gallo tra il 40 ed il 31 a.C.,
rafforzando l'impressione di una deliberata censura della vicenda (Rohr-Vio, 2000).
Se infatti Dione ed Orosio riportano informazioni sul ruolo di Gallo nella vittoria di Alessandria, e
Plutarco ne cita la presenza sulla tomba di Cleopatra in quanto incaricato, assieme a Proculeio, di
impedirne il suicidio, l'unica fonte riguardo alla carica di Praefectum Fabrum precedentemente
ricoperta da Gallo (e mantenuta con ogni probabilità sino a poco prima della presa di Alessandria,
Faoro, 2007), risulta attestata solamente a livello epigrafico, nell'iscrizione riconosciuta dal Magi
(1963) al di sotto di una più recente dedica, alla base dell'obelisco attualmente in piazza S.Pietro, ed
originariamente eretto da Gallo stesso nel foro Giulio di Alessandria, che recita:

IVSSV IMP(eratoris) CAESARIS DIVI F(ilii)/C(aius)


CORNELIVS CN(ei) F(ilius) GALLVS/PRAEF(ectus)
FABR(um) CAESARIS DIVI F(ilii)/ FORUM IULIM FECIT
(Magi, 1963)

Molto più abbondanti sono invece le menzioni della nomina di Gallo a Praefectus Aegypti, e delle
sue attività nell'ambito di questa carica, sia a livello epigrafico che storiografico. La notizia è infatti
riportata (seppure con toni ed intenti molto diversi) anche in Strabone, Svetonio, Ammiano
Marcellino e Girolamo, e trova riscontro sia nel testo dell'obelisco vaticano, sia soprattutto nella
stele eretta da Gallo stesso a Philae in Egitto, e consacrata il 16 aprile del 29 a.C.:

1) Morfologia e iconografia della stele

La stele trilingue di Cornelio Gallo (CG 9295) fu rinvenuta nel 1896 di fronte al tempio di Augusto
fatto erigere dal praefectus aegypti Rubio Barbaro (consacrato tra 13 e 12 a.C.), dove era stata
riutilizzata come materiale di consolidamento delle fondazioni (Porter e Moss, 1939).
La stele, originariamente alta 165 cm e larga 108, fu spezzata in due parti in antico e all'incirca 8 cm
(in larghezza) della parte centrale risultano mancanti, così come almeno 12 cm (in altezza) della
parte superiore, ed è realizzata in granito rosa di Assuan (Minas-Nerpel e Pfeiffer, 2009).
L'organizzazione spaziale della stelle segue fedelmente i canoni egiziani: la lunetta presenta una
tipica raffigurazione del disco solare alato, mentre la raffigurazione centrale – questa realizzata
secondo canoni tipicamente ellenistici – mostra un cavaliere nell'atto di attaccare un nemico, ed è
contornata da tre colonne di testo geroglifico da ambedue i lati.
Al di sotto di questa raffigurazione si trovano i tre testi che compongono la stele trilingue, 10 righe
di testo geroglifico, 9 di testo latino e 9 di testo greco (Sethe, 1904; Torok, 2009; Hoffmann et al.,
2009; Minas-Nerpel e Pfeiffer, 2009).
Gli ultimi due riportano, pur con alcune variazioni (Cresci, 1993), lo stesso contenuto, tratto
dall'originale latino forse composto da Gallo stesso (Hoffmann, 2009), ricordando l'installazione di
Gallo quale primo praefectus aegypti ad opera di Ottaviano nel 29 a.C., le sue campagne militari
contro nemici esterni e contro i ribelli in Tebaide, e le sue relazioni diplomatiche con i re meroitici,
e ambedue dedicano la stele al Nilus adiutor/Neilos synleptor ed agli dei patrii (Cresci, 1993; Rohr-
Vio, 2000; Minas-Nerpel e Pfeiffer, 2009).
Il testo geroglifico, invece, si presenta molto diverso dagli altri due, costituendo un testo
completamente a parte, e vi è mai direttamente menzionato il nome di Gallo: ad un'introduzione
secondo i tipici canoni formali egiziani, che data il testo all'anno I di Kaisaros (Ottaviano) segue
una vera e propria iscrizione “storica” (piuttosto che “dedicatoria” come i testi corrispettivi in
lingua latina e greca, Nerpel e Pfeiffer, 2009).
I primi paragrafi riportano le lodi militari di Gallo e la sua buona cura dell'Egitto seguendo formule
tradizionalmente riservate a personaggi di rango regale, secondo una strategia che ha un precedente
significativo - già secoli prima - nella stele del “satrapo” Tolomeo (poi Tolomeo I, Sethe, 1904).
Rispetto al testo greco ed al testo latino, il testo geroglifico è inoltre molto meno specifico riguardo
alle campagne militari di Gallo (in particolare nella Tebaide), ma riporta invece l'arrivo di tributi da
Punt, dalla Nubia e dall'India, e soprattutto riferisce esplicitamente delle attività edilizie di Gallo e
delle rendite templari da lui stabilite (in particolare per Chnum di Elefantina), ponendo l'accento,
nelle parti finali, sulle attenzioni riservate dal prefetto a Iside e Osiride, signori di Philae.
Sfortunatamente, una significativa parte del testo della stele si presenta illeggibile o perduto, a causa
delle fratture conseguenti al riutilizzo in antico, che si aggiungono a una certa “imprecisione”
originaria nei segni geroglifici dovuta alla natura troppo dura della pietra, e queste difficoltà di
interpretazioni hanno portato, nel corso degli anni, alla formulazione di una serie di lezioni diverse
(Erman, 1896, Wilcken, 1897; Bresciani, 1989; Holton-Pierce, 1996; Hofmann et al., 2009), spesso
molto differenti tra loro. Uno degli argomenti più dibattuti riguarda il riferimento delle imprese
riportate nel testo ad Ottaviano piuttosto che a Gallo: a questo riguardo importanti informazioni
possono derivare dall'analisi dell'iconografia del cavaliere rappresentato nella lunetta.

1.1. L'identità del cavaliere nella lunetta

La rappresentazione del cavaliere – una tipica raffigurazione ellenistica di un cavaliere su un


cavallo rampante nell'atto di attaccare un nemico inginocchiato che si difende con lo scudo – è
relativamente inusuale nel contesto di un monumento commissionato da un ufficiale (Minas-Nerpel
e Pfeiffer, 2009). L'iconografia del cavaliere trionfante sul nemico atterrato è infatti solitamente
attestata in contesti funerari, ma trova un significativo parallelo sia nelle rappresentazioni equestri
di Alessando Magno, sia – soprattutto – nel monumento di Raphia, datato al 217 a.C. (Thissen,
1966). In tutti questi casi, però, il personaggio rappresentato è di rango reale (Tolomeo IV, Minas-
Nerpel e Pfeiffer, 2009). La raffigurazione del cavaliere è accompagnata da una singola linea di
geroglifici, includente un cartiglio: sulla lettura di questo cartiglio si concentra in particolare il
dibattito riguardo l'identità del personaggio raffigurato (Erman, 1896; Wilcken, 1897; Bresciani,
1989; Hoffmann et al., 2009; Minas-Nerpel e Pfeiffer, 2009).

