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QUINTILIANO DELINEA L’ORATORE IDEALE

A titolo di bilancio, Quintiliano salda l’aspetto tecnico della formazione con quello etico.

In quella immensa distesa (scil. della tecnica dell’eloquenza) ci par di vedere solo Marco Tullio, che però, sebbene sia calato in acqua su una nave così grande e così ben equipaggiata,
già ammaina le vele e trattiene i remi, ritenendosi soddisfatto di trattare esclusivamente del tipo di eloquenza di cui si servirà il perfetto oratore. Al quale, invece, la nostra audacia tenterà
di dare anche una moralità e assegnerà dei doveri. In tal modo, non possiamo raggiungere qualcuno che ci preceda e ci è d’obbligo continuare la navigazione ancor più verso il largo,
secondo che la materia porterà. Se non altro, lodevole è il fermo e appassionato proposito di far bene ed è audacia con minor rischio tentar cose che, se falliscono, trovano assai pronto
perdono.

Sit ergo nobis orator quem constituimus is qui a M. Catone finitur vir bonus dicendi peritus, verum, id Per noi dunque l’oratore che abbiamo istituito sia colui che da Marco Catone è definito
quod et ille posuit prius et ipsa natura potius ac maius est, utique vir bonus: id non eo tantum quod, si vis retto ed esperto nel parlare, e in verità – il che sia egli l’ha posto per prima cosa, sia per
illa dicendi malitiam instruxerit, nihil sit publicis privatisque rebus perniciosius eloquentia, nosque ipsi, natura stessa è preferibile e più importante – soprattutto un uomo retto: questo non solo
qui pro virili parte conferre aliquid ad facultatem dicendi conati sumus, pessime mereamur de rebus humanis per il fatto che, se quella forza retorica abbia equipaggiato la malizia, nulla sarebbe più
si latroni comparamus haec arma, non militi. Quid de nobis loquor? Rerum ipsa natura, in eo quod pernicioso dell’eloquenza nelle questioni pubbliche e private, ma anche per il fatto che noi
praecipue indulsisse homini videtur quoque nos a ceteris animalibus separasse, non parens sed noverca fuerit stessi, che – per quanto ciascuno può – tentiamo di attribuire qualcosa alla parola, non ci
si facultatem dicendi sociam scelerum, adversam innocentiae, hostem veritatis invenit. Mutos enim nasci et comporteremmo affatto bene nei confronti delle questioni umane se disponessimo queste
egere omni ratione satius fuisset quam providentiae munera in mutuam perniciem convertere. Longius tendit armi per un brigante e non per un soldato. Ma perché parlo di noi? La natura stessa, in
hoc iudicium meum. Neque enim tantum id dico, eum qui sit orator virum bonum esse oportere, sed ne ciò che sembra aver concesso precipuamente all’uomo e per mezzo del quale [sembra]
futurum quidem oratorem nisi virum bonum. averci separati dagli altri animali, non sarebbe un genitore, ma una matrigna, se avesse
inventato la parola come alleata dei delitti, come avversa all'innocenza e nemica della
verità. Nascere muti ed essere privi di ogni ragione sarebbe preferibile che se i doni della
provvidenza volgessero in una scambievole rovina. Più lontano tende questo mio giudizio.
E infatti non dico solo questo, che sia necessario che l’oratore sia un uomo retto, ma
[anche] che non sarà neppure un oratore se non è retto.

Perché certamente non concederai che siano dotati di intelligenza quelli che, dopo che è stata loro tracciata ed indicata la via del bene e del male, preferiranno percorrere la peggiore
delle due, o di prudenza, poiché, non avendo preveduto i risultati, delle loro malefatte, si espongono da sé sovente alle gravissime pene delle leggi, sempre a quelle del rimorso.

COMPRENSIONE – Come entra in gioco la natura nel discorso di Quintiliano?


Con una dimostrazione per assurdo, Quintiliano dimostra che bisogna adoperare la parola per retti fini: la premessa (inizialmente sottintesa) è che la natura sia benevola (parens,
non noverca); se la parola, donata all’uomo dalla natura, fosse da utilizzare con malizia, per mentire o compiere delitti, allora la natura sarebbe una matrigna, il che contraddirebbe
l’ipotesi di partenza. Così, essendo la parola stata donata dalla natura come strumento del bene e del vero, è necessario che l’oratore sia retto.

ANALISI – Nella frase Mutos enim nasci et egere omni ratione satius fuisset quam providentiae munera in mutuam perniciem convertere, il verbo fuisset equivale all’apodosi di un periodo ipotetico; di che
tipo?
Irrealtà

APPROFONDIMENTO – Il riferimento alla ratio, alla natura e alla providentia conferisce al discorso di Quintiliano una connotazione filosofica; con quale scuola di pensiero essa ti pare
coerente?
Stoicismo

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