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CICERONE

UOMO DI POTERE non è necessariamente solo chi detenga una qualche autorità politica, ma pure chi, in forza
della propria autorevolezza intellettuale, in uenza più o meno consapevolmente il corso delle vicende storiche.
Uomo di potere è, insomma, colui della cui esistenza noi oggi subiamo e, soprattutto, sappiamo di subire le
conseguenze. In questo senso un uomo di potere è certo Napoleone, non meno però di Aristotele; lo è Cesare, come
lo è Virgilio. Gareggiano dunque ad armi pari potere politico e potere culturale, insomma.
Un uomo però – come certo molti altri, ma forse non del suo calibro – seppe concentrare entrambi questi poteri
in se stesso, riuscendo così a segnare il corso degli eventi sia in virtù del proprio magistero culturale che del proprio
potere politico: Marco Tullio Cicerone, noto ad oggi come il più celebre avvocato della storia, ineludibile autore di
numerosi trattati di stampo loso co letterario, massimo esponente del gusto retorico antico e, tra le altre cose,
console e princeps senatus.
Molti nel corso dei secoli hanno tentato di consegnare ai posteri un’immagine dell’oratore che ne esaltasse alcuni
determinati tratti, da quelli morali a quelli intellettuali no, ovviamente, a quelli meramente somatici: dal Sallustio
della Congiura di Catilina (opera letteraria ma per questo non meno notevole di un qualunque busto o quadro in
quanto ad e cacia rappresentativa), al Cesare Marchese del celebre quadro – tematicamente omogeneo all’opera
sallustiana – Cicerone che denuncia Catilina; dai miniatori medievali, al novecentesco Ubaldo Pizzichelli.
Se dovessimo tracciare un tratto comune, un lo conduttore, di tutta l’iconogra a ciceroniana, questo sarebbe
certamente l’austera e salda fermezza morale e intellettuale, accompagnata talvolta da una veemente ma mai sgraziata
(e dunque assai persuasiva) capacità gesticolatoria.

Opere (per noi) notevoli e utili ad avere un’idea dell’iconogra a ciceroniana sono perciò:
- Il busto di Cicerone dei Musei capitolini (anonimo sculture romano, metà del I secolo a.C, marmo, 93 cm);
- Prima pagina del Pro Lege Manlia di Cicerone in un’edizione manoscritta del XV secolo (Vienna, biblioteca
nazionale austriaca);
- Il Cicerone denuncia Catilina di Cesare Maccari (Palazzo Madama, 1880, a resco, 400 x 900 cm);
- La Statua di Cicerone di Ubaldo Pizzichelli (cortile d’onore del Palazzo di Giustizia di Roma)

BUSTO DI CICERONE DEI MUSEI CAPITOLINI


Forse la più celebre rappresentazione di Cicerone, questo busto è una sintesi
particolarmente riuscita di fedeltà somatica e resa simbolica: un Cicerone piuttosto
verisimile e altresì estremamente individuale (poco idealizzato, si intende) è però in un
atteggiamento che, nella sua era e salda compostezza, lascia emergere un’immagine
dell’oratore fortemente connotata, intellettualmente e moralmente, come di un austero e
autorevolissimo UOMO DI POTERE (assenza di sorriso, fronte e sopracciglia aggrottate, ma
non certo in segno di agitazione, piccola presenza di rughe che testimoniano un’età
matura e perciò sinonimo di una già raggiunta saggezza ma non di decadenza sica).

PRIMA PAGINA DEL REGE MANLIA


In questo codice – come in tutti quelli medievali –
l’attenzione per i dettagli somatici è nulla e a contare sono
solo gli elementi simbolici, quasi tipici, che rendano una
determinata categoria di personaggi a cui si voglia
rimandare l’interessato. Così Cicerone non è ra gurato in
modo realistico, ma piuttosto come magister, con tutti cioè
i connotati tipici del maestro quattrocentesco: veste rossa,
che scende severa lungo il corpo, posizione sopraelevata
rispetto ad uno stuolo di studenti intenti all’ascolto, gesti
pacati e sguardo quasi arcigno. Poco accurata storica-
mente, questa rappresentazione è però – con un chiaro
processo di attualizzazione messo in opera dal miniatore –
dotata di un forte valore simbolico.
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CICERONE DENUNCIA CATILINA, CESARE MACCARI


A resco di stampo narrativo, questo ra gura il momento della pronuncia delle cosiddette Catilinarie, orazioni
scritte da Cicerone (sulla sinistra, al centro della curia) in accusa al giovane Catilina (seduto isolato sulla destra).
Quello ra gurato è certamente un episodio di volta della storia di Cicerone e di Roma, episodio che nella nostra
memoria storica incorona Cicerone a protettore della romanità. La congiura ordita da Catilina, infatti, avrebbe
dovuto sconvolgere l’ordine sociale dello stato e, venendo sventata, permette di a ermare la vittoria dell’istituzione
repubblicana. L’a resco, conservato a Palazzo
Madama, sede oggi del Senato della Repub-
blica italiana, è organizzato intorno ai due
protagonisti come a due poli. Alla mol-
titudine di senatori che attornia Cicerone
risponde l’isolamento di Catilina, alla luce
che caratterizza la porzione sinistra del
dipinto si oppone l’ombra di quella di destra,
alla vivacità dei gesti di Cicerone e dei
senatori fanno da contrappunto la staticità e
il silenzio di Catilina. Tutto in questo
a resco tende a descrivere Cicerone come il
buono, il forte, il saldo oratore conscio del
proprio potere e del proprio ruolo. La gestualità è quella tipica del retore e le reazioni dei senatori sembrano
suggerire l’e cacia. Non sono mancate all’autore critiche per la mancata accuratezza storica, come l’ambientazione
in Senato o il fatto che Catilina (storicamente più vecchio di Cicerone di due anni) appaia qui come più giovane.
Quest’ultima, però, più che una mera inaccuratezza, potrebbe essere una precisa scelta simbolica per restituire
l’immagine di un Cicerone anzianamente saggio, perlomeno più dell’impavido e avventato Catilina.

STATUA DI CICERONE DI UBALDO PIZZICHELLI


Posta fuori dal Palazzo di Giustizia di Roma, la statua di Cicerone del Pizzichelli
emerge per attenzione storica, restituendo un’immagine del personaggio che non sia
troppo distante dal vero aspetto somatico dello stesso, insieme però a una forte
gestualità che ne individua sia la natura da oratore che la saldezza e sicurezza
intellettuale e morale. Un braccio composto, a suggerire che il con ne tra veemenza e
go aggine non deve mai essere superato, e l’altro in movimento, come ad accompagnare
una frase che però – a ben vedere – neanche sta venendo pronunciata, vista la chiusura
della bocca. Ma chi si trova di fronte al Cicerone muto del Pizzichelli ne resta
comunque timoroso, proprio come se al grande oratore neanche servisse –
paradossalmente – aprir bocca per imporre la propria autorevolezza.
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