1) La prima lettura (nell'editio princeps di Erman) ricostruisce il nome all'interno del cartiglio
come Kaisar, riferendolo quindi ad Ottaviano. A questa lettura Wilcken (1897) aggiunge
però la frase stp.n nswt-byt, interpretando l'immagine del cavaliere come “Il prefetto di
Alessandria [nominato dal Re dell'Alto e Basso Egitto] Cesare”, ma questo tipo di
titolazione costituirebbe un episodio del tutto isolato, non essendo attestata altrove (Minas-
Nerpel e Pfeiffer, 2009);
2) Secondo Bresciani (1989), invece, il testo della linea andrebbe letto come “parole
pronunciate dal Signore (wr) di Ta-mery, dell'Alto e Basso Egitto [il cui bel nome è]
Cornelius”, leggendo come Krnrwys il nome all'interno del cartiglio, e restaurando la lacuna
con la formula rn=f nfr, tipica delle iscrizioni geroglifiche di età romana (Bresciani, 1989).
3) Una lettura completamente differente del nome all'interno del cartiglio è stata recentemente
proposta da Hoffmann et al. (2009). In questa terza lettura la raffigurazione del cavaliere
farebbe riferimento a Gallo, ma il nome all'interno del cartiglio andrebbe traslitterato come
H3rwmys, e letto come Romaios, “il Romano” (Ottaviano). In questo modo, la più probabile
lettura dell'intitolazione sarebbe “parole pronunciate dal Grande di Ta-mery, dell'Alto e
Basso Egitto [Gallo(?), scelto da/rappresentante del figlio di Ra] (Romaios)”, interpretazione
che troverebbe conferma anche nel confronto con la prima riga del testo geroglifico
sottostante (“Anno I, mese IV di Pharmuthi, 20esimo giorno, sotto la Maestà di Horus: il
Bel Giovane, dal forte braccio, Re dei Re…..[Eletto] [da Pta]h, Kaisaros, vita eterna”). Va
peraltro detto che quest'ultima interpretazione rientrerebbe perfettamente nel programma
ideologico-propagandistico seguito da Ottaviano (poi Augusto) in Egitto, e in particolare in
conseguenza della grande importanza strategica rivestita dalla zona della dodecaschene
quale confine meridionale della provincia egiziana e dell'impero (come dimostra ad esempio
la dedica, in un momento praticamente contemporaneo all'erezione della stele di Gallo, del
tempio di Augusto a Kalabsha. Anche in questo sito, nell'iscrizione del portale
monumentale, Ottaviano viene nominato sia come Kaisaros che come Romaios, Minas-
Nerpel e Pfeiffer, 2009).

Fig. 1-2, disegno e ricostruzione della stele trilingue di Philae (da Minas-Nerpel e Pfeiffer, 2009)

Fig.3, Dettaglio del cavaliere nella lunetta (da Minas-Nerpel e Pfeiffer, 2009)

Fig.4, Mappa del tempio di Augusto con indicazione del luogo di ritrovamento dei due frammenti
della stele (altare centrale nella corte, da Erman, 1896)
1.2 Il testo della stele

1.2.1 Iscrizioni ai lati del Sole

Parte destra:
Signore di Mesen, Grande Dio, Signore del Cielo, dalle piume colorate, che viene dall' [orizzonte]

Parte sinistra:
[colui che viene da Edfu, Grande Dio, Signore del Cielo, dalle piume colorate, che viene
dall'orizzonte]

1.2.2 Le intitolazioni divine


Iscrizioni che accompagnano le divinità di destra:

1 - Parole pronunciate da Osiri, il Grande Dio, Signore dell'Abaton.


2 - Parole pronunciate da Isi, la Grande Dea, Signora dell'Abaton.
3 - Parole pronunciate da Horo di Edfu, il Grande Dio, Signore dei Cieli, Signore dell'Abaton.

Iscrizioni che accompagnano le divinità di sinistra:

1 – Parole pronunciate da Chnum, Signore del territorio di Kebahu (delle Cateratte), il Grande
Dio, Signore di Ta'sety (Nubia).
2- Parole pronunciate da Satis, Signora di 'Abw (Elefantina).
3- Parole pronunciate da Anukis, nel Cuore di 'Abw (Elefantina).

1.2.3 L'iscrizione del cavaliere

Parole pronunciate dal Signore di Ta'mery, dell'Alto e Basso Egitto [Gallo(?), in vece del/scelto dal
Figlio di Ra] (Romaios).

1.2.4 Il testo della Stele


Traduzione (da Hoffmann et al.2009, rielaborata dall'autore) :

1 - Anno I, mese IV di Pharmuthi, 20esimo giorno


sotto la Maestà di Horus: Il Bel Giovane, dal forte braccio, Re dei
Re
…..[Eletto] [da Pta]h, Kaisaros, vita eterna.
Egli fu un potente principe nelle Due Terrre
con braccio combattivo(?) irrequieto (?),
che lo porta ad essere il Signore

2- La [paura] si espande sotto [i]...


Egli ha lasciato Baket sano e salvo
Egli ha pervaso Ta-mery con la sua benevolenza
Egli ha portato cose buone a Kemet.
Egli ha saccheggiato (?)/annientato (?) i Trogloditi (?)
Egli ha catturato gli abitanti dei Paesi Stranieri
ottimo <arciere>
Forte nella guerra

3- Ammirevole Eroe
Ha rinunciato all'ira
che sconfigge i nemici.
[Egli(?)] ha inviato (?)[--]....
una persona di prim'ordine per rappresentare Horus
che promette le meraviglie di Punt
4 – Insieme ai Nubiani e agli Indiani portano i loro omaggi
con(?) le(?) belle(?) (cose?), a loro(?) spettano(?) [i] segreti
[…] territori.
Egli ha conquistato(?) potere [sui territori dell'Ovest;
che ha conquistato] fino ai confini dell'Est;
Egli catturò entrambi i lati dei territori dell'Est.
5- fino al paese di Manu.
Essi sono (i) Feshenu e i Meshwesh.
Egli ha eretto un tempio,
Egli ha fatto prosperare la sede del Dio,
[Egli] ha reso felici [gli Dei (?)],
[Egli (?) ha fatto fabbricare (?)] immagini degli Dei[Egli(?)],
Egli ha recato doni agli dei delle Due Caverne
presso cui eresse un monumento per il grande Chnum
6- Egli stabilì questa norma per l'intero territorio
poiché stimava il sacrificio per Chnum, il grande, necessario.
Egli rese onore [a tutti(?)] [gli Dei(?)] accumulando offerte,
(così che) Hapi garantì per il suo Ka.
Egli fece rifornire in ogni momento [tutte(?)] le città.
Traduzione (da Hoffmann et al., 2009, rielaborata dall'autore):

Egli rimase (quindi), per fare del Bene,


mentre gli abitanti delle rive 7 – di Horus
dimostravano il loro amore,
(e) fece cose utili,
(e) rinnovò l'Alto e il Basso Egitto.
(Vi) erano Nemici …. [lontani dall'] essere distrutti.
Egli marciò contro il Nemico,
(egli), forte di Braccio nel Giorno dell'Incontro,
che incatena(?) le membra dei […] 8 – senza però smettere
di....da....Bigga(?).
Egli ha liberato/pacificato i Grandi di Kush,
[egli] sgominò(?)[i Piani(?) dei] Grandi del [popolo dell'] Arco dei beduini-Mentjw.
Egli ha onorato Isis di Renu, grande nella Città di Philae.
Egli calcolò 9 - i....delle Due Terre.
<Egli> ordinò le cose appropriate per Isis di Nenet, la Dorata.
[Egli] rese felice Os[iris,
egli ha disposto le rendite per il tempio del Signore]del Riposo
dell'Abaton,“di coloro che mutano forma”
per i dignitari dell'Alto e Basso Egitto.
[Egli(?) ha(?)] introdotto offerte [attraverso] 10 – (il suo) Potere,
(e) si devono dare <al> Signore della Cassa(?) [per molti(?)]
(?) [anni(?)],
così che Ta-mery sia il più ricco tra/dei(?) Paesi(?)
obbedendo [a(?) ciò(?) che ha(?) disposto(?) (Kai]saros,che
possa vivere in eterno.

1.2.5 Il testo greco della stele

Traduzione:

Gaio Cornelio, Figlio di Gneo, Gallo, Cavaliere Romano,dopo la dissoluzione (del governo) dei Re
dell'Egitto per primo da Cesare preposto all'Egitto, dopo aver vinto con la forza in battaglia
campale, due volte in quindici giorni, la Tebaide che aveva tradito, catturando i comandanti degli
avversari, e dopo aver conquistato cinque città, alcune d'assalto, altre d'assedio, Boresis, Koptos,
Keramiké, Diospolis Megale, Opheion, e superata con l'armata la cateratta, territorio mai
accessibile ad armate prima di lui, e sottomessa l'intera Tebaide mai sottomessa ai Re (prima), e
ricevuti gli ambasciatori degli Etiopi a Philae ed ottenuto diritto di ospitalità dal Re, insediato un
dittatore nel Triacontascheno, unica toparchia in Etiopia, in ringraziamento agli dei patrii ed al
Nilo soccorritore (dedica).

1.2.6 Il testo latino

C.CORNELIUS CN.F GALLU[S EQ]UES


ROMANUS POST REGE[S] A CESARE DEIUI F. DEUICTOS
PRAEFECT[US ALEX]ANDREAE ET AEGYPTI PRIMIS
DEFECTIONI[S] THEBAIDIS INTRA DIES XV QUIBUS HOSTEM
U[IDIT BIS A]CIE UICTOR V UTBIUM EXPUGNATOR BORE[SE]OS,
COPTI, CERAMICES, DIOSPOLEOS ME[GALES, OP]HIEU,
DUCIBUS EARUM DEFECTIONUM INTER[CE-P]TIS, EXERCITU
ULTRA NILI CATARRHACTE[N TRANSD]UCTO, IN QUEM LOCUM
NEQUE POPULO [R]OMANO NEQUE REGIBUS AEGYPTI A[RMA
ANTE S]UNT PROLATA, THEBAIDE COMMUNI OMN[I-]UM
REGUM FORMIDINE SUBACTA, LEG[ATIS RE]GIS AETHIOPIUM AD
PHILAS AUDITIS, EOQ[UE] REGE IN TUTELAM RECEPTO, TYRANN[O]
T[RIACONTAS]CHOEN<U>, UNDE AETHIOPIAE, CONSTITUTO,
DIE[IS] PATRIEIS ET NIL[O ADIUT]ORI D(ONUM) D(EDIT).
Traduzione:

Gaio Cornelio Gallo, Figlio di Gneo, Cavaliere


Romano, vinti dal figlo del Divo Cesare i re d'Egitto,
per la prima volta prefetto di Alessandria e d'Egitto,
la ribellione della Tebaide entro quindici giorni
da che avvistò il nemico due volte vinta in in battaglia
conquistatore di cinque città, Boreseos
Coptos, Ceramices, Diospolis Magna e Ophieo,
catturati i capi di quella rivolta, portato
l'esercito oltre la cateratta del Nilo, dove
mai prima eserciti si spinsero né sotto i re d'Egitto
né sotto il popolo Romano, soggiogata la Tebaide, terrore
comune di tutti i re, ricevuti i legati del re degli Etiopi
a Philae, e posto quel re sotto tutela, nominato un tiranno
per il Triacontascheno sino al confine d'Etiopia,
in monumento agli dei Patrii e al Nilo soccorritore dedicò.

2. L'autorappresentazione di Gallo nella Stele e le accuse di hybris

L'attibuzione da parte di Ottaviano a Gallo della carica di primo praefectus Aegypti (facendo di lui
di fatto il primo appartenente al rango equestre a ricoprire il ruolo di governatore di una provincia,
Rohr-Vio, 2000), è coerente con lo status del tutto particolare attribuito da Cesare Figlio all'Egitto
appena conquistato rispetto alle altre province (Rohr-Vio, 2000; Minas-Nerpel e Pfeiffer, 2009;
Hoffmann et al., 2009).
In un'estrema sintesi, la carriera di Gallo fino alla di lui nomina da parte augustea quale primo
Preafectus Aegypti, è ricostruibile (sulla base delle fonti storiogrfiche disponibili) nei termini
seguenti:

1) Tra 42 e 40 a.C., come attestato in Donato e Filargirio (Rohr-Vio, 2000), Gallo è tra gli
incaricati per le confische e la redistribuzione ai veterani del dopo-Filippi in Transpadana,
presumibilmente parte di un triumvirato agris dividundis (Bayet, 1928), possibilmente
“diretto” da Asinio Pollione, alla cui familiaritas è probabile che sia da ricondurre,
perlomeno agli inizi, la brillante carriera politica del futuro praefectus Aegypti.

2) Conseguentemente agli sviluppi seguiti al Bellum Perusinum, Ottaviano, che


progressivamente guadagna una posizione di forza all'interno del secondo triumvirato,
sostituisce Pollione con Varo, pur non esautorando totalmente il primo dalle rilevanti cariche
politiche (indicativo in tal senso è il mantenimento, da parte di Pollione, del governo della
Venetia, Rohr-Vio, 2000). La notizia è tramandata sia in Servio di Daniele che in Filargirio,
ed è probabilmente da riferirsi a questo periodo la nomina di Gallo quale triumvir agris
dividundis, sebbene nelle fonti non vi sia menzione esplicita di tale carica: il ruolo di Gallo
negli anni intorno al 40 a.C. è tuttavia ricostruibile sulla base del confronto tra le diverse
fonti storiografiche: Gallo e Varo sono infatti menzionati insieme in Donato, Filargirio e
Probo, e nei primi due viene esplicitato almeno in parte il loro ruolo nella divisione dei terre
per i veterani, mentre di Varo, Pollione e dello stesso Gallo si trovano menzioni a riguardo
nei bucolica virgiliani (Eclogae VI e X, Rohr-Vio, 2000).

3) Ad un momento successivo alle vicende del Bellum Perusinum è probabilmente da riferirsi


la nomina di Gallo a Praepositus ad exigendas pecunias, attestata in Servio di Daniele, e la
notizia – sempre dalla medesima fonte – della contestazione operata da Gallo riguardo alle
divisioni decise da Alfeno Varo, che indicherebbe il già avvenuto raggiungimento, da parte
del futuro praefectus Aegypti, di una posizione influente all'interno della fazione ottavianea.

4) Sulle successive tappe della carriera politica di Gallo (la nomina a Praefectus Fabrum, e
successivamente a praefectus Aegypti) pesa, come si è detto, la penuria di informazioni
probabilmente derivante dalla censura operata dagli storici di parte filo-ottavianea. La prima
carica risulta infatti attestata solamente dalla citata iscrizione dell'obelisco vaticano, mentre
la seconda trova perlomeno alcuni riscontri a livello storiografico: se la presenza di Gallo
assieme a Proculeio quale incaricato di prevenire il suicidio dell'ultima regina tolemaica
(argomento che testimonia inequivocabilmente l'alta considerazione in cui il foroiuliensis
poeta era tenuto presso la fazione ottavianea) ci è testimoniata dal solo Strabone (il quale
per altro sembra censurare il nome di Gallo nell'ambito della citazione degli strategòi di
Ottaviano, che dalla Libia raggiungono Alessandria), la notizia della nomina quale primo
Praefectus Aegypti è ampiamente attestata, oltre che dalla stele eretta dallo stesso Gallo a
Phylae ed in Strabone, in Svetonio, Cassio Dione, Ammiano Marcellino e Girolamo.

5) Dopo aver ricoperto la carica di praefectus Aegypti tra il 30 ed il 27 a.C., e dopo essere stato
riconfermato da Augusto in tale magistratura nel 27 a.C., Gallo venne improvvisamente
richiamato a Roma per essere colpito dapprima da un provvedimento di Renuntiatio
Amicitiae da parte di Augusto, e conseguentemente oggetto di un processo da parte del
senato che determinò la condanna all'esilio e alla confisca dei beni, conseguentemente causa
del suicidio dello stesso Gallo tra 27 e 26 a.C.

Notizie o riferimenti riguardo all'incriminazione e conseguente persecuzione di Gallo sono attestate


in Ovidio, Svetonio, Dione, Ammiano e Servio (Girolamo, come s'è visto, riferisce della morte del
prefetto per propria mano, senza menzionare i capi d'accusa).
La tradizione ovidiana, la più vicina in termini cronologici alle vicende in questione, presenta la
vicenda sotto due differenti punti di vista: la prima menzione, in ordine cronologico, di Gallo, si
trova negli Amores (III 9, 63-64). Il passo, “Tu quoque, si falsum est temerati crimen amici/
Sanguinis atque animae prodige Galle tuae”, scritto in un momento in cui Ovidio godeva ancora di
una posizione di privilegio all'interno della cerchia di intellettuali di matrice augustea, rivela una
malcelata illazione riguardo all'innocenza di Gallo: l'uso del periodo ipotetico, dell'aggettivo falsum
nell'apertura del periodo e del termine prodigus sembrerebbero infatti rimanda re, seppur
velatamente, ad una posizione decisamente innocentista (Rohr-Vio, 2000). Diversamente
interpretabile appare invece il tono con cui Ovidio fa implicitamente riferimento a Gallo nei Tristia,
poema composto in esilio ed inteso come captatio benevolentiae nei confronti del princeps.
I passi recitano: Non fuit obprobrio celebrasse Lycorida gallo sed linguam nimio non tenuisse
mero” (II, 1),[...] “..non aliquid dixive elataque lingua loquendo est/ Lapsaque sun nimio verba
profana mero”(II, 5): appare chiaro come i versi ovidiani siano destinati a prendere implicitamente
le distanze dal caso di Gallo, attribuendo questa volta la colpa della sua disgrazia non ad un caso
politico ma al nimio mero, con l'implicito scopo di assolvere Ottaviano da ogni responsabilità
riguardo alla sorte dell'antico amicus, e giustificare per contrasto la posizione ovidiana, la cui lingua
non ha pronunciato profana verba neppure sotto l'effetto del troppo vino.
Svetonio e Dione, relativamente più prodighi di informazioni riguardo alla vicenda, dividono il
processo in due momenti distinti, uno di natura privata (la renuntiatio amicitiae, sulla cui
attendibilità storica non c'è motivo di dubitare), ed uno di natura pubblica ad opera del senato, sulla
scorta di diverse delazioni seguite al provvedimento augusteo. Di questo processo pubblico subito
da Gallo si trova menzione anche in Ammiano ed in Servio di Daniele, molto diversi sono tuttavia
la presentazione della vicenda ed i capi di accusa citati a carico di Gallo (Rohr-Vio, 2000).
Se infatti Svetonio e Dione (ed in modo più indiretto lo stesso Ovidio) attribuiscono la causa della
caduta di Gallo a frasi o atteggiamenti inopportuni (in Dione “ingiurie” nei confronti di Augusto)
dello stesso (richiamando, più o meno indirettamente il precedente antoniano), sia Ammiano che
Servio di Daniele riconducono invece la persecuzione del primo praefectus Aegypti a veri e propri
crimina contro lo stato che, in quanto tali, giustificherebbero l'intervento del senato, Arcaria, 2009):
malversazioni nel primo caso, un'ipotetica cospirazione contro il princeps nel secondo (Rohr-Vio,
2000).
In anni recenti (Zecchini, 1980) è stato ipotizzato che una possibile prova delle “ingiurie” a cui si
riferisce il passo dioneo fosse ravvisabile nei frammenti ad opera dello stesso Gallo rinvenuti a Qasr
Ibrim (Mazzarino, 1982).

(..) tristia (n)equit(ia, dur)a Lycori, tua


Fata mihi, Caesar, tum erunt mea dulcia, quom tu
maxima Romanae pars eris historiae
postque tuum reditum multorum templa deorum
fixa legam spolieis deivitiora tueis [..]

Il testo è stato ipoteticamente interpretato come un riferimento alla questione partica, e,


implicitamente, una critica alla politica “diplomatica” augustea (Mazzarino, 1982).
Quest'interpretazione lascia tuttavia spazio a molteplici critiche: non solo infatti sarebbe molto più
naturale ipotizzare che con i versi in questione Gallo intendesse celebrare le vittorie di Azio ed
Alessandria (sottolineando così, implicitamente, anche il proprio significativo ruolo nell'ascesa
ottavianea), piuttosto che sminuirle facendo riferimento ad una possibile, e, in questa logica, più
importante, campagna militare, ma, quand'anche si volesse riconoscere in questi versi una critica al
comportamento ottavianeo nei riguardi della questione partica (e, di conseguenza, gli estremi
dell'iniuria) Gallo non costituirebbe certo il primo caso di poeta dell'ambiente augusteo a fare
riferimento, anche in modo critico, all'argomento. In quest'ottica, ricondurre – o tracciare un
parallelo tra – la vicenda di Gallo ed il contenuto dei frammenti di Qasr Ibrim costituisce un
argomento perlomeno dubbio (Rohr-Vio, 2000).
Altrettanto si può dire riguardo all'accusa di “non aver tenuto a freno la lingua per il troppo vino”,
riportata in Ovidio: come si è visto, la più antica testimonianza ovidiana riguardo a Gallo non fa
alcuna menzione riguardo alle sue possibili colpe, e lascia anzi implicitamente intendere la di lui
innocenza. Il topos dell' ebrietas, particolarmente significativo visti i diversi possibili paralleli tra il
primo praefectus Aegypti ed il precedente antoniano, viene evocato da Ovidio proprio all'interno di
quella captatio benevolentiae nei confronti di Ottaviano, che costituisce la premessa di base
dell'opera in questione.

Cassio Dione, oltre a costituire l'unica fonte riguardo alla riconferma di Gallo nella carica di
praefectus Aegypti nel 27 a.C., attribuisce la disgrazia di Gallo, oltre alle “molte chiacchiere
oltraggiose che andava diffondendo nei confronti di Augusto”, al suo aver “cosparso l'Egitto di
proprie effigi ed iscrizioni” (Rohr-Vio, 2000). Come si è visto, le uniche testimonianze disponibili
a livello archeologico riguardo all'attività edilizia/celebrativa di Gallo in Egitto sono fornite dalla
stele di Phylae e dall'obelisco vaticano, un tempo fulcro del forum iulii di Alexandria (Magi, 1963;
Mazzarino, 1982; Cresci, 1993; Rohr-Vio, 2000; Costabile, 2001; Faoro, 2007).
E' evidente come il passo dioneo faccia riferimento all'attività edilizia di Gallo per sottolinearne l'
Hybris, causa ultima della disgrazia del praefectus Aegypti. Si è visto però come l'iscrizione
dedicatoria che accompagna l'obelisco non contenga di per sé alcunchè di sovversivo, o lesivo
dell'autorità augustea, a cui è anzi ricondotta esplicitamente la legittimazione dell'autorità di Gallo:
quest'iscrizione (a cui fa probabilmente riferimento Dione, parlando di “piramidi”) non offre
pertanto spunti riconducibili alle successive vicende che portarono al suicidio del praefectus
Aegypti.
Diverso è forse il caso della stele di Phylae, i cui testi egiziano e latino presentano chiaramente una
forte volontà autocelebrativa. Se nel caso del testo egiziano i toni trionfalistici sono riconducibili a
formule tipiche della rappresentazione faraonica (e dimostrano pertanto la sensibilità di Gallo nei
confronti dell'ideologia e delle esigenze protocollari della regalità egiziana, più che un'esplicità
volonta di auto-rappresentazione in termini regali), il testo latino (forse opera dello stesso Gallo)
dimostra una chiara volontà di (raffinata) auto-celebrazione, seppure rimandando sempre alla
celebrazione della conquista romana dell'Egitto da un lato, ed alla derivazione della propria carica
da Ottaviano stesso dall'altro.
Ammiano Marcellino riporta invece notizia delle malversazioni operate da Gallo ai danni dello stato
romano e della provincia sottoposta al suo controllo, ed è l' unica fonte a dare per certa la
colpevolezza del primo preafectus Aegypti. Anche questa testimonianza sembra a sua volta
inattendibile: Gallo infatti sembrerebbe con ogni probabilità aver goduto di un'ottima fama in
Egitto, come ipoteticamente confermato sia da un passo di Strabone (“[..] l'Egitto è ora una
provincia che paga ingenti tasse ed è governata da uomini saggi, i prefetti [..]”), che visitò la
provincia durante la prefettura del successore di Cornelio Gallo, e soprattutto dalla riconferma di
Gallo alla prefettura nel 27 a.C., riportata da Dione e dalle fonti egiziane (Rohr-Vio, 2000).
Servio di Daniele, nei suoi commentari a Virgilio, riporta a sua volta, seppure in forma
esplicitamente dubitativa, la notizia del perseguimento di Gallo in seguito ad una congiura
secessionista da lui ordita. In anni non remoti (Treu, 1973), si è voluto vedere un possibile
collegamento con questa notizia in uno dei papiri di Ossirinco (2820), facente riferimento a dei
preparativi militari e amministrativi (coniazione di monete, ripristino della flotta di Cleopatra,
arruolamenti di egiziani e riorganizzazione delle guarnigioni di confine) ad opera di un'alta autorità
operante in Egitto, ed in seguito ad un non meglio specificato “richiamo”. Se in effetti sia la
cronologia (la menzione della flotta di Cleopatra in particolare), ed il fatto che le attività descritte
non possano che fare capo alla massima autorità centrale operante in Egitto, consentirebbero di
ipotizzare un legame con la vicenda di Gallo come riportata in Servio, le troppe incertezze riguardo
il documento non permettono tuttavia una seria identificazione del personaggio quivi descritto con
il primo praefectus Aegypti, né tantomeno di usarla come prova di un'effettiva cospirazione
secessionista da questi ordita: le troppe lacune e le difficoltà interpretative del testo costituirebbero
infatti già di per sé un serio ostacolo a questa interpretazione, e l'idea stessa che effettivamente sia
di una rivolta che si parla (e non di normali provvedimenti volti a rafforzare i confini prima di una
spedizione militare) non è univocamente accettata (Rohr-Vio, 2000). Pesano inoltre su questa
interpretazione il fatto che sia il solo Servio, tra tutti gli autori pervenuti, a citare – ed in forma
esplicitamente ipotetica – una congiura/secessione tra i capi di accusa pendenti su Gallo, ma anche
il comportamento tenuto dallo stesso Gallo, che in seguito al richiamo non diede alcun segno di
ribellione, ed anzi decise di ritornare a Roma ad affrontare il procedimento (dapprima privato, e in
un secondo momento pubblico). In un'estrema sintesi, le fonti storiografiche riguardo alle colpe che
portarono al perseguimento di Cornelio Gallo sono riconducibili a tre diverse tradizioni (Rohr-Vio,
2000):

1) Svetonio e Dione, seguendo la tradizione “di fronda”, presentano Gallo come colpevole
verso lo stesso Ottaviano, alla cui benevolenza è attribuita l'ascesa ex infima origine del
preafectus Aegypti, in un parallelo più o meno esplicito (soprattutto nella versione di
Svetonio), con l'altro celebre amicus Augusti caduto in disgrazia a causa della propria
ingratitudine, Salvidieno Rufo (Rohr-Vio, 2000). In ambedue le fonti è riconoscibile una
tendenza antiagustea: al princeps infatti viene riconosciuta la paternità assoluta del
procedimento contro Gallo (nella sua prima fase privata), con motivazioni apparentemente
pretestuose, ed anche la responsabilità di aver abbandonato l'antico amicus alle accuse dei
delatori: tra questi in particolare Largo, di cui Dione fornisce un quadro decisamente
negativo, menzionando esplicitamente la riprovazione nei di questi confronti da parte di
Proculeio, pur membro influente della fazione augustea, dovuta proprio alle ingiustificate
delazioni di Largo (Rohr-Vio, 2000).

2) Ammiano Marcellino, in seno alla tradizione filo-senatoria, dipinge Gallo come


indubbiamente colpevole di reati a danno della res publica, e per questi giustamente punito
da Augusto.
3) Nell'ambito della storiografia di parte filo-augustea, la vicenda di Gallo sembra essere quasi
sempre deliberatamente omessa, se si eccettuano i riferimenti Ovidiani volti a scagionare il
princeps da ogni responsabilità riguardo alla sorte dell'antico amicus, pur nell'ottica
autoapologetica che costituisce la ratio dell'opera in questione. L'unica eccezione è
costituita dalla molto più recente nota di Servio di Daniele, che riferisce la persecuzione di
Gallo ad un tentativo secessionista da parte di questi, seppur in un tono decisamente
dubitativo.

Le accuse di sedizione e di crimini contro lo stato mosse a Gallo sembrano pertanto pretestuose, e
inquadrabili nell'ottica delle differenti correnti storiografiche (con Gallo colpevole di crimini contro
la res publica in ottica filosenatoria, vittima innocente del conflitto tra princeps e optimates nella
tradizione di fronda, e tendenzialmente ignorato/censurato nella tradizione filo-augustea). La stessa
accusa di aver trasceso di limiti dell'autorità leggittimamente concessagli da Ottaviano pare
disconfermata in primis dalla novità istituzionale della carica da lui ricoperta, e concretamente
dall'analisi epigrafica dei monumenti pervenuti, che dimostra come l'attività edilizia di Gallo,
seppure fortemente improntata all'autocelebrazione, non costituisse affatto un pretesto per un'accusa
di ingratitudine nei confronti di Ottaviano, ma costituiva indubbiamente un pretesto facilmente
strumentalizzabile dalla fazione senatoria: nei confronti del ceto ottimate, infatti, l'operato di Gallo
– e in particolare l'autorappresentazione in termini molto vicini ai canoni delle tabulae triumphales
nella stele di Phylae (Rohr-Vio, 2000), l'essersi arrogato l'autorità di portare l'esercito oltre di limiti
della propria provincia ed addirittura di stabilire di propria iniziativa relazioni diplomatiche ufficiali
con un regno confinante (Arcaria, 2009) – potevano in effetti venire percepiti come una seria
prevaricazione di prerogative tradizionalmente riservate ai soli optimates (Rohr-Vio, 2000).
Se però agli inizi del mandato di Gallo questo tipo di attività (e di autorappresentazione) poteva
essere tollerata (ed anzi probabilmente incentivata) all'interno delle politiche ottavianee, con il 27
a.C. e l'inizio della restitutio rei publicae le necessità della propaganda ottavianea subiscono un
drastico mutamento: Gallo si attribuisce infatti il merito personale di aver soppresso ben due rivolte
nella Tebaide (esternazione che potrebbe essere già invisa alla propaganda ottavianea, intesa a
presentare Cesare Figlio come un liberatore dalla tirannide e non certo come un invasore), di aver
conquistato cinque città in quindici giorni, di aver oltrepassato “per primo” la I cateratta
(esagerazione propagandistica che è menzionata nel solo testo latino) sottomettendo il
Triacontascheno, e di avervi imposto un tiranno, e soprattutto di aver istituito una relazione
diplomatica ufficiale con i “Re d'Etiopia”.
Di fatto questo “abuso epigrafico” (Rohr-Vio, 2000) da parte di Gallo poteva essere letto come
esplicitazione del processo di progressiva erosione del monopolio di determinati strumenti
celebrativi e di potere, tradizionalmente riservato esclusivamente alla nobilitas: già l'eccezionalità
della carica ricoperta da Gallo (sia per la sua primogenitura sia, soprattutto, per lo status del tutto
eccezionale attribuito da Ottaviano alla provincia egiziana) in rapporto alla sua condizione di eques,
che, al momento della nomina, nel clima di incertezza che seguì la fine del secondo Triumvirato,
poteva essere presentata come soluzione transitoria, costituiva infatti un'esplicita indicazione della
politica di riforme ai danni del senato (accompagnata da diverse epurazioni e riforme del censo
minimo) inaugurata dal princeps.
Ma mentre la prima nomina poteva essere presentata agli occhi del senato come soluzione
provvisoria, la riconferma in carica di Gallo nel 27 a.C. non poteva che essere percepita come
indicatrice della volontà riformista augustea: l'abuso epigrafico di Gallo, pur probabilmente già ben
noto a Roma prima della di lui riconferma, venne pertanto “ripescato” come pretesto per attaccare,
attraverso la sua figura, l'assunzione da parte di Ottaviano di prerogative riservate al ceto senatorio,
nonchè come precedente per la futura attribuzione al senato di competenze giurisdizionali oltre che
politiche (Arcaria, 2009).
Che il tema dell'eccellenza bellica costituisse per Ottaviano un “punto dolente” da un punto di vista
propagandistico è testimoniato già a partire dalla propaganda di matrice filo antoniana, e dovette
farsi di nuovo rilevante nel periodo cruciale del passaggio tra la fine del principato e la proclamata
restitutio rei publicae. L'appropriarsi, da parte di Gallo, di precise formule legate
all'autocelebrazione trionfale assume peraltro una luce particolare anche in relazione ad un altro
rilevante episodio nell'assunzione esclusiva da parte di Ottaviano delle prerogative celebrative
trionfali, vale a dire il rifiuto, da parte del princeps, della concessione degli spolia opima a
M.Licinio Crasso, dopo il trionfo da questi celebrato il 4 luglio del 27 a.C. (Rohr-Vio, 2000).
Questo rifiuto venne motivato dalla fazione augustea, in seguito al ritrovamento del corsaletto
ligneo del re veiente Lars Tolumnis, con la dipendenza dell'onore in questione alla precedente
attribuzione di un imperium indipendente (e verosimilmente tendenziosa, cfr. Rohr-Vio, 2000):
difficilmente dunque Ottaviano avrebbe potuto accettare che membri della nobilitas ottenessero
riconoscimenti ufficiali superiori ai propri proprio nella fase di consolidamento e
“istituzionalizzazione” della propria leadership in seguito alle vittorie di Azio ed Alessandria, ed in
quest'ottica è spiegabile anche il rifiuto, da parte del princeps, di concedere allo stesso Crasso il
titolo di imperator, nonchè il ritardo con cui venne celebrato il trionfo dello stesso (Rohr-Vio,
2000). In seguito a questi fatti, inoltre, non è attestata nessuna notizia recenziore riguardante M.
Licinio Crasso: è dunque più che legittimato pensare che questa prima fase della restitutio rei
publicae avesse luogo contemporaneamente (e in parte tramite) compromessi quali l'epurazione dei
più influenti (e pericolosi) membri di ambedue le fazioni, e in quest'ottica divengono comprensibili
i “sacrifici” di Crasso, da una parte, e Gallo dall'altra (Cresci, 1993; Rohr-Vio, 2000).
3. Le imprese di Gallo e i limiti della carica di praefectus Aegypti

Riguardo all'accusa di malversazione nella gestione della provincia egiziana, riportata in particolre
da Cassio Dione, la stele trilingue di Philae presenta alcuni elementi interessanti: sia il testo greco
che il testo latino riportano infatti con molta enfasi due imprese in particolare compiute da Gallo
nell'ambito del suo mandato:

3.1 Le rivolte nella Tebaide

La stele riporta come Gallo abbia soppresso, con una rapidità che di fatto rappresenta un topos delle
Tabulae Triumphales (Rohr-Vio, 2000), una rivolta in cinque città dell'Egitto, tra Coptos e Tebe, e
rivolte contro la recente installazione del potere romano (secondo Cassio Dione dovute alle nuove
tasse imposte da Ottaviano) sono riportate anche nelle fonti storiche quali Cassio Dione (LI, 17,4), e
Strabone (XVII 1, 53), che testimoniano la repressione delle rivolte da parte del praefectus Aegypti
(Minas-Nerpel e Pfeiffer, 2009). La propaganda Ottavianea, tesa a presentare Cesare figlio come il
liberatore dell'Egitto dalla tirannide tolemaica, e come il fondatore di una nuova era di prosperità (in
sintonia anche con quello che era il concetto di “operare ma'at” alla base dell'ideologia regale
faraonica) poteva difficilmente tollerare un riferimento ufficiale e monumentale a delle rivolte
indigene, e questo potrebbe costituire uno dei “pretesti” alla base delle accuse contro Gallo (o per lo
meno della decisione da parte di Ottaviano di “sacrificare” il primo preafectus Aegypti alla politica
di conciliazione con la classe senatoria iniziata nel 27 a.C., Rohr-Vio, 2000).

3.2 La riorganizzazione del Triacontascheno

La seconda grande impresa di Gallo riportata dai testi latino e greco della Stele consiste nella
riorganizzazione politica del Triacontascheno, compresa l'instaurazione di relazioni diplomatiche
con il re Teriteqas di Meroe e addirittura l'istituzione di un tyrannos nella zona della bassa Nubia
(Hoffmann et al., 2009). Il testo latino riporta chiaramente che Gallo, forse trascendendo i limiti
della carica attribuitagli da Ottaviano (per la quale, per altro, non esistevano precedenti a cui fare
riferimento), pose il regno di Meroe sotto la tutela ufficiale di Roma (Alfoldy, 1990), sebbene alcuni
dubbi siano stati posti sulla veridicità del resoconto, che potrebbe mascherare semplici relazioni
diplomatiche (Locher, 2002). Secondo Minas-Nerpel e Pfeiffer (2009), invece, l'azione compiuta
dal praefectus Aegypti ricevendo personalmente le ambascierie del re di Meroe costituirebbe
ufficialmente una receptio in tutelam, in cui il re etiope si sarebbe reso di fatto cliens di Gallo
stesso, in una relazione ufficiale quindi con la persona (Minas-Nerpel e Pfeiffer, 2009), ben diversa
dall'attribuzione dell' amicitia populi Romani suggerita da Alfoldy (1990), per la quale sarebbe stata
indispensabile una risoluzione del senato (Minas-Nerpel e Pfeiffer, 2009). Il testo greco (nonostante
presenti alcuni fraintendimenti/errori di traduzione, Hoffmann, 2009) è a sua volta rivelatore a
questo riguardo: il termine proxenìa, riferito al tributo presentato dal re a Gallo, è infatti accostabile
(per il periodo in questione) al termine impiegato nella versione latina, tutela: Il concetto di
hospitium per contraddistinguere una relazione di tipo clientelare trova un significativo parallelo già
nelle relazioni tra Pompeo e Tolomeo XII Neodioniso, mostrando come di fatto, il risultato della
prima azione diplomatica ufficiale di Gallo come praefectus Aegypti possa essere letto come la
trasformazione del regno di Meroe in una clientela personale (Minas-Nerpel e Pfeiffer, 2009).
Riguardo all'istituzione di un tyrannos nella bassa Nubia, le opinioni sono molteplici (Minas-Nerpel
e Pfeiffer, 2009):

1) Gallo avrebbe fondato un nuovo stato “cuscinetto” tra i confini meridionali dell'Egitto e il
regno di Meroe (Stickler, 2002);

2) Gallo avrebbe semplicemente imposto la sua influenza su una parte di territorio che
rimaneva di fatto parte del reame meroitico, esagerandone le proporzioni (Holbl, 2000);
3) Gallo avrebbe creato un'entità territoriale nuova, sottoposta all'autorità di Roma, ma con un
alto grado di indipendenza (Costabile, 2001; Locher, 2002);

Tuttavia, considerato che tradizionalmente il confine egiziano si è sempre trovato nei pressi della
Prima cateratta (mentre il territorio a sud di essa non è mai stato definito “Egitto” neppure quando
sottomesso all'autorità egiziana), che le fonti romane riportano la perdita di parte del
Triancontascheno pochi anni dopo (conservando solo il Dodecaschoenus, da Philae a Maharraqa), e
che gli strategoi della regione per tutto il corso del I sec. d.C. Venivano nominati tra ufficiali di
origine locale, l'ipotesi più probabile sembra la terza, come confermato anche dal fatto che l'entità
amministrativa stabilità da Gallo mantiene la vecchia denominazione di età tolemaica (Minas-
Nerpel e Pfeiffer, 2009). Pertanto sembra difficile accettare l'ipotesi della fondazione di un nuovo
stato cliente di Roma (o di Gallo stesso), mentre sembra del tutto plausibile che il termine ufficiale
(in uso dalla metà del II sec. a.C.), si riferisca di fatto alla parte meridionale della provincia
Aegyptus (Minas-Nerpel e Pfeiffer, 2009), e che l'istituzione di un Tiranno implichi la semplice
riorganizzazione amministrativa, con l'attribuzione di poteri a un capo/sovrano locale, anche in
funzione della politica diplomatica tenuta da Gallo nei confronti del regno di Meroe. E' probabile
infatti che il potere meroitico mal tollerasse l'annessione del Triacontascheno alla provincia
egiziana, come dimostrato dalla più tarda rivolta/invasione etiope, che si spinse ad occupare
persino Philae ed Elefantina. L'offensiva militare ebbe luogo nel 24 a.C., dopo che il secondo
prefetto d'Egitto, Elio Gallo, ebbe ritirato buona parte delle truppe dalla Nubia (Kienast, 1999), ma
soprattutto quando gli accordi di “protezione” stabiliti da/con Cornelio Gallo non costituivano più
una garanzia per i re meroitici, in seguito alla caduta in disgrazia del primo praefectus Aegypti.
Nonostante la pronta riconquista e la rappresaglia, che arrivò a saccheggiare la stessa Napata, il
potere romano nella bassa Nubia non sembra mai essere stato effettivamente consolidato, e nel
21/20 a.C., con il trattato di Samo, il confine tra Roma e Meroe fu posto definitivamente a
Maharraqa (Hyerasikaminos), ai bordi meridionali del Dodecascheno (Minas-Nerpel e Pfeiffer,
2009).

Il primo problema nella ricostruzione del possibile “abuso di potere” attribuito a Gallo dai suoi
accusatori, è dunque costituito dall'istituzione di relazioni di clientela personale con i sovrani
meroitici: da un punto di vista legale, soltanto il senato poteva infatti decidere un accordo di questo
tipo con uno stato straniero. Pertanto, l'azione di Gallo si configura in questo caso come al di fuori
delle competenze del suo mandato, sebbene la carica fosse stata appena creata ad hoc, e priva di
precedente (Rohr-Vio, 2000; Minas-Nerpel e Pfeiffer, 2009). Che la relazione dei sovrani meroitici
con la potenza romana fosse incentrata principalmente sulla persona di Gallo è evidenziato, oltre
che dagli avvenimenti del 24 a.C. (di cui sopra), dalla risposta data dagli ambasciatori etiopi al
prefetto romano Petronio, riportata da Strabone, in cui essi affermano di “non sapere chi sia Cesare”
(Strabone, XVII 1,54,28), dimostrando come i sovrani meroitici probabilmene ignorassero l'autorità
in base alla quale Gallo operava (Minas-Nerpel e Pfeiffer, 2009).
Un secondo punto critico è costituito dall'avere portato le truppe al di fuori dei confini della
provincia attribuitagli, come da lui stesso celebrato nella trilingue di Philae. Nonostante lo status del
tutto particolare della provincia egiziana (che probabilmente giocò un ruolo fondamentale nella
decisione di Gallo), la trasgressione in armi dei confini senza previa autorizzazione del senato
costituiva una grave violazione ai limiti del mandato. Di questo aspetto Gallo doveva comunque
essere consapevole: infatti giustifica le sue azioni con l'uso del termine tolemaico per
contraddistinguere la regione, implicando che si trattassi di fatto di una parte della provincia
Aegyptus, ma questa giustificazione viene apertamente contraddetta dal tono trionfale con cui
l'operazione viene riportata nel testo latino della stele, che riferisce esplicitamente come nessun
esercito prima di lui avesse varcato la cateratta.
Svetonio e Cassio Dione citano come cause della rovina di Gallo la sua mancanza di rispetto nei
confronti di Ottaviano e la sua eccessiva fama di gloria, citando esplicitamente i monumenti da lui
eretti in Egitto come prova della di lui hybris, ed è probabile che la trilingue di Philae costituisca il
principale esempio a questo riguardo: nel riportare le proprie imprese, infatti, Gallo trascende
fortemente i limiti della propaganda ottavianea, nel riportare la soppressione di rivolte (fortemente
contrastanti con l'immagine di “liberatore” su cui Cesare figlio basava la propria legittimazione), e
soprattutto nell'arrogarsi il diritto (seppure agendo in una “zona grigia” da un punto di vista legale,
Minas-Nerpel e Pfeiffer, 2009) di organizzare spedizioni militari oltre i confini assegnatili e
addirittura stabilire relazioni diplomatiche con una potenza straniera, su base personale e senza
alcuna autorizzazione formale. Tuttavia, l'erezione della stele di Philae non costituisce certamente il
pretesto finale della caduta di Gallo: due anni dopo, infatti, il preafectus Aegypti verrà riconfermato
nel suo ruolo da Ottaviano, e le accuse contro di lui rivolte datano tutte a dopo il 28 a.C. (Rohr-Vio,
2000; Minas-Nerpel e Pfeiffer, 2009). L'atteggiamento favorevole (per i primi tre anni) di Ottaviano
verso Gallo dimostra come di fatto il praefectus Aegypti, pur operando ai limiti della propria
autorità, si trovava pur sempre in una “zona d'ombra” legale (dovuta alla novità della carica ed alla
particolarità della provincia) e doveva ritenere di fatto di essere giustificato nel suo agire negli
interessi di Roma (Rohr-Vio, 2000; Minas-Nerpel e Pfeiffer, 2009): tutti e tre i testi della stele, ed in
particolare quello greco e quello latino, riconducono esplicitamente la paternità della conquista
dell'Egitto e l'origine di ogni autorità di Gallo ad Ottaviano, indicando come le azioni del praefectus
Aegypti avessero origine di fatto dagli ordini di Cesare figlio – con la probabile eccezione, però,
delle relazioni diplomatiche stabilite con Meroe, e con l'ambiguità sopra citata riguardo alla
conquista del Triacontascheno. E' probabile dunque che l'autorappresentazione di Gallo nella stele
trilingue non abbia di fatto alcuna relazione con le cause della disgrazia del primo prefetto di
Alessandria, ma che sia stata citata soltanto in un secondo momento, da parte dell'accusa, quando
già Gallo era divenuto “sacrificabile” per Ottaviano: neppure la presenza degli epiteti reali in
riferimento a Gallo nel testo egiziano sembra costituire di fatto un pretesto in quanto lo stile si
limita a seguire i canoni precedenti (dalla stele “del satrapo” Tolomeo in poi) per una nuova carica
di cui di fatto le caste sacerdotali non conoscevano le implicazioni (Minas-Nerpel e Pfeiffer, 2009).
Il richiamo di Gallo in patria, e la conseguente accusa di malversazione (o addirittura di aver mirato
al dominio dell'Egitto come regnante), sono da attribuirsi più alla mutata condizione politica in
seguito al programma di restitutio Rei Publicae iniziato da Ottaviano nel 27 a.C., ed in cui l'operato
“ai limiti” di Gallo costituiva una fonte di imbarazzo e di conflitto con il senato, rendendo di fatto il
primo praefectus Aegypti una pedina da sacrificare alla causa della “riconciliazione” con la classe
senatoria (Rohr-Vio, 2000). Inoltre, “cedendo” le sorti di Gallo al senato, Ottaviano si scagionava di
fatto da ogni possibile accusa di invidia nei confronti di Gallo, i cui successi militari costituivano
certamente un adombramento dell'autorevolezza del princeps, come testimoniano anche altri casi di
amici caduti in disgrazia (Rohr-Vio, 2000).
4. Conclusioni

Nonostante Gallo abbia fatto celebrare le proprie imprese in modo monumentale, l'analisi della
trilingue di Philae dimostra come di fatto egli non abbia mai cercato di assumere su di sé le
prerogative tipiche del potere faraonico: l'iconografia da lui scelta per l'autorappresentazione è
infatti quella di un cavaliere ellenistico, e nel nome riportato all'interno del cartiglio dell'iscrizione
non sembra possibile riconoscere quello del prefetto. Il fatto che il testo egiziano della stele si
riferisca a Gallo con fraseologie di tipo solitamente riservato alle iscrizioni reali è un'ovvia
conseguenza della mutata (e ancora incerta) situazione politica, e soprattutto della novità della
carica da egli ricoperta, e trova un chiaro parallelo nella stele “del Satrapo”, eretta in una situazione
di ambiguità politica paragonabile. La principale colpa di Gallo sembra risiedere nella sua posizione
di potere in Egitto, in un'epoca in cui il senato veniva progressivamente esautorato dal controllo di
molte province, e nella sua (ipotetica) hybris nei confronti di Ottaviano, proprio in un periodo in cui
il princeps stava riformando e consolidando la propria autorità. Nel pubblicizzare le proprie
imprese, Gallo, oltre ad adombrare la gloria di Cesare figlio (spesso accusato dai detrattori di
imperizia militare), contravveniva ad uno dei cardini principali della propaganda ottavianea,
contraddicendo, con il nominare ufficialmente le rivolte tebane, l'immagine di liberatore promulgata
da Ottaviano/Augusto. L'annessione del Triacontascheno, e l'istituzione di relazioni diplomatiche
con il regno di Meroe, avevano di fatto aumentato di molto il potere di Gallo, e solo in questo
contesto l'erezione della trilingue di Philae può essere interpretata come un “pericolo” per
Ottaviano, ma è solo quando la politica di compromesso con il senato nell'ambito della restitutio rei
publicae lo rende inevitabile che Augusto prende provvedimenti contro l'ex amicus, e anche in
questo si limita, di fatto, a negargli il patrocinio ritirandogli l'amicitia. In quesa luce, il riutilizzo
della stele di Gallo per le fondazioni del successivo tempio non deve essere visto come una
damnatio memoriae, ma come un semplice riutilizzo di materiali di spoglio provenienti da una
struttura non più utilizzata, come spesso accade in Egitto (Minas-Nerpel e Pfeiffer, 2009).
Bibliografia

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